Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

31

Questa volta però il finale della serata è diverso, io sono ancora stordita a causa dei vari liquori che ho mischiato e Carlos mi accompagna fino alla camera

«Resta con me» gli sussurro biascicando

Quando lo abbraccio sento il suo petto sotto di me irrigidirsi e senza aggiungere altro apre piano la porta e mi aiuta a spogliarmi. Lo vedo indugiare sulla schiena nuda attraverso lo specchio e poi piano far scivolare a terra il vestito portando giù le spalline. Carlos distoglie lo sguardo e mi porge la vestaglia

«Già mi hai vista nuda» dico ridacchiando e chiudendomi la vestaglia, lui alza lo sguardo serio

«Ora è diverso. E non voglio che tu faccia qualcosa di cui te ne potresti pentire domani mattina.»

«Allora ho ragione che sei troppo razionale.»

Non mi risponde e mi porge un bicchiere d'acqua

«Bevi e poi mettiti a letto»

«Sei anche autoritario Carlos Sainz, mi è sempre piaciuto questo tuo lato» vedo le sue labbra incresparsi in un leggero sorriso per poi accompagnarmi sotto le coperte, il tepore mi rende le palpebre più pesanti ma prima di addormentarmi sussurro

«Resta qui. Ti voglio accanto a me, non sai quante notti ho sognato di essere tra le tue braccia»

«Dafne...» dice Carlos facendo un sospiro

Sento il fruscio dei suoi vestiti e il suo corpo contro il mio sotto le coperte.

Al mattino mi sveglia un impertinente raggio di luce negli occhi e un forte mal di testa. Sento un peso sul mio fianco e scorgo il braccio villoso di Carlos. Ho un sussulto. Non mi ricordo niente.

Il mio repentino movimento lo sveglia e si stropiccia piano gli occhi

«Tranquilla, non abbiamo fatto niente.» Dice lui borbottando dopo aver visto la mia faccia perplessa

«Ieri ho esagerato. Dovrei smetterla di trascinare la mia emotività sull'alcol o sarò costretta ad andare agli alcolisti anonimi.»

«È vero. Hai esagerato. Ma non scherzare su queste cose. Tutti alziamo un po' il gomito ogni tanto e forse l'alcol ti ha aiutata a dire cose che non mi avresti mai detto da sobria» Carlos ammicca, io sento le mie guance diventare scarlatte come al solito.

Consumiamo la colazione in camera in silenzio, ma non uno dei nostri soliti silenzi rilassati dove non c'è bisogno di parole. Sento la tensione sia da parte mia che da parte sua. Di cose non dette, cose che forse abbiamo paura di dire.

«Scusami per ieri, ti ho rovinato la serata.» Dico io rompendo il silenzio

«Non hai rovinato proprio niente. Non vorrei essere in questa situazione con te, tutto qui.»

«Non sono io che ho rivisto la mia ex di nascosto mi pare» dico lanciandogli uno sguardo di sfida

«Vuoi davvero continuare con questa battaglia Dafne? Io sono stanco. Vorrei avere la possibilità di riacquistare la tua fiducia. Ho sbagliato. Ma con Nuria è complicato.»

«E allora spiegami! Cosa ti tiene ancora legato a lei? Cosa c'è che non so, se magari mi facessi capire potremo lavorarci.»

Lo sguardo di Carlos si fa più serio, il suo respiro fino a un momento prima regolare inizia ad accelerare e poi d'un tratto, inizia a parlare «Io e Nuria ci conosciamo da giovanissimi come ben sai. Per questo motivo le nostre famiglie sono molto legate, indipendentemente da quello che è successo tra di noi. Suo padre è un uomo influente e ha sostenuto la mia carriera. È stato uno dei miei primi sponsor e lo è tutt'oggi. È come se mi sentissi in debito con lui e allo stesso tempo imprigionato in un rapporto che vorrei chiudere del tutto.»

Le informazioni sono talmente tante che rimango per un attimo interdetta. Tutti questi casini per uno stramaledetto sponsor? Non è possibile. Faccio un lungo sospiro per cercare di non perdere la calma, apprezzo comunque il fatto che si sia aperto con me.

«Non penso che arrivato al tuo livello ti darebbe problemi chiudere questo contratto se ti senti costretto. È vero, avrà sicuramente investito su di te all'inizio ma è stata una carta vincente. Ora si ritrova ad essere sponsor di un pilota di formula uno e credo ci abbia solo da guadagnare. Non penso sia nelle condizioni di tenerti sotto scacco e se la collaborazione finisse penso che quello che ci andrebbe a perdere sarebbe lui. Allora perché sentirti così?»

«Lo so, sono io che mi faccio influenzare da questa cosa. Ho visto Nuria con le migliori intenzioni, pensavo volesse chiarire e invece guarda che è successo. Siamo qui in questa camera e sembriamo due sconosciuti.»

«Non è solo questo Carlos. Io ho capito che devo imparare a stare da sola per un po'. Ho bisogno di non essere emotivamente dipendente da nessuno. In questi mesi sono successe davvero troppe cose e tutte velocemente. Anche se mi fa male, devo essere in pace prima con me stessa per stare serenamente con te. Se vorrai...»

Carlos fa una risatina amara «e poi hai detto che sono io troppo razionale. Forse i nostri sentimenti viaggiano su due lunghezze d'onda diverse. Io non riuscirei ad impormi di stare lontano da te.»

«Carlos non rendere tutto più difficile, ti prego. Se credi che sto sbagliando e se sarà troppo tardi quando me ne renderò conto, mi prenderò le mie responsabilità.»

Carlos si alza velocemente e prende la giacca, vorrei tanto fermarlo, vorrei urlargli di amarlo e rimanere con me ma qualcosa mi blocca. C'è qualcosa dentro di me che non è a posto e non riesco a trovare il filo ingarbugliato da sciogliere. È una maledetta guerra contro me stessa. Lo è sempre stato. Sono la mia prima nemica.

«Allora non abbiamo più niente da dirci. Non ti voglio pregare, non voglio farti cambiare idea. Ma sappi che stai sbagliando. Quello che abbiamo vissuto e provato lo sappiamo entrambi e spero che non te ne renderai conto quando sarà troppo tardi.»

C'è tra di noi un altro intenso sguardo, quando chiude la porta dietro di sé mi affaccio al balcone e faccio lunghi respiri.

Mentre guardo l'orizzonte capisco che per andare avanti devo fare un passo indietro. Devo andare alla radice del problema, devo affrontare la persona che mi ha reso emotivamente instabile e priva di fiducia verso il prossimo.

Quando Achille mi raggiunge in camera lo guardo seria e lui ricambia con uno sguardo interrogativo «Devo partire per Napoli. Devo incontrare papà.»

Quando ho telefonato a mio padre, è stato strano per entrambi. Quando ho deciso di intraprendere la mia carriera in Svizzera pensava fosse una perdita di tempo. Ha inveito contro di me e contro mia madre come suo solito, vomitandoci addosso parole offensive che mi hanno ferita talmente che ho preso la decisione di chiudere i rapporti con lui. Mia madre, sempre troppo buona, una volta sbollita la rabbia ha cercato di farmi ragionare ma non mi sono mai mossa di un millimetro sulle mie scelte. Per quanto non fosse il padre che avrei voluto, prendere questa scelta così drastica ha fatto male. Sono cresciuta con una coppia di genitori per niente destinata a stare insieme, mia madre uno spirito libero e troppo accecata dall'amore per lui, mio padre autoritario e tradizionalista oltre ad essere un traditore seriale e fissato solo con la carriera. Questo ha scatenato furiosi litigi avanti a noi figli che mi hanno segnata per sempre. Quello che mi ha fatto Peter poi, è stata la goccia che ha fatto straripare il fiume di tutte le mie debolezze e tutto sembra essere andato a rotoli.

Quando vedo il Vesuvio dall'oblò, sembrano tornare alla mente tutti i ricordi della mia infanzia e prima adolescenza qui a Napoli. Fa male. Non ci ero più tornata, non ne avevo motivo. Questo viaggio spero mi aiuti a far pace con quella parte di me stessa che sembra farmi la guerra.

Recupero velocemente il bagaglio e mi faccio strada nel vociare della gente, mi era mancato anche tutto questo chiasso, il caos di questa città in qualche modo mi calma.

Vedo mio padre da lontano, lo sguardo serio, il busto rigido nel suo completo di sartoria blu scuro. I capelli hanno ormai una spruzzata di grigio e le rughe dei suoi tratti spigolosi si sono fatte più marcate ma devo ammettere che il suo fascino non si è mosso di un millimetro.

Quando mi avvicino la sua solita aria sicura sembra vacillare

«Ciao Dafne.» La sua voce mi fa avere un sussulto, l'ultima volta che l'ho sentita mi aveva detto che ero una buona a nulla e non avrei concluso niente nella vita. Cerco di scacciare il brutto pensiero e non partire con il piede di guerra

«Ciao.» Dico cercando di sorridere

«Sono davvero felice di vederti.»

Annuisco in silenzio e raggiungiamo la sua auto. Il viaggio verso casa è silenzioso e nessuno dei due cerca di rompere il silenzio. Vedo sfrecciare davanti a me la città e sembra che il tempo si sia fermato, anzi che sia tornato indietro di almeno quindici anni. Quando iniziamo a salire verso Posillipo, guardo assorta il mare. Mi ha sempre calmata stare lì a godermi il panorama mozzafiato sulla città.

Raggiungiamo il vialetto della casa in cui vivevamo tutti insieme e il mio cuore inizia a battere più forte. Il palazzo di fine ottocento sembra non essere cambiato, l'edera ricopre ancora la facciata, l'altalena dove giocavamo io e Achille è sempre nell'angolo in fondo al giardino, forse con un po' di ruggine in più. L'appartamento al primo piano in cui vivevano i nonni invece sembra essere chiuso. Non ci sono più tutte le finestre aperte dove si sentiva sempre il profumo dei pranzi della nonna che appena sentiva un'auto correva ad affacciarsi. Ma non faccio domande, ancora fa male sapere che non ci sono più e che non mi sono goduta tanto tempo con loro dopo la mia partenza per Firenze.

La nostra casa invece, è cambiata parecchio. È diventata la casa di uno scapolo cinquantenne che vorrebbe avere ancora trent'anni. L'arredamento è minimale e ricercato, i colori sono prevalentemente scuri e le finestre antiche sono state sostituite interamente da vetrate, che con la vista che offre la casa devo dire che sono proprio stupende. Da un lato sono felice che mio padre abbia rivoluzionato interamente l'attico, vedere tutto immutato avrebbe fatto riaffiorare ancora di più i ricordi.

«Allora, sono sempre rimasto aggiornato sulla tua vita ma vorrei sapere qualcosa da te...»

Dice offrendomi una tazzina di espresso

«Non saprei da dove iniziare... penso che Achille ti abbia già raccontato tutto sulla scuderia.»

«Si ma mi farebbe piacere che mi raccontassi qualcosa tu»

Non pensavo sarebbe stato così difficile, quasi non riesco a guardarlo negli occhi

«Le cose in scuderia vanno sempre meglio, abbiamo fatto degli investimenti su alcuni stalloni che ci portano buoni profitti e anche le mie gare vanno bene, a parte per l'incidente ultimamente. Io a Achille siamo un'ottima squadra» e non siamo sei falliti come pensavi tu, vorrei aggiungere, ma mi trattengo

«Sono felice, su questo non avevo dubbi.»

«Non mi risulta...» borbotto io, rigirando la tazzina tra le mani. Alzo lo sguardo e vedo la mascella di mio padre contrarsi ma il suo sguardo è strano, pieno di pentimento

«Dafne, se sei qui suppongo che sei pronta ad andare avanti. Non dico che magicamente le cose tra noi tornino al loro posto ma almeno cerchiamo di mettere una pietra sul passato.»

«Non è facile per me.» Dico con un filo di voce

Quando mi poggia una mano sulla spalla mi ritraggo leggermente, è un meccanismo di difesa che ho maturato durante l'adolescenza, quando i miei muri si sono iniziati ad innalzare impetuosi. Mio padre se ne accorge e ritrae imbarazzato la mano

«Mi dispiace di non essere stato un buon padre per voi. Ero immaturo, ero concentrato sulla mia carriera ed ero troppo impulsivo.»

Per la prima volta, forse complice la mia età adulta, riesco a vedere Marco Bosi per quello che è. Un uomo. Con i suoi sbagli e le sue debolezze sulle spalle. Con i suoi rimpianti e i suoi difetti. Non quel supereroe perfetto che desideravo vedere in lui da piccola. Questa volta sono io a poggiargli una mano sul braccio ancora teso verso di me e appoggiato sul tavolo. A quel contatto lo vedo avere un piccolo sussulto

«Mi hai fatto male, non fisicamente ma mi hai ferita. Mi hai ferita quando vedevo mamma piangere per te, mi hai ferita quando ti chiedevo di giocare e tu mi dileguavi con il gesto di una mano. Mi hai ferita quando non hai creduto in me e non hai appoggiato le mie scelte. Mi hai ferita perché non sei stato mai il mio papà.» Delle grandi lacrime iniziano a rigarmi il viso e anche i suoi occhi si fanno più lucidi.

«Avrei dato la mia vita per voi ma non ero capace di dimostrarvelo. Io e tua madre cacciavamo il peggio l'uno dall'altra e non mi perdonerò mai di avervi fatto soffrire. Tu e Achille siete l'unica cosa che mi è rimasta. Ho sperato tanto di avere uno spiraglio di possibilità con te come è stato con Achille e non sai che felicità mi hai dato quando ho saputo che saresti venuta qui.»

Rimango in silenzio ad asciugarmi le lacrime. Non avrei mai immaginato che avremo avuto questa conversazione dopo nemmeno un'ora che stavamo insieme. Non avrei mai immaginato di riuscire a parlare a cuore aperto, con lui.

Improvvisamente sento quel nodo dentro di me allentarsi.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro