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Sono passati quattro mesi da quando Peter mi ha lasciata.
Quattro mesi in cui mi sono totalmente chiusa in me stessa. Tutto quello che faccio è andare in scuderia, allenarmi e tornare a casa. I cavalli sono sempre stati la mia salvezza, non so cosa farei senza questo sport. È l'unico amore che non mi tradirà mai.
Fatica, disciplina, forza e perseveranza.
Così posso definire la mia vita da quando ho memoria. Ho iniziato ad andare a cavallo a soli cinque anni, a tredici già ero abbastanza conosciuta nel mondo del salto a ostacoli, quella che viene definita una bambina prodigio (che noia lo so, ma a mia discolpa posso dire che è l'unica cosa ben riuscita nella mia vita e soprattutto portata a termine) e ora che di anni ne ho ventisei, posso dire di essere soddisfatta. Almeno su questo aspetto non ho fallito. I miei genitori avrebbero voluto vedermi laureata e magari diventare avvocato come mio padre, ma non era la mia strada. La mia vita è in scuderia, tra i cavalli, sporca di fango, felice dopo una lunghissima giornata.
Ho conosciuto Peter a diciannove anni durante una gara internazionale. Non è stato un colpo di fulmine, siamo stati per qualche anno amici e mi ha convinta a trasferirmi in Svizzera, dove sono diventata in poco tempo una delle atlete di punta della nazionale. Qui a differenza dell'Italia questo sport è molto sentito, ti danno i mezzi per arrivare in alto. Devi solo eccellere, ed è quello che ho fatto io.
Peter mi ha mollata da un giorno all'altro, una doccia gelata in una calda giornata di Giugno. Sembrava andare tutto per il verso giusto nella mia vita ma il destino è sempre lì pronto a rimescolare le carte.
Mi ha detto che ormai mi vedeva come una sorella e non aveva più stimoli con me. Mi sono sentita svuotata, persa, ho pianto tutte le mie lacrime. Non avevamo alcun tipo di problema e la nostra intesa era forte, non si era mai spenta la fiamma della passione e così sono arrivata alla conclusione che ci sia un'altra.
Fanculo Peter, fanculo ai tuoi occhi blu oceano, fanculo alle tue spalle larghe e al sorriso perfetto. Quando ti pentirai della cazzata che hai fatto, perché lo so che te ne pentirai, sarà troppo tardi.
Per fortuna da due anni ho una scuderia tutta mia dove vivo e dove ho diversi allievi, ho dovuto farmi coraggio e vedere Peter andarsene con il suo van, portandosi dietro oltre i suoi affetti personali e i suoi cavalli, anche tutti i progetti e sogni spezzati.
«Dafne... Dafne, sei qui?»
Mi riprendo da questo stato di trance, ormai ogni volta che sono sola non faccio che rimuginare, centellinare ogni istante per capire cosa ho sbagliato, ma la verità è che non ho sbagliato proprio niente, il mio errore è stato dare troppo. Metterci tutta me stessa. Non farò più questo errore, degli uomini non ne voglio sentire più parlare.
«Arrivo!»
Poggio la tazza nel lavabo e raggiungo Nicole all'ingresso.
Nicole è la migliore amica che potessi desiderare, come me ha lasciato il suo paese d'origine per inseguire il suo sogno. Ci siamo ritrovate in Svizzera con una manciata di sogni e la voglia di arrivare in alto. È una ragazza monegasca minuta e all'apparenza bon ton, ma ha un carattere forte e grinta da vendere.
Siamo gli estremi opposti in tante cose: io sono originaria del sud Italia, precisamente di Napoli anche se dopo il divorzio dei miei, a quindici anni mi sono trasferita a Firenze con mia madre. Nicole invece viene dal principato di Monaco. All'apparenza non avrei mai pensato che sarebbe diventata la mia migliore amica, ma come capita spesso anche a me, l'apparente carattere di Nicole un po' altezzoso è ben lontano dalla vera Nicole che conosco io.
«Dafne, hai pianto? Non ha già avuto abbastanza lacrime quello stronzo? Qui c'è bisogno dell'onda d'urto.»
Nicole entra come un uragano facendo ondeggiare il caschetto biondo, dirigendosi verso il frigo e facendo tintinnare teatralmente dei calici sulla superficie in marmo della cucina.
«Non mi va di bere... ho appena finito una tazza di the»
Mi butto sul divano e raccolgo i lunghi capelli corvini in uno chignon spettinato.
Nicole mi raggiunge sbuffando «Al diavolo il the, stasera ci chiamiamo una pizza e stiamo un po' io e te. Anzi sai che ti dico? Vado a casa a prendere la valigia così domani partiamo insieme!»
La mia socialità si è ridotta ai week end fuori in gara. Questo fine settimana saremo in Portogallo. Per quanto ami gareggiare, odio il fatto di dover vedere Peter, gareggiamo anche nella stessa categoria! Dannazione.
«Lo so cosa stai pensando... ma sappi che dopo quello che è successo con tuo fratello, non penso che Peter si faccia vedere nemmeno dal binocolo» soffoco una risata con il calice a mezz'aria e faccio un lungo sorso.
Esiste una versione maschile di me: il mio fratello gemello Achille.
Oltre ad essere il mio braccio destro in scuderia, è il fratello più possessivo del pianeta. Aveva di buon grado accettato la mia relazione con Peter. Mi metteva spesso in guardia, forse con il potere da gemello sentiva vibrazioni negative che io ignoravo.
Appena ha saputo di quello che mi ha fatto, gli ha sferrato un pugno in pieno viso. Devo ammettere che è stato soddisfacente anche se poi con lui mi sono arrabbiata parecchio. Non mi piace la violenza e Achille è sempre stato un tipo fin troppo impulsivo.
«Sono felice di cambiare aria, mi piace un sacco la tappa in Portogallo. Farà sicuramente caldo rispetto a qui»
Nicole prende di soppiatto due vestitini dal mio armadio cercando di nasconderli in valigia
«Che c'è? Non guardarmi così... ti ricordo che avevamo deciso di trattenerci per due giorni dopo le gare, quindi ti serve qualcosa di carino!»
«In realtà l'hai deciso tu... comunque hai ragione, ma scelgo io cosa portare»
Nicole mi guarda soddisfatta e scoppiamo entrambe a ridere. Non so come avrei fatto se non ci fosse stata lei. Ha sempre la parola giusta, non si lascia mai abbattere.
In molte situazioni anche io mi ritengo una persona forte, ho affrontato tante battaglie nella mia vita, ma questa volta sembra che la delusione sia troppo forte.
Io e Peter parlavamo di matrimonio. La nostra sembrava la relazione perfetta: due atleti, campioni nazionali, con una grande passione in comune. E invece mi ha solo presa in giro.
Mi addormento imponendomi di pensare cose positive, c'è Thunder, il mio cavallo, il mio vero grande amore, che mi aspetta in Portogallo per portare a casa un'altra vittoria. E io non vedo l'ora.
Mi è sempre piaciuta l'atmosfera prima di una gara. Si incontrano amici e colleghi lontani. Si preparano al meglio i cavalli portandoli a conoscere il posto. Quella sensazione di non sapere come andrà, dove tutto è ancora da scrivere, è sicuramente la mia preferita.
Thunder appena mi vede inizia a nitrire e raspare con lo zoccolo.
«Ciao piccolo! Hai fatto un buon viaggio?» Gli accarezzo il lucido manto nero e gli porgo uno zuccherino «Non dirlo ad Achille» gli sussurro all'orecchio.
«Guarda che sono qui, lo vizi troppo!» Achille spunta dal retro del box di Thunder.
Siamo molto affiatati e condividiamo tutto, anche la passione per i cavalli ma lui ha preferito concentrarsi sull'addestramento e ama fare l'istruttore. Le gare non facevano per lui, pur amando tantissimo questo mondo.
«Ha fatto un lungo viaggio se lo meritava uno zuccherino»
«Seh vabbè... finisco di prepararlo io, hai la ricognizione di campo tra poco»
Infilo la giacca, sistemo la lunga treccia e con il kep sottobraccio raggiungo il campo gara.
«Dafne, aspetta!» Nicole mi corre incontro trafelata e mi fermo con aria interrogativa
«Volevo solo dirti che ho saputo che Peter non c'è!» La sua espressione soddisfatta mi fece ridere.
Devo ammettere di essermi sentita parecchio sollevata.
L'assenza di Peter ha influito positivamente sul mio umore per tutto il weekend di gara, sono riuscita a finire le competizioni con il miglior tempo e miglior punteggio, chiudendo al primo posto. Thunder era più in forma che mai, ho avuto la sensazione che anche lui abbia dato tutto se stesso per rendermi felice. Non capitava da un po' e mi sono sentita finalmente viva, soddisfatta e con la mente serena.
«Approfitto del tuo buonumore per dirti una cosa..."
Achille, Thunder e la mia squadra sono ripartiti per la Svizzera, io e Nicole rimarremo altri due giorni in Portogallo. Mi siedo sul letto e guardo Nicole con aria interrogativa, aspettando che continui. Le sue pause teatrali a volte mi snervano, ma sono troppo felice ora per farci caso.
«Ho sentito una mia amica di Monaco... non ci vediamo da un po' e il caso ha voluto che è qui perché il fidanzato gareggiava in Portogallo...»
«Non l'ho vista in questi giorni... il fidanzato ha gareggiato con noi? Chi è?» Sono perplessa, non mi pare di aver mai visto questa sua amica, né l'ho vista in questi giorni.
Nicole scoppia a ridere «No, no. Frena. Il fidanzato non è del nostro ambiente... corre in formula uno.»
Strabuzzo gli occhi, non ho mai conosciuto un pilota di formula uno. Non che ne sappia molto di quel mondo ma mi ha sempre affascinata. «Fico! E quindi?»
«E quindi oggi pomeriggio andremo a fare aperitivo con lei, il fidanzato e mi sa che ci sarà anche il suo compagno di scuderia...»
Ok, l'aria misteriosa di Nicole mi stava dando sui nervi «almeno dimmi i nomi! In quale scuderia corrono?»
Nicole mi guarda soddisfatta, era da un po' che non declinavo un suo invito. Ma ho voglia di festeggiare e divertirmi. Devo impormi di chiudere con il passato e andare avanti e delle nuove amicizie mi faranno bene.
«Corrono in Ferrari. Sono Charles Leclerc e Carlos Sainz»
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