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7. il fiocco rosso

Alcune goccioline di pioggia si intrappolarono tra i pungenti aghi della pianta grassa. Affondava in un vaso a forma di anfora, color argilla, grande quanto una gomma di tir. Finalmente dopo tre giorni di interminabile noia, era smesso di piovere.

Il sole ormai faceva capolino in una densa coltre di nubi grigie che si allontanavano per tornare chissà quando. Stanco della lunga e intensa giornata scendeva colorando di rosso il cielo, sfiorando le nuvole e infuocando di riflessi i terrazzi delle case tinte di viola.

La signora Fellow, madre di Libi, uscì nel suo immenso giardino recintato di un inzuppato legno giallo, ormai a pezzi. Facendo attenzione alle lunghe spine, spezzò un angolo verdissimo della pianta.

-Ma così non si rovinano? -chiese Marie faticando ad articolare le parole.

-No. Sai, queste piante sono speciali. Hanno la facoltà di riparare la parte tagliata e così ricrescono.

-Quante piante ha, signora Dorotea?

-Centinaia... forse migliaia, oserei dire. -contemplò lei guardandole con orgoglio. -Ed è un bene. Il dottor Brooks viene qui a prendere ciò che gli serve per scopo medicinale. A Falldown non c'è un ospedale, quindi è solo grazie alle mie "amiche" che scongiuriamo ogni tipo di malattia.

-Amiche? -chiese Marie inarcando le sopracciglia.

-E' così che chiama le sue piante. -spiegò Libi imbarazzata.

-Tieni Marie. Ogni giorno per una settimana, mettine un pezzetto sotto la lingua per almeno un'ora. -continuò Dorotea Fellow porgendole quello che aveva appena prelevato dopo averlo privato degli aculei. -...Vedrai che queste bolle che hai sulle labbra scompariranno... Già da domani avrai dei miglioramenti.

-Grazie, la ringrazio molto.

-Libi, perché non accompagni Marie per un pezzo di strada? Casa sua è piuttosto distante da qui, mi spiace che debba fare tutta quella strada da sola.

Così dicendo posò affettuosamente la mano sulla spalla di Marie. Lei sorrise anche se avvertendo un fastidioso attrito alla bocca. Pensò che Libi dovesse combinarle davvero grosse per costringere una donna così buona a castigarla così di frequente. Si apprestò quindi ad entrare in casa quando qualcosa che svolazzava attrasse la sua attenzione. L'aveva visto solo con la coda dell'occhio, ma era certa che si trattasse di un pipistrello. Lo cercò con lo sguardo, lì nel giardino, per vedere dove fosse ma non lo trovò.

-Che c'è cara? -chiese la signora Dorotea notando perplessità nel visetto fresco e sottile di lei.

-Non so... Mi è parso di vedere...

-Sì ho capito. Sono dappertutto. Quelle cosette nere... Voglio far costruire una tettoia sul mio giardino, qualcosa di retato, sperando che non si avvicinino più... Sai credo che anche a loro piacciano le mie piante... Vengono sempre a mordicchiarmele!

-Davvero? -Marie si voltò sorpresa. Che fossero i pipistrelli a dare a quelle piante la capacità di guarire? O chissà... forse erano le piante che davano ai pipistrelli quel potere.

-C'è una donna, qui dietro casa mia che mi sembra li faccia entrare in casa! Io non lo farei mai!

-Una donna?

-Sì, è una mia vicina di casa ma pare che non le piaccia molto parlare. Sì e no mi saluta quando va nel suo giardino che confina con il mio. Non immagini quante volte mi ha chiesto di darle qualche germoglio delle mie amiche...! Le ha piantate e adesso ha un giardino quasi come il mio... ma più piccolo. Di lei so solo come si chiama... perché non esce mai...

-Ah, sì un giorno mi ha accennato di lei Libi. Come si chiama?

-Giovanna.

Al suono di quel nome, Marie sobbalzò. Stava parlando di sua nonna? Sua nonna Giovanna?

Le strade ancora bagnate e a tratti allagate, trasmettevano un senso di malinconia. Se fosse stata di buonumore, Marie si sarebbe messa a saltellare come una cavalletta tentando di evitare quei piccoli stagni e inzupparsi le scarpe legate con i lacci alle caviglie. Ma non era il momento. Era troppo presa da quella storia così assurda da sembrare impossibile. Ma poi cosa poteva essere impossibile in un paese irreale come Falldown? Il nome stesso, "cadere giù" infondeva profonda inquietudine, per non parlare del posto in cui era stato edificato. A centinaia di metri da terra, sospeso manco fosse una grossa nuvola grigia di marmo, che si affacciava su un dirupo e solo a guardare giù venivano le vertigini e la conseguente nausea... Ormai ci si poteva aspettare di tutto in quel posto, anche di veder volare un cane.

Marie fissò un portone circondato da intagli color avorio. Forse era proprio quella la casa di sua nonna. Indecisa se andare lì a bussare o semplicemente scappare via e tentare di scordare tutta la faccenda legata ai pipistrelli, pensò a qualche giorno prima, quando si era recata nuovamente al grande portone di legno che faceva da ingresso al mondo bianco. Il desiderio di rivedere i suoi cari genitori l'aveva spinta a tornare lì. Ovviamente non aveva detto niente a nessuno e dopo un paio di settimane in cui aveva finto che tutto fosse tornato alla normalità, pareva che Princess non si fosse accorta di quanto la ragazza fosse tormentata da quei rumorosi pensieri. Ci era tornata infatti, ma il portone era chiuso. Sicuramente a chiave. Non era riuscita a spostarlo di un centimetro. Probabilmente Frank aveva fatto in modo che non si potesse aprire più...

Jarold, meno male, aveva tenuto la bocca chiusa riguardo a tutto quello che gli aveva raccontato Marie, da allora però, non si erano più visti, né parlati.

-Libi, tu conosci quella donna di cui parlava prima tua madre, no? E' questa la sua casa?

-Credo di sì, perché?

-Vorrei conoscerla...

-Ah sì? Come mai?

-Non so... Ho l'impressione che in qualche modo... faccia parte della mia famiglia.

-Ok, andiamo allora.

Il maniglione fu sollevato, poi la ragazza si fece coraggio e lo sbatté per due volte.

Dopo pochi secondi spuntò il viso aggraziato e rosato di una bellissima donna. Di certo -pensò Marie- non poteva essere lei nonna Giovanna, visto che dimostrava al massimo 25 anni.

-Sì? -disse la voce morbida e gentile della donna mostrando un sorriso bianco e perfetto.

-Oh... mi perdoni... -sussurrò Marie. -Qui ci abita solo lei?

-Certo.

-Allora devo aver sbagliato casa... mi scusi.

-Figurati. -rispose la donna richiudendo il portone. Dalla fessura poi, notò la ragazza di spalle che si apprestava ad andare via ed ebbe un sussulto. -Ehi ragazzina...! -le urlò incontrollatamente.

Marie si voltò lasciando svolazzare i suoi lucenti capelli. La donna si portò le mani alla bocca poi con voce camuffata pronunciò alcune parole. -...Marie... sei tu...?!

La tazzona di fine porcellana, intagliata con una filigrana sottile color oro, fu riempita fino all'orlo con una bollente cioccolata densa e corposa. Marie si incantò mentre osservava come il fumo che ne fuoriusciva si sollevava verso l'alto creando tanti schizzi stilizzati. Nessuno aprì bocca. Libi tentò di berla in fretta arricciando il naso e sopportando l'elevata temperatura della bevanda nera. Con la lingua scottata si alzò mentre qualche goccia trasparente le colava dalla fronte, quasi come se avesse fatto un bagno in una sauna.

-La ringrazio per la cioccolata. -disse accennando a un inchino. -Io devo scappare... -continuò rivolgendosi a Marie.

L'amica andò via. Marie seduta sulla sedia di un chiaro legno di faggio restò immobile con il corpo rigido e le mani incollate alla tazza.

-Come faceva a sapere che adoro la cioccolata? -irruppe lei con tono serio e formale.

-A tutti piace la cioccolata... Ma... hai capito chi sono? -la donna sorrise mentre espelleva tutta l'aria che per un attimo aveva trattenuto. -...Già... come potresti... Eri così piccola.

-Io credo di aver capito... Ma se lei fosse la persona che penso io... dovrebbe essere più vecchia.

-Hai perfettamente ragione. Ti chiederai come ciò sia possibile e... devo dire che non è molto semplice spiegarlo...

-Non si dia troppa pena. So che i pipistrelli hanno proprietà che nessuno conosce... So che possono guarire e quindi immagino che possano anche rendere più giovani le persone...

La donna, guardò Marie socchiudendo gli occhi e alzandosi. Iniziò a passeggiare nervosamente per la cucina. I capelli chiarissimi che le sfioravano la schiena accarezzandola, parevano esibirsi in una leggera danza. Si fermò in piedi, di fronte a Marie, fissandola con profondi occhi di un blu limpido, incorniciati da folte ciglia lunghe e lucide. Il fisico, asciutto e praticamente perfetto, avvolto in un abito di seta color lilla, si adagiò sulla poltrona dietro di lei procurando un tonfo e abbandonandosi.

-Aspettavo da tempo questo giorno... -sussurrò emozionata e allo stesso tempo stremata, quasi come se le ultime energie che possedeva le avesse usate per pronunciare quella frase.

-Sei mia nonna...? -chiese Marie timidamente.

-Lo sono.

-Accipicchia...! Non ti immaginavo così...

-E' del tutto comprensibile... E tu sei Marie, vero?

-Sì, sono tua nipote. Come hai fatto a riconoscermi prima?

-Io ti ho vista quando avevi solo pochi mesi... Ma quel fiocco...

-Questo? -disse toccandosi il nastro rosso che rigorosamente portava ogni giorno tra i capelli. -E' un regalo di mia mamma...

-...Sunny... la mia Sunny... -disse la donna commossa. -Quando era in attesa che tu nascessi... lo confezionò per te con le sue mani. L'ho riconosciuto dalla pietra. Sì, questo piccolo smeraldo al centro. Lo trovai molto tempo fa, era incastonato tra le rocce, al bordo del paese. Lo regalai a tua madre e a lei le piacque così tanto che decise di metterlo qui, attaccato al nastro. Vedo che lo porti tra i capelli...

-Sì, tutti i giorni... Non lo tolgo mai.

-Continua così Marie, tienilo sempre con te. Capito? Sempre!

Marie la guardò fisso tentando di capire se davvero quella donna fosse sua nonna. Non sapeva se potesse fidarsi di lei, certo, avrebbe dovuto spiegarle molte cose...

Giovanna parve comprendere i suoi pensieri.

-Ora dimmi Marie: chi ti ha raccontato tutto quello che sai?

-E' stato Frank...

-Frank? Non conosco nessun Frank...

-Ah no...? -chiese la ragazza perplessa. -Ma forse conosci Drave, suo padre.

A quelle parole la donna iniziò ad agitarsi. Riprese poi il controllo, abbassando gli occhi e soffermandosi a guardare le sue scarpe di cuoio, perfettamente allineate che battevano ritmicamente sul pavimento di pietra squadrata.

-Sai chi è, giusto? -disse riprendendo fiato.

-...E' mio nonno... insomma... il tuo ex marito, non è così?

-Vedo che questo Frank la sa lunga... -fece una pausa poi si immerse nei tristi e dolorosi ricordi di un passato mai completamente dimenticato. -...Sunny non ha mai conosciuto suo padre. E' andato via molto tempo prima che lei nascesse. Mi abbandonò. Sola con la piccola in grembo e sola col mio destino...

-...Per un'altra donna?

-Evidentemente sì.

-E' la mamma di Frank...

-Ah sì? Non l'ho mai vista quella... E non avevo nessuna intenzione di vederla... perciò è stato meglio così. E' andato via di notte il vigliacco. Era malato. Ma non volle essere aiutato da me. Io sapevo come fare... Avrei potuto guarirlo... Ma non mi volle ascoltare.

-Come hai fatto a scoprire che i pipistrelli possiedono un veleno che fa guarire e poi è vero che conosci ognuno di loro per nome? Mi pare così assurdo.

-Invece è così, piccola cara. E' successo tutto casualmente. Non so se quel tipo che mi hai detto, ...Frank, ti ha messa al corrente del virus che gira qui a Falldown?

-Virus? Mi ha accennato qualcosa... E in effetti anche mia sorella mi ha raccontato di aver avuto una malattia causata da un virus.

-Devi sapere, tesoro che quassù, dove viviamo noi, l'aria è rarefatta e a suo tempo la dottoressa del paese, la signora Brooks, madre dell'attuale dottor Nando Brooks, scoprì tramite alcuni test, che questo crea l'ambiente perfetto perché si sviluppi una particolare forma di virus. Se non viene curato porta alla morte...

-Si cura col veleno dei pipistrelli, giusto?

-Proprio così. La dottoressa non riusciva a pervenire alla soluzione del problema. Voleva creare un vaccino in grado di debellare il virus dal paese, ma non vi riuscì. Finché non mi accadde una cosa strana... Ero sul terrazzo di casa mia, che osservavo piccoli sciami di pipistrelli che svolazzavano qua e là, rapita dai disegni che sembravano lasciarsi dietro ad ogni battito d'ali. Uno di loro si avvicinò a me... Tentai di afferrarlo per vederlo da vicino ma lui si spaventò e mi morse. Lanciai un urlo che viaggiò per diversi metri. Pochi giorni prima la dottoressa aveva fatto un test su di me, visto che avevo sempre dei forti mal di testa e aveva rilevato il virus. Ma dopo il morso no. Dopo il morso del pipistrello ero guarita. Incredibile vero?

-Dopo quello che mi è accaduto in questi ultimi mesi, non mi stupisco più di nulla...

-Hai ragione tesoro.

-...Ed è stato così che... Drave ha conosciuto questo particolare potere dei pipistrelli?

-Oh no... Non ha voluto credermi. Quando mi disse che stava male, avrei voluto che anche lui facesse quel test. Gli raccontai quello che mi era successo dopo essere stata morsa, delle ricerche della dottoressa Brooks, del virus... dei vaccini... Non mi ascoltò. Da orgoglioso scienziato qual era, non voleva ribassarsi alle teorie di due donne che per lui erano soltanto "esseri inferiori" ...poi andò via e non lo vidi più. La dottoressa abbandonò la ricerca perché nessuno volle aiutarla a catturare i pipistrelli per fare quei vaccini. La presero per pazza sai? Nessuno le credette... Le persone intanto iniziarono anche a vociferare su di me... Che fossi strana e con qualche rotella fuori posto... Ingrata la gente vero?

-Nonna... posso chiamarti così?

-Certo che puoi... Sei mia nipote...

-Cosa... cosa mi dici della sparizione di tuo padre Paolo...

-Oh è stato tremendo... -disse sporgendosi e allungandosi per prendere la sua tazza lasciata sul tavolo a raffreddarsi. Marie gliela passò. -Grazie... -sorseggiò la cioccolata poi ingoiando si fece forza. -Mio padre... è stato il primo ad essere portato via dal turbine. Era nel retrobottega dove scolpiva. Noi non potevamo credere ai nostri occhi quando siamo entrate lì... Ero con tua madre. Ogni cosa era stata spostata quasi come lanciata a casaccio da un forte vento. C'erano centinaia di statue rotte... gesso dappertutto! Mio padre non c'era più... e qualcuno, fuori della bottega ci disse di aver visto un violento tornado che ha sollevato tutte le foglie e un gran polverone.

-Nelle macerie avete trovato un pipistrello morto?

-Sì... ma come lo sai?

-E' successo così in tutte le sparizioni... Quando mordono è per curare, mi ha detto Frank e una volta tirato il morso il pipistrello muore.

-E' vero anche quello che mi ha morso poi è caduto a terra privo di vita.

-E' successo anche me sai?

-Davvero? Quindi ...quel turbine...!

-...Erano pipistrelli! Erano centinaia di pipistrelli!

-...L'hanno sollevato e... portato via?

-Proprio così... Credo che abbiano tentato prima di guarirlo e poi quando hanno visto che non c'era più niente da fare, l'hanno portato via.

-E dove? Dove l'hanno portato?! Sai anche questo?

Marie fece una pausa, poi sussurrò: -Nel mondo bianco.

Giovanna la guardò tentando di capire. Trasalì quando un ricordo le piombò addosso come una doccia fredda.

-No...! Impossibile! -esclamò alzandosi e girando a grandi passi intorno al tavolo. -...allora c'è riuscito!

-Parli di Drave? -capì al volo la ragazza.

-...Quando era malato... -si fermò la donna per spiegare. -...parlava sempre di qualcosa del genere... Diceva che avrebbe creato un mondo... un posto dove avrebbe curato la sua malattia. Mi pare che l'avesse chiamato proprio così... Il mondo bianco...

-Io l'ho visto... Ci sono entrata e lì... -Marie si interruppe pensando a come avrebbe potuto reagire sua nonna apprendendo che lì aveva visto i suoi genitori e che vi erano anche altre persone, tra cui Paolo, suo padre.

-Cosa hai visto?! -le mise fretta Giovanna sconvolta.

-Te lo dico ma... siediti e tieniti forte... -la donna risprofondò nuovamente sulla poltrona. -Le persone di Falldown che sono sparite... sono lì.

-Anche ...anche mia figlia?! ...Anche Sunny?! -fece la donna incredula.

-Sì. Sono tutti lì.

Giovanna scoppiò a piangere. Non sapeva se fossero lacrime di gioia o di paura. Conosceva Drave e sapeva del suo carattere spietato e cinico.

-Devi raccontarmi tutto Marie! -disse la donna in lacrime. -Voglio sapere ogni cosa!

-Lo farò... nonna.

Giovanna l'abbracciò forte, si scostò poi per guardarla dritta negli occhi, come se avesse una confessione da farle.

-Sei ancora così giovane ma... credo che ormai tu sia abbastanza grande da conoscere tutta la verità.

-Cosa vuoi dire?

-Ti spiegherò tutto.

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