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Mark Rothfuss

An interview? Do I get paid for this? I mean, don't get me wrong, it's flattering...
Ok, ok, I will answer your questions. Dear God, you better have a good paycheck ready for me. Do you know who my dad is?

*smirks*
I guess you're about to learn it.

■▪︎■ Role ■▪︎■
Sono un cliente di questo hotel. Un cliente abitudinario, direi quasi ininterrottamente da due anni. Vedrete il perchè più avanti: dopotutto, sarebbe triste spoilerarvi tutto in anticipo no?

■▪︎■ Name ■▪︎■
Mark. No, non significa marchio: vuol dire dedicato a Marte o qualcosa del genere. Sì, Marte, il dio della guerra; se lo dite a papà sarò costretto a cambiare nome. "Un signorino di buona famiglia come te non può avere un nome tanto legato alla guerra. E se ti prendessero come soldato?"
No, non riesco a fare venti trazioni di fila.
Sì, mio padre è paranoico. Mia madre è il triplo, ma di solito si limita a fissarmi male e a sgridarmi in privato.
Non preoccupatevi, ne parleremo dopo. Comunque Mark, piacere.

■▪︎■ Surname ■▪︎■
Rothfuss. Un cognome perfetto per le prese in giro a scuola, non avete idea di quante volte io mi sia ritrovato bollato come colpevole delle risse nella mia umile scuola. Prima che i miei decidessero di farmi studiare in casa con i tutori privati e gne gne gne gne gne.
Vabbè, ricchi e privati. Il figlio di un membro della Camera dei Rappresentanti e di una contabile non poteva trascinarsi in scuole piene di ragazzini: e se qualcuno lo volesse prendere in ostaggio? E se qualcuno mi usasse per ricattare mio padre?
Credo già si inizi ad intuire il tipo di persone con cui ho avuto a che fare in ventisette anni di vita. Ventisette anni di fuga e nascondigli - tra cui questo meraviglioso hotel. Ma il mio cognome, ahimè, non si cambia, anche se non definisce chi e che cosa sono; spero solo in futuro di dargli onore e che capiti a persone davvero talentuose.


■▪︎■ Age ■▪︎■
Ventisette e si vola. Ogni volta che compio gli anni penso "meno male che non sono donna" prima di soffiare le candeline. Davvero: se fossi stata una compare sarei già andato in sposa a qualche altro aristocratico o riccone di buona famiglia, a loro dire.
Molto probabilmente mi avrebbero costretto ad avere prole.
Ma sono un ragazzo, ho tempo...
In realtà è tutto un ragionamento malvagio che faccio con i miei perchè la smettano di rifilarmi una sottana dopo l'altra. Non che mi dispiaccia, sia chiaro, non sono gay, ma voglio dare alla mia donna il giusto rispetto e il giusto trattamento. Quello che voglio dire è...
Se non fosse la persona giusta le renderei la vita un inferno. Non per colpa sua o mia, semplicemente ritengo che il mio corpo e i miei atteggiamenti sprizzerebbero tutto ciò che provo. E non voglio far vivere a una mia eventuale partner l'orrore di un compagno disinteressato.
Sento di portarmeli bene i ventisette, modestamente. Mi sembra fosse ancora ieri che ne avevo venti. Chi ha permesso al tempo di volare così in fretta, ehi!

■▪︎■ Physical appearence ■▪︎■
(Arthur Gosse)

Che posso dire? Almeno, mamma e papà hanno fatto bene il loro lavoro con la genetica. Ho gli occhi chiari con cui mi piace fissare la gente: se fossi stato un abitante di Salem mi avrebbero già mandato al rogo, ma visto che siamo negli anni 50 - fine anni 50, l'unica cosa che fa la gente è sentirsi a disagio.
A volte, è estremamente soddisfacente; altre cerco di fare a meno di sembrare un uccello del malaugurio.
Ho i capelli castani, scuri; non sono tra le persone più alte di questo universo né sono un macho di quelli che si vedono sulle navi o attorno a Marilyn Monroe, ma mi piace tenermi in forma.
Dopotutto, l'aspetto fisico è una delle parti più importanti di una prima impressione.
Giacca, cravatta o qualche cardigan comodo sono i miei vestiti preferiti; non ho un guardaroba troppo colorato ma non sembro neanche un agente dell'FBI, anzi, direi che di nero non ho niente. Quasi niente.
E l'unica cosa nera che ho la tengo lontana dagli occhi e dal cuore.

■▪︎■ Attitude ■▪︎■

I'm falling into the loop.
Again and again and again.

Mi piacerebbe dire che sono una persona matura e con la testa apposto, ma ho imparato che dire bugie a proposito del proprio carattere non ti porta lontano. Mi piace provocare le persone, ma non nel senso che pensate voi: osservare e studiare le loro reazioni è ciò che desidero. Rabbia, paura, gioia, eccitazione, confusione: ogni sentimento ha per me un valore inestimabile. Ne studio i gesti, le espressioni, come il loro corpo reagisce a ogni singolo e minuto cambiamento nella loro mente; lo trovo estremamente affascinante, a costo di passare a volte per un villano e altre per uno stronzo.

Nonostante ciò ho degli amici o delle persone con cui parlo tranquillamente. Strano vero?
Quei pochi che sono riusciti a sopportare la mia fase sperimentale - o che hanno avuto la fortuna di schivarla - si sono ritrovati davanti la mia versione amichevole. Caring sarebbe il termine giusto.
Ho un senso dell'umorismo abbastanza fine, nel senso che a volte lo uso e a volte no, ma sempre senza esagerare: mi piace vedere le persone incazzate, ma non i miei amici.
So prestare una spalla su cui piangere, a patto che mi paghi la lavanderia se è qualcosa di particolarmente costoso o prezioso, per così dire, ma so ascoltare. So dare consigli, anche se a volte non li seguo io stesso.
Predico bene e agisco male, in sintesi. Molto male.
Sono consapevole dei miei errori ma continuo a ricaderci come un pollo; questo pollo, però, è molto determinato ed è difficile farmi cambiare idea.
Sono molto logico, difficilmente tento di trovare soluzioni che non stanno in cielo né in terra.
Mi risulta difficile pure ascoltare delle persone che hanno opinioni estreme. Non parlo solo di religione - ma femministe che pensano che i maschi debbano essere loro schiavi, religiosi che per l'appunto pensano che tutto il mondo debba seguire la loro fede...
Ci siamo capiti insomma.
Trovo che ogni opinione debba avere un equilibrio... Come una piuma su una bilancia. Delicata ma stabile, a malapena visibile ma presente.
Un po' metaforico? Chiedo venia.
Intendo dire che posso sembrare invisibile, a volte, ma mi faccio sentire nel momento del bisogno. Che sia per consolare un amico, per risolvere una situazione spiacevole o per picchiare qualcuno.


■▪︎■ Backstory ■▪︎■

I just want to breathe...

A quanto pare è abbastanza facile intuire che sono nato in una famiglia agiata. Da cosa, non lo so, ma la gente me lo dice spesso.
Mio padre e mia madre si sono incontrati in banca, dove lei lavorava; non so cosa gli sia piaciuto l'uno dell'altro ma se vi dicessi che sono fratelli non avreste problemi a credermi.
L'unica differenza sono gli occhi: papà scuri e mamma chiari.
Probabilmente, lei lo avrà puntato per i soldi e lui avrà fatto altrettanto con lei; un politico e una contabile che si incontrano ha causato tante scintille e così sono nato io.
Seguite il mio consiglio: non contate indietro di nove mesi nel tentativo di capire in che occasione siete stati concepiti.
Non lo volete sapere.
Comunque: settembre 1932, nacque questo pargoletto adorabile che papà assolutamente non voleva. Come tutti i papà, anche se di solito ciò accade con gli animali domestici, si affezionò tanto in fretta quanto mi aveva bollato come creatura non voluta qualche mese prima.
La magia della paternità.

Inizialmente andavo a delle scuole pubbliche come tutti: mamma era di famiglia borghese, quindi riteneva che fosse una soluzione accettabile. Dopo la mia prima rissa mi trasferirono in una scuola privata; dopo la seconda mi condannarono agli studi da casa.
La verità è che mi facevo gli amico sbagliati da bambino, e poi per seguirli facevo cazzate su cazzate. Ero un bimbo stupido, lo ammetto. Non so quanto ciò sia cambiato.

Anni di studio e solitudine sono costati ai miei genitori più di quanto volessero: hanno dovuto pagare tutti i vasi che ho rotto, gli psicologi per alcuni dei miei insegnanti e si sono guadagnati un esaurimento di nervi, oltre che il mio perenne malcontento.
Non riesco a odiarli, nonostante tutto: sono pur sempre i miei genitori.
La situazione continuò a mantenersi stabile finchè, magicamente, non apparve l'uomo che mi cambiò la vita: Robert Ressler.
Uomo è un eufemismo, è più giovane di me di qualche anno, ma venne con suo padre quando quello doveva insegnarmi i fondamenti di giurisprudenza; assieme, invece, mi parlarono della psicologia e dello studio del comportamento, usando un argomento che tanto mi interessava per poi integrare parti di diritto.
Mai imparato un libro tanto in fretta. Oltretutto, sono i responsabili di questa mia nuova passione; anche se papà e mamma non approvavano del tutto tale indirizzo, nessuno dei due poteva protestare perchè, nel frattempo, stavo imparando anche ciò che volevano loro.

(Robert Ressler)

Papà mi disse due anni fa che voleva mi infilassi come suo collega alla Camera dei Rappresentanti. Disse che aveva il posto pronto, mi aveva creato un curriculum e una sedia solo per me in quel mondo che tanto odiavo. La politica non era mai stata il mio forte, anche se conoscevo il diritto; in risposta gli aprii davanti il dépliant con il programma dell'Accademia di Polizia, dove Robert sarebbe entrato di lì a poco.
Papà si arrabbiò, mamma pure; dopo una settimana di litigi incessanti feci le valigie e me ne andai, capendo che non mi avrebbero mai lasciato scegliere il mio percorso per il futuro.

Approdai a questo meraviglioso hotel e mi stabilii qui, attirato dalla varietà di persone e dal via vai continuo di stranieri, oltre ovviamente ai prezzi accettabili. Lavoro part time come scrittore per la United Press, raccogliendo i fatti che mi inviano i giornalisti e mettendoli insieme in un articolo decente. A volte mi pagano bene, altre male; in ogni caso, i soldi sono sufficienti a mantenermi in questo hotel, ma non a comprarmi una casa.
Ed è così che vivo: in bilico, sempre sul punto di cambiare in meglio la mia vita; ma poi ricado esattamente nello stesso buco di prima, ricominciando ad aspettare il momento propizio per potermi finalmente liberare da questa angosciosa e ridondante prigione.

■▪︎■ Random Facts ■▪︎■
○ Possiedo un piccolo pugnale. È un regalo del padre di Robert: non è nulla di eclatante, ma voleva regalarmi un'arma che non fosse una pistola e che imparassi come usarla. Sopravvivenza o difesa, in ogni caso è in mio possesso, ben nascosto. Lo metterei in mostra, se non sembrasse un'azione da psicopatici.

○ Il mio desiderio più grande è avere una casa tutta mia. Che sia un appartamento o una villa non mi importa: voglio un posto da poter chiamare casa che sia mio e solo mio. Un posto lontano dai miei, un posto sicuro di cui loro non siano a conoscenza.

○ Scrivere per la United Press mi piace più di quanto ammetterò mai. Forse, un giorno, scriverò qualche libro.

○ Sono un cuoco terribile. Fine.

○ So ballare qualche ballo liscio: valzer, tango, bachata e giusto un po' di salsa.
Quel poco che basta a condire un'insalat- scherzo, scherzo. Abbassate i forconi.

○ Non provo interesse per una donna se non dopo averla conosciuta. Stesso vale per gli amici: ci vuole tempo perché io mi affezioni a qualcuno ed è un processo a volte complesso, a volte semplice.

○ Se ridete vi ammazzo. Mi piace ricevere fiori.
Eh già, proprio così. L'unica volta che è successo in vita mia ho quasi sposato la donna in questione, prima di scoprire che aveva già un ragazzo.
Migliori amici.
Ha, ha ha.

○ Se avete un gatto ve lo ruberò nei giorni difficili per la serotonina. Ne ho bisogno.

■▪︎■ Relationships ■▪︎■
metts_ Lena, la collega di sfiga.
E ti pareva che non incontravo qualcuno a cui predicare bene e razzolare male?
Caso perfetto. È simpatica, molto sveglia e una buona conversatrice; ci parliamo a volte, senza pretese, anche perchè lei a volte è presente e altre no.
Quando è libera ci si becca; l'unica cosa particolare è che è nella mia stessa situazione, un buco di continui errori e vittorie che la riportano sempre al punto di partenza.
A volte glielo faccio notare con qualche commento, a volte no: non voglio farla arrabbiare, sembra il tipo di persona che potrebbe usare il tuo stesso pugnale per squartarti.

metts_ -Biskj a voi

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