VISITE (Lily Pov)
Lily's pov
«Mentre dormi fai delle espressioni proprio strane, lo sai Lilith?»
Non capisco se questa voce è vera o se proviene dal mio sogno, guardo il tenerissimo coniglio bianco del mondo onirico sfumare e apro gli occhi a fatica. Intravedo nella penombra un volto sopra il mio, un respiro mi formicola sulle labbra, un peso mi schiaccia il corpo.
C'è un estraneo in camera!
«Cosa cavolo...» inizio a scalciare per liberarmi ma non c'è nessuno sopra di me, mi siedo sul letto svegliandomi di colpo col cuore in gola. Vicino ai miei piedi scorgo una sagoma accucciata sul materasso, il chiarore dell'alba filtra dalle tapparelle chiuse e illumina l'intruso a tratti: è un ragazzino di circa sedici anni coi capelli rosso accesso sparati in aria, gli occhi verdi enormi e un sorriso compiaciuto stampato in faccia. Ha una strana macchia colorata sul collo e sul volto, i raggi del sole fanno brillare gli orecchini del suo orecchio destro.
«Chi cavolo sei tu!» Simone salta giù dal letto con un balzo e prende il cellulare dal comodino. Cerca tremante di digitare i tasti sicuramente per chiamare la polizia, o i carabinieri o i militari oppure l'aviazione, ma in quel momento il nostro ospite svanisce nel nulla.
Perfetto.
Ora cosa racconto a Simone?
«Dov'è? Dov'è svanito?» ha gli occhi sgranati, il viso pallido.
Oddio adesso sviene. Cosa posso dire? Non mi viene in mente niente di utile o di intelligente. Distolgo lo sguardo da lei e vedo dei vestiti sparpagliati per terra, i cassetti aperti.
La nostra camera è stata perquisita.
«Vieni qui» Marco mi prende per il polso e mi trascina verso la poltrona.
Siamo da Dozenith in attesa che arrivino anche gli altri, il padrone di casa è in cucina a prepararci il solito tè e a provvedere che il nostro livello di glicemia non si abbassi troppo. Marco si siede e mi fa cadere sulle sue gambe avvolgendomi con le braccia.
«Sono ancora scossa. Ho passato tutta la mattina in commissariato con Simone» per fortuna la sua mente razionale non ha accettato che il ragazzino fosse svanito nel nulla e ha pensato a qualche shock dovuto al fatto che avevamo un ladro in casa. Ovviamente mi ha trascinato a sporgere denuncia. Non aveva rubato nulla, almeno così ci è sembrato facendo un primo controllo. Però stava cercando qualcosa. Chi era? Come faceva a conoscere il mio nome?
Marco inizia a mordicchiarmi l'orecchio e poi a baciarmi il collo, un brivido mi risveglia dai miei pensieri. «Marco...smettila. Tra poco saranno qui tutti»
«E allora?» scende con le labbra fino allo scollo a V del maglione mentre col pollice inizia a disegnare dei cerchi sulla mia pelle poco sopra il passante dei jeans, impossibile ignorare il calore che risveglia in me il suo tocco.
«Marco no dai, mi vergogno» cerco di alzarmi ma mi blocca trattenendomi.
Sorride mentre delicatamente mi bacia il labbro ancora gonfio: ho guadagnato tre punti di sutura.
«Se penso a te e Sonia, che rotolate nel fango litigando, non riesco a non ridere»
«Smettila!» stavolta riesco a liberarmi e ad alzarmi di scatto. Mi vergogno da morire per quanto è successo, è la prima volta che alzo le mani su qualcuno e soprattutto che perdo il controllo di me stessa.
Secondo Dozenith è stata colpa dell'oggetto, ma dentro di me so benissimo di aver sempre desiderato picchiare Sonia. Forse la bambolina ha semplicemente cancellato la capacità di controllarmi, ma la colpa di quello che è successo è soltanto mia.
Sorridendo, sempre più divertito, Marco quasi si sdraia sulla poltrona dondolando la gamba dal bracciolo. «No davvero...vi immagino come due lottatrici, o due maialini che rotolano... veramente divertente»
«Marco» ormai ho perso la pazienza «A volte sei veramente un idiota!»
«Adoro farti arrabbiare» ribatte sornione.
«Non lo farei se fossi in te» Jemina entra dalla porta aperta sorridendo «Adesso sappiamo che Lily sa difendersi anche senza poteri!»
«Jemina! Basta! Anche tu mi prendi in giro adesso!»
Scoppia a ridere e mi abbraccia «Scusa è che questa storia è davvero divertente, in realtà sono anche un po' invidiosa... avrei voluto dare un pugno a Sonia da molto tempo e mi hai preceduto!»
«Purtroppo gli indizi a nostra disposizione non ci forniscono nessuna informazione» Disposizione, informazione chissà se Dozenith si è accorto di aver fatto una rima. Questa frase è stata l'unica cosa carina di tutta la riunione, nessuno ha idea di chi fosse il ragazzino apparso sul mio letto. Abbiamo cercato in biblioteca tra i libri dei Messaggeri, chiesto informazioni ad Anubis e Sabbath, ma senza scoprire nulla. L'unica soluzione è aspettare che ricompaia nuovamente ed estorcergli informazioni. Non mi è sembrato un tipo pericoloso, se voleva farmi del male di sicuro avrebbe agito mentre dormivo. Era più una piccola peste che si divertiva a prendermi in giro. Ma cosa cercava? Non porto a casa oggetti dimensionali, a parte i semi raccolti nella dimensione di Stola. Ma questi si trovano nel capanno della Villa, e alcune piantine in una minuscola serra nello studio di Marco. Nulla che possa attirare l'attenzione di creature dimensionali.
Comunque al momento sono più preoccupata della reazione di Sonia che del rosso col sorriso di Mick Jagger: per tutto il tempo è rimasta tranquillamente seduta a sorseggiare il suo tè, ogni tanto alzava lo sguardo e stranamente mi sorrideva. Questo proprio non lo capisco. Inquietante.
«Ciao Simone! Ti faccio subito il caffè» tolgo il cestello fumante dalla lavastoviglie e prendo una tazzina.
«No, fammi una tisana calmante» si siede al bancone e mette la testa tra le mani poi alza lo sguardo su di me «Ma come fai ad essere così rilassata con quello che è successo stanotte?»
Sapessi cosa mi è successo nell'anno appena trascorso.
Questi segreti con Simone mi lacerano l'anima, non poter condividere con lei ciò che realmente sono è straziante. Pian piano le nostre vite finiranno per dividersi e io non posso sopportarlo, è l'unica persona che si è mai preoccupata per me, è la mia famiglia. Fino a poco tempo fa non avevo nessun altro oltre lei, perché non posso raccontarle la verità?
«Era solo un ragazzino. Secondo me sarà stata qualche bravata come dimostrazione di coraggio. Vedrai» cerco di rassicurarla. Sono diventata così brava a mentire? Da quando? E soprattutto: voglio davvero essere quel genere di persona?
«Ciao Jemina» saluto con un cenno della mano ed esco dal bar. Sono solo le sei del pomeriggio ed è già buio, il respiro forma piccole nuvolette bianche. Ho le mani gelate.
Alla fine mi sono iscritta all'università di Firenze, dopo tanti dubbi ho preso coraggio e ho dato una direzione alla mia vita. Simone si è emozionata quando ha visto la tessera universitaria, quasi piangeva dalla gioia. Controllo sullo smartphone gli orari di domani dei corsi, alcune lezioni le posso seguire on line, altre no perché è necessario presentarsi in laboratorio. Per fortuna domani non è necessario che mi rechi in facoltà. È pesante fare avanti e indietro coi mezzi, lavorare e partecipare ai viaggi per recuperare oggetti. Il mio tempo libero si assottiglia sempre più, eppure per la prima volta in vita mia mi sento realizzata: sto facendo qualcosa che mi piace davvero tanto e mi sto impegnando con tutta me stessa.
Devo fare un salto in cartoleria prima di tornare a casa, quella più fornita si trova vicino alla fermata dell'autobus. Ritiro il cellulare e cerco nella tasca del cappotto i guanti, alzo lo sguardo dalle mani finalmente calde e vedo un bambino sull'altalena del parchetto. Da solo. Avrà si e no cinque anni, dov'è la sua mamma? Cosa fa lì con questo freddo? Mi avvicino sperando di non spaventarlo, indossa un cappellino di lana verde in tinta con la sciarpa che gli copre metà viso. «Ciao piccolo. Sei qui da solo?» gli sorrido.
Il bimbo alza lo sguardo e mi punta addosso due occhi verdi troppo grandi per quel faccino, sorride e la sua bocca si allarga quasi in un ghigno, dal cappellino spuntano ciocche di capelli rossi, sulla guancia intravedo un disegno verde. Un brivido di gelo corre lungo la schiena. Piega la testa di lato e mi chiede con la sua vocina infantile e un po' birichina: «Lilith, non sei stanca di mentire alla tua migliore amica?» e svanisce nel nulla.
Lasciandomi lì a bocca aperta col cuore che martella nel petto e una strana sensazione simile ad un macigno che schiaccia i polmoni. Non riesco a respirare bene.
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