MENHIR (POV Lily)
Il solo stare insieme, senza dirci nulla...
non so per quale motivo, ma...
era quello di cui avevo bisogno.
( The Flavor of Melon )
Lily's Pov
«Mi dispiace tanto per averti ferito ieri, non sapevo nemmeno di essere in grado di fare una cosa del genere» la dolce piccola Sonia è al bancone del bar e sta parlando con Marco, sono seduti vicini...troppo.
Servo loro i caffè e tento di allontanarmi il più possibile, ma Marco mi prende la mano subito dopo che ho appoggiato la tazzina «Rimani qui. Ascolta la sua storia. Dopotutto non vi siete ancora conosciute»
«Si» sono agitata, il cuore batte talmente forte che non sento altro nelle orecchie. Marco non ha ancora lasciato la mia mano. Ah! Dovevo ascoltare qualcosa? Sinceramente, non mi interessa la sua storia.
«Oh... visto che me lo chiedi tu caro Marco lo racconterò anche a lei»
Caro? Bella, a me non interessa. Vedi di non sforzarti troppo.
«...comunque non pensavo che gli incidenti fossero causati proprio da me» e Sonia terminò finalmente di parlare. Siano ringraziate le divinità di tutti i mondi.
Mi sono sforzata di essere più empatica possibile nei suoi confronti, ma davvero risulta difficile. Non capisco se sono prevenuta, o se ha mentito. Sono certa che nasconda qualcosa. Dozenith è molto attento e controlla il passato dei suoi dipendenti per cui, qualsiasi sia la verità, di certo non è una persona pericolosa.
Noto che tira un'occhiataccia alla mano di Marco che è ancora posata sulla mia. Sono rimasta totalmente immobile gustandomi il suo calore per tutto il tempo. Sonia, tesoro, potevi leggermi anche la Divina Commedia in questa posizione.
In quel momento Marco si accorge della mano e mi lascia subito, a quanto pare sono io a scottare come le fiamme.
«Un caffè grazie» un signore attira la mia attenzione. È il proprietario dell'edicola all'angolo, il corteggiatore inopportuno di Elisabetta, questa volta lo devo ringraziare per avermi salvata da questa situazione imbarazzante.
Perché Marco mi ha tenuto la mano? Solo per essere sicuro che ascoltassi la sua graziosa amichetta? Oppure ha agito d'istinto senza nemmeno accorgersi?
Mentre servo il signore entrano nel bar Simone con Davide e Alberto. A quanto pare la nostra bellissima Sonia ha offuscato il ricordo delle false emozioni che Alberto provava per me, meglio così. Primo perché si è staccata da Marco, evento ultra positivo, e secondo perché Alberto è raggiante. Sono felice per lui eppure una fitta di gelosia mi attraversa il cuore: prima ero io al centro dell'attenzione, mentre ora tutti si interessavano solo alla nuova arrivata. Sono stata scartata.
«Non ti piace, eh?» Simone si avvicina.
«Che dici! Non la conosco abbastanza per esprimere un'opinione su di lei»
«Ti conosco troppo bene. A te non piace» solleva il sopracciglio.
Non mi metto a ribattere perché Marco si è avvicinato a noi. «Pago i caffè per tutti» dice porgendomi i soldi e scrutandomi.
«Grazie Marco» risponde Simone «vado Lily, ci vediamo stasera» e saluta avviandosi verso la porta.
Marco mi fissa con uno sguardo penetrante, non so più che fare, mi sento accaldata e sicuramente sono rosso fuoco. Esce senza dire una parola.
Ultimamente il mio tempo libero lo trascorro alla villa. Curare il giardino di Dozenith aiuta a non pensare e a controllare meglio il vuoto che vive dentro di me. Immergere le mani nella terra, e trasformare un groviglio di piante in un'aiuola, ha un effetto curativo sul mio animo.
Ho fatto arrivare dei libri su alcune piante, che non conoscevo, per poterle curare al meglio. Ho messo ordine nel capanno degli attrezzi, che è accanto al laghetto, e lì ho iniziato a formare la mia piccola biblioteca. Le rose erano malate e sofferenti, in uno dei libri ho trovato una ricetta casalinga per preparare un intruglio anti acaro puzzolente, ora sono concentrata a selezionare gli ingredienti.
Un rumore all'esterno attira la mia attenzione, esco dalla porticina e mi guardo attorno. Una tartaruga si rilassa beata al sole, mi fissa indecisa se tornare in acqua o no. Poi decide che non sono un pericolo e chiude gli occhi. Non c'è nessuno. Sarà stato un uccello, magari la gazza che ogni tanto viene a rubarmi qualche seme.
Rientro alla penombra del capanno e due occhi rossi spuntano da sotto il tavolo, faccio un salto all'indietro per lo spavento. Una piccola ombra si muove verso di me.
È la stessa creatura che mi ha svegliato dall'incubo e che ha reciso i tentacoli in sauna. Forse dovrei aver paura di lei, magari è tornata per eliminarmi definitivamente. E come darle torto? Sono un pericolo ambulante.
La osservo meglio, non sembra abbia cattive intenzioni.
«Ciao» mi inginocchio per mettermi alla sua altezza.
Mi studia piegando la testa di lato, poi si fa coraggio avvicinandosi. Sono sollevata che non abbia paura di me. O forse dovrei temerla io? Del resto ha sconfitto il vuoto con una semplice piuma.
Il suo corpo è rugoso e magro, a parte un pancino tondo tondo che sporge dalla maglietta marrone. Il naso è lungo e senza narici, i suoi occhi piccoli rubini rossi. Allunga la mano cercando la mia, ha dita sottili, lunghe e nodose. Gliela sfioro e il mondo intorno a me cambia.
Sono ancora inginocchiata nel capanno degli attrezzi ma non è più lo stesso: è dipinto di bianco, gli attrezzi sono appesi ad una parete, è tutto ordinato e pulito, e i miei libri sono spariti.
La piccola creatura sorride e mi invita ad uscire: sono in un giardino di una villa situata su una collina, sovrastiamo un piccolo paese. Posso vedere la strada sottostante piena di persone che festeggiano. Stelle filanti, palloncini, zucchero filato. Sembra di essere sulla Terra, ma dove? Più lontano intravedo un piccolo mercato, scorgo i banchetti e sento un buon profumo di fritto. Noto un gruppo fermo ad osservare il cielo, alzo lo sguardo e rimango senza fiato: dei menhir giganteschi solcano l'orizzonte silenziosi, si stagliano contro l'azzurro col loro grigio argentato. È come osservare il passaggio delle nuvole, ma essi sono solidi. Scorgo delle incisioni che non comprendo. Simboli a me sconosciuti.
Affascinante, comprendo di essere partecipe ad un evento straordinario, qualcosa di magico e raro.
«Appaiono ogni trecento anni» una vocina gracchiante attira la mia attenzione verso il terreno: è il piccolo folletto «È un momento magico per tutte le dimensioni, tutti risuonano al loro passaggio»
«Non trovo le parole per descrivere la sensazione che provo ad osservarli, rimarrei qui per sempre a guardare il cielo» torno a fissarli rapita. Mi sento bene, felice, immersa in una serenità mai provata.
«Lilith» il folletto richiama la mia attenzione «Sono venuto su richiesta di Hermes»
«Hermes?» L'uomo che portò via mio padre dall'orfanotrofio?
«Si» continua lui «Ti ho portato a vedere i menhir perché loro sono la chiave per affrontare quello che sta arrivando. Delle nubi nere avanzano verso di voi, lentamente. Presto sarete in pericolo. Quando accadrà devi ricordarti che per vincere ti servirà la Pace del Menhir»
«La Pace del Menhir?» non posso più chiedere chiarimenti al piccolo folletto perché, senza accorgermene, ho varcato nuovamente le dimensioni tornando nel piccolo capanno degli attrezzi nel giardino di Dozenith.
«Lily!» una voce spaventata mi fa voltare di colpo. Sulla soglia c'è Marco, entra come una furia e mi abbraccia cogliendomi del tutto impreparata. Dietro di lui intravedo Seth.
Stringe tanto da togliermi il fiato, come se avesse paura che possa svanire. Non è lo stesso abbraccio di quando mi ha consolato al parchetto, trema, sento le sue mani vibrare contro la schiena. Non posso vedergli il viso perché è nascosto tra i mei capelli.
«Sei sparita Lily. Nel nulla» cerca di spiegare Seth «hai varcato una dimensione a noi sconosciuta?»
Probabilmente quella dimensione non è conosciuta, che si trattasse della gemella terrestre? Marco mi sta ancora stringendo, risulta difficile pensare. Il calore del suo corpo è piacevole, il mio cuore rimbalza come una pallina impazzita.
«Non ti ho più sentito. Pensavo fossi morta» la voce di Marco è un sussurro spezzato.
«Sentita?» può sentire la mia forza vitale? «È apparso quel folletto della sauna e mi ha portato in una dimensione strana»
Si stacca di colpo da me. Ora è arrabbiato. «Cosa ti avevo detto? Di chiamarmi subito se fosse riapparso!» urla. Si passa una mano fra i capelli. Anche Seth entra nel capanno e gli poggia una mano sulla spalla, si calma «Non sei finita in una dimensione qualsiasi. Quando le varchi ti sento. Qui no. Tu non esistevi più»
Rimango un po' sconcertata per quello che mi sta confidando. Mi accorgo che la mano gli trema ancora, Marco aveva creduto di avermi perso nuovamente. Davanti a me non ho più l'uomo sicuro di sé che sa sempre cosa fare. Adesso sto guardando il bambino di sette anni che di colpo si è trovato da solo, sperduto. Provo un'infinita tenerezza. Mi avvicino, passo le braccia attorno ai suoi fianchi e appoggio la fronte al petto. Resto così ferma per un po'. Lui non si muove, è inerme e così fragile.
«Mi dispiace» sussurro «Non volevo farti preoccupare. Non ho avuto il tempo di pensare, sono finita in quel mondo senza accorgermi. Non è stato come varcare le dimensioni, era diverso» cerco le parole giuste.
Mi accarezza la testa. Ci stacchiamo. Sorride.
Usciamo dal capanno, che è troppo piccolo per ospitarci tutti, e continuo «Vi erano dei menhir nel cielo e il folletto ha detto di esser stato mandato da Hermes e che un pericolo si sta avvicinando»
«Hermes?» Seth mi guarda con gli occhi spalancati «Pensavo non esistesse, che fosse una leggenda»
«Sinceramente anch'io» afferma Marco «Meglio se racconti tutto a Dozenith»
Ci incamminiamo lungo il vialetto che porta all'ingresso.
«Lily, sei stata tu a sistemare tutto?» chiede Seth stupito guardandosi intorno.
«Si, mi piace prendermi cura delle piante»
«Hai fatto un lavoro splendido, sembra un giardino botanico» Marco si ferma a guardare un iris appena sbocciato «Mi viene voglia di dipingerlo»
È il complimento più bello che potesse farmi.
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