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CREATORE (Lily Pov)

Ti ho amato più di dodicimila anni fa.

Ti amerò ancora dopo un milione d'anni.

Dal primo giorno che ti ho conosciuto,

Il mio inferno è affogato nella musica.

(Sousei no Aquarion)


Lily's Pov

Il cielo. 

L'unica cosa che posso scorgere da qui è l'immenso azzurro. 

Cielo...azzurro...erano parole che prima non conoscevo. 

Ma prima cos'ero? Ho mai pensato come adesso? 

Ricordo il buio. Quello sì. Tanta oscurità.

Poi è apparsa quella luce che mi ha avvolto e portata qui. 

Non sono sola, ci sono altri come me in questo nuovo luogo. Ho provato a comunicare con loro ma non mi ascoltano, continuano a girare su se stessi in cerchio. 

All'inizio facevo anch'io cosi, mi calmava. Dava un senso a queste sensazioni nuove che non ho mai provato. Ora non voglio più farlo, stare ferma ad osservare il cielo è molto più bello. 

I miei compagni sono delle piccole sfere luminose. Sono fatta anch'io cosi? Queste pareti scure sono opprimenti, voglio andarmene da qui. Sento un pizzicore strano sul corpo, poi inspiegabilmente mi sollevo da terra. Osservo quelle strane escrescenze che escono da me e si muovono ritmicamente, sono loro che mi permettono la fuga. Fisso il cielo, il mio obiettivo, finalmente posso raggiungerlo.

"Eccoti qui, piccola anima. Volevi vedere il mondo?" un essere enorme blocca la mia ascesa verso la libertà. Ho paura.

Cos'è la paura? Perché tremo? Cosa significa?

Vengo nuovamente rinchiusa. 

Questa volta non posso vedere il cielo e mi sento triste. 

Triste. 

La tristezza è strana. Mi fa sentire pesante, come se non potessi più alzarmi in volo.

La Luce avvolge totalmente questo luogo e poi improvvisamente la mia prigione si apre e davanti a me c'è l'uomo che mi ha catturato. 

Uomo. 

Oh! Una nuova parola! 

Come fanno ad apparire nella mia mente? Cos'è una mente?  

Lo guardo attentamente, è diverso da prima. Qualcosa è cambiato. Non è più enorme, si è rimpicciolito o sono io ad esser diventata grande?

Abbasso lo sguardo su di me e vedo delle strane forme. Ho nuovamente paura. Cosa sono? Prima non c'erano! Sono attaccate a me? Toglietemele! Vi prego!

"Calma, non è nulla. Sono gambe" sorride lui divertito "Vieni piccola anima. Per ora ti ho dato un corpo simile al mio, mi farai compagnia mentre decidi che strada percorrere. Vieni a guardarti allo specchio"

Sono davanti a quello che lui chiama specchio, fisso il riflesso dell'uomo che ho accanto. Capelli neri, con due ciocche bianche, pelle olivastra. 

Come faccio a conoscere queste parole? Perché continuano a formarsi nella mia mente? Da dove vengono? 

Quella accanto a lui sono io... sono così diversa, minuta e coi capelli lunghi e chiari. Anche la mia pelle ricorda quella luce. Non siamo effettivamente uguali, eppure siamo simili.

"La natura della tua anima è femminile, per questo hai assunto questa forma intermedia. Io sono maschile."

Non comprendo assolutamente nulla di quello che dice.

Buio.

"Lilith vieni, guarda che bel fiore"

Ho imparato tante cose nuove da quando sono qui, anche se non ho ancora compreso lo scorrere del tempo. Siamo sempre insieme, non mi lascia mai sola e continua ad istruirmi senza mai stancarsi della mia presenza.

Mi ha spiegato che il suo popolo ha il compito di prelevare le anime non ancora incarnate dal Calderone, dove ero rinchiusa, e aiutarle ad acquisire una forma adatta per entrare nel ciclo delle incarnazioni. Solo che io sono diversa, ho desiderato cosi ardentemente di toccare il cielo da mutare il mio corpo, da sola senza intervento esterno. Ho acquisito delle ali, come quelle degli uccelli che vediamo volare in cielo. È rimasto stupito da questa mia testarda volontà, tanto da decidere di tenermi con lui per un periodo.

Buio.

"Perché fai tutte queste cose? Generi questi fiori dai semi che prendi nell'altra dimensione"

"Perché servono al popolo che vive giù dal monte, Lilith"

"Chi è il popolo?"

"Sono come quelle creature che hai visto al tempio. Ricordi che ci siamo andati?"

"Si, quelli che ti hanno chiamato divinità e avevano timore di noi."

"Si, loro" il suo sorriso ha perso un po' di lucentezza "Avranno bisogno di questi fiori per sopravvivere in futuro"

"In futuro?"

"Presto questa dimensione muterà struttura, non vi sarà più la sabbia e diventerà tutto verde come sul nostro monte. Ti piacerebbe se accadesse?"

"Si"

"Lilith vorrei tanto che tu rimanessi per sempre con me" si avvicina, non comprendo le emozioni che gli leggo nello sguardo.

"Non capisco... posso scegliere di andare altrove?"

Buio.

"Lilith, vuoi entrare nel ciclo delle vite?"

"Voglio imparare. Voglio essere come le creature a cui hai donato le nostre piante, voglio vivere e morire e imparare tante cose "

"Ma Lilith puoi imparare anche se rimani con me "

"Sono troppo inferiore a te. Ho bisogno di capire. Lasciami andare"

Buio.

Apro gli occhi. Sono nel mio letto con Sfera che risposa serena accanto, le accarezzo il pelo folto e morbido e mi rassereno. 

Ho ricordato. 

Sfera si sveglia confusa e strofina il muso contro il mio viso, sto piangendo avvolta da quella nostalgia. Ho bisogno di ritrovare la stabilità emotiva prima di affrontare Sabbath.

In doccia cerco di schiarire le idee e mettere in ordine i pensieri. L'acqua calda cancella le ultime lacrime, chiudo gli occhi e lascio che scorra sul viso.

Con la mano pulisco lo specchio dal vapore condensato e fisso il mio riflesso. L'aspetto di ora non coincide con quello del ricordo eppure quella fanciulla strana, quasi eterea, ero io. Lo so. Lo percepisco nel profondo. Ricordare le vite precedenti è sconvolgente, ho provato le stesse emozioni di allora ma nel contempo ho compreso anche quelle di Sabbath. Allora non ero in grado di capire cosa provasse per me, ero come una bambina totalmente ignara del mondo e della vera vita.

Con calma, con movimenti lenti, mi vesto e vado verso il parchetto. Mentre cammino la strada si trasforma in sabbia. Rimango ad osservare il mare e i due soli già sorti, il terzo non tarderà a spuntare dalle acque. Questa è la dimensione di allora? Non è lo stesso posto, vivevamo altrove in quel tempo. Il racconto di Motoki, deve essere quella vita che ho ricordato.

Spalanco le ali e volo verso la città-grotta.

Saluto le persone che incontro con un inchino ed entro nel palazzo di Sabbath, salgo le scale e mi ritrovo nella sala accogliente e calda nella sua semplicità. Lui è seduto sui cuscini a leggere un papiro, alza appena gli occhi dal foglio e mi scruta con quello sguardo profondo, i suoi occhi sono pozzi senza fine saturi di mille vite che gli sono passate davanti, lui che vede i mondi svanire e nascere. Lui che non muore mai.

«Sabbath il Creatore» parlo sotto voce.

«Hai ricordato mia piccola Lilith?» una luce di speranza nel suo sguardo.

«Si» siedo accanto a lui. Cerco di riordinare i pensieri «Ho ricordato»

Il suo sorriso è sempre malinconico, un tempo invece era così radioso. Sono stata io a spegnere quella luce? «Ero un essere senza corpo, quasi una cellula, pura energia, e vorticavo nel limbo insieme agli altri. Poi qualcosa in me è cambiato mi sono messa a pensare... è tutto così confuso» anche per Sfera è stato così? Sospiro e poi cerco di riprendere il filo del discorso «Tu mi hai dato un corpo, credo sia la stessa cosa avvenuta con Sfera. Ero bianchissima, quasi trasparente, i capelli lunghi e biondi, gli occhi azzurri ma talmente chiari da sembrare bianchi» quell'aspetto non mi è stato dato per caso: a Sfera ho donato la forma del gatto che ho amato nell'infanzia, Sabbath mi ha modellato ad immagine di chi? «Tu sei rimasto uguale. È impressionante, non sei cambiato per niente»

Sabbath allunga la mano accarezzandomi il volto e poi, senza parlare, mi esorta a continuare.

«Tu mi hai insegnato ad usare quel corpo. Tu che creavi la natura per le creature, per farle sopravvivere in una terra arida e inospitale. E le curavi... eri... sei così potente. Ero incapace di occuparmi di me stessa e tu ripetevi che eravamo uguali, tu sapevi fare tutto e io nemmeno camminare. Tu concepivi l'esistenza degli altri, io sentivo a malapena la mia. Stavo male ma non lo sapevo, non conoscevo le emozioni come ora» un groppo in gola mi blocca per un momento, mi sta venendo da piangere «Poi mi accorsi che quelle creature che tu aiutavi dopo un po' morivano e dopo qualche tempo rinascevano con un nuovo corpo e non si ricordavano di quello che erano stati prima. Questa cosa mi incuriosiva e mi confondeva. Noi due non morivamo, né cambiavamo aspetto come loro. Ogni volta che rinascevano avevano imparato qualcosa attraverso la vita precedente, ed erano cresciuti. Anch'io volevo crescere. Così ti chiesi di entrare nel ciclo delle vite.» la voce si incrina «Ti chiesi di uscire da quella vita eterna e solo ora capisco quanto tu possa aver sofferto, ero l'unica compagna che avevi. Tu che per migliaia di anni eri vissuto da solo. Avevi riconosciuto in quella cellula qualcosa che ti era complementare e ti sei affezionato a me... e io ti ho lasciato. Mi spiace Sabbath, sei stato tanto buono con me... al tempo non compresi di averti ferito, non potevo capire la tua immensa solitudine» qualcosa di caldo scende sulla mia guancia e mi accorgo di piangere.

Sabbath mi accarezza il volto e mi asciuga le lacrime. Continua ad accarezzarmi i capelli, in silenzio senza mai smettere di guardarmi. Avvicina le labbra alla mia guancia e delicatamente posa un bacio, un soffio, un passaggio di piuma.

Nessuna emozione forte mi avvolge, non provo il desiderio di abbracciarlo, sono stordita e confusa, tutti quei ricordi nella mia testa si inseguono e cercano un posto dove potersi fermare.

«Lilith» il respiro è caldo e speziato «ho accettato la tua scelta. Tu vuoi crescere ed è corretto che lo faccia nel modo che credi giusto per te. Quando bloccai la tua fuga dal Calderone compresi che non eri un'anima come le altre: conoscevi già le nozioni base della materia di dove vivevo, pensavi e provavi delle emozioni. Avevo creduto che tu potessi diventare uno Spirito della Creazione come me e, nonostante tutto questo tempo, lo credo ancora. Perciò sarò sempre qui ad aspettarti»

Marco. Il suo ricordo mi risveglia dal torpore. Ogni pensiero confuso prende il giusto posto in me e tutto quello che riesco a pensare ora è voglio andare da lui e nascondere il viso nel suo petto, respirare il profumo rassicurante. «Non sono pronta per tornare al tuo fianco e non sono certa che lo farò in futuro»

«Lo so. Michael è ancora con te»

Michael il nome suona dentro di me come mille campanellini, anche Anubis lo aveva chiamato così una volta «Non è solo questo Sabbath» continuo «Non posso tornare a vivere con te solo perché c'è Marco, è per come sei tu. Sei un essere immortale ma hai smesso di vivere da tanto tempo, non provi emozioni, non crei legami con le persone. Guardati: sei venerato come un dio. Queste persone ti temono, non ti considerano parte della comunità.» prendo fiato mentre la consapevolezza della verità si fa strada nel mio animo «Quando mi guardi non vedi la vera me, osservi solo l'illusione che hai creato. Il corpo che mi hai donato allora era il riflesso di qualcuno che hai amato molto, vero? Io non sono quella persona... Sabbath devi staccarti dall'idea che io possa riempire il tuo vuoto, non sono in grado nemmeno di farlo per me stessa. Smetti di pensare al passato che non esiste più e ad un ipotetico futuro. Questa non è vita. Torna a vivere il presente»

«Lilith» Sabbath mi fissa con le pupille dilatate, forse finalmente riesce a vedermi per la persona che sono «Sei dunque cresciuta così tanto?» si ferma pensieroso «Hai ragione, tu assumesti la forma della donna che amavo, morta molti secoli prima. La sua assenza ha scavato un solco nel mio animo difficile da riempire. Quando ti ho visto volare fuori dal Calderone ho pensato subito a lei e ho cercato di creare un sostituto che potesse colmare la mia solitudine... ma hai ragione. Tu non se lei»

La spiaggia sparisce e osservo le mie Superga rosse sull'asfalto del vialetto, un'ombra le oscura. Non è venuto a prendermi da Sabbath questa volta, ha aspettato qui. Alzo gli occhi e incrocio il suo sguardo triste «Sapevo che mi avresti sentito» gli sorrido dolcemente.

«Sei andata da lui» sta soffrendo, la mascella è tesa eppure tenta di sorridermi di rimando. Non gli viene bene.

«Si. Ho ricordato» mi avvicino, il suo calore è avvolgente, tranquillizzante «Ho scelto di stare con te, Marco» appoggio la mano sul suo petto e lo guardo. Sembra un cucciolo, gli occhi spenti, le labbra strette. Ho davanti a me un bimbo di sette anni ferito. Ha le braccia lungo i fianchi, sembra spaesato, come se non comprendesse cosa sto cercando di fare. Eppure le mie emozioni sono chiare.

Ha paura di ciò che posso provare? Una dolcezza infinita mi pervade, voglio prendere quel bimbo stringermelo al petto e rassicurarlo che non sparirò. Gli accarezzo il viso dolcemente, sento pizzicare la barba ispida sulle punta delle dita. Mi metto in punta di piedi. Lentamente, molto lentamente poso le labbra sulle sue. Calde, rassicuranti ed eccitanti. Adoro il suo sapore. All'inizio ricambia il bacio con dolcezza, poi sposta le mani tra i capelli e mi stringe forte facendomi mancare l'aria.


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