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COME LA NEVE (Pov Lily)

La bellezza è ben altro, 

non è solo un semplice fatto di estetica.

Una bella ragazza è una che sa essere generosa e coraggiosa 

e che possiede dei forti ideali in cui credere.

(Sailormoon)

Lily's Pov

«Caffè per tutti, grazie tesoro» Simone, come promesso, alle tre puntuale arriva al bar seguita da uno stuolo di modelli. Vi sono anche due ragazze che non conosco.

«Certo!» pulisco il bancone e inizio ad appoggiare i piattini delle tazzine.

«Sì. Per oggi ho anche finito di lavorare. Finalmente mi rilasso un po'» Simone mima uno svenimento. Ridiamo.

«Ma con quella abbronzatura a chi vuoi raccontare storie! Tu ai Carabi hai fatto vacanza, mica lavorare» la stuzzico.

«Il sole dei carabi... che nostalgia! E poi arrivo qui e... nevica!» indica la vetrata del bar.

«Nevica?» 

Sta nevicando per davvero! Piccoli lenti fiocchi scendono dal cielo.

Osservo assorta il panorama imbiancarsi quando il tintinnare delle campanelle all'ingresso mi riporta alla realtà. Il vociare di Alberto e Marco si aggiunge al rumore del locale,  e di colpo il mio stomaco diventa pietra. Devo parlare con Alberto, non posso più rimandare. Se davvero prova qualcosa per me non è giusto ignorarlo.

«Ciao. Aggiungi altri due caffè che ci sediamo con gli altri?» Alberto sorride affabile.

«Sì» rispondo con un filo di voce.

«Pago io per tutti» e mi porge i soldi.

Prendo la banconota ma lui la trattiene e ne approfitta chiudendomi la mano tra le sue, immediatamente controllo se Marco ci sta osservando. Perché l'ho fatto?

Torno a fissare Alberto e, con la coda dell'occhio, intravedo un piccolo filamento nero scorrere dal mio braccio al suo. Una piccola scossa fa saltare entrambi e, grazie al cielo, ci stacchiamo. Un sapore dolciastro si espande sulla mia lingua.

Alzo nuovamente lo sguardo su Marco e incrocio gli occhi spalancati di Simone. Ha visto il tentacolo nero? Possibile?

«Lily, ti vengo a prendere finito il turno» Alberto sussurra avvicinando il viso al mio. 

Mi scosto di scatto. 

«Va bene» lo stomaco è un peso che mi trascina verso i cancelli dell'inferno dei cuori infranti. 

Nevica ancora. La luce dei lampioni si riflette sul bianco candido. Ho sempre trovato sacrilego lasciare impronte sulla neve fresca, ne intacca la purezza. Cammino accanto ad Alberto, lo scricchiolio dei nostri passi riempie il silenzio.

«Ci hai pensato?» si ferma di colpo.

Mi fermo anch'io e concentro la mia attenzione sul contrasto cromatico delle Dr Martens immerse nella neve. Non posso dirgli la verità, gli spezzerei totalmente il cuore. A dire il vero no, non ho pensato a te nemmeno una volta e poi credevo che tutto fosse uno scherzo. Troppo crudele.

«Si Alberto...»

«E allora?» sta perdendo la pazienza, come può essere cambiato così tanto da un giorno all'altro? La persona che stavo imparando a conoscere era solare e dolce. Questo suo lato oscuro mi spaventa.

«Non ho sentito la tua mancanza come avrei dovuto, se pensavo a te era solo un sentimento di affetto, di amicizia. Mi spiace» non riesco a guardarlo in volto. Torturo una pellicina del pollice.

Rimane in silenzio. Siamo uno di fronte all'altro. Ho la sensazione che ci sia una connessione tra i nostri corpi. Sento un formicolio costante sul palato, lo stesso effetto che produce una caramella frizzante al limone. Ne sento proprio il sapore. Dolciastro con retrogusto acidulo.

Alzo lo sguardo e noto un movimento in lontananza, dietro di lui qualcuno sta correndo nella nostra direzione.

Non so più cosa dire. Questo silenzio è opprimente.

«Io ti amo Lily, ed è un sentimento che non posso reprimere. Comprendo che ti ho forzato, dopotutto ci conosciamo da poco tempo, ma non voglio arrendermi» la sua voce è strana, atona, priva di emozioni.

Rimango sbalordita e attonita, si avvicina ancora di più e mi accarezza il viso scostandomi i capelli. Il suo indice indugia sulle mie labbra.

Non va assolutamente bene.

«Come desidero baciarti» sussurra lascivo.

Lo desidero. Desidero nutrirmi di lui. Avvolgerlo nella mia spirale di solitudine e inglobarlo in me. Voglio gustare di nuovo quelle emozioni, voglio assaporare la sua nostalgia di casa, la tristezza che lo tortura. Se i sentimenti fossero materiali e commestibili? Assurdo. Cosa sto facendo? Cosa sto pensando in un momento del genere?

«Alberto no. Per me sei solo un caro amico» riprendo il controllo di me stessa e mi allontano.

La figura dell'uomo in corsa si è avvicinata a noi e ormai posso distinguerla. Lo stomaco ha uno spasmo doloroso. «Lily!» urla il mio nome.

Alberto si gira di scatto e si ritrova faccia a faccia con Marco.

«Scusate se vi disturbo. Alberto perdonami ma te la devo portar via, è un'urgenza» mi stringe il polso e mi tira verso di sé. Ho il cuore è in tumulto, non riesco a pensare a nulla.

«Cos'è successo?» il viso di Alberto è una maschera di rancore, la voce dura e tagliente.

Marco non risponde, mi guarda negli occhi.

«Dobbiamo andare gattina, è grave» e inizia a correre tenendomi per mano. 

Lo seguo docilmente senza capire nulla, col cuore che sobbalza ad ogni passo.

«Gattina?» sento i passi di Alberto dietro di noi «Marco! Fermati!»

Svoltiamo in una vietta laterale e Marco apre le ali.

Corro ancora qualche passo sulla sabbia prima di fermarmi ad osservare dove siamo finiti: una spiaggia così immensa che non ne scorgo la fine, il rumore delle onde è assordante. Alzo gli occhi al cielo e noto tre soli: uno grande come il nostro e due piccolini. Fa veramente caldo. Marco mi lascia la mano e mi accorgo, solo in quel momento, che gliela stavo stringendo più del dovuto. Le guance sono in fiamme, speriamo non sia evidente.

Non ho il coraggio di guardarlo e fisso le mie mani. C'è qualcosa di strano. Le braccia sono scoperte e indossavo giacca e felpa fino a pochi secondi fa. Guardo i piedi e vedo due zampe.

Zampe?

Non possono essere mie. Muovo il piede e si muove la zampa. No no no. Non sono io! Non posso avere delle zampe!

Mi giro di scatto verso Marco, che si sta togliendo la giacca, e stritolo la sua maglietta. «Cosa sono! Marco cosa sono?» urlo con voce stridula. Non respiro bene, sono in iperventilazione. Tremo. Il vuoto dentro di me si espande e lo sento premere contro la cassa toracica, vuole uscire e cancellare ogni cosa. Distruggere tutti e tutto.

Marco mette le mani sulle mie spalle  «Partiamo da un piccolo dettaglio: qui hai gli occhi gialli, con le pupille simili a quelle dei gatti. Sono molto carine sai?» sorride.

«Marco ho le zampe al posto dei piedi!» Le zampe, capisci! Le zampe! Sento qualcosa sfiorarmi il braccio. Oh no no. «Ho la coda» è troppo, scoppio a piangere con grossi singhiozzi come non facevo da anni. Non voglio apparire così vulnerabile davanti agli altri, non posso mostrare le mie crepe. Devo nascondermi, sparire.

«Calmati, piccola calmati» mi abbraccia forte cogliendomi alla sprovvista e inizia a cullarmi. Finalmente smetto di singhiozzare e tremare, ma le lacrime non si fermano.

«Mi dispiace interrompervi, ma dobbiamo andare» una mano mi sfiora la spalla «purtroppo noi non possiamo sostare a lungo»

«Elisabetta» ho la voce incrinata. Detesto apparire fragile.

Lei è normale, nessuna trasformazione.

Ho le zampe. E la coda. Ispiro ed espiro. Calma Lily. Cerca di controllarti. Cosa ti ha insegnato Anubis? Che non devo temere il mio aspetto, devo essere pronta ad accettare anche l'inimmaginabile.

«Lily» Marco cerca nuovamente il mio sguardo «Se vuoi, puoi anche assumere sembianze normali, basta solo concentrarti un po'. Guarda me: ora ho le ali» le sue immense e candide ali svaniscono «ora no»

«Ho capito» ho ripreso a respirare normalmente, è riuscito a calmarmi. Come ricompensa gli ho rigato tutta la maglietta di lacrime. Fantastico. Forza Lily, che saranno mai due zampe e una coda? «Però voglio vedere il mio aspetto» bravissima Lily! Hai ritrovato il controllo di te stessa. Sento muoversi la coda, uno scatto involontario, come uno spasmo muscolare.

Marco ed Elisabetta non hanno avuto reazioni negative vedendomi, quindi non posso essere mostruosa o terrificante.

«Perfetto. Allora andiamo, sicuramente nelle città-grotta di Sabbath ci sarà uno specchio» Marco mi sprona a camminare appoggiando la mano al mio braccio.

Sabbath? Questo nome è familiare, forse l'ho letto nel diario. 

Ci stiamo dirigendo verso delle rocce appuntite che scorgo in lontananza. Cerco di distogliere i pensieri da me stessa, e dal mio aspetto, così inizio a fare domande sulla missione «Cosa dobbiamo fare?»

Risponde Elisabetta «Siamo a Darath. Come avrai notato fin dove si posa lo sguardo vi è roccia e sabbia. Gli abitanti di questo mondo ricordano i beduini del nostro, solo che non sono nomadi ma vivono in costruzioni scavate nella pietra. In questo periodo di solito si nascondono in caverne predisposte ad affrontare la tempesta di sabbia rossa, che distrugge tutto quello che incontra»

«Però stavolta la tempesta non è arrivata, e questo ha influito anche nel nostro mondo. Hai visto come nevica?» continua Marco.

«E questo è causato da qualche oggetto?» tutti i mondi sono collegati, ogni volta che ci penso mi sale l'ansia. Ogni singola azione può ripercuotersi anche sugli altri, è qualcosa di così terrificante da accettare che tendo a rilegarlo nella profondità della mente.

«Pensiamo di si, ma non siamo riusciti ad identificare bene dove si trova. Per questo abbiamo deciso di portare anche te con noi. Magari voi due potete rilevarlo più facilmente di me e Jemina» continua Elisabetta.

«C'è anche Jemina?» 

«Si è arrivata prima di noi ed è con Sabbath, ci stanno aspettando» risponde Elisabetta.

«Prima accennavi al fatto che non potete restare a lungo in questa dimensione, che significa?» Involontariamente muovo qualche muscolo della schiena e sento qualcosa di grosso spostarsi, controllo dietro le mie spalle: niente.

«Solo tu e Marco, credo per via del fatto che mutate, potete rimanere in una dimensione diversa da quella terrestre per un tempo illimitato. Noi no. Ci ammaliamo e possiamo addirittura morire»

«Ma è orribile! Non devi tornare già? Come lo capite che avete superato il limite?» sento la coda che si muove senza che io riesca a controllarla e poi ancora quella strana sensazione alle spalle.

«Lo avvertiamo inizialmente come un senso di nausea e vertigini, poi arriva l'emicrania. Possiamo gestire la situazione in tutta tranquillità»

Annuisco e ancora avverto qualcosa di strano alle mie spalle. Cerco di concentrarmi per muovere gli stessi muscoli di poco fa. Qualcosa si espande dietro di me, una sensazione aliena e nello stesso tempo liberatoria. Come stiracchiarsi dopo esser rimasti troppo tempo seduti.

Ora le vedo: due ali. Bene. Ho due ali.

«E tu che invidiavi le mie alette da piccione» Marco picchietta col dito l'ala. Sento il suo tocco.

«Ma Marco sono ali di... cioè non sono come le tue, sembrano...» non trovo le parole.

«Quelle di un drago» continua lui «e se vuoi saperlo le orecchie da gatto non le hai. Peccato mi piacevano tanto» si finge imbronciato.

Erano proprio la mia preoccupazione primaria. 

«Mi sento così confusa» Assomiglio ad un drago peloso? Ho le zampe. La coda. Le ali. Sarei mai riuscita ad abituarmi a questo aspetto?


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