♚ Capitolo III · Prima parte
In un attimo è arrivato il momento di quest'altra stupida festa.
L'emozione per aver visto Leon stamattina è ancora viva nel mio petto e sulla pelle che ha accarezzato. Sarà presente all'evento? Anche lui non sopporta queste inutili celebrazioni.
Ferma di fronte al letto a baldacchino, con soltanto l'intimo indosso, continuo a fissare disgustata l'orrendo abito che mi hanno rifilato. Potrà costare migliaia di Irish Punt, provenire dalle mani dorate di uno stilista famoso, ma fa schifo lo stesso. Questo bianco panna, insieme a tutte le balze e alla gonna a campana, mi farà sembrare un soufflé alla vaniglia e i merletti una bambola di porcellana.
Passeggio per la stanza indecisa sul da farsi. D'improvviso un pensiero: credo di avere un abito dello stesso colore. Non avrà una linea identica, ma è sicuramente molto meglio! Ci abbinerò un bel paio di sandali con il tacco e ignorerò i reperti storici – che chiamano gioielli – scelti da mia madre per la serata.
Sì! Anche stasera si fa come dico io.
***
«Tuo padre non ne sarà per nulla contento» brontola la Regina.
Dirette alla sala da ballo, quella riservata agli incontri che il Re reputa più importanti, attraversiamo il corridoio presidiato dalla sicurezza.
«Non essere così critica. Questo vestito ha molto in comune con quello che mi avete proposto: il colore, per esempio, lo strascico e i veli fanno sembrare la gonna vaporosa come quell'altra. Sono sicura che non lo noterà neanche». Il corpetto tempestato da piccoli diamanti richiama il pizzo dell'altro abito e, anche se non ho le spalline gonfie, il mantello quasi trasparente si regge sulle spalle, coprendole. Potrei dire di avere indosso la versione moderna di quella cosa che ho lasciato sul letto.
Mia madre sbuffa. «Eccome se lo noterà! Avranno anche qualcosa in comune, ma questo ti lascia le braccia e il petto scoperto in modo indecente. Per fortuna non hai un seno prosperoso». Considera un vantaggio qualcosa che a me dà sui nervi. «Non riesco a capire come fai a trovare capi del genere. Se tuo padre lo scoprisse non dovrebbe più arrabbiarsi tutti giorni».
Se le parlassi di come Fred mi aiuta a farli entrare al castello forse non ci crederebbe neanche. Ma tanto non lo saprà mai.
Ci fermiamo sulla soglia delle gradinate che conducono alla sala. L'argento domina insieme al bianco perla che attenua un po' il grigio della pietra. Molti degli invitati hanno già preso posto ai tavoli rotondi, altri chiacchierano in gruppetti.
Il cerimoniere in livrea bianca ci porge un inchino e batte le mani per fermare la musica e attirare l'attenzione su di sé. Su di noi. «Sua Maestà la Regina e Sua Altezza la principessa Eleonore!» esclama a gran voce.
Mia madre drizza il capo e comincia la discesa, elegante nel suo abito avorio in taffetà impreziosito da ricami in pizzo più scuri.
«Ma Alissa e papà?» Sul palchetto Reale non c'è nessuno.
«Sono già qui». Accenna con il capo alla sua sinistra. «Sono in compagnia dei sovrani norvegesi. C'è anche Leon».
Mi basta sentire il suo nome per annullare tutti gli altri pensieri.
Già, c'è Leon. Bello da fermare il cuore, in un raffinato completo borgogna, impegnato a conversare con due ospiti. I capelli sono pettinati all'indietro, l'eccezionale altezza fa spiccare la sua figura in tutta la sala. O forse sono io che non ho occhi per nessun altro.
«Sorella, che bel mantello! Sembra un velo da sposa». La voce squillante di Alissa m'impedisce di formulare pensieri inopportuni. Stasera pare un confetto con quel vestito bianco panna decorato da fiocchettini e pizzi.
Schiudo le labbra per ringraziarla, ma vengo interrotta. «Non posso crederci!» Il Re avanza con passo pesante. «E mi ero anche raccomandato! Siamo vestiti tutti allo stesso modo. Capisci che ci identifica come Famiglia Reale?» Fa del suo meglio per non urlare.
«Non avrà lo stile dei vostri, ma il colore è uguale. Cosa cambia? E poi tutti sanno che il bianco è il colore della nostra casata. Ci siamo soltanto noi vestiti cos...» Mi zittisco, sorpresa da un improvviso calo di tensione. La luce si spegne per un istante e torna a illuminare la sala, ma il bagliore tremula. «Cosa succede?»
Leon si ferma al mio fianco e sobbalzo. Mi sorride. Ricambio d'istinto e volto subito il capo, le guance mi bruciano.
Il Re parlotta con il maggiordomo, che dopo un inchino si congeda. Mio padre avanza deciso verso il centro della sala, dove si ferma. «Gentili ospiti, nel ringraziarvi di essere qui questa sera a porgere i vostri omaggi alla Famiglia Reale norvegese, vorrei rassicurarvi su quanto appena successo. A quanto pare sono stati riscontrati alcuni problemi alla centrale elettrica della Contea, tuttavia il guasto è già sotto osservazione degli esperti. Per questo, non datevi pensiero e riprendiamo serenamente i nostri festeggiamenti». Il tono solenne e sicuro scatena un applauso compiaciuto.
«Non avete generatori di emergenza al castello?» mi chiede Leon.
«Generatori di emergenza? Cosa sono queste eresie moderne?» ironizzo. Sorride divertito, facendomi sussultare il cuore. «C-Comunque, beh, qualcosa per questi casi penso ci sia» borbotto a disagio.
Il suo sguardo è così ammaliante da impedirmi di distogliere il mio. Senza nessun accordo, sembriamo vestiti in coordinato e non è la prima volta che ci capita. Oserei dire che è destino, ma anche deliri di una ragazza troppo innamorata. Dovrei darmi un contegno.
«Dove eravamo rimasti?» Mio padre interrompe la connessione dei nostri sguardi. «Ah, Eleonore! Quel vestito è...»
«Incantevole». William compare dal nulla, interrompendolo. «Ma lo è di più la principessa che lo indossa». Per far piacere al Re, ha indosso una calzamaglia e una casacca bluastra in stile ottocentesco. Non si vergogna?
Gli rivolgo un sorriso di circostanza, ma lo sguardo carico di disappunto di mio padre mi obbliga a replicare: «Ti ringrazio, William. Anche tu sei... Ahm... elegante». Lo sbuffo divertito di Leon mi provoca un sorriso. «Mi fa davvero piacere sapere che l'Irlanda ti sta piacendo tanto. Hai già pensato a quando ripartire?» Provo a non far trasparire quanto m'interessa la risposta, che mi auguro corrisponda a "domani". Meglio ancora "adesso".
Il Principe sorride, ignorando il sottotesto. «In verità, vorrei restare ancora un po'. Magari una settimana. Per conoscerti meglio e permettere a te di conoscere me».
Do fondo a tutto il mio autocontrollo per non urlare. Una settimana? È pazzo?
«È molto, molto gentile da parte tua. Ma, ecco, direi che non ce n'è biso...»
«Questa è una splendida notizia!» m'interrompe mio padre. «Dal momento che i tuoi genitori ripartono domani mattina, sarà un vero onore ospitarti al castello». Sorride a William e pietrifica me con lo sguardo. "Dopo facciamo i conti", sta urlando.
Non posso crederci... Ma perché a me?
«Mi irrita dirlo, ma William ha ragione». Immergo gli occhi in quelli di Leon. «Sei davvero splendida. Come sempre» sussurra affinché possa ascoltarlo soltanto io.
Le mie guance si scaldano. «Grazie. Anche tu sei... molto affascinante». Mi accorgo troppo tardi di essermi lasciata andare troppo.
Leon sorride compiaciuto e s'incammina verso il centro della sala.
Ma che cos'ho in testa? Fargli un complimento vuol dire dargli false speranze. Detesto che riesca ad abbattere con tanta facilità le mie difese. Almeno quanto lo amo.
«Che cosa ti ha detto?»
Fisso Alissa. «Cosa? Chi?»
«Leon. Ti ha sussurrato qualcosa all'orecchio. Vi ho visti».
Deglutisco, osservando il suo sguardo serio. «Ah, Leon...» Santo cielo! E ora cosa le dico? Sono davvero disonesta. «N-Niente di che. Soltanto che trova il mio abito passabile» confesso una mezza verità.
Alissa mi guarda perplessa. «Siete sempre andati molto d'accordo voi due, ma è da un po' che non mi capita di vedervi parlare come facevate un tempo. Cos'è successo?»
Nonostante la nostra prudenza, ho sempre creduto che qualcuno si fosse accorto dello strano atteggiamento che siamo costretti ad assumere, ma mai avrei voluto che lo notasse proprio lei.
«Non è successo nulla, non ti preoccupare. È solo che...», alzo le spalle, «non abbiamo nulla da dirci, ecco».
Mi scruta, non pare convinta. «Sarà...»
Il Re e la Regina danno il via alle danze e poco dopo anche Alissa e Leon li raggiungono. Le note del valzer risuonano in tutta la sala mentre loro si stringono sotto i miei occhi. Per fortuna è difficile che l'orchestra suoni qualcosa di più sensuale o avrei perso la testa.
«Sono davvero belli». Punto lo sguardo su mia madre. Non mi ero accorta che avesse smesso di ballare.
«Chi?»
«Alissa e Leon. Non trovi?» Li indica con un cenno del capo.
Socchiudo le palpebre, indispettita. «Ah, sì, certo» rispondo atona.
«Però, c'è qualcosa di strano» mormora fissandoli. «Leon non guarda Alissa come lei fa con lui. Non l'ha mai fatto. Tua sorella ne è innamorata, o infatuata, ma Leon... Il suo cuore non le appartiene».
M'irrigidisco. Il suo cuore...
«Se...» Deglutisco. «Se avessi ragione e lui fosse innamorato di un'altra, sarebbe lo stesso giusto che sposasse Alissa?» chiedo, pentendomi subito delle mie parole.
Mia madre mi scruta. «Tu pensi che Leon ami un'altra?»
Riesco a contenere un sussulto. Quanto sono stupida! «Non lo so, è soltanto una domanda! Magari ti sbagli e ama Alissa, ma non lo dà a vedere». Cerco di salvare la situazione, odiando quello che ho detto.
«Mmh... Ho i miei dubbi». Li guarda. «Forse con il tempo potrebbe anche riuscire ad amarla, ma adesso non vedo amore nei suoi occhi quando si posano su di lei. Sai, invece, cos'ho notato?»
«Cosa?» Quando finisce questo discorso?
Punta gli occhi nei miei. «Gli sguardi che rivolge a te sono molto profondi. Mi sbaglio?»
Il cuore mi salta in gola. Se ha capito, sono nei guai.
«C-Cosa? Io non ho notato nulla del genere» esclamo un po' isterica una delle più grandi cazzate che abbia mai detto. Questa conversazione sta prendendo una piega terribile!
«Davvero? Ho sempre pensato che Leon nutrisse dei sentimenti nei tuoi confronti. Tornato dall'America il suo interesse per te era ben visibile, tanto da farmi pensare che potesse avere l'ardire di chiederti in sposa». Ridacchia. Non mi piace la sua reazione. Cosa c'è di tanto divertente in una proposta da parte sua? «E invece il suo interesse è andato spegnendosi, o almeno così pensavo. Possibile che tu non ci abbia fatto caso? O fa parte degli uomini che ignori?»
Il tono pungente mi scatena brividi d'irritazione. È forse un modo velato per dirmi che si è accorta di tutto? Oppure è un monito affinché smetta di dare troppa confidenza al fidanzato di mia sorella? Questa stupida festa mi sta pesando più del dovuto. Devo andarmene il prima possibile.
«Principessa Eleonore», alzo gli occhi al cielo, i guai peggiorano, «posso avere l'onore di questo ballo?» domanda William.
«Come?» Faccio finta di non aver sentito, sperando che ritiri l'orrida proposta.
Il Principe sorride. «Sarebbe un grande piacere poter ballare con te». Fa lo splendido, dopo avermi parlato di attrazione sessuale e fatto intendere che vuole soltanto portarmi a letto. Se altre nobili lo fanno con discrezione, a me non importa nulla.
«Sono costernata, ma mi piange un occhio e...» farfuglio scemenze per togliermelo di torno, tuttavia questa serata va sempre peggio.
«Anche per Eleonore sarà un grande privilegio danzare con te, William» m'interrompe la Regina. Le rivolgo uno sguardo carico d'ostilità. «Fa' almeno un ballo con lui o tuo padre si arrabbierà sul serio» sussurra al mio orecchio.
Vorrei tanto che un attacco di dissenteria mi colpisse, o colpisse lui. Sarebbe molto meno straziante. Eppure, mia madre ha ragione.
Libero un lungo sospiro per non gridare. «Bene. Andiamo, allora». Allargo un sorriso finto per mascherare il tono irritato.
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