♚ Capitolo I · Seconda parte
Supero la soglia dell'atrio e raggiungo la scalinata centrale per salire al piano superiore. La pietra scura di ogni stanza del castello rende ogni ambiente scuro e tetro, di notte pare il luogo prediletto per i fantasmi. Soltanto uno come Gordon potrebbe apprezzare un posto così cupo e purtroppo mio padre farebbe di tutto per compiacerlo. Di tutto.
«Dove stai andando?»
La voce di mia madre mi costringe a fermarmi. Immobile sul quarto scalino, volto il capo verso di lei, scontrandomi con un'espressione contrariata.
«In camera mia, non mi sento bene» mento, sperando che non mi obblighi a tornare indietro.
Provo a riprendere la salita, ma vengo afferrata per il polso sinistro.
«Tuo padre ha invitato il per fartelo conoscere. Domani». Mi fissa con sguardo serio.
Spalanco gli occhi, incredula. «State scherzando?» Libero di colpo la presa. «Lasciatemi respirare, non ne posso più!» sbotto, facendo scivolare le mani nei capelli. Quel duca del cavolo è ancora di là e loro già invitano un altro pretendente? È un'ossessione!
«Mi dispiace, ma come futura regina non hai soltanto il compito d'imparare a gestire il Paese, lo sai. Perché rifiuti persino di conoscerli? Magari qualcuno potrebbe piacerti» dice gentile. «È mai possibile che non ci sia nessuno che vorresti avere accanto?»
So che non sono i miei genitori a spingere per trovarmi marito, è tutta colpa di Gordon! Non ha più la corona sulla testa da vent'anni, ma è come se non se la fosse mai tolta.
Ripenso alla domanda che mi ha fatto, nella mente appare subito il suo viso.
Volto il capo e salgo un gradino per non tradirmi. «No, nessuno».
«Allora dovrai scegliere. Tuo nonno sarà qui molto presto».
Come se non lo sapessi.
Sospiroe proseguo per la mia camera.
Un'altra pessima notte.
Mio padre si aspetta il massimo da me quando organizza un incontro mattutino, riservato ai pretendenti che reputa migliori. Il suo intento è farci conoscere senza troppi rumori attorno, ricordandomi di fingermi dolce e educata. Fingere, davvero un buon inizio per un'ipotetica relazione.
Mi alzo dal letto già seccata. Dopo essermi lavata nel bagno interno alle mie stanze, mi avvicino agli armadi e apro due delle ante in noce scuro come il telaio del baldacchino. In questi due anni ho collezionato un buon numero di vestiti moderni, che mio padre brucerebbe sulla pira volentieri – tanto per restare in tema –, ma non so cosa mettere.
Prendo un paio di capi e li provo davanti allo specchio da terra, accostando la gruccia al petto. Forse dovrei optare per qualcosa di sobrio, come un paio di pantaloni a palazzo o magari un tailleur serioso, così da frenare ogni entusiasmo di questo principe Vattelappesca. Credo di averlo già incontrato a qualche festa o visto in foto o... boh. Non me n'è mai importato nulla di chi aspira alla mia mano. Anche volendo, non riuscirei a considerare nessun altro.
La porta si spalanca d'improvviso e Alissa irrompe nella mia stanza, impetuosa e raggiante come al solito.
«Buongiorno, Eleonore!» Si avvicina con un gran sorriso, l'abito lilla fruscia a ogni passo.
«Buongiorno a te». Continuo a guardarmi nello specchio. Con questo tailleur verde schifo sarò davvero poco appetibile. Perfetto.
«Scegli quello per incontrare il principe William? È un po'... strano». Mi scruta spostandosi alle mie spalle.
«Infatti non lo metterei neanche sotto tortura, ma vorrei concludere l'incontro il prima possibile. Sono sicura che questo mi aiuterà». Poggio il tailleur sulla poltrona e sfilo la camicia da notte di seta per indossare il reggiseno.
«In realtà, papà si aspetta l'esatto contrario. Perché fai così?» Copre il viso con entrambe le mani per non vedere il mio corpo semi-nudo. Mi fa tanta tenerezza.
Afferro la sottoveste. «Perché non voglio scegliere un pezzo di carne, ma un uomo per cui provo dei sentimenti. Tu sposeresti qualcuno che non ami?»
«Certo che no! E per mia fortuna... Sì, insomma, lo sai». Arrossisce, lo sguardo sognante. A farmi del male da sola sono davvero brava. «Comunque, io vado giù. A breve arriverà Leon». Si rigira e mi lascia sola.
Rimango immobile davanti al letto, lo sguardo fisso sul tailleur verde schifo. Torno di fronte allo specchio e sfilo la sottoveste. Arriva Leon, eh? Ripensandoci, forse sarebbe meglio una bella gonna a metà coscia, magari con una camicetta. E le scarpe alte, quattordici centimetri, direi.
Prima di uscire dalla camera, mi guardo un'ultima volta allo specchio: sandali dorati con plateau e tacco, minigonna a balze a vita alta color sabbia e camicia in seta bianca arricciata lungo il torace e aperta fino a metà petto. Agito i capelli dalla radice perché acquistino più volume – compiacendomi di vederli arrivare quasi a metà schiena – e sorrido alla me stessa riflessa. Mi piaccio molto e ci tengo all'estetica. La finta modestia è inutile.
Avanzo nel corridoio sentendo il suono dei tacchi rimbombare sulle pareti. Appoggio la destra sul corrimano e scendo le scale che conducono all'atrio del castello, già occupato dalla mia famiglia.
«Oh, ecco Eleon...» Persino da qui riesco a vedere il volto del Re sbiancare. «Stai scherzando, non è vero?!» Mi fissa sconvolto.
È davvero poco carino che non apprezzi con quanta grazia sto sfilando lungo la scalinata.
A qualche passo da lui, Leon, con uno dei completi antracite che predilige per recarsi in azienda, è immobile al fianco di Alissa. Il suo sguardo su di me è fuoco vivo, tanto da farmi tremare le ginocchia.
La decisione di non intromettermi fra lui e mia sorella non esclude il fatto che essere guardata in quel modo mi faccia impazzire. Verificare che mi desidera ancora è la mia unica scorrettezza. L'idea che possa smettere mi fa davvero male.
«Avevo optato per un tailleur, ma poi ho pensato che il principe...» Santo cielo, come l'aveva chiamato Alissa? «... William», mi salvo, «sarebbe stato più contento di conoscermi come sono realmente». Sorrido, fermandomi di fronte a loro.
Mio padre è rosso di rabbia. «E questo», mi indica, «cosa dovrebbe raccontare di te al principe? Quanto tu sia irrispettosa verso la tradizione del nostro Regno? Che razza d'immagine vuoi dare di noi? Guarda», stende il braccio alla sua destra, «persino Leon, che ti conosce da quando sei nata, è in imbarazzo!»
Immergo lo sguardo in quello tutt'altro che imbarazzato di Leon. «Oh, mi dispiace». Non riesco a impedirmi di accennare un sorriso.
L'espressione di Leon è di pietra, come la sua postura.
Ignoro il suo disappunto, dirigendomi all'ingresso. Scendo le scale antistanti fino a metà e punto lo sguardo all'orizzonte, a stento riesco a distinguere il cancello da questa distanza. A breve arriverà una Rolls Royce o una qualche macchina in stile vintage, ai pretendenti piace sempre fare bella figura con il Re assecondando la tradizione.
Incrocio le braccia al petto, sposto il peso sulla gamba destra e batto più volte il sandalo sinistro sulla pietra. Prima cominciamo e prima posso andare a farmi una nuotata per scaricare lo stress.
«Quale posizione aggraziata, Principessa».
Sussulto al suono della voce calda di Leon, che si ferma al mio fianco. Per alcuni istanti non riesco a replicare, incantata dalla sua straordinaria altezza, dalla posa solenne, dal completo che – santo cielo! – gli sta divinamente. I suoi occhi fissi su di me completano l'incanto che mi ha catturata.
Con grande fatica, distolgo lo sguardo prima che oltre alle guance mi formicoli il viso intero d'imbarazzo.
«Quando arriverà sarò carina e coccolosa». È questo che si aspettano tutti da me, no?
Leon sbuffa. «Mi piacerebbe molto conoscere questo tuo lato coccoloso». Ridacchia, accelerando i battiti del mio cuore.
Ormai ci capita di rado di conversare da soli e quelle poche volte che succede finisce sempre con qualche frase sgradita da parte mia e la delusione sul suo volto. Per questo quando mi è così vicino sono felice ma anche molto tesa.
Il cigolio del cancello in lontananza preannuncia l'arrivo del principe. Non mi piace che Leon sia qui quando devo incontrare un pretendente. Perché non va al lavoro come tutte le mattine?
«Beh? Arriva?» Alissa affianca Leon dal lato opposto al mio.
Di tanto in tanto la vedo cercare un contatto fisico con lui, come sfiorargli il braccio, e ogni volta il mio cuore sussulta tormentato, ma Leon sembra fare di tutto perché non accada. A differenza di quel che vuole farmi credere, rispetta mia sorella e dubito che ieri sera stesse pomiciando con quella tipa lì. Forse voleva farmi ingelosire. E ci è riuscito.
In lontananza si alza un gran polverone. Non riesco a capire di che colore e di che modello è la macchina in testa alle altre quattro. Stringo le palpebre per concentrare la vista e un secondo dopo le spalanco: una fantastica macchina sportiva blu metallizzato avanza con eleganza. L'autista fa sgommare il gioiello procedendo a una velocità paurosa e termina la corsa a pochi metri dalla scalinata, mentre le berline nere si fermano alle sue spalle.
Sono esterrefatta e incantata. Non mi sarei mai aspettata una sorpresa del genere!
Lo sportello si apre e dall'auto esce un ragazzo . «Buongiorno, Vostre Maestà». Si avvicina e ci rivolge un inchino. Con un sorriso, sposta gli occhiali da sole sulla testa, mostrando gli occhi verde scuro. «Vogliate scusarmi per il ritardo, ma l'atmosfera irlandese è meravigliosa. Ho chiesto alla mia scorta di allungare un po' la strada mentre venivamo da Dublino. È un vero onore poter essere qui». La sua voce è allegra e squillante.
«Benvenuto in Irlanda, principe William. L'onore di averti qui è nostro» replica mio padre. «Noi ci siamo già incontrati in precedenza, mentre non credo tu conosca mia figlia minore Alissa e il suo promesso sposo il conte Leon Wild». Mia sorella gli porge un'elegante riverenza, Leon un cenno a stento visibile. «Mentre lei è...»
«Lei è Eleonore» lo interrompe William, guardandomi. «Incantato». Sorride con occhi eloquenti. Quando ho scelto questo outfit avevo in testa soltanto la reazione di Leon, dimenticando che avrei potuto insinuare interesse anche in questo tizio.
Cominciamo bene...
Ricambio il saluto con un sorriso forzato.
Mio padre richiama l'attenzione del Principe. Detesto aspettare i loro comodi, palesano ciò che sono per loro: un'oggetto da valutare.
Per non urlare, mi avvicino all'auto sportiva. È una meravigliosa Porsche cabriolet, tre porte, cerchi in lega argentati e cambio sia automatico che manuale. Senza rendermene conto, mi ritrovo seduta al posto del guidatore. Adagio, accarezzo gli interni in pelle nera – magnifici – e proseguo sulle rifiniture in legno – stupendi. Ho sempre desiderato un gioiellino come questo, ma non posso neanche proporlo a mio padre. Sarebbe inutile.
«... qualunque cosa voglia fare la Principessa». Carpisco delle parole ed esco in fretta dall'auto.
«Come?» Se parlano di me, sarebbe carino essere interpellata.
William mi sorride, avvicinandosi. «Dicevo a Sua Maestà che in quanto gentiluomo lascio decidere a te cosa fare oggi. Qualunque cosa. Sono a tua completa disposizione» ripete accomodante.
Sto per dirgli che sarei ben più felice se tornasse a casa sua, ma un'idea malsana mi affolla d'improvviso la mente. So che nessuno ne sarà contento, tuttavia non posso farmi sfuggire questa occasione!
«È molto gentile da parte tua, principe William. Accoglierò questa cortesia chiedendoti di farmi fare un giro con la tua macchina». Allargo un sorriso smagliante.
Mi guarda confuso. Forse scioccato. «Come?»
«La Porsche. Vorrei guidare questa meraviglia». Mi siedo ancora al posto del guidatore. «Ho avuto il privilegio di prendere la patente a diciassette anni, ma mai quello di guidare un gioiello del genere per le strade». Spingo un tasto sul cruscotto e attivo l'apertura della cappotta. «Fantastica...» mormoro affascinata, seguendone il movimento con la testa.
Il Principe non risponde.
«Eleonore, non è una richiesta che il principe può accettare» interviene mio padre.
«E perché? Non credo voglia rimangiarsi ciò che ha detto, non sarebbe da gentiluomo». Sorrido compiaciuta.
William sospira. «D'accordo. Un piccolo giro, okay?» Penso stia cercando di rivolgermi un'espressione fiduciosa, ma si capisce che sta lottando contro ogni parte di sé per non sbottare.
Prima che cambi idea, premo il tasto "start" sul cruscotto dell'auto. Subito l'incantevole rombo del motore libera adrenalina in tutto il mio corpo. Chiudo lo sportello, sistemo il sedile, aggancio la cintura di sicurezza e stringo le mani sul volante.
Che sensazione...
«Grazie, William. Ci rivediamo fra un po'». Forse.
L'apertura dell'altra portiera attira la mia attenzione.
«Vengo con voi» dice Leon, sedendosi.
Spalanco gli occhi e anche la bocca. Con me? Io e Leon? Da soli?
Sussurri contrariati mi risvegliano dalla trance. Prima che qualcuno possa aprire bocca, inserisco la retromarcia e abbandono il castello.
Osservo il maniero farsi sempre più piccolo nello specchietto retrovisore, due auto della sicurezza ci raggiungono quasi subito. Imbocco il ponte che attraversa il Lough Corrib e proseguo nella Contea di Mayo scegliendo stradine limitrofe per non incontrare traffico e spingere sull'acceleratore.
Il tachimetro segna 120 chilometri orari. Ma è soltanto l'inizio!
Attorno a noi il sole illumina i campi di smeraldo, gli alberi sfrecciano ai lati della strada e il vento infonde ai miei capelli una spinta di libertà.
Questa è una delle sensazioni più belle che abbia mai provato!
«Non sarà il caso di rallentare?» grida Leon.
Sorrido. «Hai paura? Ma non posso fermarmi. Sarebbe un insulto!» L'auto ingrana la sesta e mi lascio andare a una risata liberatoria.
Mi sto divertendo da matti!
Rallento, avvicinandomi più che posso alla riva del Lough Corrib. Spengo il motore, sgancio la cintura, salgo con le ginocchia sul sedile e mi adagio con il petto sul parabrezza.
«Aah... Questa sì che è un'auto! Improvvisamente il principe William mi è simpatico». Ridacchio, l'adrenalina mi brucia ancora le vene.
«Se è una macchina sportiva che desideri, posso regalarti quella che vuoi».
Smetto di sorridere. Guardo Leon, che mi osserva contrariato.
Mi siedo composta, sospirando.
«Perché ti sei vestita così? Vuoi affascinare il Principe con il tuo corpo? È questo che vuoi?» Oltre alla rabbia è palese anche il disgusto.
Perché non possiamo passare neanche un minuto senza litigare?
Sistemo la cintura. «Non è lui che volevo affascinare» mormoro fra me e me.
«Cosa?»
Alzo gli occhi al cielo. Che stupida! «Niente. Non ho detto niente!» Premo il tasto "start" con un gesto brusco, riaccendendo il motore.
Leon posa la mano sulla mia, stretta allo sterzo. Sussulto, immergendo gli occhi nei suoi. «Sai di non avere alcun bisogno di comportarti così con me». La voce calda e gentile mi fa tremare.
Negli ultimi due anni e mezzo non c'è stato giorno in cui non abbia cercato di farmi confessare i miei sentimenti per lui. Continuare a negare è... una tortura. Forse dovrei davvero andare via come ho pensato diversi mesi fa, prima che perda il controllo di quello che provo.
Deglutisco. «Non trarre conclusioni affrettate». Ritiro la mano di colpo. «Sai che mi piace piacere e vestirmi in un certo modo. Non montarti la testa». Guardo la strada, rigirando l'auto verso casa.
«Ecco che ricominci. Quando non vuoi ammettere quello che provi per me, fai l'arrogante» sibila, niente più calore nella sua voce.
Reprimo un ansito di dolore. Non ne posso più di questa situazione.
Il silenzio ci avvolge. Vorrei rientrare subito a casa per non ferirlo oltre, ma vorrei tanto rimanere ancora in sua compagnia.
«Alissa ha detto che a luglio dell'anno prossimo vi sposerete. Poco dopo il suo compleanno».
La data è ormai decisa. Quando Alissa mi ha comunicato la notizia era il ritratto della gioia e mi sono sentita la sorella peggiore del mondo, perché il primo pensiero che ho avuto non è stato affatto felice.
Leon sbuffa. «Già. Spero sarai contenta».
Lascio che il rombo del motore mi culli mentre il vento caldo di fine estate spazza via le lacrime ricolme della tristezza rinchiusa nel mio cuore.
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