Epilogue
«È stata davvero una bella giornata.» sentenzio contenta mentre Matt si siede accanto a me sul divano.
«Certo, non è cominciata nel migliore dei modi, però...» continuo mentre Matt sorride leggermente.
«Almenno non è stato un Natale noioso.» ribatte scrollando le spalle.
«Questo sicuro.» continuo divertita.
Seguono attimi di silenzio stanamente non imbarazzanti, in cui entrambi siamo persi nei nostri pensieri.
Mi sistemo meglio sul divano avvicinandomi involontariamente a Matt che si avvicina ancora di più a me. Siamo troppo vicini.
Talmente tanto che i nostri respiri si fondono e ho paura delle reazioni del mio corpo in questo momento. Spero solo di non rovinare tutto.
«Puoi accompagnarmi un attimo in camera?» dice Matt rompendo quello strano silenzio.
«Hai paura di andarci da solo?» gli dico per prenderlo in giro, anche se alla fine decido di seguirlo comunque.
«Si, in effetti ho proprio paura del mostro sotto il letto, sai?» ironizza lui mentre io alzo gli occhi al cielo, divertita e allo stesso tempo scocciata, dalla sua costante ironia.
Infondo però lo preferisco così piuttosto che serio e distaccato come stamattina.
«Allora, perché siamo qui?» chiedo una volta raggiunta la sua stanza.
Lui sospira prima di chiudere la porta della sua stanza e avvicinarsi alla testiera del letto.
«Credo di doverti delle scuse. Per il modo in cui continuo a trattarti. Non capisco perché tu continui a restare nonostante continui a farti del male. Non lo meriti. La tua vita sarebbe così facile senza di me.» mi dice abbassando lo sguardo e ho davvero l'impressione che sia dispiaciuto di questo.
«Si, ma non sarebbe la mia vita, non senza di te, non dopo averti conosciuto.» rifletto.
«Ti ho già detto che non devi sopportare tutto questo da solo, ci sono io qui con te.» gli dico sedendomi accanto a lui e prendendogli la mano per rassicurarlo. Lui la stringe e ho l'impressione che abbia già recuperato molta della sua sicurezza quando mi guarda con i suoi occhi strafottenti e il suo solito sorrisetto. E io non posso fare a meno che sorridere di questo.
«Cameron mi ha chiesto di uscire.» dico in fretta dopo vari secondi di silenzio. Lo guardo interrogativa, quasi aspettandomi una sua scenata e rimango stupita quando ciò non accade. Matt stringe ancora più forte la sua mano e lo sento deglutire, segno che ha capito le mie parole, ma stranamente non fa nulla, non si alza nemmeno dal letto, come al suo solito, quando inizia ad agitarsi.
«Dovresti andare.» dice però guardando ancora le nostre mani unite.
«Che?» dico sperando di non aver capito bene.
«Hai sentito bene, penso che tu debba andare a quell'appuntamento o qualsiasi altra cosa sia. Meriti di essere felice, davvero e so che a Cameron piaci davvero tanto e so che un po' lui piace anche a te. Io non sono la persona giusta per te, non lo sono mai stata, sono troppo distrutta per poter anche solo per poter pensare di avere una relazione con qualcun altro. Mi dispiace.» mi dice.
«Quindi un po' ti piaccio?» chiedo con il cuore che batte in gola.
Non può essere. Non riesco a crederci.
«Non era questo il punto fondamentale del mio discorso.» dice evitando abilmente la mia domanda.
«invece si che lo è Matthew.» gli dissi alzando di poco la voce, cercando di fermare invano i battiti del mio cuore. «H-ho bisogno di saperlo per poter andare avanti Matt. Dimmi che è stato tutto uno sbaglio, che sono un errore, che sono la persona più stupida che tu abbia mai conosciuto e io me ne andrò. Usciró con Cameron e proverò davvero a dimenticarti e chi lo sa, forse ci riusciró davvero. Se invece provi davvero qualcosa per me troveremo una soluzione a qualunque costo. Te lo prometto. Ma non posso andare avanti davvero se non mi lascio alle spalle il mio passato.» gli spiego cercando di mantenere il tono della mia voce calmo e distaccato.
«Tu non vuoi saperlo.» mi dice lui sicuro che io dica di no. Ma non posso, lo devo a me stessa. Ho bisogno di sapere se posso provarci ancora un'altra volta oppure se sarebbe solo un altro spreco di tempo.
«Ti prego.» gli dico costringendolo a guardarlo negli occhi.
«Sei stato solo un gioco. Un gioco molto divertente e molto eccitante che non avevo voglia di finire tanto presto.» mi dice mantendendo il tono della voce freddo e impassibile.
Lo guardo negli occhi, indecisa se rispondergli o no. Alla fine sussurro un «Grazie» cercando di nascondere il mio dolore il più lontano possibile da lui.
E quindi finisce davvero cosi?
Alcuni avrebbero detto che infondo era meglio così, che non eravamo fatti per stare insieme, che ci saremmo soltanto fatti del male a vicenda.
Eppure io avevo davvero creduto che potesse durare per sempre.
Non so perché, forse perché lui è stato il mio primo amore e istintivamente credevo potesse essere anche l'ultimo.
Perché alle volte sembravamo così simili quando eravamo così diversi.
Per tutta quella passione che si era sempre nascosta dietro i nostri gesti.
Eppure non è così.
«Voglio darti una cosa.» mi dice ad un certo punto rompendo quel muro di ghiaccio che si stava creando tra di noi.
«Che cosa?» chiedo, non prestando molta attenzione a che cosa sia. Sono ancora troppo scossa dalla nostra precedente conversazione per poter ragionare lucidamente.
«Questi sono per te.» dice porgendomi quelli che sembrano due biglietti per un concerto.
«Perché?» chiedo non capendo le motivazioni del suo gesto.
«Volevo regalarti qualcosa, ma non trovavo niente che ti sarebbe piaciuto davvero, così ho deciso di comprarti questi sapendo che ti sarebbero piaciuti.» mi dice con indifferenza.
«Non so neanche di che cantan...» mi blocco però quando leggo il nome di Halsey scritto sui biglietti.
«Non ci credo. Questi biglietti sono introvabili. Sono stati esauriti mesi fa. Come hai fatto ad averli?» esclamo emozionata.
«Diciamo che ho delle conoscenze...» mi risponde lui evasivo
«Wow... tu non dovevi.» dico guardando ancora quei biglietti incantata.
«A giudicare dalla tua faccia sì che dovevo.» mi dice prima di farmi un sorriso sincero.
«Anche se i biglietti sono due non devi andarci per forza con me, se non ti va. Puoi andare insieme a Maria, insieme a Cameron, insieme a chiunque tu voglia, ho solo pensato che andare ad un concerto da soli fosse noioso. Certe cose bisogna farle insieme.» conclude poi il suo discorso lasciandomi a bocca aperta.
Da quando lui è così altruista?
«Diamine, tutto questo è troppo, non lo merito.» dico scuotendo la testa energicamente.
«Invece credo che tu sia la persona che lo meriti di più.» mi dice lui prima di sorridermi calorosamente.
«E se invece volessi andarci con te?» gli chiedo sperando che accetti di venire. Sarebbe veramente importante.
«Ti farò sapere. Devo controllare la mia agenda. Sai, è strapiena di impegni.» mi dice lui ridendo.
«Scommetto pieno di ragazze.» gli dico continuando a ridere, nascondendo il fastidio allo stomaco.
«Soprattutto pieno di ragazze.» sottolinea lui malizioso.
«Beh, ma io sono la migliore.» gli dico divertita.
«Ne sei così sicura?» mi risponde lui venendo verso di me.
«Assolutamente si.» gli dico avvicinandomi a mia volta.
E adesso siamo così vicini che quasi le nostre labbra si toccano.
I nostri respiri si fondono,
E le nostre anime intraprendono una gara di sguardi.
Io che gli chiedo di restare e lui che mi dice che non può.
Io che lo guardo un'ultima volta negli occhi e gli dico che non lo lascerò mai.
E lui che tentenna, ma mi risponde che invece lo farò.
«Troveremo chi sta cercando di accusarvi e vi scagioneremo. Te lo prometto.» gli dico più determinata che mai, stringendo i pugni per la rabbia.
«Emma?» mi richiama lui.
«Si?» gli rispondo convinta che voglia fermarmi.
«Se inizieranno ad indagare su di me troveranno davvero qualcosa. Ci sono molte cose che faccio che sono illegali, alcune le sai, ma altre no, per cui non pensare che io sia tanto innocente, perché infondo non lo sono per niente.» mi risponde come per avvertirmi.
«A questo punto non credo davvero che ci sia qualcosa di così terribile che sia in grado di tenermi lontano da te.» gli dico imbarazzata.
«Questo non lo puoi sapere veramente.» mi dice lui sicuro.
«C'è qualcosa, che potrebbe uscire fuori dalle indagini, che potrebbe davvero farti scappare a gambe levate.» mi dice mentre io scuoto la testa.
«E allora perché non me la dici tu prima che sia qualcun'altro a farlo per te? Perché non ti confidi con me almeno per una volta? Perché lo fai solo quando non hai più altra scelta?» gli chiedo delusa nuovamente dal suo atteggiamento.
«Perché non voglio ricordarlo neanche io, non lo capisci?» dice iniziando ad urlare.
«Sono ricordi troppo dolorosi anche per me, va bene?» mi dice guardando altrove mentre io lo guardo sconcertata e quasi con occhi fuori dalle orbite.
E così anche quelli come te hanno dei mostri sotto il letto?
Anche tu hai qualcosa il qui ricordo brucia ancora sulla pelle?
E mi riesce difficile anche crederci.
Ma so che non menti.
Te lo leggo dai tuoi occhi sfuggenti.
Lo vedo dalla tristezza che improvvisamente ti leggo nello sguardo.
Dal tuo modo di urlarmi in faccia solo per nascondere dietro una corazza quelle emozioni che ti stanno mangiando dentro?
Ti hanno mai detto che i ricordi fanno meno male quando vengono condivisi?
«Si, va bene.» gli dico facendogli un sorriso sincero.
«E scusami se sono stata tanto curiosa. Ti prometto che non te lo chiederò di nuovo, non sarebbe giusto nei tuoi confronti. Me lo dirai tu quando sarai davvero pronto.
Non sarei davvero una tua amica se ti costringessi a raccontare qualcosa che non vuoi.
Ma il solo fatto che tu lo abbia ammesso di fronte a me è un grande traguardo.
Perché adesso so che stai provando a fidarti di me.» continuo poi il mio mantenendo il contatto visivo con i suoi occhi.
«Grazie.» mi risponde poi con un sorriso prima di sedersi nuovamente sul letto, come se quella conversazione lo avesse sfinito.
«Comunque...» dice ad un certo punto schairendosi la gola, cambiando abilmente discorso.
«Accetterò il tuo aiuto solo a due condizioni.» mi dice serio più che mai.
«Quali?» gli chiedo anche se so che accetterò in ogni caso, niente mi fermerà.
«Punto 1: devi promettermi di andartene non appena le cose si faranno pericolose.» mi dice mentre io sussurro un "te lo prometto."
«Punto 2: voglio che tu mi prometta che uscirai con Cameron o con chiunque altra persona ti interessi. Non voglio che tu passi il resto della tua vita a pensare a me.»
«Te lo prometto.» gli dico sentendo un grosso vuoto all'altezza del petto.
«Allora abbiamo un accordo?» mi chiede mentre io annuisco cercando di non mostrargli quanto in realtà questo accordo non mi piaccia.
Non voglio essere costretta ad uscire con Cameron, non voglio illiderlo e non credo di essere pronta per una relazione, ma d'altro canto non posso neanche lasciare da solo Matt in una situazione del genere. Che confusione.
«Se per te va bene potremmo iniziare già da domani.» mi risponde lui distraendomi dai miei pensieri.
«Si, domani va benissimo.»
«Matthew?» lo chiamo prima di andare a dormire.
«Si?» chiede lui.
«Non rovinare tutto questo per uno stupido coglione che non ha neanche le palle di palesarsi. Chiunque sia a nascondersi dietro. Non ne vale la pena. Tu sei meglio di lui.» gli dico prima di sorridergli.
«Faró il possibile. Davvero» risponde facendomi un sorriso incerto.
E io farò il possibile per dimenticarti.
Lo prometto.
Perché è questo che tu vuoi.
Perché è la cosa giusta.
E nonostante il mio cuore mi stia pregando di dargli retta per una volta darò ragione alla mia testa.
O almeno ci proverò.
Con tutta me stessa.
Una lacrima mi riga la guancia.
La asciugo velocemente facendo un piccolo sorriso subito dopo.
Guardo la luna.
Ti prego tienimi compagnia almeno tu in questa dolce agonia.
Addio Matthew.
Che tu possa avere una vita fantastica.
Sappi però che una parte del mio cuore ti apparterrà per sempre.
E non posso farci niente.
Quel giorno la notte era silenziosa, quasi più silenziosa del dovuto.
Come se avesse voluto comunicarci qualcosa.
Ma noi eravamo troppo stupidi per comprenderlo.
Andammo tutti a dormire, anche se con l'animo a pezzi.
Sentimmo una strana sensazione alla bocca del petto, ma ci convincemmo che erano le nostre emozioni.
Che erano state le nostre parole a provocarle.
E così nessuno davvero capì che cosa successe quella notte.
Ricordai soltanto un suono acuto, assordante, come quando ti fischiano le orecchie, ma più forte.
Mi tappai le orecchie, pensai che fosse dovuto al sogno e stranamente non mi svegliai.
Come avrei voluto lo fosse.
Forse era scritto nel destino che non dovevo svegliarmi.
Nessuno doveva svegliarsi.
Svegliarmi il giorno dopo fu difficilissimo.
La schiena mi bruciava e le ossa sembravano volersi spezzare per ogni piccolo movimento provassi a fare.
Era come se tutto il mio corpo fosse stato sostituto da uno più vecchio e raggrinzito.
Cercai di mantenere la calma.
E per un istante ci riuscì anche.
Ma non duró molto perché la paura si impossessó di me.
Avrei voluto alzarmi, aprire gli occhi o fare qualcosa, ma ero intrappolata nel mio corpo, come se fossi ancora in quel sogno e non riuscissi ad uscirne.
Sentii delle voci in lontananza.
Le orecchie mi fischiavano ancora perciò non capì bene quello che dissero.
Poi ci fu una voce più vicina, sembrava una voce maschile, non so, non avrei saputa riconoscerla davvero.
C'era troppo caos dentro la mia testa.
Diceva che la situazione era critica.
Ma cosa era critico?
Non ci stavo capendo più niente.
Avrei voluto chiederglielo, ma anche le parole mi sembravano morte in gola.
Provai ad aprire gli occhi, ma sembravano incollati alla pelle quel giorno.
E così non mi restó che aspettare che quella sensazione passasse.
Seguirono attimi interminabili.
Il tempo sembrava non passare mai.
Ogni minuto valeva come cento.
Mi sentì alzare da terra.
Provai a ribelllarmi, ma fu tutto inutile.
Non riuscivo a fare niente.
Colui che mi aveva alzato doveva essere molto forte.
Pochi minuti dopo sentì di nuovo qualcosa sotto di me.
Un letto.
Anche se non era comodo come gli altri.
Sentì un'altra voce, ancora più agitata delle altre due, se possibile.
Mi sembrava tanto familiare quella voce.
Eppure non riuscivo a collegarla ad alcun volto.
Mi appariva troppo lontana per poterla distinguere davvero dalle altre.
Come un eco.
Chiedeva di poter stare con me sull'ambulanza.
Che a Cleo ci avrebbe pensato Matthew.
Mi allarmai.
Ero su un'ambulanza?
Perché non riuscivo a muovermi?
Perché non potevo fare niente per impedirlo?
E poi i miei pensieri si spostarono verso Cleo.
Mia figlia.
Quella piccola creaturina sempre con il sorriso sulle labbra, così piccola e indifesa.
Non poteva vivere una situazione del genere.
Non era giusto.
Avrei dovuto salvarla.
Ma da che cosa avrei potuto salvarla se non sapevo neanche io cosa stesse succedendo?
Fine
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