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Chapter 31

Emma's P.O.V
Vengo svegliata da un odore di caffè dal piano di sotto. Apro gli occhi lentamente e guardo la stanza accanto a me confusa.
Che diamine ci faccio qui?

«Ben svegliata.» mi dice Cameron appoggiato allo stipite della porta.
Immediatamente salto dal letto e lo guardo stranita fino a quando i ricordi della sera precedente non mi investono come un' onda.

Perché ad un certo punto mi sono svegliata.
Non volevo farlo e la cosa mi terrorizzava, ma tu eri lì con me. E
E per quanto potessi nascondermi dietro quel muro di diffidenza e di freddezza sapevo già che non avrei avuto la forza di odiarti ancora per molto.
Non ti avevo chiesto di restare e non mi aspettavo neanche che tu lo facessi
Eppure ci sei e solo ora mi rendo conto di quanto tu mi sia effettivamente mancato.
Perché tu mi sei stato accanto nel modo più giusto e più prezioso di quanto tutti gli altri abbiano fatto.

«Che ore sono?» chiedo guardando fuori dalla finestra pensierosa.

«Le 7. Ti ho svegliato adesso proprio perché non voglio che tu faccia tardi a scuola considerando che ci tieni molto.» dice mentre io lo guardo sempre più confusa, non sapendo che cosa poter pensare di lui.

«Grazie.» gli dico facendogli un sorriso di riconoscenza.

«La tua gentilezza mi sta stupendo.» continuo poi.

«In positivo o in negativo?» chiede lui con un cipiglio sul volto.

«Devo ancora pensarci.» gli rispondo allora.

«Mh... Vediamo potrei fare qualcosa per farle cambiare risposta signorina?» chiede allora lui sorridendo con me.

«No, credo di no.» gli rispondo. Lui allora fa il labbruccio e in tutta risposta gli lancio un cuscino sulla faccia per farlo smettere. Lui mi guarda sfidandomi con gli occhi e subito dopo mi lancia anche lui un cuscino che io prontamente schivo, per poi prenderlo da terra e lanciarglielo nuovamente.
Da lì inizia una vera e propria battaglia a colpi di cuscini e di risate.
Ad un certo punto però lui mi prende dalle mani il cuscino e lo lancia lontano per poi avvicinarsi lentamente a me fino a trovarsi a pochi metri dal mio volto. Cosa vuole fare?

«Vuole giocare signorina?» mi dice lui con una voce da finto perverso.

«Non credo proprio signore.» gli rispondo cercando di allontanarmi il più possibile da lui. Lui in tutta risposta si avvicina nuovamente e continua ad alternare il suo sguardo dalle mie labbra al mio volto come se ne fosse ipnotizzato.
Io deglutisco a disagio e cerco di distogliere lo sguardo il più possibile da lui, cercando di smettere di fissare i suoi che in questo momento mi stanno fissando come non aveva mai fatto nessuno in tutta la mia vita.

E riesco a sentirla anche da qui la tua voglia di baciarmi.
Quella specie di passione che sta muovendo tutti i tuoi organi.
Che ti sta facendo battere all'impazzata il cuore.
Che ti sta facendo vibrare le ossa.
E forse un po' le sto provando anche io queste cose. 
Ma non posso essere io quella per cui sentire tutto questo.
È sbagliato.
Complicheremmo le cose e la nostra vita è già troppo incasinata.

«Muoio dalla voglia di baciarti.» confessa poi di getto, riducendo la voce ad un flebile sussurro e chiedendomi il consenso con gli occhi.

«Non farlo, complicheresti le cose.» gli dico abbassando lo sguardo verso il pavimento, cercando di nascondere l'imbarazzo e questa specie di desiderio che provo dentro. Lui fissa per un ultima volta le mie labbra, per poi allontanarsi da me e alzarsi in fretta da lì.

«Vuoi andare a casa a prendere le tue cose o vuoi andare direttamente a scuola?» mi chiede lui cercando di cambiare argomento, aprendo l'armadio e prendendo una maglia.

«Non voglio andare da Matt. Puoi prestarmi una tua maglia?» gli chiedo per poi pentirmene subito dopo?
Gli ho veramente chiesto di prestarmi una maglia dopo che ha quasi tentato di baciarmi?
Che sciocca che sono.
D'altro canto però, non posso neanche uscire con questa maglia sporca di alcool, non farei altro che far aumentare le cattiverie che si dicono su di me.
Come ci sono finita in questa situazione?

«Prendi.» mi dice dandomi una maglia bianca che mi arriva fino al culo data la mia altezza o la mia non altezza.

«La smetti di ridere?» gli dico imbronciandomi.

«Sei troppo buffa in questo momento.» dice guardandomi per poi scoppiare in un'altra fragorosa risata.

La tua risata mi scalda il cuore.
Non perché è davvero quella che voglio sentire
o perché mi fa tremare le ossa
ma perché è genuina, spontanea e in questo momento ho proprio bisogno di qualcosa di vero.
Di abbracci inaspettati.
Di baci sulla fronte.
Di sentirmi importante almeno per qualcuno.
Perché a volte capita di sentirsi soli in mezzo ad un mare di gente ed è proprio così che mi sento adesso.
Sola.
Come se fossi finita dentro ad un deserto senza cibo, né acqua e tutte le volte che vado avanti non faccio che ritrovarmi sempre allo stesso punto.
Come in un infinito loop.
E non so come uscirne.

Ad un certo punto però lui diventa serio, smettendo di ridere.
«Che cosa è successo fra di voi?» chiede poi cercando di leggermi dentro.

«Noi chi?» chiedo cercando di perdere tempo mentre mi siedo sul letto.
La verità è che ho capito benissimo di chi parla.

«Lo sai benissimo.» dice serio sedendosi sul letto e prendendo la mia mano tra le sue carezzandola mentre io arrossisco nuovamente.

«Te l'ho già detto ieri, abbiamo litigato.» dico sperando che questo basti a placare la sua curiosità.

«Per quello che hai visto ieri scommetto.» dice e la sua più che una domanda risulta un affermazione. Annuisco debolmente e lui mi guarda in attesa di sapere altri dettagli.

«Non solo per quello. Stavo cercando di non arrabbiarmi troppo con lui e di mantenere la calma e per questo gli avevo solo chiesto spiegazioni.
Lui invece mi ha aggredito e ha iniziato a dirmi delle cose poco carine e così me ne sono andata.» gli dico cercando di nascondere la delusione nel mio sguardo. Lui mi guarda per un po' e ho l'impressione che abbia capito quale è il mio stato d'animo quando ad un certo punto fa un sorriso comprensivo e si alza dal letto.

«So che non vorresti, ma ti conviene tornare a casa. So che non lo credi, ma Matt è preoccupato per te e sono sicuro che Cleo voglia stare un po' con la sua mamma, non trovi?» mi chiede lui porgendomi una mano per alzarmi dal letto. Rifletto sulle sue parole per un attimo per poi prendere titubante la sua mano e alzarmi da quel comodo letto. Lui mi guarda contento per poi prendere le chiavi della sua macchina e uscire in fretta dalla camera nel tentativo di non svegliare nessuno. Rido per il suo atteggiamento quando ad un certo punto rifletto meglio sulle sue parole e stravizi gli occhi come se avessi visto un fantasma.

«Diamine, devo andare a prendere Cleo da Maria per portarla a scuola.» dico mettendomi una mano in fronte. A volte non so proprio dove lascio la testa.

Stranamente quel giorno arrivai in tempo per la lezione e riuscì anche a portare Cleo all'asilo.
Era felicissima perché la mamma di Maria l'aveva portata al parco e le aveva fatto mangiare una torta.
Contrariamente a lei invece il mio umore è a pezzi.
Da due lunghi giorni non faccio altro che fingere che tutto vada bene quando in realtà non faccio altro che pensare tutto il tempo alle parole di Matt che sembrano inchiodate saldamente nella mia mente.
Da due giorni non mi avvicino a quella casa se non per vedere Cleo.
Da due giorni Cameron mi ospita a casa sua all'insaputa dei suoi genitori e ogni giorno cerca di dire delle parole per confortarmi.
E ogni giorno io mi struggo sempre di più aspettando delle scuse che forse non arriveranno mai.

E inizio a pensare che quelle parole tu le pensi realmente.
Che non siano solo state dettate dalla rabbia, dal momento o da altro.
E a furia di sentire ogni giorno quella parole sto iniziando a pensare che siano vere.
Dovunque mi trovi mi sento di troppo, non sono la prima scelta di nessuno e mai lo sarò.
E vorrei solo che questo grande vuoto che ho dentro al petto sparisse, non importa in quale modo.

Quel giorno sono tornata a casa di Matt solo per prendere i libri quando mi è venuta ad aprire una ragazza mezza nuda.
Era bellissima ed in quel momento ho capito che lui non avrebbe mai potuto scegliere me, non ero abbastanza, non lo sono mai stata.
E così ho richiuso la porta con la stessa velocità con cui l'ho aperta, ho fatto un respiro profondo cercando di cacciare indietro le lacrime e me ne sono andata.
Avrei tanto voluto che Matt mi spiegasse, che mi corresse incontro e che mi dicesse quanto io sia importante per lui.
Ma questa non è una favola e io non sono una principessa.
E così sono tornata in macchina, Cameron mi ha chiesto cosa fosse successo e così gli ho raccontato tutto, stanca di tenergli il broncio, tra una crisi di pianto e l'altra.
E in quel momento lui mi ha ascoltato, non ha detto una parola, mi ha ascoltato soltanto ed era ciò di ciò avevo più bisogno in quel momento.
Da quel momento in poi non ho più chiesto, ne voluto parlare di lui, ho deciso di andare avanti con la mia vita proprio come lui ha fatto con la sua.

A rendere il mio umore ancora più a pezzi è il fatto che Maria sembra quasi essersi volatilizzata nel nulla proprio quando io avevo più bisogno di lei.
So quello che sta passando, l'ho passato anche io, ma avrei potuto aiutarla se solo me l'avesse concesso.
E il fatto che non voglia parlare e confidarsi con me non fa che far aumentare la mia tristezza.

Caccio indietro i miei pensieri per un momento e cerco di concentrarmi sulla lezione sperando che anche questa giornata passi al più presto.

È ormai passata mezza giornata e non vedo l'ora di uscire da questo campus.
Sembra quasi che ogni giorno che passi aumentino le dicerie su di me.
Oggi in particolare tutti mi guardano come se fossi una puttana e vorrei tanto capire il perché poiché non ho fatto nulla di male.
Ad un certo punto, mentre attraverso i corridoi in cerca di un posto appartato dove mangiare Alan mi viene incontro correndo.

«Finalmente ti ho trovato.» dice venendo verso di me ancora con il fiatone. Lo guardo confusa, aspettando da lui una qualsiasi spiegazione, mentre lui mi guarda come se fossi la soluzione a tutti i suoi problemi.

«Devi venire con me.» esordisce poi dal nulla.

«Che?» gli chiedo facendo una voce tra stridula alla ricerca di altre informazioni.

«Dobbiamo andarcene in fretta da qui. Sta succedendo un casino.» mi dice prima di prendermi la mano e di trascinarmi di peso verso l'entrata della scuola.

«Io non vengo da nessuna parte con te.» dico al limite della pazienza.

«Senti, non è il momento di fare storie.» mi dice Alan, ma non ha il tempo di continuare a parlare che si sentono poco distanti delle urla. Lascio la mano di Alan in fretta e prima che lui abbia il tempo di accorgersene vado verso la direzione delle grida.

La scena che mi si presenta davanti mi lascia spiazzata.
La maggior parte degli studenti e professori sono raggruppati in una specie di cerchio attorno a due ragazzi che si stanno azzuffando e solo qualche attimo dopo mi rendo conto chi sia uno dei due. Cameron.

Strabuzzo gli occhi terrorizzata e lo chiamo cercando di farlo ragionare, ma lui sembra come una bestia inferocita che aspetta solo di attaccare la sua prossima preda. Sferra un pugno dopo l'altro con una potenza sempre maggiore mentre l'altro ragazzo non ha più la forza di reagire. Spero che qualcuno li separi, ma purtroppo nessuno ha il coraggio di farlo, neanche i professori o gli amici di entrambi. Così, in un momento di follia mi faccio spazio tra la folla di ragazzi fino a raggiungere i due. Tuttavia non ho neanche il tempo di parlare che vengo buttata a terra con un pugno sul naso. Gemo dal dolore e solo in quel momento il ragazzo, Brandon mi pare si chiami, si rende conto di ciò che ha fatto.

Ed eccomi ancora qui, a tentare di salvare tutti con il mio stupido carattere e a mettermi da parte tutte le volte.
Vorrei tanto essere la prima scelta di qualcuno, la ragazza ad essere salvata, quella sulla torre impaurita che aspetta che arrivi il suo eroe.
Ma forse è più giusto così.
È più giusto che impari a salvarmi da sola, perché non sempre gli altri sono disposti a lanciarti una fune mentre stai cadendo.
Anzi, a volte sono loro stessi a farti cadere giù.

«Io ti uccido.» esordisce Cameron con una voce che mette i brividi.

«Non lo fare, non mi fa male.» gli dico cercando di alzarmi da terra.

«Non ti muovere da qui, ti porto in infermeria.» dice Cameron per poi prendermi in braccio a mo di sposa.

«Grazie.» gli sussurro arrossendo, con la testa nascosta nell'incavo del suo petto.

«Di nulla.» mi sussurra mentre cammina spedito verso l'infermeria.

«Siamo arrivati.» dice fermandosi davanti ad una porta dove c'è scritto in piccolo 'infermeria.' Cameron bussa alla porta e alcuni secondi dopo ci apre la porta una donna sulla sessantina che ci guarda confusa.

«Cosa ti è successo cara?» dice premurosamente guardando la mia faccia afflitta.

«È una lunga storia.»  le rispondo velocemente, lasciando intendere che non ho voglia di spiegarle cosa è successo. Lei per fortuna non dice nulla e mi fa stendere su di uno dei lettini bianchi e scomodi tipici degli ospedali.

«Vado a prendere del ghiaccio, torno subito.» dice mentre entrambi annuiamo.
E la cosa più triste è che anche in un momento del genere, con un altro ragazzo a pochi metri da me, io mi ritrovi a pensare a Matt.
Chissà dove era quando è successo tutto questo.
Chissà se mi sta pensando, o se gli importa almeno un minimo di me.
Chissà...
Tutte domande senza risposta che non fanno che farmi sentire ancora più impotente.

E so che non dovrei sentirmi così male, ma mi è difficile perché per quanto io dica che lui non merita tutta questa attenzione poi lo vedo e dimentico tutto quello che mi ripeto sempre.
In quel momento ci siamo solo noi due, i nostri casini,
le nostre imperfezioni
e i nostri sbagli.

«Ti fa ancora molto male?» mi chiede lui mentre mi emetto un altro gemito di dolore dalle labbra.

«Spero solo che non si sia rotto.» gli dico cercando di rilassarmi.

«Sta tranquilla.» mi dice lui mettendosi a sedere su una delle sedie accanto al letto.

Sto per ribattere quando entra l'infermiera con un busta di ghiaccio.
«Bene, adesso premilo sul naso.» mi dice porgendomelo. Faccio immediatamente come mi dice e inizio a premere quel ghiaccio sul mio naso rabbrividendo al contatto con il freddo improvviso.

«Vuoi che ti aiuti?» mi chiede premurosamente avvicinandosi a me.

«Non si preoccupi, faccio da sola.» le dico scuotendo la testa.

Lei mi sorride ancora e si allontana leggermente da me.
«Non dovrebbe essere rotto, però dovresti fare una radiografia per accertartene.» mi spiega poi sedendosi sulla sua scrivania.

Sto per ringraziarla per la premura e l'attenzione quando la porta viene sbattuta violentemente e tutti noi sussultiamo, presi alla sprovvista.

«Cosa è successo?» chiede l'unico ragazzo che è in grado di farmi battere il cuore. Inizia ad avvicinarsi sempre di più fino a trovarsi a pochi metri da me mentre io inizio a muovermi sul lettino nervosamente.

E non capisco perché compari all'improvviso, senza una motivazione precisa e riesci a sconvolgere tutte le volte la mia vita, perché a volte mi dimentico anche di respirare quando ci sei tu.

Lui mi guarda attendendo una risposta, ma io non lo guardo neanche negli occhi, non dopo quello che mi ha detto.
Lui alza le sopracciglia verso l'alto confuso, ma io continuo il mio gioco del silenzio e continuo a tamponarmi il ghiaccio sul naso.
Lui sbuffa vedendo che non rispondo e guarda Cameron in cerca di una risposta.

«Elliot le ha dato un pugno sul naso.» spiega lui all'amico che stringe i pugni.

«Se lo trovo lo uccido.» dice Matt stringendo i pugni mentre io scuoto la testa arrabbiata.

«Tu non farai proprio nulla. Non l'ha fatto apposta e anche se fosse così non penso che cambieresti molto in questo modo. E questo vale per entrambi.»
Gli spiego cercando di calmarlo per poi fare lo stesso con Cameron. Sembrano davvero due belve assestare di sangue in questo momento.

Cerco di guardare Matt il meno possibile durante la mia spiegazione, cercando di non darlo a vedere, ma lui purtroppo se ne accorge e si avvicina ancora di più a me se possibile, alzandomi il mento con due dita e costringendomi a guardarlo negli occhi.

«Guardami.» sussurra mentre prende il sacchetto di ghiaccio e lo appoggia delicatamente sul mio naso mentre io rabbrividisco sotto al tuo tocco.

E dovrei essere arrabbiato con te, ma non ci riesco se mi guardi così
perché mi fai sentire importante anche se non é così
e perché vorrei che fossi accanto a me e anche se spesso è così, non sei accanto a me come vorrei.

E forse mi sono innamorata di nuovo di te, ma non voglio crederci perché so già cosa succede quando si parla di legami e sentimenti con te.
Perché so che te ne andrai e mi lascerai da sola, ancora, come è già successo qualche anno fa.
E forse è meglio se rimaniamo così, nemici/amici prima che tutto si complichi ulteriormente.

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