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Chapter 28

«Siamo arrivati.» dice lei guardandosi intorno furtivamente.
Anche io alzo lo sguardo sull'enorme edificio che mi trovo di fronte e un brivido mi attraversa la schiena, è fin troppo simile a quel posto.

Il posto che ci troviamo di fronte è vecchio, logoro e si vede lontano un miglio che non viene utilizzato da diversi anni. Già da qui si sente l'odore di Alcool ed erba e sul terreno circostante ci sono dei ragazzi che rigettano anche l'anima.

E quando siamo faccia a faccia con le nostre paure che impariamo a fingere che non siano così spaventose.
Fingiamo bene. Forse siamo nati per farlo.
Ma arriva un momento in cui il cuore smette di battere per poi riprendere all'impazzata, il respiro viene meno per poi ritornare e le parole restano bloccate in gola, come smorzate da una forza esterna.
Ed è lì che ricordiamo.
Vorremo tanto non farlo, vorremo tanto dimenticare per sempre, ma i ricordi ci assalgono tutti di colpo.
E fa male, fin troppo.

Maria, forse notando il mio stato d'animo, mi prende per mano e  insieme ci dirigiamo verso l'entrata del locale. Continuo a ripetermi di essere forte, ma non ci riesco, qui l'unica forte sembra lei.

E forse sei così forte perché non sai davvero quello che ti aspetta.
Forse stai sperando che tutto questo sia uno scherzo.
Perché non sai davvero come è avere il cuore spezzato.
Non sai come ci si sente quando la persona di cui ti fidavi di più ti mente, ti tratta come se fossi una delle tante.
Non sai come è non avere neanche più la forza di guardarlo negli occhi.
E spero davvero che tu non lo provi mai.

Stiamo quasi per entrare quando un uomo ci blocca la strada. È di colore, grande e grosso e solo la sua presenza incute paura, come del resto tutto qui dentro.
«Codici e carta di identità prego.» ci dice subito dopo. Noi ci guardiamo smarrite, senza sapere cosa fare.
Da quando c'è bisogno di un codice per entrare? Io e Maria ci guardiamo negli occhi cercando una soluzione alla svelta prima che lui possa accorgersi che non abbiamo idea di cosa siano questi codici.
Alla fine gli consegniamo la carta di identità sperando che chiuda un occhio?

«E i codici?» ci chiede poi dopo averle controllate.

Noi non rispondiamo e allora lui scuote la testa e incrocia le braccia al petto.
«Allora, ce l'avete o no, non posso restare tutta la serata con voi.» ci dice poi alzando la voce.

«Ci scusi, ma l'abbiamo dimenticato.» dice Maria supplicando l'uomo con lo sguardo di farci entrare lo stesso.  

«Non me la bevo.» dice mettendosi davanti alla porta. Diamine, ci mancava solo questa.

«Dobbiamo trovare un altro modo per entrare.» sussurra lei guardandosi intorno. Ad un certo punto il suo viso si illumina e subito mi guarda per chiedere conferma a me, ma il problema è che io non ho capito neanche cosa voglia fare.
Lei per tutta risposta mi indica la finestra aperta ed io scuoto la testa, tutto ma questo no. Cadrò sicuramente prima di arrivarci. Lei subito mi fa una faccia da cucciolo che mi fa sciogliere e non potendole dire di no, annuisco.

«Bene, tu mi terrai per le gambe ed io salirò fino alla finestra e poi troverò un modo per far entrare anche te.» cerco di seguire alla lettera tutte le indicazioni che mi ha dato sperando di non farla cadere.

«Non muoverti.» mi dice mentre cerco di mantenerla in equilibrio.

«Ci sto provando, ma non avevo mai tenuto sopra le spalle una persona, sembriamo tanto delle ladre in questo momento.» sussurro io sperando che nessuno ci veda, se così fosse credo sarebbe davvero la fine, il buttafuori di prima probabilmente ci farebbe fare il volo dell'angelo.

«Non siamo ladre, siamo solo delle ragazze che vogliono sapere che fine ha fatto il mio ragazzo.» mi dice lei mentre cerca di non cadere.

«Cose del tutto normali insomma.» dico cercando di sdrammatizzare.

Lei però non mi risponde e inizia ad urlare contenta. Solo allora alzo gli occhi e vedo che è entrata all'interno del locale.

«Ora faccio entrare anche te, dammi due minuti.» mi dice prima di scomparire e di lasciarmi completamente da sola.

Da sola questo posto fa ancora più paura, sembra quasi che da un momento all'altro possa venire un killer ad uccidermi.

E in questo momento vorrei tanto che qualcuno mi portasse via da qui.
Che qualcuno mi salvasse da questa realtà.
Ma sono sola. C'è un mare di gente intorno a me, ma io sono sola e sto urlando per farmi sentire.
Ma nessuno lo fa, sono tutti troppi presi da altro, hanno tutti la loro vita e io sono di troppo.
Urlo ancora, ma il mio eco è l'unica voce che ritorna.

Vengo distratta dai miei macabri pensieri dalle risate di alcuni ragazzi. Solo allora mi giro nella loro direzione e vedo Alan, ma purtroppo non è solo, con lui ci sono anche Cameron ed un altro ragazzo di cui non ricordo il nome.
Per fortuna Matt non è con loro e anche se non vorrei, un sorriso involontario spunta sulle mie labbra al pensiero che per una volta si sia tenuto lontano da tutto questo.

E cerco di convincermene
e per un momento ci riesco anche
perché sarebbe tutto più facile così,
perché vorrebbe dire che non rischierò mai di vederlo tornare con il labbro insanguinato, il labbro tagliato, un occhio nero e la faccia gonfia.
Ma è solo un momento perché i ricordi di quel giorno mi assalgono come una bufera e una parte di me sa che anche lui verrà.
Forse non oggi, non domani e neanche in questa settimana, ma lui verrà, lo conosco.
So che non sa resistere a tutto questo.
So che lo rende vivo, so che lo ama più di qualsiasi altra cosa, so che nessuna promessa fatta a me varrà come tutto questo.
Perché lui non tiene a me come io tengo a lui.

Inizio Flashback
«Marco, dove siamo?» domando al mio migliore amico mentre continua a camminare con me al suo seguito.

«Fra poco lo vedrai con i tuoi occhi.» mi dice senza neanche girarsi nella mia direzione. Lo guardo stranito, sperando che non mi tenga ancora per molto sulle spine, non lo reggerei psicologicamente.

«Perché fai tanto il misterioso? Cosa sta succedendo?» gli domando preoccupata. Lui mi guarda per poi scuotere la testa e ricominciare a camminare.

Che cosa ti prende adesso?
Perché non mi guardi neanche negli occhi?
Sembra quasi che tu abbia paura di qualcosa, ma non capisco cosa.
Se solo me ne parlassi come facevi un tempo.
E so che ultimamente non andiamo molto d'accordo.
So che la mia relazione con Matt sta rovinando la nostra amicizia, ma non riesco a smettere di vederlo.
Credo di essermi innamorata di lui, ma non voglio perderti per questo.

«Bene, adesso prendimi la mano e non lasciarla per nessun motivo ok?» dice fermandosi davanti ad un edificio, ha l'aria di essere abbandonato, ma si sente la musica provenire proprio da lì e c'è puzza di Alcool.

«Perché siamo qui?» chiedo subito guardando il posto attorno a me. Non ne si molto, ma da quello che ho imparato nei film questo ha tutto l'aspetto di essere una rave e non sono per niente felice di trovarmi qui.

Marco non mi risponde e fornisce una carta di identità, sicuramente falsa, ad un uomo robusto. So che è falsa senza neanche guardarla perché in questi tipi di locale per poter entrare devi essere maggiorenne. Subito dopo ne prende un altra e dopo che l'uomo ci ha guardati ci fa passare. Ha veramente fatto delle carte d'identità false solo per poter entrare qui.

Il locale all'interno è pieno di gente, c'è gente che fuma, beve, si ubriaca, ma la cosa che mi stupisce di più è vedere un ring proprio lì, al centro della sala. Come mi aveva chiesto prima Marco non oso togliere la mano dalla sua e anzi la stringo più forte per ricevere conforto.

«Bene ragazzi, adesso vorrei presentarvi gli sfidanti di questa sera. Alla mia sinistra abbiamo John Steven» dice presentando un uomo alto, robusto e probabilmente come lo sfidante, senza scrupoli. Gli spettatori iniziano a fischiare e a fare urli di gioia mentre l'uomo sorride e fa un inchino.
"Dedicherò questa vittoria a tutte voi." dice guardando diverse ragazze e mandando baci volanti a destra e sinistra. Don Giovanni da quattro soldi.

«Alla mia destra abbiamo invece lo sfidante Matthew Foster.» non ci posso credere. Gli spettatori applaudono allo stesso modo, ma io sono troppo concentrata su di Matt per poter vedere altro. È lì, sul ring come non lo avevo mai visto. Lo sguardo gelido, le mani chiuse a pugno​ e gli occhi feroci.

I due iniziano a prendersi a pugni, ma io sono troppo presa dai miei pensieri per vederli. Una lacrima mi riga una guancia, seguita da altre che bagnano il mio viso senza sosta. Ecco il motivo del labbro gonfio, dell'occhio nero e di tutto il resto, non era caduto per le scale, mentiva. Mi aveva detto che oggi era troppo stanco e non aveva la forza di uscire, mentiva. Chissà quante altre volte mi ha mentito e io come una stupida gli ho creduto.

Ed è lì che il mio mondo crolla perché finalmente riesco a vedere Matt per quel che è davvero.
Senza maschere o scommesse, senza sorrisi dolci e risate finte, solo per ciò che è davvero. E non mi piace per niente.
E so bene che dovrei allontanarmi da lui prima che sia troppo tardi, ma ho paura che lo sia già.
Non penso di poter più scappare da lui ormai.
Ci sono dentro fino al collo.
Sono stata catturata, proprio come viene catturato un insetto dal ragno e la ragnatela e non mi è più possibile uscire ormai.

Cerco di trattenere le lacrime e di fingere che tutto vada bene, ma ritrovarmi di nuovo in questa situazione sta facendo tornare a galla tutto ciò che stavo cercando di seppellire nei meandri della mia mente. E adesso è come se la mia mente fosse costretta a rivivere quel momento da capo, a rivivere le litigate con Matt, con Marco, con i miei genitori, perché, nonostante avessi visto in che affari loschi si era immischiato, avevo comunque deciso di sostenerlo, troppo presa ad immaginarmi un amore illusorio per vedere il buio che lo circondava.

Ai tempi ero una ragazzina.
Una ragazzina che credeva nel vero amore.
Una ragazzina che voleva ancora che il suo principe azzurro dall'armatura scintillante la salvasse.
E pensavo fossi tu il mio principe azzurro.
Ma poi ho capito che la vita non era una favola.
E che tu non eri il mio principe azzurro.
Tutt'altro.
Tu eri un cavaliere oscuro.
E io ero la pedina del tuo stupido gioco.
E così la magia è finita ed è cominciata la realtà.
Ma non ho smesso neanche in quel momento di amarti.
Perché ho scoperto che il cavaliere oscuro mi attraeva di più del principe azzurro.
E così sono stata spezzata da te.
Ma poi la bambina è cresciuta,
È diventata una donna, una donna che non crede più nell'amore.
Perché le cicatrici sono rimaste e bruciano ancora.

Non vedo l'ora che Maria mi faccia entrare cosicché possa mimetizzarmi con il resto delle persone, qui sono troppo esposta, potrebbero vedermi. Mi nascondo in un cespuglio vicino e mi fermo un attimo a guardarli, in particolare Alan. Non ha la faccia agitata tipica di chi fra poco dovrà prendersi a pugni con qualcun altro e non ha neanche il borsone. Spero davvero che Maria ed io ci sbagliamo e che loro siano qui solo per assistere ad una lotta, non per farne parte.

«Vieni.» sussurra Maria dalla porta d'ingresso e subito mi acciglio nel notare che il buttafuori di prima è scomparso, chissà dove è andato. Senza pensarci troppo, entro e vado subito da Maria.

«Come hai fatto a fare andare via quell'uomo dalla porta?» chiedo poi  curiosa.

«Non ne ho idea. Sono entrata e lui era scomparso.» mi informa lei ancora più confusa di me. Decido quindi di non fare più domande ed entro velocemente all'interno del locale prima che il tipo di prima ritorni. 

Il posto è ancora più vecchio e brutto all'interno, c'è puzza di Alcool e ovunque ti giri ci sono ragazzi ubriachi, la musica è assordante ed è già un miracolo che non abbia perso l'uso dell'orecchio. Proprio come due anni fa la maggior parte della gente è accaldata verso il centro dove è stato collocato un grande ring che al momento è ancora vuoto.

Mi guardo intorno e riconosco Alan e gli altri qualche fila davanti a noi. Lo faccio subito notare a Maria che, come una furia, mi prende la mano e inizia a camminare verso il luogo indicato da me poco prima. Dopo varie lamentele dalle persone davanti e dietro di noi, ci ritroviamo affianco a loro. Maria, vedendo che non ci  hanno ancora visto, fa finta di parlare con me per poi alzare la voce fino a urlare quasi. Ad un certo punto picchetta leggermente la sua spalla per farlo girare e appena lui lo fa, lei urla ancora di più di prima.

«Ah sei qui anche tu? No perché mi sembrava che mi avessi detto che oggi non volevi uscire perché non ti sentivi bene.» dice arrabbiata rivolta al Alan che quando la vede sbianca e non osa dire una sola parola.

«Che c'è, il gatto ti ha morso la lingua?» continua poi non dandogli neanche il tempo di rispondere.

«Stai calma. Posso spiegare.» dice Alan agitato mettendo le mani sopra la testa in segno di resa. Maria invece, alle sue parole, sembra arrabbiarsi ancora di più, se possibile.

«Non le voglio sentire le tue scuse e non puoi permettermi di dire di calmarmi perché sei tu la causa dei miei occhi lucidi e del mio comportamento attuale. Tu e i tuoi fottuti amici. Credevo che ci dicessimo tutto, credevo che non avessimo segreti, ma evidentemente sbagliavo poiché qui l'unica che si preoccupava sempre di tutto ero io. Ma ora basta.
Per me puoi finire anche tutto qui.» dice scoppiando a piangere mentre io la cullo dolcemente cercando di rassicurarla, ma dubito che adesso il mio tocco possa farla stare meglio.

«Fammi spiegare.» dice nuovamente lui, ma Maria lo interrompe bruscamente mentre continua a piangere.

«Vieni, andiamocene di qui.» le dico mentre guardo Alan con sguardo omicida. Lui prova ancora a parlare, ma Maria si mette una mano sulle orecchie per evitare di sentire mentre io cerco di portarla via. Purtroppo però le persone ci bloccano la strada e mi rendono il lavoro più difficile.
Ad un certo punto la voce dell'arbitro amplificata si diffonde per tutto il campo e tutti si avvicinano eccitati verso quel ring. Quasi come spunta da una forza esterna, alzo lo sguardo anche io verso di esso ed è proprio in quel momento che il mio cuore smette nuovamente di battere per la delusione.
Lo guardo e tutto ciò che riesco a fare è abbassare lo sguardo e sperare che tutto questo sia un sogno.

Non riesco a muovermi, sono come una statua di marmo e lui ha la forza necessaria per distruggermi come ha già fatto due anni fa. Ma questa volta non lo permetto, non ho intenzione di farmi distruggere ancora da lui. Ho le lacrime agli occhi, ma non le lascio uscire, lui non merita le mie lacrime, lui non merita più niente, lui non è più niente per me ormai.

E vorrei tanto urlarti quanto mi hai ferito in questo momento, ma credo che le parole non basterebbero per esprimere tutta la mia delusione.
Vorrei piangere, ma ho esaurito tutte le lacrime.
Vorrei dirti quanto ti odi e quanto vorrei non averti mai conosciuto, ma dalle mie labbra uscirebbero solo parole dolci e amorevoli.
Vorrei prendere il tuo cuore e distruggerlo proprio come hai fatto tu con il mio, ma non credo che riuscirei mai a farti il mio stesso male.
E quindi rimango qui, ferma ad osservarti, mentre il mio mondo crolla ancora,
ma ti lascio fare perché sono impotente e perché ci sono cascata di nuovo, non volevo ed ero convinta che stessi cambiando, che fossi diventato una persona migliore, ma non è così e la consapevolezza di ciò mi uccide.

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