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Chapter 22

Il panorama che vedo è stupendo. Davanti a me c'è una scogliera e sotto di me c'è il mare.

Ho sempre amato il mare, fin da piccola.
Ho sempre adorato tuffarmici dentro e sentire l'odore della salsedine sulla pelle dopo un bel tuffo o una bella nuotata.
Oppure semplicemente restare guardarlo e dimenticarmi di tutto il resto.
Dimenticarmi dei brutti pensieri.
Dimenticarmi dei problemi, delle illusioni, di tutto.
Rimanere sola con il mare a fare da unico spettatore al mio silenzio.

Continuo a tenere lo sguardo fisso sulla scogliera davanti ad i miei occhi quando una mano si posa sulla mia spalla.
Ho un leggero sussulto, ma cerco di non farglielo notare e continuo a fissare la scogliera sotto di me fingendomi impassibile. 

Lui allora toglie la mano dalla mia schiena per poi cingermi la vita con un braccio e cullarmi dolcemente e  ho l'impressione che il cuore abbia iniziato a battere più forte.

Ma con te non riesco ad essere impassibile.
Non ci riesco proprio.
Basterebbe guardarmi in faccia per capire che forse ti sto perdonando.
Che il mio sorriso si sta allargando e che i miei occhi sono meno freddi.
E la cosa più triste di tutte è che ti  avevo detto che non bastavano un bel posto e due carezze per farmi cadere ai tuoi piedi e ora, come per magia, non sono più di questa idea.
Che cosa mi fai?

«Perché mi hai portato qui?» chiedo in attesa di una sua risposta.
Lo sento sospirare, frustrato.

«Per parlare. E questo posto è isolato ed è perfetto per questo.» mi risponde senza far trasparire alcuna emozione nella voce.

«Come lo conosci?» gli chiedo cercando di cambiare discorso.

«Diciamo che è il mio posto speciale. Ci vengo sempre quando sono arrabbiato o triste o semplicemente ho bisogno di pensare.» mi confessa lui sotto il mio sguardo incredulo.

Hai davvero un posto del genere?
Hai anche tu un posto dove rifugiarti quando la vita ti sta troppo stretta?
È perché adesso ci sono io con te se è tanto speciale?
Che stai cercando di dirmi?

«Non ti capisco. Prima mi dici che non te ne frega un cazzo di me e ora mi porti in un posto del genere? Sei incoerente.» gli dico, stanca dei suoi repentini cambi di umore.

«Sono un coglione.» ammette lui.
«La verità è che ti ho portato qui perché un tempo mi hai detto quanto ti piaceva ammirare il mare e quindi ho sperato ti piacesse stare qui. E prima che tu possa dire altro, si questo è realmente il mio posto speciale.» aggiunge poi ancor prima che io abbia il tempo di aprire bocca.

Ma il problema è che non so neanche io cosa dire.
È così strano che ti ricordi ancora questo di me.
Credevo che pensassi fosse una cosa stupida e invece non è così.
E ancora una volta il tuo atteggiamento mi sta stupendo.
Possibile che tutte le volte che mi convinco che non valga più la pena di  lottare tu mi dai una ragione in più per restare?
E nonostante voglia negarlo a tutti, compresa me stessa, io voglio che tu continui a darmi ragioni per restare perché non voglio andarmene.
Perché il mio posto è qui, con te.

Guardo il ragazzo dietro di me, con ancora le mani a cingermi i fianchi,
spronandolo a parlare. Lui si mette di fianco a me e la sua voce bassa e roca risuona nell'aria. Sospira prima di iniziare a parlare.

«La verità è che ti ho detto quelle parole perché mi sono sentito debole, minacciato.
Insomma, tu eri li e per una ragione o per un'altra avevi sentito delle cose che non volevo sentissi e ho pensato che le avresti usate contro di me appena ce ne fosse stata occasione per cercare di avere il controllo si di me.
Quindi ho fatto la cosa che mi riesce meglio.
Ferirti.
Deluderti.
Farmi odiare da te.
Così saresti stata più occupata a piangerti addosso che a rinfacciarmi per tutta la vita delle parole che non avresti neanche dovuto sentire.
Ma la verità è che adesso mi sento uno schifo perché odio vederti così triste, così fredda, così diversa.
Perché non ti sta bene questo ruolo, lascialo fare a chi questa parte la interpreta da anni.
E credimi, se potessi cancellerei il tempo, ma ciò non è possibile e non posso farci nulla purtroppo.
So che a causa mia hai versato tante lacrime e so anche che forse dovrei lasciarti andare per il tuo bene, ma il mio egoismo me lo impedisce. 
Perciò, per favore resta.
Resta quando sarò io stesso a chiederti di non farlo.
Resta con i miei sbalzi d'umore.
Resta con il mio caratteraccio.
Resta con le mie cazzate e i mei sbagli.
Resta con me e resta per me.»

E quel "Resta con me e resta per me" sussurrato ha uno strano effetto su di me.
La mia mente continua a ripeterlo nella mia testa all'infinito quasi come se fosse un disco rotto, quasi come se quelle parole fossero più importanti di tutto il resto.
E forse lo sono davvero.
Perché in quel momento ho sentito tutta la tua agitazione, tutto il tuo nervosismo e so che non mentivi.
Ti conosco.
E solo ripensando a quelle parole brividi mi percorrono tutto il corpo, il cuore comincia a battere d'improvviso più forte fino a esplodermi quasi nella cassa toracica e un sorriso sincero si allarga sul mio viso.
Pura felicità. Ecco di cosa si tratta.

«Perché ti sei sentito debole? Cosa avrei potuto farti di tanto orribile?» gli chiedo leggermente delusa dal suo atteggiamento.

Ti fidi veramente così poco di me?
Veramente credi che alla prima occasione userei i tuoi sentimenti contro di te?
E anche se non é la prima volta che me lo dici, tutte le volte che lo fai sento come delle piccole schegge che mi bucano il petto. E fa male.
Perché un "Non mi fido di te" fa più male di un "Ti odio".
Perché un "Ti odio" può diventare qualcos'altro, un "Ti odio" può essere dettato dalla rabbia del momento, un "Ti odio" può essere usato per nascondere qualcos'altro, un "Non mi fido" no, un "Non mi fido" non nasconde nulla se non la pura verità.

«Quando ti fidi veramente di qualcuno e poi lui se ne va finisci per non fidarti più di nessuno.» mi dice all'improvviso tenendo lo sguardo fisso sull'orizzonte. Sembra così assorto nei suoi pensieri.

E non riesco a fare a meno di odiare il tuo passato.
Perché so che è quello il vero problema.
Perché so che quello è la causa dei tuoi cambi d'umore, della tua scarsa fiducia, della tua freddezza.
E dal modo in cui guardi l'orizzonte capisco che quel passato ti tormenta ancora, che quel passato ha un nome e un viso, che quel passato non è solo vivo nei ricordi, ma che continua a vivere dentro di te ogni giorno.
Che probabilmente finché quel passato ti tormenterà non riuscirai a vivere il presente come dovresti.

«Chi ti ha fatto soffrire tanto?» gli chiedo tentando di farlo aprire un po' di più con me.
Lui mi guarda, ma non mi risponde e dopo un po' torna a fissare il cielo.

«Sai già troppe cose su di me. Non posso dirti altro. Penso che tu possa capire.» dice tornando a fissare il cielo come se da esso si potessero risolvere tutti i suoi problemi. Lo fisso e sto quasi per ribattere quando decido di non farlo. Forse non è niente ciò che mi ha raccontato, ma almeno ci ha provato e gliene sono grata. Non voglio costringerlo a raccontarmi altro. 

«Allora, mi perdoni?» chiede poi dopo un po', cambiando discorso e  rompendo lo strano silenzio venutosi a creare.

Ma il problema è proprio questo.
Dovrei perdonarti come se nulla fosse?
Dovrei davvero concederti ancora il privilegio di farmi del male?
Non credo, non penso ne valga più la pena ormai.
Ci ho provato fin troppe volte a farmi amare da te, ma non ci sono mai riuscita e credo che sia giunta l'ora di smettere di lottare.
Lo devo a me stessa.

«Non puoi comportarti così. Non puoi ferire gli altri solo per sentirti meno debole. Non è giusto. Le parole a volte fanno più male degli schiaffi e io non sarò qui sempre a perdonare ogni tua cazzata o ogni tua umiliazione come se nulla fosse. Ormai non è più così, non sono più una bambina e penso che dovresti crescere anche tu.» gli dico cercando di non piangere​ per ogni parola che esce dalla mia bocca.

Lui non mi dice nulla annuisce soltanto e si allontana sconfitto. Non so se esserne felice o meno. Volevo che ci provasse un po' di più ad essere perdonato, ma in fondo se non rischia vuol dire che infondo non gli interessa.

«Sai che cosa penso?» mi dice ad un certo punto avvicinandosi di nuovo a me e restando a qualche centimetro di distanza dal mio viso.
«Che io e te siamo un casino,
uno di quelli grandi,
uno di quelli che non tutti avrebbero il coraggio di vivere, perché siamo così sbagliati insieme che forse potremmo sembrare anche giusti.
E con questo non ti sto dicendo che ti amo o che presto ci metteremo insieme, ti sto solo chiedendo di darmi fiducia, di farmi provare ad essere qualcosa di migliore, perché tu riesci a far uscire il lato buono delle persone e io ho bisogno proprio di questo adesso.»

E non so più cosa fare adesso, lo sai?
Perché hai scatenato un vortice così forte di emozioni dentro di me che non riesco a gestirle.
E adesso non mi importa se mi sto facendo fregare di nuovo da te, se verrò di nuovo ferita o se te ne andrai ancora appena ci sarà qualcosa che non ti starà bene.
Adesso non mi importa di nulla perché non riesco che far altro a pensare che forse un'ultima possibilità sarebbe la scelta più giusta.
Perché mi hai chiesto di restare, mi hai chiesto di provarci, perché per una volta hai esposto i tuoi sentimenti fregandotene delle conseguenze.

«Ok, ma solo per questa volta. La prossima volta non sarò così clemente con te.» dico sospirando incerta delle mie parole. Spero solo di star facendo la scelta più giusta.

Lui appare sorpreso della mia risposta e per un paio di secondi non dice nulla, ma poi mi sorride calorosamente, evidentemente contento della mia risposta.
Poi alza la testa verso il sole, guardando il cielo per un po',
per poi abbassare lo sguardo verso il mare e fissarlo pensieroso.

«Chissà come è il mare sotto di noi.» Dico con sguardo sognatore, immaginando già, in un lontano futuro, di potermi fare una bella nuotata. Non di certo in pieno inverno però.
Ad un certo punto lui alza lo sguardo su di me, fissandomi con un ghigno divertito sul volto.
Cosa avrà in mente adesso?

«Perché non ci tuffiamo e lo constatiamo noi stessi?» mi chiede poi alzandosi dal terreno.
Inizio a ridere, convinta che stia scherzando, ma quando vedo il suo sguardo divertito, ma serio, sgrano gli occhi e lo guardo come se fosse pazzo.

«Avanti, non è poi così alto. Ma se hai paura...» dice sempre con il sorriso sul volto contuando a prendermi in giro.

«Non è poi cosí alto?! Matthew siamo su di una scogliera, non è alto, è più che alto e poi siamo in pieno inverno, ci geleremo.» mi lamento io mentre lui sbuffa annoiato dalla mia reazione.

E odio questo lato di te.
Il lato spericolato.
Quella che per un po' di adrenalina farebbe qualsiasi cosa, persino saltare giù da un ponte.
Quel lato che tiri fuori ogni volta che ti annoi, quello che non riesco a fermare in nessun modo perché è parte di te.
E penso che questo non riuscirò mai a cambiarlo, perché infondo a te piace essere così e a me piace assecondarti nelle tue pazzie.

«Ok, lo faccio prima io e poi tu. Così avrai la prova che si può fare.» mi dice lui sicuro di sé iniziando a togliersi la maglia mentre mi fissa con un sorriso malizioso stampato sul viso.
Questo si che è imbarazzante. Cerco di non guardare il suo fisico scolpito e di concentrarmi sul suo volto.

«Avanti, non fare la timida,so che vuoi guardarmi.» mi dice con sguardo sensuale e provocatorio.
Solo ora capisco realmente le sue intenzioni. Sapeva l'effetto che mi fa vedere il suo corpo mezzo nudo e sa che cedró più facilmente alle sue proposte.

«Avanti, tuffati con me, so quanto ti piace il mare e quanto vorresti farti una nuotata.» dice facendo gli occhi dolci per persuadermi.

«Si, ma magari non rischiando di morire. Ma sei pazzo?» dico cercando di convincere anche me stessa.

Perché infondo è ciò che voglio anche io ed è inutile negarlo.
Perché anche a me piace provare quella adrenalina e l'ho scoperto solo da quando ti conosco.
Perché ho sempre detto di odiare il tuo carattere quando in realtà per certi versi il mio è molto simile.
Ed è proprio per questo che io e te siamo un casino.
Siamo così diversi, ma siamo anche uguali.

Ed è proprio questo che mi spinge a togliermi la maglia e a restare in reggiseno sotto il suo sguardo malizioso.
«Voglio farlo anche io. Però insieme.»
Al massimo se moriró sarò in compagnia. Ok... Questo però non è molto rassicurante da pensare.

Lui annuisce e mi prende la mano. Arrossisco a quel gesto, ma cerco di non farlo notare e di guardare altrove.
Ad un certo punto, senza neanche un qualche preavviso, lui si butta dalla scogliera, trascinando anche me con lui.

Urlo per lo spavento e l'adrenalina, incapace di fare altro.
Cerco di non pensare ai molti metri che ci separano dal mare per non agitarmi troppo tendendo ben stretta la mano del ragazzo affianco a me

E la tua mano adesso mi procura un po' di sollievo.
È come se fossi la mia ancora di salvezza, il mio unico punto di appoggio, la mia costante.
Ma tu non sei una costante, tu sei un incognita, un incognita che non riesco a svolgere in nessun modo nonostante i miei sforzi.
E diventerai mai più di questo?
Avrai la forza di essere una costante?
E un incognita può diventare una costante?

I miei pensieri vengono interrotti dall'impatto dei nostri corpi con l'acqua salata che produce un grande schizzo e ci fa finire molti metri sotto.

Il contatto dell'acqua gelata con la mia pelle mi provoca mille brividi di freddo. Risalgo fino a quando l'acqua non mi arriva al busto e tiro un sospiro di sollievo. Solo ora noto che la mia mano non è più unita a quella di Matt e che lui è ancora sott'acqua. Cerco di individuarlo nei dintorni, ma non è da nessuna parte. Non mi rimane altra scelta che cercarlo sott'acqua. Appena immergo completamente tutto il mio corpo inizi a sentire terribilmente freddo.
E come avevo già ripetuto più volte a Matt non avremmo dovuto fare un bagno a inizio Dicembre, ma questo al momento non è importante, l'importante è trovarlo.

E non sai quanto mi sto preoccupando adesso.
Perché adesso la tua presenza non si sente e le mie mani sono vuote, sono incomplete.
E mi chiedo dove sei e cosa sia successo.
E ti chiamo, ti chiamo più volte, ma non succede nulla.
E poi inizio a urlare senza neanche sapere il perché .
Urlo per la paura, urlo per lo sconforto, forse urlo per tutto.
Ma tu non sembri ascoltare i miei lamenti, forse perché non vuoi farlo, forse perché non ne hai la forza ed i mei lamenti continuano a risuonare  nella scogliera concava sempre più angosciosi.
E non so più cosa fare.
Le mie urla si stanno dissolvendo nell'aria, le mie lacrime si stanno fondendo con l'acqua e il sorriso di poco prima si è spento.
Adesso l'unica cosa a cui riesco a pensare è il fatto che potrebbe esserti successo qualcosa e se dovesse essere così non so come reagirei.
Perché non posso perderti, non è giusto, non adesso.

Per fortuna, dopo un altro paio di secondi di ricerca, lo individuo poco  più giù di me, mentre cerca di salire su.
Lo raggiungo e solo adesso mi accorgo che ha un taglio sulla gamba e che non riesce a muoversi bene. Probabilmente ha urtato contro qualche scoglio. Vedo che respira a fatica, probabilmente ha bevuto molto. Devo portarlo fuori di qui al più presto. Lo prendo per il braccio e con tutta la forza che ho in corpo, inizio a spingerlo su. Per fortuna lui mi da una mano e inizia a farsi forza. Quando siamo a metà strada lui smette di tenere il mio braccio.
Lo riafferro subito e mi accorgo che è pallido come un un cadavere e che anche i suoi occhi faticano a restare aperti. Probabilmente non ha più aria nei polmoni. Spaventata faccio la prima cosa che mi viene in mente di fare.

Lo bacio.
Ho letto da qualche parte che
baciare qualcuno lo aiuta a respirare sott'acqua. Spero solo che funzioni. Il bacio è urgente e lui non ricambia nemmeno, probabilmente troppo stanco. Ad un certo punto però lui apre gli occhi e mi guarda stranito e provato.

Gli faccio un sorriso di conforto e appena vedo che ha riacquistato un po' più di energia, lo riafferro di nuovo per il braccio e continuo a spingerlo fino a quando non siamo su. Tiro un sospiro di sollievo, quando capisco che il peggio è passato,ma mi ricompongo subito dopo quando mi accorgo che Matt è così stanco che a malapena riesce a nuotare senza affogare e che non riuscirà mai ad arrivare a riva da solo.
Non mi resta fare altro che continuare a trasportarlo fino ad essa.

E ti prego, dimmi che ce la farai.
Dimmi che stai bene e che il pallore del tuo volto è solo dovuto alla quantità di acqua che hai bevuto.
E ti prego, dimmi che ce la farai, perché non posso perderti.
Perché se tu hai bisogno di me per cercare di essere più buono, io ho bisogno di te per sentirmi bene, per sentirmi a casa.
Perché tu sei la mia casa e non ho più voglia di negare quanto la tua presenza mi faccia stare bene.

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