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Chapter 13

Continuo a camminare in direzione di casa sua arrabbiata con lui e determinata a dirgliene quattro. È il momento che lui sappia quanto mi ha fatto soffrire e quanto io lo odi.
Non si deve più avvicinare a me, lui per me è morto.

E so che se anche dico così, basterà poco per farmi cambiare idea.
Perché io alla fine è così che sono fatta.
Urlo, strepito, mi arrabbio, ma alla fine cedo sempre alle tue parole.
E non so neanche perché lo faccio, è come se fossi una schiava sotto il controllo del suo maestro. Che cosa mi fai?

Per fortuna questa volta non mi perdo e trovo subito la strada giusta per arrivare a casa sua nel minor tempo possibile. Perché so che se esitassi anche solo un secondo probabilmente tutti i miei propositi verrebbero distrutti. Questa volta non esito, vado dritta al mio obiettivo.

Busso alla porta, ma nessuno mi risponde e così cerco tra le piante vicine sperando che dopo la mia ultima intrusione inaspettata non le abbia nascoste da qualche altra parte. Per fortuna non è così. Infatti le trovo al solito posto e subito mi affetto ad aprire.

«Matt.» strillo in preda alla rabbia.

Continuo a gridare il suo nome, ma lui non risponde. Mi avvio verso quella che dovrebbe essere la sua camera, sperando che non sia occupata da altre ragazze. Arrivo li con il cuore che batte a mille e urlo di nuovo il suo nome, ma dopo non aver ottenuto risposta per la terza volta, entro senza bussare.

Sto per urlargli contro ancora quando la scena che mi si ripresenta mi fa finire di strillare.
Matt é sul letto, con il viso pallido e sembra che stia dormendo.
Non l'avevo mai visto così pallido, di solito la sua carnagione è molto più scura di così.

E so che non dovrei comportarmi così con lui.
Non sono la sua infermiera o la sua schiava e lui non ha una grave malattia, ma non riesco a ignorare la sua sofferenza e a pensare solo a come alleviare la mia.
Ci saranno altri momenti per urlargli contro, ma non adesso. Non con lui in questo stato.

Mi avvicino lentamente a lui e gli metto una mano sulla fronte imperlata di sudore.
È calda. Troppo. Sicuramente ha la febbre alta. Giro nella sua stanza alla ricerca di un termometro, ma faccio cadere accidentalmente un libro dalla scrivania provocando un forte rumore. Matt farfuglia qualcosa di incomprensibile e poi apre gli occhi lentamente. Cerco di andarmene senza che lui se ne accorga, ma ormai è troppo tardi e la sua voce bassa e roca, resa ancora più bassa dalla febbre, risuona nella stanza.

«Che ci fai qui?» il suo tono è così basso che mi ci vogliono un paio di secondi in più del normale per capire le sue parole. Da suo tono però sembra sorpreso di vedermi.

Ovvio. Chi non lo sarebbe?
Anche io se mi trovassi una persona in casa senza che io l'abbia invitata, lo troverei strano.
Penserei sicuramente di essere in pericolo di vita e andrei a nascondermi in un bunker, ma ovviamente lui non è me e io non sono poi così intimidatoria. Anzi, non lo sono per niente. Abbasso la testa cercando di nascondermi dal suo giudizio, imbarazzata e mortificata per essere entrata in casa sua senza permesso.

«Io volevo solo... Ma ti trovato... E io non sapevo cosa fare.» inizio a balbettare frasi sconnesse tra di loro  in preda all'imbarazzo.

«Calma, spiegati meglio. Mi fa già male la testa, non ti ci mettere anche tu.» mormora appena massaggiandosi la fronte.

«Hai la febbre?» chiedo preoccupata.

«Si...forse, non lo so.» farfuglia lui mentre io lo guardo confuso.

«Come fai a non saperlo?» gli chiedo poi, ma lui non sembra molto interessato alla cosa.

«Non lo so... Piuttosto perché sei qui?»

Già, perché sono qui?
Per urlarti contro tutte le mie sciagure?
Per riversare tutto il mio odio su di te?
O per dirti quanto mi faccia male vederti in questo stato?
Perché non posso odiarti e urlarti contro in questo stato, non posso se tu non hai neanche la forza di difenderti dalle mie accuse.

«Lascia stare... Era un motivo stupido.» cerco di lasciar cadere il discorso.

«Dimmelo comunque. Non mi lasciare in sospeso. Ti prego.» mi prega lui.

E adesso si che rimango stupita.
Tu che non preghi mai nessuno stai pregando me per una risposta?
Tu che hai sempre odiato questo genere di parola, adesso la usi così facilmente?
Sei davvero sicuro di quello che stai facendo?

«Davvero mi stai pregando? Si vede che non stai bene.» ironizzo io per cercare di non fargli notare la mia confusione.

«Mh...Allora fammi un favore e dimmelo.» mi ordina e riesco a sentire la risolutezza nelle sue parole. So che finché non glielo dirò non mi lascierà andare, ma non voglio iniziare una discussione con lui in questo stato.

E a volte vorrei avere il tuo carattere.
Quel carattere forte che non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno, quel carattere sicuro di sé e delle sue capacità, quel carattere freddo e distaccato da tutto e tutti.
Ma non sempre, solo per un po', non capisco come tu faccia a resistere con un cuore così freddo.

«Vuoi la verità?» dico abbassando la testa.

«Si.» Mentre lo dice sento il suo sguardo su di me.

«Io ero venuta qui per urlarti conto cose orribili.» confesso.

«Ah.» sembra deluso. Si riprende subito però.
«Allora fallo. Non può cambiare il tuo giudizio di me in meno di un minuto.» mi risponde ironicamente.

«Non voglio farlo con te in questo stato.» gli dico sinceramente.

«Non ho bisogno della tua pietà. Non ho bisogno della pietà di nessuno.» dice queste parole quasi con ribrezzo per poi alzarsi traballante dal letto e rischiare di cadere subito dopo. Si appoggia al muro e continua a camminare per un altro paio di metri fino al bagno di camera sua per poi entrarci dentro. Ne esce dieci minuti dopo con il viso più fresco e la carnagione un po' più scura di prima. Forse si sta riprendendo.

«Se non sei qui per una ragione precisa puoi anche andartene. Io sto uscendo.» dice poi mentre io strabuzzo gli occhi.

Non posso lasciarlo uscire da qui con questo freddo e la febbre sicuramente ancora alta. Potrebbe prendersi una bronchite o peggio.
E nonostante al momento lui non sia una delle persone a cui al momento tenga di più, non augurerei mai a nessuno una malattia che vada oltre l'influenza.

«Dove vai? Non puoi uscire in questo stato.» lo rimprovero.

«Cosa sei tu, mia madre? Sono sicura che la tua ti avrebbe già riempito di coccole e farmaci e ti avrebbe trattato come una regina se tu fossi stato al mio posto in questo momento.» mi dice sfidandomi con lo sguardo.
Solo che non ho voglia di accogliere la sua sfida adesso.

«Stronzo.» sibilo.

E le sue parole non fanno altro che farmi ripensare al momento in cui ho visto mio padre oggi, nel nostro posto speciale, convinta di poterlo riabbracciare, ma mi sono solo illusa di poterlo fare.
Mi fanno ripensare al fatto che mia madre non mi farà mai più le coccole, che non mi abbraccerà più, che non mi considererà più parte della sua famiglia.
E poi ripenso alla casa, a quella casa piena di ricordi nostri, piena di amore che credevo potesse durare per sempre e piena di falsa felicità.
Si, falsa, perché è bastato un problema per far cadere tutte quelle certezze che la mia famiglia aveva costruito in anni.
E il problema sono io. La rovina della famiglia sono sempre stata io e credo che forse loro saranno meglio senza di me.

«Ehi, perché piangi?» mi chiede puntando i suoi occhi nei miei mentre mi asciugo le lacrime in fretta e cerco di ricompormi. La cosa brutta é che non mi ero neanche accorta di star piangendo prima che me lo facesse notare lui.

«Scusa.» dico. Mi dispiace di esser piombata in casa sua in questo stato quando il vero motivo per cui loro non mi vogliono vedere sono io.

«Perché ti scusi?Non hai fatto niente di male.» dice dolcemente, avvicinandosi un po' di più a me.

«Si invece, sono piombata in casa tua dandoti colpe che non hai quando tu non riesci neanche ad alzarti in piedi senza cadere.»

«Ti ripeto che non voglio la tua pietà.» ripete brusco e io alzo gli occhi al cielo. Perché si arrabbia tanto?

«Non la avrai infatti. Voglio solo stare qui con te per vedere come ti senti.» gli rispondo sinceramente. Infondo si sta comportando abbastanza bene con me, non mi costa nulla rimanere con lui adesso per evitare che faccia cazzate.

«Facciamo così allora: se tu mi dici perché prima stavi piangendo potrai restare a farmi la pietà o qualunque cosa sia.» mi propone lui mentre io ci penso un attimo prima di rispondere.

E se ti dicessi davvero quello che mi prende?
E se ridessi di me e della mia stupidità? E se mi ferissi ancora con le tue parole?
E forse è meglio se non te lo dico, capiscimi, sono già a pezzi, non posso rischiare di farmi spezzare ancora.

«Non c'era un motivo preciso per cui piangevo.» mento poi sotto il suo sguardo attento.

«Stai mentendo.» mi dice guardandomi sicuro di sé.

E ancora mi chiedo come dannatamente faccia a scoprire quando mento tutte le volte.
Hai il radar per scoprire le bugie?

«Oggi ho visto mio padre per caso e l'ho chiamato. Lui mi ha sentito, ma se n'é andato comunque. Così sono andata nella casa in cui vivevo con loro e mi ha aperto una ragazza dicendomi che loro non abitano più li. Non mi vogliono più vedere ed é tutta colpa mia.» caccio fuori tutte le mie angosce scoppiando a piangere di nuovo.

E adesso so già che farai.
Riesco già a sentire la tua risata derisoria risuonare nelle pareti di questa stanza.
Aspetta... Che stai facendo?
È un abbraccio quello in cui mi stai stringendo?
Perché lo stai facendo?
Non hai sempre detto che non contavo nulla per te?
È allora perché adesso la tua pelle sembra darmi la forza necessaria per andare avanti? Perché mi sento a casa solo quando ci sei tu?
Non lo so il perché, ma so che non riesco a smettere di piangere tra le tue braccia e che la tua mano che mi accarezza i capelli mi sta rassicurando.
Si, mi sta proprio rassicurando.
Perché per la prima volta mi stai dimostrando un po' di.... affetto? Amore? O qualunque cosa sia.

Dopo un altro paio di minuti lui é il primo a sciogliersi con riluttanza dall'abbraccio.

«È meglio che mi scosti adesso se non vuoi avere la febbre anche tu.» dice cercando di sdrammatizzare.

«Ammettilo che il tuo scopo era proprio quello.» dico sorridendo.

Lui alza le mani in segno di resa e poi annuire. Gli tiro contro un cuscino e lui finge di perdere l'equilibrio e di cadere, ma "fortunatamente" atterra sul letto a due piazze proprio dietro di lui. Che attore!

«Adesso che ti ho detto ciò che volevi sapere adesso dimmi come ti senti.» ritorno seria. Lui sbuffa e mi guarda.

«Vuoi fare la dottoressa sexy con me per caso? Perché in questo caso non avrei nulla da obiettare.» mi dice sempre con il sorriso.

«Idiota.» gli rispondo alzando gli occhi al cielo. Lui sbuffa di nuovo, ma si rimette di nuovo seduto sotto le coperte a letto.

«Allora, dove tenete i termometri?» chiedo mentre inizio a perlustrare camera sua.

«Non ho un termometro.» mi risponde prontamente lui.

«Non é possibile, come fate quando uno di voi ha la febbre?» chiedo confusa.

«Non mi ammalo molto spesso, quindi il termometro non é utile.» mi risponde lui e io alzo gli occhi al cielo. Che cosa stupida! Prevenire è sempre meglio che curare.

«E il resto della tua famiglia?»

Lui immediatamente si fa serio e ho l'impressione che i suoi occhi siano più scuri.

«Vivo da solo.» dice secco.

«Oh. Io non ne avevo idea.» rispondo imbarazzata.

«Già, tu non sai mai niente.» dice sarcastico. Poi continua a parlare anche se speravo non l'avesse mai fatto.
«Non capisco perché tu non ti debba mai fare i cazzi tuoi.»

E ora che ho fatto di male?
Perché basta una sola parola per farti scattare?
Perché non possiamo stare nella stessa stanza per più di dieci minuti senza insultarci?
Questa cosa deve finire.

«Scusa. Scusami per tutto. Non ti preoccupare me ne andrò il prima possibile da qua, solo voglio che tu prima stia meglio.»

E lo so che dovrei mandarlo a fanculo, dovrei andarmene perseverando quel po' di dignità che mi resta, ma non ci riesco. Non riesco a lasciarlo in questo stato. Io resto e non mi importa se non sarà d'accordo a riguardo, se lo farà piacere. Dovrebbe solo portarmi di peso fuori casa sua e anche volendo non penso abbia la forza necessaria un questo momento.

«Cosa ti fa male?» gli domando senza far trapelare nessuna emozione dalla mia voce.

«La pancia, la testa, le gambe... Non mi sono mai sentito peggio.» dice con il fiato corto.

«Almeno ce le hai delle medicine in casa?» continuo con l'interrogatorio.

«Ho solo delle aspirine.» mi informa e io lo scuoto la testa per la disperazione.
Come fa questo ragazzo a vivere di sole aspirine?

«Ok... Ho un idea.» penso a voce alta dopo un po'.

Lui affonda la testa nel cuscino e riprende a dormire. Poco dopo ritorno con una pezza di acqua fredda che gli metto sulla testa. Da piccola quando avevo la febbre mia madre lo faceva sempre. Non é il massimo, ma non ho altra scelta. In questa casa non ci sono medicinali purtroppo.

La sua fronte entra in contatto con l'acqua fredda e lui inizia a mugulare e a tremare.

E in questo momento mi sembri così indifeso che mi sembra quasi impossibile che tu sia la stessa persona che mi ha ingannato, ferito e deluso.
Perché adesso non hai maschere con te, non hai nessun tipo di difesa, sei solamente tu, forse più vulnerabile, ma comunque tu.
E forse anche i tuoi occhi sono più belli. Sono più chiari, più limpidi, più veri. Ma non capisco perché paradossalmente, mi piace di più il lato oscuro dei tuoi occhi. Quello freddo, grigio, buio.
Mi spieghi che cosa stanno facendo i tuoi occhi nella mia anima?

Ad un certo punto scosta il panno dalla fronte e mi fissa con quegli occhioni blu che tanto mi piacciono. Apre e chiude la bocca lentamente come se volesse dire qualcosa finché dopo interminabili minuti di silenzio la sua voce roca e bassa rimbomba nella stanza.

«Scusami per prima...Io non volevo dire ciò che ho detto, ma tu hai iniziato a parlare di loro e io non volevo... Mi perdoni?» mi dice.
Incespica varie volte sulle sue parole e queste non hanno un vero e proprio senso logico, ma riesco comunque a capirne il senso. Almeno so che è sincero nelle sue scuse.

E ora cosa dovrei fare?
Perdonarti o no?
E anche se forse dovrei dire di no, non ci riesco.
Non riesco a non perdonarti se mi guardi così.
Non ci riesco se prima mi hai abbracciato in quel modo così intimo, non ci riesco se infondo hai solo detto una frase di troppo.

«Si, ti perdono Matt.» gli sorrido.

«Grazie. Puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi. Non ti preoccupare di questo.» dice alludendo alle parole che gli ho detto dopo che lui mi aveva insultato.

«Ti voglio bene.» sento qualcuno sussurrare. Mi chiedo se sia stato Matt, ma lui mi guarda come se avessi detto una pazzia.

Aspetta, sono stata io a dire quelle parole?

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