I'll Be Good
Si alzò tremolante, mentre la testa pulsava in maniera eccessiva. Corse in bagno, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi e di scontrarsi contro le pareti.
Si avvicinò al water, rigettando quello che il suo stomaco non riusciva a mantenere e gran parte della bile, lasciandogli, una volta finiti i conati, un sapore nauseante in bocca. Si avvicinò al lavandino, aprendo il rubinetto con cura e puntando le mani sul bordo, poiché le gambe promettevano di cedere per via del tremore. Una volta aver ritrovato un po' di stabilità, avvicinò le mani, a coppa, all'acqua corrente, prese quant'acqua possibile e si sciacquò il viso, ripetendo quel gesto molte altre volte.
Una volta finito chiuse il rubinetto, alzando il viso verso lo specchio, e prese ad osservare lo sconosciuto dall'altra parte del vetro. Quei capelli biondo cenere, ancora più disordinati del solito; quegli occhi vermigli, tanto rossi da non sembrare i suoi; le ombre sotto a quegli stessi occhi gli davano un tocco cadaverico, accentuato anche dal colorito pallido che aveva assunto il suo volto. L'unica cosa che lo contraddistingueva da un morto, erano i segni violacei che gli contornavano il collo, la clavicola, scendevano per i pettorali, fino al basso ventre, dove sentiva anche abbastanza freschetto. Abbassò lo sguardo, puntandolo contro il suo membro afflosciato.
Era successo di nuovo; era andato a bere in qualche locale e, probabilmente, aveva portato a casa qualche ragazza o ragazzo -di differenze non ne vedeva, essendo lui bisessuale- e aveva passato la notte a scopare come un dannato. Sentì una leggera fitta, però, al posteriore, segno che quella volta l'aveva preso lui e non era stato l'attivo.
Un'ombra si spostò davanti la porta, per poi avvicinarglisi ed abbracciarlo da dietro, mentre una chioma rossa gli copriva la visuale per poco. Il ragazzo gli baciò il collo, mentre lui rimaneva fermo, quasi rigido, nel notare che la persona con cui aveva passato la notte altri non era che il suo migliore amico.
Si spostò quel tanto che bastava per allontanarlo con la mano, facendolo staccare dalla pelle che, il rosso, stava prendendo a mordere famelico. Il ragazzo dal quirk 'Indurimento' lo guardò confuso, cercando di capire cosa non andava, ma il biondo si limitò a ordinargli di vestirti e di andarsene; l'amico lo osservò per tempo infinito, a parere di Bakugou, poi uscì dal bagno, con aria malinconica. Quella stessa aria malinconica che gli fece tornare in mente un momento della sua vita che avrebbe voluto cancellare, ma che non gli era riuscito.
Tornò a fissare lo specchio; il suo riflesso si annebbiò, cambiando poi forma: i capelli si allungarono di qualche centimetro, prendendo lucentezza, colore e ombreggiature diverse da quelle di Katsuki; la faccia si arrotondò un poco, smorzando l'effetto rigido che dava quella del biondo; al posto delle iridi rosso sangue, si presentarono due color prato e, mentre lo sguardo si trasformava da freddo a dolce, la linea delle labbra di Bakugou prese una piega mai vista sul suo volto. Ma quello non era più il suo volto. Con l'aggiunta di una cascata di lentiggini su entrambe le guance, davanti a lui si trovava Midoriya Izuku, il passato che Bakugou non voleva ricordare.
Lo guardava, come a rimproverarlo; come a ricordargli quello che aveva fatto; o, meglio, quello che non aveva fatto: non lo aveva trattato con il dovuto rispetto; rispetto che Deku gli aveva sempre dato, insieme all'ammirazione che riservava a lui e lui soltanto. L'ammirazione per aver avuto un quirk potente; per essere stato sempre più forte di lui; per aver avuto un'intelligenza al di fuori degli altri, almeno secondo il verde; e l'ammirazione per il suo essere se stesso, o quasi.
Ma Katsuki, quelle cose, non gliele aveva mai dette, benché meno pensate. Probabilmente era per quello che lo guardava con disapprovazione, dall'altra parte del vetro; ma Bakugou non si sarebbe fatto prendere da nessuna emozione. Si limitò a girarsi ed uscire dal bagno, percorrendo i pochi metri di corridoio, fino ad arrivare in camera sua, dove cominciò a vestirsi lentamente.
Voleva staccare il cervello, eppure ripensava ancora a quel ragazzo; voleva fare qualcosa per quel dolore, non solo a quello della testa, eppure non riusciva a fare nulla, se non scuoterla di tanto in tanto per ridestarsi, ma la sua mente vagava per le nebbie del suo passato, minacciando di farlo tornare nitido.
Tutto ciò lo rese furibondo, verso se stesso, verso Deku, verso il mondo. Non poteva sopportare ancora quella situazione: prese le chiavi del suo appartamento ed uscì, sbattendo la porta.
Non sapeva bene cosa volesse fare, decise quindi di seguire l'istinto e, mentre ancora la sua mente gli ricordava il ragazzo con le lentiggini, i piedi lo portarono nel posto meno desiderato dal biondo.
Gli alberi stavano perdendo le foglie, poiché l'autunno fosse alle porte, e la distesa gialla, marrone e rossiccia dava un tocco in più di nostalgia. Si avvicinò, senza accorgersi, ad un albero ed allungò la mano, tastando con il palmo freddo il tronco ruvido. Tenne lì la mano, mentre ancora la sua mente vagava. Pensava a come lo aveva trattato in quegli anni, per arrivare a cosa poi? A nulla, ecco.
Lo aveva più volte picchiato, preso in giro, buttato all'aria il suo sogno di diventare un eroe, sottolineando che lui sarebbe diventato il prossimo Simbolo della Pace. Eppure Deku aveva ricevuto il potere da All Might, eppure tutti credevano che Bakugou potesse diventare un'aspirante villain, eppure nessuno sembrava credere minimamente in lui.
Si faceva beffe di un ragazzo, quando era lui lo zimbello di tutti: voler diventare hero, con l'atteggiamento di un villain. Lo avevano persino rapito, cosa che il suo orgoglio non perdeva occasione per rinfacciarglielo.
Si risvegliò da suo stato di trance e si arrabbiò con se stesso; non doveva pensarci. Non voleva.
La rabbia crebbe dentro di se. Tirò un pungo all'albero, con tutta la forza che aveva, ma senza attivare il suo quirk. Le nocche iniziarono a sanguinare, ma Katsuki non sentì dolore per quanto erano fredde le sue mani, tanto che si erano intorpidite.
Si sedette sulla base del tronco, piegando le gambe e poggiandoci sopra gli avanbracci, lasciando che il sangue colasse a terra.
Iniziò a fissare quelle gocce vermiglie e un'immagine gli balenò in testa. Era l'immagine di Deku, davanti a lui, mentre lo picchiava. Deku non aveva mai fatto resistenza e questo Katsuki lo aveva sempre interpretato come codardia, come a confermare quello che Bakugou gli aveva sempre detto: che era una merda, che non valeva nulla e che, tanto meno, qualcuno avrebbe preso lui come hero.
'Hero' tutto girava intorno a quella parola. A quel lavoro.
Aveva sbagliato a trattarlo in quel modo e lo aveva capito, anche se troppo tardi.
Deku gli era sempre rimasto accanto, anche quando lo trattava male. Gli era rimasto accanto anche quando lo davano per fottuto i suoi amici. Lui era l'unico che lo difendeva sempre e questa cosa infastidiva il biondo oltre ogni misura. Non capiva perché lo faceva e lui odiava non capire.
Quello che venne a scoprire fu che il verde aveva una cotta per lui, ma il biondo ne era schifato. Come faceva una merdina come Deku ad essersi innamorato di Bakugou?
Ma il suo poteva diventare un asso nella manica. Katsuki avrebbe potuto utilizzare quell'occasione, unica del suo genere probabilmente, a suo vantaggio.
E così fece. Utilizzò Deku come sua puttanella personale, nonché come sacco da box. L'aveva picchiato un sacco di volte. Probabilmente il dolore che gli aveva fatto il biondo era assai peggiore di quello che si procurava da solo rompendosi le ossa, ma questo Bakugou non lo capì, o meglio lo capì troppo tardi.
Così come capì troppo tardi quello che provava. Anche se utilizzava Deku, non si era reso conto di essersene pian piano innamorato; ma ormai non poteva fare più nulla, ormai Midoriya era partito come eroe per un'altra città. Non avrebbe più potuto vederlo.
"Sarò più buono" sussurrò a nessuno in particolare "Sarò più buono, ma tu ritorna per favore"
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