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Il cielo in una stanza

Osservava tutti i suoi movimenti: la mascella contratta, la tensione del braccio che tendeva l'arco, gli occhi fissi sull'obiettivo, ed ecco, l'impercettibile sospiro che precedeva lo scoccare della freccia. Dieci!

All'applauso degli spettatori Jon ringraziò alzando l'arco; Mary, per attirare la sua attenzione, fece un cenno con la mano accennando un sorriso d'intesa.

La prima volta si erano conosciuti alla cerimonia di apertura delle olimpiadi dove tutte le nazioni sono uguali sotto il segno dei cinque cerchi. Jon, campione pluripremiato nella specialità di tiro con l'arco di quella nazione nemica politica e culturale di Mary che la rappresentava nella stessa specialità.

Il villaggio olimpico era un'oasi di pace, gli atleti si incontravano, chiacchieravano, fraternizzavano e... si innamoravano.

L'atleta fremeva sul podio nell'attesa che la cerimonia della premiazione si concludesse, era felice di aver conquistato l'ennesima medaglia d'oro, ma ora i suoi pensieri e la sua unica priorità erano per lei. Sapeva che doveva stare attento perché se avessero saputo della loro relazione avrebbe avuto seri problemi.

Percorse il viale adiacente allo stadio, era diretto al piccolo parco poco lontano; era straordinario l'alternarsi di grattacieli ultramoderni ai luoghi della tradizione giapponese progettati per il villaggio olimpico. La vide seduta su una panchina, sembrava assorta in chissà quali pensieri mentre guardava il laghetto abitato da carpe e abbellito da ninfee. I suoi capelli color miele brillavano al gioco di luci e ombre del sole attraverso gli alberi di ciliegi. Si avvicinò piano e le mise una mano sulla spalla, lei si girò di scatto, poi si tolse le cuffiette.

- Cosa ascolti? Hai un'aria sognante.

Mary gli mise una cuffietta e l'altra la tenne per sé facendo partire la canzone dall'inizio.

Quando sei qui con me

Questa stanza non ha più pareti

Ma alberi, alberi infiniti

Quando sei qui vicino a me

Questo soffitto viola

No, non esiste più

Io vedo il cielo sopra noi

Che restiamo qui abbandonati

Come se non ci fosse più

Niente, più niente al mondo

Suona un'armonica

Mi sembra un organo

Che canta per te e per me

Su nell'immensità del cielo

...

Jon si tolse la cuffietta e le accarezzò il viso.

- Il cielo in una stanza, - le prese la mano, - la canzone che abbiamo ascoltato la prima sera. Devo dirti che mi hai travolto, un momento inaspettato, e mi sento proprio come i due amanti della canzone...

- ... ma, - lo interruppe, - perché ho la sensazione che ci sia un ma!

La canzone era ormai finita, lui si guardò intorno e poi la abbracciò.

- Che futuro possiamo avere? Il mio paese non è come il tuo, libero, quando le olimpiadi saranno finite dovremo separarci e soffriremo entrambi.

Mary lo strinse più forte, poggiò la fronte sul suo petto e le spalle furono scosse da un sospiro. Jon la strinse più forte e le poggiò il mento sulla testa.

- Una soluzione ci sarebbe,- disse lei alzando il volto e cercando i suoi occhi, - chiedi asilo politico.

Tra loro scese il silenzio.

- Forse sono stata troppo precipitosa, - si sciolse dall'abbraccio, - non dovevo chiedertelo, ma il tempo stringe. Domani ci sarà la cerimonia di chiusura.

- Mary, aspetta, stai interpretando male il mio silenzio...

- Sì, ti capisco, - lo interruppe - non puoi lasciare la tua vita, la famiglia e gli amici di punto in bianco.

Intanto camminava avanti e indietro e più che parlare con Jon parlava con se stessa.

- Mary, volevo dirti...

-No, guarda, - lo interruppe di nuovo, - hai ragione tu. In fondo tra me e te può essere stato solo un momento...

- Fermati un attimo, - le prese la mano e un dito sulle labbra, - non ti ho detto di no e non sei solo un "momento".

Lei sentì un calore salire dal ventre e le guance diventare rosse. Gli gettò le braccia al collo e lo baciò.

- Ora dobbiamo organizzare la fuga e la richiesta al tuo paese.

- Fammi pensare, - Mary si sedette sulla panchina e Jon la imitò, dopo qualche minuto le si illuminarono gli occhi, - ci sono!

Mary lesse l'ordine di entrata della sfilata della cerimonia di chiusura. Sorrise soddisfatta - quando il destino ti è favorevole! - avrebbero sfilato subito dopo la nazione di Jon.

Dietro le quinte si sentiva la musica, le ovazioni e gli applausi degli spettatori sugli spalti che assistevano allo spettacolo. Si respirava un'aria di festa tra gli atleti che chiacchieravano e scherzavano tra di loro; gli organizzatori e gli steward si muovevano veloci e attenti affinché tutto riuscisse al meglio.

Mary si avvicinò a Jon, scambiarono parole di circostanza, complimenti e augurandosi buona fortuna per il futuro, si diedero la mano, poi tornarono al proprio gruppo.

-Cosa vi stavate dicendo? - gli chiese un atleta della sua squadra.

-Ci siamo salutati, - fece spallucce - lo sai come sono fatti gli occidentali.

Il compagno di squadra stava rispondendo, ma fu interrotto, toccava a loro.

Jon aprì con discrezione il biglietto che Mary gli aveva passato stringendogli la mano: era una mappa che indicava il loro punto di incontro.

Si avviarono in ordine e furono accolti da uno scroscio di applausi, si unirono alla delegazione delle altre nazioni nell'area a loro destinata, subito dopo a loro si unì quella di Mary.

L'idea di formare i cinque cerchi olimpici con gli atleti senza distinzione di nazionalità o di specialità era stato un colpo di fortuna.

La musica era alta, vi era molta confusione fomentata dalla musica e dal senso di festa che inebriava i presenti. Dunque non badarono a Jon e Mary che si fecero strada fra la folla; si incontrarono ai limiti del cerchio, gli indicò l'uscita che era a pochi metri da loro, dovevano solo muoversi per raggiungerla nel momento opportuno.

Improvvisamente lo stadio rimase al buio e un attimo dopo in cielo deflagrarono i fuochi artificiali. Lei si tolse la maglia della tuta rimanendo con la divisa di una steward, lui fece lo stesso e indossò un cappellino calato sugli occhi. Mentre tutti erano impegnati ad ammirare lo spettacolo uscirono dallo stadio indisturbati.

Mary aveva fatto amicizia con una steward ed era riuscita a farsi prestare due divise dicendole che le avrebbe usate per uscire dal villaggio olimpico lei e il suo ragazzo per vedere Tokyo, perché il suo allenatore aveva vietato ogni uscita o distrazione e questo era un modo per sfuggire ai controlli... in fondo le aveva detto una mezza verità.

Jon all'uscita dello stadio ebbe un brivido nonostante fosse una serata mite. Mary gli strinse forte la mano per rassicurarlo, poi per non attirare l'attenzione, si diressero con calma verso la metropolitana confondendosi tra la folla.

Quando sei qui con me

Questa stanza non ha più pareti

Ma alberi, alberi infiniti

Quando sei qui vicino a me

Questo soffitto viola

No, non esiste più

...

Jon canticchiava mentre preparava il caffè da portare a Mary che dormiva. Era passato un anno dalla sera in cui erano arrivati all'ambasciata e aveva chiesto asilo politico. Poi tutto era andato a gonfie vele.

Suona un'armonica

Mi sembra un organo

Che canta per te e per me

Su nell'immensità del cielo...

One Shot scritta per il contest "Il telefono senza fili (ma con i cerchi) di PMillerEunaNotte.
Grazie ai miei compagni di avventura StefanoRuzzini e AnthophoraMannara.
La canzone è Il cielo in una stanza.










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