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CAP 3 - PARTE I

CAP 3

3.1

Ted spinse con tutte le sue forze, un'ultima volta, sui pedali, per recuperare il terreno perduto. Quasi non si accorse della bambina che correva strillando, sfuggita al controllo della madre e attratta da chissà  cosa. Frenò e sterzò a sinistra, perse velocità  e vanificò ogni tentativo di non farsi distanziare; in soli cinque minuti di tragitto era riuscito a subire un distacco di oltre trenta secondi.

Mike saettava nel traffico all'apparenza senza mai rallentare, sembrava sapesse in anticipo dove e quando i pedoni avrebbero attraversato o le macchine svoltato, mentre per lui era come giocare alla roulette russa.

Lo ritrovò in piazza Piccadilly Circus con il consueto sorriso da sbruffone stampato in faccia, e Toby di fianco che si sforzava di rimanere serio per dimostrare un minimo di solidarietà. Li raggiunse cercando almeno di nascondere il fiatone; l'enorme insegna della Coca-Cola lo attrasse, la voglia di berla lo assalì all'istante.

«Andiamo mezza sega! Alla fontana c'è qualcuno che ci aspetta!»

La statua di Anteros, l'arciere alato che la maggior parte delle persone confondeva con Eros, il Dio dell'amore, dominava la Shaftesbury Memorial Fountain, ormai icona della città  e punto di riposo dei turisti, che ne approfittavano per sedersi sui gradini.
Ted non ribatté e scosse la testa in segno di sconfitta, meritava la pubblica umiliazione e la pacca sulle spalle di Toby non lo consolò affatto.

Come al solito, la confusione nella piazza gremita da gente che si dirigeva in tutte le direzioni, lo disorientava. L'avrebbe definita in un'altra maniera anziché "ombelico del mondo"!
Osservava donne e uomini fare shopping nei numerosi negozi, spostarsi trafelati verso la stazione della metropolitana, fissare le insegne luminose o il display del proprio cellulare per capire la direzione da intraprendere prima di essere fagocitato dalla folla blaterante che affollava ogni singolo centimetro di quella parte della città . Avrebbe scommesso tutti i suoi pochi averi che nessuno di loro sentiva la "musica".

«Dai, andiamo!» Toby lo incitò a raggiungerlo.

«Cos'è tutta questa fretta? Avete trovato un "naso"? Sono giorni che ne parlate!»

Il ragazzino di colore non lo degnò di alcuna risposta, proseguì con passo risoluto dietro Mike, verso la fontana. Ted si rese conto chi era che li aspettava soltanto quando se la ritrovò di fronte.

«Ehi»

Come spesso accadeva, un blocco alla gola gli sbarrò qualsiasi tentativo di comunicazione tra la bocca e il cervello. Se avesse provato a pronunciare una frase, ne sarebbe uscito fuori un balbettio sconnesso di dubbia provenienza lessicale. Si sforzò di non esordire con il solito, scontatissimo, "come va?".

«Come va?»

Per l'appunto! Si morse il labbro, la lingua optò di sacrificarla la prossima volta. Linda gli sorrise, seduta su uno dei gradini della fontana. Esisteva solo lei e i suoi occhi verdi tra la moltitudine di persone attorno. Lo invitò a sedersi di fianco, battendo la mano sullo scalino. Lui la raggiunse, non aveva il coraggio di alzare lo sguardo verso i suoi amici, sapeva che lo avrebbero preso in giro. Mentre attendeva una qualche infelice battuta da parte loro, Linda gli sfiorò con le labbra, l'orecchio.

«Io sto bene, so che ti preoccupi per me. È solo che ogni tanto sono da un'altra parte, a volte prigioniera, a volte...» esitò un attimo, si assicurò che il fratello e Toby non fossero troppo vicini a curiosare, poi si avvicinò di nuovo, «con te.»

Un brivido percorse la schiena del ragazzino. Pensò al sogno che spesso faceva, stava per chiederglielo ma lei cambiò discorso.

«La senti la "musica", vero?»
«Io...»
«Avete finito voi due?»

Mike li interruppe con tono brusco, voleva dare l'impressione di essere scocciato ma in realtà  era felice che la sorella avesse dei rapporti di normale comunicazione con qualcuno, e che quel qualcuno fosse il suo miglior amico. Anche Toby si intromise.

«Non posso fare tardi, lo sapete!»
«Che palle! Possibile che credi a tutto quello che dicono gli adulti?»
«Non è uno scherzo, Mike! Mio zio vuole che rincasi prima che faccia sera. L'ho sentito parlare al cellulare, lui non mi ha visto, ma...»
«Ma, cosa? Lo incalzò l'amico.
«Stanno accadendo fatti strani in città . Persone trovate morte con gli occhi spalancati, alcune prive di senso, in stato di shock, che non ricordano nulla e che poi... »

Strinse la mani a pugno. Dover pronunciare quelle parole in particolare lo faceva arrabbiare verso suo padre. Un misto di odio e sofferenza, nel ricordo di tutti i momenti felici passati con lui.

«E poi si suicidano.»
«Dai, sono tutte cavolate! E tuo zio è uno stronzo, non a caso è un poliziotto! Si sarà  accorto che origliavi e l'ha detto per impaurirti, facendo finta di parlare al cellulare. E tu, come un babbeo, ci sei cascato!»
«È vero!» Linda si intromise in maniera inaspettata. «L'ho... letto.»
«Tu non leggi mai niente, sei sempre...» Mike esitò, non voleva umiliarla con la solita frase con cui i loro genitori la bollavano; "con il cervello tra le nuvole".

«L'ho letto anche io!» Ted intervenne sua difesa. Si sentì in dovere di farlo anche se, in realtà , non aveva sentito niente al riguardo.

Toby rimase in silenzio, in imbarazzo, si fissava la punta dei piedi. Il recente suicidio del padre, avvenuto poco dopo la morte della madre per una "malattia incurabile", così la definivano i dottori, lo aveva lasciato con una rabbia dentro che non sapeva come affrontare se non piangendo, tutte le sere, con la testa tra i cuscini per non farsi udire. Entrambi lo avevano tradito, ricordava quanto fossero felici assieme e, anche senza la mamma, loro due avrebbero dovuto trovare la forza di continuare a esserlo. Si sentiva solo, abbandonato da loro che lo dovevano accudire, proteggere; non era giusto. Strinse ancora i pugni, cercando di trattenere le lacrime. Era passato quasi un anno, ma la ferita non ne voleva sapere di rimarginarsi.

«Mio zio non è uno stronzo, èche non sono suo figlio.» Mugugnò.
«Ok, ok!» Mike alzò le mani in segno di resa.«Non faremo tardi, ok? Adesso possiamo andare?»

3.2
 
Avevano pianificato in maniera piuttosto accurata il percorso. Dei sette nasi, di ben sei conoscevano le zone del quartiere di Soho da raggiungere anche se non il punto esatto dove Buckley aveva disseminato le sue opere, ma era già  un buon indizio. Del settimo, invece, non ne sapevano nulla e la puntuale leggenda nata sopra al mistero recitava che chi lo avesse trovato, sarebbe divenuto immensamente ricco. Loro erano in quattro, i soldi sarebbero bastati per tutti!

«Forza!» Mike saltò in sella, si sentiva il capo branco della compagnia. «Ormai alle quattro farà buio!» Non gli piaceva studiare ma queste ricerche lo entusiasmavano. L'avventura, lo esaltava.

Il punto più vicino dalla Piccadilly Circus era la Great Windmill Street e si vociferava che lì si nascondesse il famoso settimo naso, quindi quasi impossibile da scovare. Per non intaccare subito la propria autostima avrebbero quindi iniziato, di comune accordo, dal Covent Garden, che si trovava a mezzo miglio dalla piazza e dove sarebbero andati a caccia del primo. Gli altri, secondo i loro studi, si trovavano tutti nelle vicinanze.

«Muovetevi!»

«I "nasi" non hanno le gambe, Mike! Non scappano da quei caspita di muri!» Ted come al solito arrancava dietro all'amico e si accorse, con non poca meraviglia, che Linda teneva il passo all'apparenza senza sforzarsi più di tanto.

La piazza Covent Garden, invasa dai turisti in tutte le stagioni, brulicava di vita sparsa tra bancarelle e negozietti. L'elegante edificio del Covent Garden Market, risalente al milleottocento, era al solito affollato di persone alla ricerca di souvenir all'interno dei mercati che ospitava. Giocolieri, illusionisti, temerari mangiafuoco, cantanti e musicanti di ogni sorta, si esibivano davanti alla Chiesa di St. Pauli, mentre file di persone aspettavano con diligenza il proprio turno per entrare nei musei.

«Che confusione! Tutti a visitare Londra! Che ci troveranno così di speciale, poi!» Mike si voltò borbottando verso la sorella. Sapeva che i luoghi affollati la mandavano nel panico, ma si sorprese nell'osservare quanto fosse tranquilla. Si guardava attorno, scrutando i palazzi che facevano da splendida cornice alla piazza.
Smontarono tutti dalle selle e iniziarono a camminare tenendo la bici ben salda per il manubrio. Pensare di pedalare lì, nel mezzo a quel caos, equivaleva a una follia.

«Dove dobbiamo andare? Mike, dal pianeta terra, chiama mezza sega!»
«Ehi!»
«Dai, sto scherzando! Non mi ha nemmeno sentito, sta fissando i piccioni sui tetti!»

Toby nel frattempo era occupato a frugarsi nelle tasche. Dopo alcuni attimi trovò l'oggetto del desiderio e pose la mappa spalancata a Ted. Avevano segnato, dopo accurate e scientifiche ricostruzioni, tutti i luoghi dove in teoria si dovevano trovare i "nasi" nel quartiere di Soho.

«Allora, secchioni?»
Ted non trattenne una smorfia di disappunto, doveva ancora decidere se fosse peggio l'appellativo di "mezza sega" o "secchione". Linda ancora non li considerava, quindi si rasserenò ed evitò di controbattere all'ennesima provocazione di scherno dell'amico.

«Davanti a noi! Su uno dei muri del Service Point, laggiù!»
Lo indicò con la speranza che fosse vero. La ricerca in effetti durò poco, il naso era abbastanza visibile in sospeso sulla parete e adocchiato da un altro gruppo di giovani curiosi.

«Eccolo, il primo bastardo!»
L'euforia di Toby sorprese gli altri ragazzi. Iniziò a fotografarlo da ogni tipo di angolazione con il proprio cellulare.

«Da dove deriva tutto questo entusiasmo?» Mike lo guardò accigliato.
«Questa è come un'indagine! Voglio diventare detective, da grande!»
«Che razza di gruppo che siamo! Un secchione, un piedipiatti e una svampita.»
«Dai! È tua sorella!» Ted si avvicinò a Linda per capire cosa stesse osservando con così tanta attenzione, invece di dedicarsi, come loro, alla ricerca scolastica.

«Che stai guardando?»
L«I simboli!» Indicò con il dito un punto ben preciso della Royal Opera House.
«Io non vedo niente. Di che simboli stai parlando?»
La voce di Ted tradiva una punta di panico. Temeva che fosse davvero "strana" e che non sarebbe mai riuscito a stabilire un vero rapporto con lei.

«Se ascolti la musica, li vedrai.»

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