Capitolo 13 "Amore?"
Nathan prese un altro bicchiere di birra e sbuffò: perché si lasciava sempre trascinare a quelle stupide feste da Ricky e Julia?
Si guardò intorno e vide Jackson che parlava con Alexandra. Ridacchiò e bevve un generoso sorso di birra: quei due pensavano davvero di poterlo prendere in giro? Non gliel'avrebbe lasciato fare.
Improvvisamente, Alexandra diede una schiaffo a Jackson, per poi sbraitare contro di lui.
"È finita!" esclamò, attirando l'attenzione di alcuni ragazzi che si trovavano là vicino.
Nathan rise di gusto, si alzò dal divano e sentì la testa girare leggermente a causa dell'alcool.
"Bene!" rispose Jackson, per poi andarsene.
Nathan rise nuovamente e seguì il ragazzo al piano di sopra, incespicando un po' sulle scale.
"J-Jackson!" lo richiamò.
Lui si voltò e lo guardò interrogativo.
"Oh, Nathan..."
Nathan si avvicinò a lui e lo afferrò per un polso, per poi trascinarlo in una stanza e chiudere la porta.
"Hai litigato con Alexandra?"
Jackson sospirò ed annuì.
"Abbiamo chiuso."
Sul voltò di Nathan apparì un sorriso malizioso. Si avvicinò al biondo e gli accarezzò il petto da sopra la camicia bianca, per poi mordersi il labbro inferiore.
"Quindi, ora siamo liberi di scopare quando vogliamo?" chiese il moro.
Jackson si accigliò appena e guardò Nathan negli occhi: quel comportamento non era da lui.
"Che ti prende?" chiese il biondo, scostando la sua mano.
"Sei uno schifoso bugiardo." disse Nathan, con voce fredda. "Come hai potuto farlo?!"
Jackson sgranò gli occhi e lo guardò con sguardo mortificato, capendo che Nathan sapeva della relazione finta tra lui ed Alexandra.
"Mi dispiace, l'ho fatto solo perché-..."
"Perché cosa?! Perché volevi toglierti lo sfizio e scoparmi? Pensavi davvero che io sarei stato geloso di te?!"
Jackson lo guardò profondamente negli occhi e fece un passo in avanti.
"Non lo sei stato?"
Nathan sospirò e chiuse gli occhi: cazzo se lo era stato, ma non poteva di certo dirglielo. Voleva che quella storia finisse e subito.
"No, ma che ti salta in mente? Trovati qualcun'altro da scoparti, una ragazza, magari, dato che sei et-..."
"Sono gay, brutto stupido! Ma vedo che sei stato troppo cieco per capirlo..."
Nathan sgranò occhi e bocca, per poi deglutire. Jackson Morgan, uno dei più grandi puttanieri di Sydney, era gay. Gay!
"I-Io non... Oh mio Dio, tu sei..."
"Gay e cotto di te."
Nathan era confuso e scioccato da quella rivelazione. Indietreggiò appena e scosse la testa.
"Tu non l'hai davvero detto."
"Perdonami, ma è la verità..."
Nathan mantenne la sua espressione perplessa per un altro po', poi scoppiò a ridere. Jackson sentì il proprio cuore spezzarsi al suono di quella risata ironica.
"Devi aver bevuto un po' troppo, Jackson. Ora è meglio che me ne vada." disse Nathan, per poi voltarsi ed uscire dalla camera.
Una volta fuori, si toccò il petto e fece un respiro profondo. Quella non ci voleva proprio! Jackson era innamorato di lui e quando gliel'aveva detto, il suo cuore aveva preso a battere all'impazzata. Avrebbe dovuto iniziare a tenere le distanze con quel ragazzo, prima che la situazione avesse iniziato a sfuggirgli di mano.
~♡~
"Uno, due, uno, due! Forza ragazzi, non siete delle ragazzine! Muovete quelle gambe!"
Nathan sospirò, frustrato all'ennesima potenza e stanco: era il quinto giro di campo che quel sadico del professore di sport gli faceva fare e dal suo tono di voce, non sembrava li avrebbe fatti fermare prima degli otto giri.
"Non siamo delle ragazzine, ma nemmeno dei militari, cazzo..." borbottò Sean, un suo compagno di classe.
Gli altri risero alla sua battuta e Nathan incrociò lo sguardo di Sean, che ammiccò. Il moro alzò gli occhi al cielo ed aumentò la velocità, per stargli lontano. Sean era il capitano della squadra di football, nonché uno dei più puttanieri della scuola: scopava praticamente tutto ciò che respirasse ed avesse un buco. Nathan rise tra sé e sé a quel pensiero. Perse la concentrazione per qualche istante ed inciampò, cadendo rovinosamente a terra. Fortunatamente riuscì a proteggere il volto, ma in compenso si ferì le mani e le ginocchia. Gli altri si fermarono, mentre il professore correva dall'altra parte del campo, per raggiungerlo. Nathan intanto aveva preso ad imprecare, mentre tratteneva le lacrime: non era un tipo che piangeva quando si faceva male, ma Dio, quello faceva davvero male.
"Nathan, ma che diavolo, guarda dove metti i piedi!" esclamò il professore, accovacciandosi vicino a lui.
"Non urli! Non aiuta affatto!" sbottò il ragazzo, in preda al nervosismo.
Gli altri iniziarono a ridere e commentare la scena, mentre l'uomo tentava di farli stare zitti.
"Fa un male cane!" esclamò Nathan, al limite della sopportazione.
"Lo accompagno in infermeria." disse Sean, alzando una mano.
"Grazie ragazzo. E voi, chi vi ha detto che potevate fermarvi?"
Gli altri, tra un lamento e l'altro, ricominciarono a correre, mentre Sean si avvicinava a Nathan, che stava ancora seduto a terra.
"Preferisco strisciare, piuttosto che essere portato da te." disse, tentando di alzarsi.
Le sue ginocchia scrocchiarono appena e lui si morse il labbro inferiore, mugolando per il dolore.
Infine dovette cedere e lasciare che Sean lo aiutasse ad arrivare in infermeria.
Quando fu finalmente seduto sul lettino, tirò un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi per un po'. Quando li riaprì, Sean era ad un soffio dal suo volto.
"Se tieni alle tue palle, allontanati da me, adesso." lo avvertì.
Sul volto di Sean comparve un sorrisetto malizioso. Nathan pensò che quasi quasi Jackson era anche meglio di quel verme. Anzi lo era e non sapeva perché, ma in quel momento desiderò che lui fosse lì a raccontargli cose stupide e fare battutine squallide, per farlo ridere.
"È da un po' che ti osservo e diciamo che ho voglio di te, di assaggiarti, fino all'ultimo lembo di pelle..." sussurrò con voce roca.
Sean si avvicinò ancora di più, afferrando il suo mento e guardando le sue labbra.
"Lasciami andare. Ultimo avvertimento." ripeté Nathan, guardandolo dritto negli occhi.
In quel momento la porta si aprì, rivelando l'ultima persona che sarebbe dovuta essere lì in quel momento.
"Sean, Mr. Schmidt ha detto che devi tornare in campo." disse Jackson, con voce atona e sguardo inespressivo.
Nathan spinse Sean, guardando Jackson, che però non lo degnò di uno sguardo. Infondo, lo aveva rifiutato, che si aspettava, che lo salutasse con un bel sorriso stampato in faccia? Sempre che la storia della sua cotta per lui fosse vera.
Sean ammiccò verso Nathan ed uscì, mentre Jackson rimase sulla soglia della porta, con lo sguardo basso e senza dire un parola.
"Non è come sembra. Sai com'è Sean: ci prova con tutti..."
Ed ora perché si stava giusticando? Dio, quanto doveva essere sembrato patetico...
Jackson lo guardò finalmente negli occhi e sorrise. Un sorriso falsissimo.
"Non mi interessa chi ti scopi, Nathan, pensavo che quella sera avessimo chiarito. Tu non sei interessato a me ed io me ne sono fatto una ragione. Sydney è pieno di ragazzi." disse, per poi andarsene, richiudendosi la porta alle spalle.
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