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UN'ALTRA PERSONA

La notte scorsa l'aveva travolto come un uragano e anche ora, dopo essere tornato a casa, le onde di quella tempesta continuavano a risucchiarlo. Per quanto si sforzasse di non pensare tutti i neuroni erano attivamente impegnati a scandagliare ogni secondo di quanto accaduto. Trunks era in cerca del preciso istante in cui aveva deciso di saltare addosso al suo migliore amico. Non riusciva a capacitarsi di come fosse diventato così impetuoso quando fino a due giorni prima ancora non conosceva se stesso da quel punto di vista. Si sentiva un vero schifo. La vergogna e la colpa lo stavano divorando. Non aveva avuto il minimo rispetto per Goten e nemmeno la decenza di darsi un freno al momento giusto. La sua delicatezza e il suo proverbiale autocontrollo erano una farsa. Somigliava molto di più a quei viscidi esseri guidati solo da istinti primordiali. Forse non era meglio dei nemici con i quali aveva combattuto. Forse crescendo sarebbe stato fin peggiore. Probabilmente Goten pensava lo stesso. Se solo ripercorreva il momento in cui l'aveva stretto a sé per fargli sentire... I suoi occhi erano strizzati nell'inutile tentativo di scacciare quelle immagini. Non sarebbe mai riuscito a dimenticarlo, come non sarebbe mai riuscito a cancellare il ricordo del suo amico che si era chiuso a riccio addosso a lui per mettere fine a quella cosa. Il disgusto che provava verso se stesso era indescrivibile. Non avrebbe mai immaginato di essere così sconsiderato. Forse i Sayan erano davvero una razza barbara e forse in lui quel sangue alieno era molto più vivo di quanto avesse mai considerato. Inoltre come se non fosse già abbastanza, c'era un altro dettaglio che non riusciva a ignorare. Per quanto si maledicesse per il proprio comportamento, una minima parte di lui non poteva non eccitarsi ripercorrendo quell'assurda notte. Avrebbe voluto estirpare quella sensazione. Quei brividi al basso ventre, quel calore che gli invadeva le gambe. Era sbagliato, era tutto sbagliato eppure era convinto che non ci fosse possibilità di ritorno. Sarebbe stato così per sempre. Era cambiato qualcosa dentro di lui e questa persona con cui aveva a che fare non gli piaceva per niente.

***

Quel pomeriggio suo figlio era irriconoscibile. Vegeta non poteva credere che fosse peggiorato tanto. Era da un po' che non si allenava con lui, ma sapeva che ogni giorno ci pensava il figlio di Kakaroth a fargli da spalla. Quel ragazzino aveva dimostrato più volte di avere un livello combattivo estremamente alto per la sua età ed era certo che crescendo poteva solo essere aumentato, quindi era fuori discussione che tutte quelle ore passate ad allenarsi avessero portato a risultati così scarsi. Qualcosa non andava.

Trunks era attraversato da un fiume in piena. Tutto lo sconvolgimento emotivo che l'aveva attanagliato in quei giorni era esploso nei suoi muscoli, irradiandolo di una familiare aura dorata che gli conferiva una forza sovrumana. Ciononostante non aveva messo a segno neanche un colpo. Non era nemmeno riuscito a sfiorare suo padre che aveva passato più di quaranta minuti a schivare tutti i suoi attacchi e a rispondere con gli interessi. Il fiato gli si faceva sempre più corto e ogni tentativo di accumulo di energia finiva in un altro pugno a mezz'aria. D'un tratto, senza neanche vederla arrivare, sentì la mano del Principe dei Sayan afferrarlo alla nuca. Una presa sufficientemente stretta da bloccarlo dal collo in giù per permettergli di affondare un ginocchio nel suo stomaco. Una fitta lancinante si propagò dal centro del corpo. Un breve tremore attraversò i suoi nervi prima di abbandonarlo e farlo crollare a terra a peso morto. Trunks intravide i propri capelli atterrare sul viso, di nuovo lilla. Non aveva neanche più la forza di alzarsi in piedi. Tutta la rabbia era scomparsa e al suo posto era arrivata un'inerzia tale da renderlo uno zombie.

-"Trunks, datti una regolata".

Da dove si trovava, poteva vedere solo i suoi stivali bianchi, ma si figurava senza sforzo l'espressione di suo padre nel pronunciare quelle parole. Ed era solo l'inizio; lo aspettava una bella predica.

- "Oggi sei arrabbiato, non mi interessa conoscere il motivo, ma ti ho detto mille volte che in battaglia si deve ragionare. Mai lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Vedi di riacquistare il controllo, la prossima volta non ci andrò così leggero."

Quando Vegeta abbandonò la Gravity Room, Trunks rimase steso sul pavimento. Il freddo delle piastrelle gli dava un leggero sollievo. Almeno il fisico poteva essere curato. Tutto il resto era un disastro. Durante quel breve scontro non poté fare a meno di pensare a lui. Anche Goten si era sentito messo alle strette? Anche lui era rimasto impotente di fronte alla stessa aggressività con cui suo padre l'aveva investito poco prima? Forse non l'aveva picchiato per un minimo di pietà nei sui confronti, ma probabilmente non l'avrebbe mai più voluto vedere. Cosa avrebbe fatto adesso? Aveva perso tutto. Il solo pensiero gli faceva mancare il respiro

-"Trunks, tesoro, è pronta la cena. Cosa fai lì per terra? Tutto bene?"

La voce di sua madre venne coperta dai passi svelti con cui lo raggiunse

-"Sì mamma, tutto bene, però sono davvero a pezzi oggi. Credo che andrò a dormire"

– "Cosa? Sei sicuro di non voler mangiare niente? Recupererai un po' di forze"

– "No, davvero. Va bene così".

Stando molto attento a non incrociare il suo sguardo, Trunks si raccolse dal pavimento e andò dritto in camera sua. Una volta al sicuro dal mondo esterno, smise di opporsi allo sconforto che si portava dietro dalla sera precedente e scoppiò in lacrime.

***

"Vegeta, razza di screanzato, che cosa hai fatto a tuo figlio? E' a pezzi. Possibile che tu non riesca mai a metterci un minimo di buon senso?!"

La voce stridula di Bulma raggiunse Vegeta ancora prima che la sua testa facesse capolino in cucina. I suoi occhietti accusatori erano puntati contro di lui come due fucili pronti a far fuoco

-"Calmati donna! Io non c'entra nulla"

Tuono', fermo e deciso come la sua naturale attitudine gli imponeva

– "Come osi fare il finto tonto?? Hai passato il pomeriggio con lui e adesso si è chiuso in camera. Avanti Vegeta, sputa il rospo!"

– "Ti ho detto che non c''entro niente, lo vuoi capire?! Trunks è strano da quando è tornato stamattina. Solo a una madre sconsiderata come te poteva sfuggire!"

E Vegeta come di consueto venne meno alla sua compostezza, permettendo agli scatti d'ira della moglie di accendere la miccia della sua irascibilità

– "Cooosaa?? Non permetterti mai più. Sei solo uno scimmione senza rispetto!!"

– "Tsk... come ti pare".

Vegeta aveva incrociato le braccia e girato lo sguardo altrove con la sua solita aria di finta supponenza che Bulma conosceva fin troppo bene. Il che significava solo due cose: stava dicendo la verità e come aveva sempre dimostrato, era davvero un ottimo padre. Quella considerazione la fece sorridere. Dopodiché gli cinse le spalle e gli diede un bacio per ringraziarlo di essere un marito e un padre così attento e premuroso. Il principe dei Sayan arrossì violentemente e senza proferire parola la ricambiò. Una volta finita la cena e messo a letto la piccola Bra, avrebbero sicuramente continuato da dove si erano interrotti.

- "Vegeta, cosa pensi che stia succedendo?"

Chiese Bulma. Il aggressivo ora stemperato dalla dolcezza con cui si era rappacificata con il marito

– "Mmm, non ne sono ancora sicuro. Dobbiamo avere pazienza e stare a guardare un altro po'".

Bulma lo osservò accigliata. Era preoccupata, ma sapeva di potersi fidare del suo principe, perciò con grande sforzo si sarebbe trattenuta dal fare domande al diretto interessato. Vegeta era consapevole di chiederle tanto, ma allo stesso tempo aveva avuto modo di constatare che suo figlio era a un punto di rottura. Applicare ulteriore pressione avrebbe potuto peggiorare la situazione. Voleva vederci chiaro e benché brancolasse ancora nel buio aveva un chiaro indizio: solo una cosa aveva fatto vacillare la sua fermezza e il suo autocontrollo nello stesso modo in cui qualcosa stava distruggendo quelli di suo figlio: l'amore.

***

Dopo un pianto tutt'altro che liberatorio, Trunks finalmente sentì la stanchezza più mentale che fisica impossessarsi di lui. Non avrebbe opposto resistenza, sperando che il suo corpo da guerriero si arrendesse in fretta a quel torpore, regalandogli un attimo di pace. Poco prima di chiudere gli occhi sentì vibrare il cellulare. Il suo cuore sobbalzò in preda all'ansia per mezzo secondo, prima di ricordarsi che Goten non aveva un telefono. Sconsolato, lesse l'invito di Jessica per un giro in città dopo la scuola. Non era esattamente la soluzione che si aspettava, ma forse il destino gli stava offrendo una possibilità. Se voleva essere una persona diversa doveva iniziare a comportarsi come tale e lei poteva essergli d' aiuto. Non sarebbe stato facile, ma di una cosa era sicuro: ci avrebbe messo tutto il suo impegno e avrebbe raggiunto il suo obbiettivo. Niente sarebbe mai più stato come prima.

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