Capitolo 35.1
PICCOLO CAPITOLO! SPERO VI PIACCIA❤
Ps. Non sono riuscita a scriverne uno più lungo, mi spiace. Prometto che mi farò perdonare ;)
P.p.s. scusate gli errori
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ALIS' POV
Ero morta?
Non sentivo niente
Solo freddo
Non vedevo niente
Solo buio
Era quindi così la morte?
Me la immaginavo peggio, eppure eccomi lì. Era strano, mi sembrava come se stessi camminando verso un punto indefinito, come se all'orizzonte ci fosse una porta e, sebbene io cercassi di raggiungerla, sapevo già che non sarei mai arrivata ad aprirla.
Era quindi così la morte?
O era solo uno stato di trance da cui mi sarei risvegliata dolorante?
Eppure mi sentivo ancora legata al mio corpo, percepivo i miei arti, li sentivo quasi intorpiditi.
Però non riuscivo a muovere le dita, i piedi, le braccia, le mani.
Non riuscivo ad aprire gli occhi.
Qualcosa mi diceva che stavo ancora respirando, che il mio cuore stava ancora battendo.
Non era quindi quella la morte?
Dove mi trovavo?
Stavano decidendo del mio futuro?
La Cosa starà bene?
Non percepivo il tempo che passava.
Secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni, decenni...
Chissà da quanto tempo ero in quelle condizioni, l'umanità si sarà già evoluta? O appena riaprirò gli occhi mi ritroverò stesa sulla strada, con la neve che cade sul mio viso e magari un signore al mio fianco in apprensione per avermi investito? Oppure troverò quei bellissimi occhi azzurro ghiaccio che mi mancano come l'aria?
I miei genitori si saranno allarmati? Saranno venuti ovunque io mi trovi in questo momento?
Silenzio.
Le mie domande non trovavano risposta
Mi sentivo così stanca
La mente pesante
E se avessi fatto un sonnellino? Tanto nessuno se ne sarebbe accorto.
Forse il sonnellino poteva essere infinito.
Un momento.
Vidi una luce lontana.
Sentii delle persone parlare.
Una donna gridava 'libera'.
Ero libera? Potevo volare finalmente via? Potevo lasciarmi andare? Era giunta quindi la mia fine?
Sembrarono anni quelli che passarono prima che vedessi di nuovo una luce. Quella volta era azzurrognola, un po' fioca. Non so come, riuscii a muovermi e riuscii ad avvicinarmi alla luce, che si rivelò essere un vetro. Guardai al di là di esso e vidi due culle. Dentro c'erano dei bambini in fasce, dal loro aspetto sembravano appena nati, ma apparivano molto deboli e piccoli. Dai colori delle loro copertine capii che erano un maschio e una femmina. Gli occhi della bambina si aprirono e rivelarono un iride talmente azzurra e familiare che mi fece staccare di colpo dal vetro. La bambina aveva la stessa tonalità di Ryan, i suoi stessi occhi, il suo stesso colore.
Sarà stato un caso?
Mi riavvicinai curiosa al vetro e quella volta osservai il bambino: era un po' più paffutello, sembrava messo meglio fisicamente, i suoi occhietti erano chiusi e teneva le mani strette a pugno. La bocca era piccolina e morbida, assomigliava molto a quella che avevo io da piccola. Il neonato, pensandoci meglio, mi assomigliava parecchio: il nasino rotondo, le guance paffute e la bocca semichiusa mi riportarono alla mente una mia foto di quando ero appena nata. Ero nella sua stessa posizione attuale ed ero identica, una fotocopia vivente di quel bambino. Volgendo di nuovo lo sguardo alla bambina, notai delle piccole lentiggini sul naso. Mi toccai la faccia, passando lentamente su quei puntini arancioni che avevo sparsi in quasi tutto il corpo. Un rumore fastidioso e lontano mi arrivò alle orecchie e, quasi fossi risucchiata da una corrente invisibile, il mio corpo iniziò ad allontanarsi da quel vetro. Non riuscivo a controllarmi e, nonostante i movimenti bruschi per liberarmi da quella situazione, ero già lontana da quei due bellissimi bambini. Sì, erano davvero belli sebbene apparivano deboli e fragili. Lanciai un urlo silenzioso e mi ritrovai di nuovo circondata dal buio. Mi sembrò di sbattere a terra un paio di volte e di rimanere accasciata su quel che si poteva definire un "pavimento che non potevo vedere, ma supponevo fosse tale". Il freddo tornò più insistente di prima e piccoli brividi mi attraversarono ovunque. Nella mia mente, però, erano ancora presenti le immagini nitide dei due neonati. La mente ricorse subito a mio figlio e mi immaginai come potesse stare, ma soprattutto se fosse ancora vivo. Quel pensiero non mi aveva ancora minimamente sfiorato ma, se ciò fosse dovuto accadere, mi sarei sentita morire dentro.
Perchè alla fine lui era parte di me e io ero parte di lui.
Distanti ma vicini al tempo stesso.
Magari se fosse nato maschio avrei potuto chiamarlo Nathan o Mattew.
Se fosse stata femmina, invece, Abygail o Scarlett.
Chissà se Ryan avrebbe approvato questi nomi.
Ryan...
Ryan...
Ryan...
Provai ad immaginarmi un orologio che scandiva i secondi che passavano, i minuti e poi le ore.
Ero arrivata a contare 3765 secondi (ovvero 63 minuti alias 1 ora e 3 minuti) quando dall'oscurità percepii una voce.
Sentivo dei spezzoni, non capivo tutto ciò che diceva anche perchè la sentivo molto distante.
<<Avev-vo all'incirca 19 anni, lei n-ne aveva 13 e la stavo portando a cas-sa di una sua a-amica>> . La voce si fermò per un po', poi riprese <<Aveva un c-compleanno e aveva d-deciso di mettersi un vestit-tino che le aveva reg-galato nostra madre. Era nero, ma secondo i miei gusti era troppo c-corto, anche perchè ci sareb-bbero stati dei ragazzi a casa d-della sua amica e non v-volevo pensassero che Hailey fosse una poco di buono. Era una belliss-sima ragazza, t-troppo bella per la sua età e come ogni f-fratello geloso, avevo paura-a potesse i-innamorarsi, diventare grande e lasciare me e mia madre-e soli>> rimasi interdetta quando capii che quella voce apparteneva a Ryan. Mi stava raccontando di sua sorella Hailey. Mi aggrappai alla sua voce, implorando Dio di non farmi nessun brutto scherzo.
<<Avevo appena attraversato un incrocio quando una macchina ci venne addosso da destra, schiantandosi contro la parte del passeggero dove era seduta mia sorella>> iniziai a sentire quella voce in maniera più nitida. Iniziai a lottare perchè il mio cuore diceva che Ryan era lì ovunque mi trovassi e avevo bisogno di trovarlo, di vederlo. Avevo bisogno che mi rassicurasse e che mi dicesse che andava tutto bene.
<<Era un ubriaco che non aveva rispettato il semaforo e mia sorella ne pagò le conseguenze con la sua vita. Era morta sul colpo, l'ambulanza non era riuscita a far niente per lei e io avevo perso la mia migliore amica>>. Ci fu un'altra pausa e mi sentii un peso infinito sullo stomaco. Era una storia tristissima e la morte di sua sorella era stata davvero ingiusta. Mi feci forza e continuai ad ascoltare la voce di Ryan, a cercarla. <<Vedi Alis, io non posso perdere un'altra donna importante della mia vita. Perchè io ti amo, ti amo come non ho mai fatto con nessun altra. Quando ti vedo sento le farfalle nello stomaco e sento migliaia di brividi percorrermi la spina dorsale. Quando ti tocco sento un fuoco avvampare dentro di me, sento il calore propagarsi fino alla radice dei capelli e quando ti guardo, mi sento sciogliere davanti alla tua bellezza e alla gentilezza dei tuoi occhi. Il tuo sorriso ha illuminato migliaia di giorni tristi e bui, ma soprattutto, mi ha fatto capire quanto io ci tenga a te quanto io non possa vivere senza te. Ogni gesto che faccio mi riporta con la memoria a te, facendomi sentire insulso e stupido per tutte le decisioni sbagliate che ho preso. Ora, però, sono qui, a dirti che ti amo, pronto ad urlare al cielo il mio amore per te, pronto a sacrificarmi per poter rivedere i tuoi occhi, per poterti abbracciare, per poterti baciare. Ho bisogno di te per scusarmi, per farti capire dell'enorme cazzata che ho fatto, ma anche per farti vedere che ora sono qua accanto a te per aiutarti e per sostenerti. Mi manchi come l'aria e io senza te non sono nessuno perchè ormai sei entrata nel mio cuore e non te ne andrai via facilmente, non ti lascerò andare via. Lotterò per te, con te, lotterò per vederti ancora una volta felice. Lotterò per vederti tra qualche anno con mio figlio in mano e lotterò per vederti tra 30 anni con i nostri nipoti. Lotterò per avere un futuro con te, per rimanere al tuo fianco per sempre. Fin che morte non ci separi>>. Mi sforzai di parlare, mi sforzai di muovermi: volevo dire qualcosa a Ryan perchè anche io lo amavo. Improvvisamente percepii la mia mano, riuscii a muoverla appena e capii che era intrecciata a qualcos'altro. Volevo combattere, mi sarei svegliata, sarei uscita da quel posto buio per dirgli tutto, per rivelargli tutto quello che provavo. Una luce di speranza illuminò l'orizzonte e, aggrappandomi ad essa, riuscii finalmente ad aprire i miei occhi. Una luminosità enorme mi invase la retina, ma non mi importava: davanti a me avevo due bellissimi occhi azzurro ghiaccio che amavo e che tanto mi erano mancati. Guardai le nostre mani intrecciate e con fatica immensa e con quel poco di voce che avevo gli dissi le 5 paroline più importanti della mia vita:
Ti amo anche io Ryan.
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