Capitolo 34 - codardo
RYAN'S POV
Ero un codardo. Il più grande codardo della storia dell'universo. Non ero riuscito a non scappare di fronte a quella situazione di merda e ora tutto si stava ripercuotendo sulla mia vita. Ogni giorno mi arrivavano dei messaggi da Alis e puntualmente ogni giorni li archiviavo poiché non avevo le palle per leggerli. Sapevo di averla delusa, sapevo di averla distrutta, ma non potevo farci niente perché ero fatto così: uno stronzo senza cuore. Il giorno dopo la 'rivelazione', avevo preso il primo aereo ed ero andato da una mia lontana zia in Texas convincendo me stesso che lo stessi facendo per il mio bene. Ma ora erano ormai passati svariati giorni e la verità aggravava e incombeva come un macigno di piombo sul mio cuore. Come avevo lasciato Brooklyn, così avevo fatto anche con Alis. Alla mattina non avevo voglia di fare niente, spesso ero rimasto a letto fino all'ora di pranzo, e quando mi alzavo non avevo le forze per spostarmi da una stanza all'altra. Perché, sebbene me ne fossi andato, mi mancavano tanto quei suoi occhi verdi e quelle sue amabili lentiggini che incorniciavano quel suo bellissimo viso. Mi mancava tutto di lei. Tutto. Avrei pagato oro pur di poterla abbracciare, pur di poterla baciare, ma oramai la cazzata l'avevo fatta e dovevo andare fino in fondo. Perché, nonostante fossi scappato in Texas per dimenticare, per prendermi una pausa dalla mia vita incasinata, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare erano Alis e mio figlio. Erano il mio primo pensiero alla mattina appena sveglio, l'ultimo pensiero alla sera prima di addormentarmi. Nella mia testa esistevano solo loro.
Spensi di nuovo il cellulare dopo aver ricevuto l'ennesimo messaggio da Alis: non ne avevo aperto ancora nessuno e mai l'avrei fatto. Non avevo il coraggio di risponderle perché ero un vigliacco, un codardo e l'avevo lasciata nel momento del bisogno. L'unica chiamata a cui avevo risposto fino a quel momento era stata di Liam, e sicuramente non era stata piacevole.
<<Pronto?>>
<<Sei un coglione>>
<<Ciao anche a te Liam>>
<<Ciao Liam un corno. Ti rendi conto in che situazione di merda l'hai lasciata?>> sbuffai
<<Ma...>> provai a dire
<<Ma un corno. Cazzo Ryan che cosa ti trovi in quella testa bacata lì? Non si alza dal letto, non mangia: la obblighiamo noi affinché possa rimanere viva. La stai ammazzando>>prese un lungo respiro e continuò <<Senti, so cosa hai passato con Brooklyn, so che non è una cosa facile da apprendere, anche per noi è stata dura, ma hai 22 anni ed è anche l'ora che tu ti prenda la responsabilità delle tue azioni. Lei ci tiene moltissimo a te, quando parlava di te le si illuminavano gli occhi e le si creava un sorriso a 32 denti. Ora non vedo più niente di ciò: vedo solo una ragazzina incinta da sola, con un'anima spenta e lo sguardo vacuo dalla mattina alla sera. Pensaci Ryan, ti prego>> detto ciò aveva chiuso la conversazione senza che io potessi ribattere. Era stato chiaro e conciso e mi aveva fatto pesare le mie azioni, sbattendomi in faccia le conseguenze.
Era il giorno di capodanno e avevo già deciso di andare in un qualche locale: dopotutto volevo festeggiare anche io l'inizio del 2017. Mi misi dei jeans neri e una maglietta altrettanto nera dopo essermi fatto una doccia, presi la macchina e mi immisi nella strada con l'intento di dimenticarmi dei miei problemi almeno per un po' e godermi l'anno nuovo. Mi fermai nel parcheggio di un locale abbastanza famoso di cui avevo visto una locandina in quell'unica volta che ero uscito di casa per andare a fare la spesa per conto di mia zia. Si chiamava 'Don Diablo' e già dal nome non prometteva nulla di buono. Appena entrai un forte odore di erba mi invase le narici e i miei occhi furono offuscati per un attimo dalla quantità enormi di luci al led presenti nella discoteca. Era strapiena: corpi ovunque che si strusciavano, che si baciavano e i divanetti erano un ammasso indistinto di forme. Mi avvicinai al bancone e mi sedetti sull'unico sgabello libero che c'era: una bionda formosa mi si mise davanti e si piegò verso di me mostrandomi la sua mercanzia. Aveva le tette troppo grandi, mi davano la nausea.
<<Cosa posso darti?>> mi chiese con voce sensuale sovrastando la musica
<<Quello più forte che hai>> dissi senza pensare
<<Devi dimenticare, tesoro?>> la sua voce era lasciva e non vellutata come quella della mia Alis.
<<Se vuoi posso aiutarti io>> continuò la bionda davanti a me. Era bellissima, ma non aveva le lentiggini come quelle di Alis e le sue labbra erano gonfie e innaturali e non come quelle di...
BASTA, dovevo smetterla di paragonare quella ragazza ad Alis
Mi versò un bicchiere di Tequila che mandai giù velocemente, poi posai con violenza il bicchierino sul tavolo ad indicare che ne volevo ancora. 7 bicchierini dopo non mi ero ancora mosso da quello sgabello e la mia vista del tutto offuscata mi impediva di capire se avessi ancora davanti la bionda formosa o se fosse arrivato qualcun altro. Mi si avvicinò una ragazza coi capelli rossi, palesemente tinti, e iniziò a ballare intorno a me. La scacciai perché anche lei era tutta rifatta e non era la mia Alis. Volevo solo lei. Anche da ubriaco non riuscivo proprio a togliermela dalla testa. Mi girai verso la pista e mi sembrò di vedere una massa di capelli rossicci molto simili a quelli della mia ragazzina così, dopo aver buttato giù un altro shot di Tequila, scesi dallo sgabello e mi avviai barcollando verso quella ragazza che mi stava dando le spalle. Stava ballando con un altro ragazzo, ma quando le misi una mano sulla spalla per farla girare, constatai che non era Alis. E in faccia non aveva una singola cosa che me la ricordasse. Il conto alla rovescia rimbombò distante alle mie orecchie e, quando delle grida annunciarono l'inizio dell'anno nuovo, vidi delle coppie baciarsi e ciò mi fece crollare ancora più emotivamente di quanto non lo fossi già. Una mora provò a baciarmi, ma io la scansai in maniera poco amichevole facendola quasi cadere. Barcollando andai in bagno e vomitai tutto quello che il mio corpo aveva bevuto nelle ultime ore: non era stata una buona mossa ubriacarmi senza prima aver mangiato niente. Un'ora dopo uscii dal locale e tornai a casa di mia zia, la quale già dormiva. Mi presi un'asprina e mi buttai sul letto a peso morto.
Il mio 2017 era iniziato nei peggiori dei modi
***
Quando mi alzai quella mattina mi sentivo ancora intontito dall'alcool bevuto la sera prima. Accesi il cellulare che avevo lasciato in un angolo remoto del comodino e constatai che non mi era arrivato nessun nuovo messaggio. Meglio, o peggio. Quando scesi le scale, mia zia Luana mi lanciò un'occhiata strana, ma mi invitò a fare colazione con lei.
<<Non mi hai ancora detto perché sei venuto qui>> mi disse. Era una donna sulla sessantina d'anni, una delle persone più furbe di tutta la mia famiglia e di certo non si sarebbe lasciata sfuggire una cosa del genere.
<<Ehm, mi mancava la mia zietta preferita?>> provai a dire poco convinto.
<<Si e io sono la regina Elisabetta>> alzò gli occhi al cielo, ma subito ripose il suo sguardo inquisitorio sul mio.
<<Perchè volevo andare al calduccio e il Texas è il posto migliore>> riprovai.
<<Dai Ryan, smettila di raccontare cazzate e dimmi una buona volta per tutte perchè sei qui>>. Sbuffai, era impossibile non dirle la verità.
<<Ho conosciuto una ragazza>>
<<E...>> mi esortò ad andare avanti, curiosa di sapere il seguito.
<<Mi ha detto di essere incinta e io sono scappato>>. Mia zia si alzò velocissimamente e mi mollò uno schiaffo sulla giancia che mi fece girare la testa e spalancare gli occhi per la sorpresa. Cercai una spiegazione nei suoi occhi.
<<Te lo sei meritato>> mi disse <<non si mollano le ragazze incinta da sole. Non è un gesto nobile da parte tua>>.
Oh mio Dio eravamo tornati per caso al Medioevo?
<<Non mi sono sentito pronto>> le confidai in un sussurro. Era vero: avevo una paura folle di non essere un buon padre, ma Liam aveva ragione. Dovevo iniziare a prendere le mie responsabilità, d'altronde avevo 22 anni!
<<Tesoro>> iniziò mia zia avvicinandosi a me <<non è una cosa facile. Ti capisco. Posso comprendere la paura di rivivere quella situazione un'altra volta -sì tua madre me l'aveva raccontato- ma la ragazza ha bisogno di te>>.
<<Zia io non ne sono all'altezza. Non sarò un buon padre: l'unica cosa che mi interessa è divertirmi ed essere spensierato! Sono nel fior fiore della mia età!>>.
<<Ryan, io ero rimasta incinta molto giovane, il padre aveva rinnegato il bambino e io avevo dovuto portare avanti la gravidanza da sola. È stata molto dura, non avevo nessuno che mi aiutasse, nemmeno i miei genitori. Quindi, se la ami, vai da lei. Sono sicura che non te ne pentirai>> mi fece un occhiolino d'incoraggiamento.
Sarebbe stato davvero così? Sarebbe riuscita a perdonarmi?
Mi avrebbe amato lo stesso?
AMARE era una parola forte, ma forse era quello che sentivo io. Forse era per quello che mi sentivo sgonfio, svuotato: mancava la mia ragazzina al mio fianco, era lei che mi rendeva felice, mi rendeva diverso.
<<Grazie zia. Ti voglio bene>> le diedi un bacio e a grandi passi mi avviai su per le scale, deciso ad andare a prendere il cellulare per chiamare Alis e dirle tutto. Illuminatosi lo schermo, vidi una chiama persa da Cindy, risalente a pochi minuti prima. La richiamai subito e aspettai che il telefono squillasse.
4,5,6 squilli. Perchè non rispondeva?
Quando avevo ormai perso le speranze, sentii la sua voce rispondermi. Non era cristallina come al solito, era preoccupata, affannata.
<<Pronto?>>
<<Cindy sono Ryan. Che succede?>>
<<Alis>>. Non capivo. Aggrottai la fronte.
<<Alis cosa?>> le chiesi
<<Ha avuto un incidente>>.
Mi sentii crollare il mondo addosso: il mio respiro si velocizzò e sentii aumentare il battito del mio cuore. Senza pensarci due volte, misi dentro alla valigia in quattro e quattrotto tutti i miei vestiti, raccolsi tutti i miei effetti personali nella stanza e scesi di corsa per le scale. Mia zia era in cucina che lavava le tazze.
<<Zia, devo andare. La mia ragazza ha bisogno di me>>. Il mio sguardo le fece capire tutto e Luana mi rivolse un dolce sorriso.
<<Vai Ryan, e che possa Dio sempre vegliare su di voi. Hai bisogno anche tu di trovare la tua metà e di vivere una vita serena>>.
Officiale: adoravo mia zia.
Con la macchina a noleggio feci una corsa contro il tempo, non rispettai nessun limite e nessun semaforo. Presi il primo volo disponibile per New York e non riuscii a stare un attimo fermo per tutto il viaggio. Ero nervoso e soprattutto avevo paura per Alis e il nostro bambino. Giunto a New York dopo quelle che mi sembrarono interminabili ore, chiamai un taxi e mi feci portare all'ospedale che mi aveva indicato Cindy via messaggio. Tutto affannato, scesi dal veicolo e lasciai una banconota consistente al taxista che mi ringraziò calorosamente. Corsi nella 'reception' dell'ospedale e diedi i dati anagrafici di Alis.
<<Alis Smith. Terzo piano, terapia intensiva stanza 409>>. Non ringraziai nemmeno quella donna che si trovava dietro al bancone e, con la valigia ben salda, entrai nel primo ascensore libero. Più salivo, più sentivo la tensione crescere. Speravo stesse bene, ma col fatto fosse in terapia intensiva non ci credevo affatto. Avrei pregato Dio pur di avere un futuro con lei. Sì, la volevo nel mio futuro e non mi importava se fossi stato il ragazzo peggiore del mondo. Avrei trovato un modo per farmi perdonare.
Le porte si aprirono e corsi verso il corridoio con su scritto "terapia intensiva": in fondo ad esso vidi Cindy e Liam seduti su delle sedie nella sala d'attesa e mi precipitai da loro, rischiando perfino di cadere.
<<Liam! Cindy!>> chiamai per attirare la loro attenzione.
<<Ryan! Oddio non ci posso credere tu sia qui!>>. Entrambi mi abbracciarono: mi erano mancati.
<<Come sta?>> chiesi preoccupato. Volevo vedere più che mai quei suoi bellissimi occhioni verde foglia.
<<Non lo so. Da quando l'hanno portata in ospedale non ci hanno riferito niente. Poco fa è entrato un dottore>>. Dei brividi mi percorsero la spina dorsale e la paura di non vederla mai più mi attanagliò lo stomaco in una presa talmente forte che pensai di svenire. Passò una buona mezz'ora prima che un medico sulla cinquantina uscì dalla stanza di Alis: si richiuse la porta alle spalle e ci chiese se fossimo i suoi parenti.
<<Sono il suo ragazzo e loro sono i suoi amici>> dissi scattando in piedi.
<<Allora, la situazione è piuttosto grave. La paziente Alis Smith ha sbattuto la testa a terra e, contraendo un'emorragia cranica, è andata in coma naturale. Al momento la stiamo monitorando e le stiamo somministrando farmaci al fine di ridurre il sangue nel cervello. Fortunatamente il bambino è salvo, ma dovrà essere sotto stretto controllo anche lui>>. Il medico se ne andò e ci lasciò li da soli a guardarci negli occhi, sconcertati da ciò che ci aveva appena detto.
La mia ragazzina è in coma e rischia di non svegliarsi più.
La mia ragazzina è in coma.
La mia ragazzina rischia di non svegliarsi più.
Un singhiozzo ruppe il silenzio che si era creato da noi e ci misi un po' a capire la provenienza. Proveniva da me. Era la seconda volta che piangevo nella mia vita e la prima era stata al funerale di mia sorella Hailey.
Dio, se esisti, proteggi la mia ragazzina, ti prego.
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