Capitolo 19 - scusa
CIAO A TUTTI. HO DECISO DI TIRARE VIA DAL CAST ALIS PERCHÈ VORREI CHE VE LA IMMAGINIATE VOI COME PIÙ PREFERITE! UN BACIO E BUONA LETTURA.
Ps. Nei media c'è un disegno fatto dalla mia compagna di banco e colorato da me. Così è come mi ero immaginata più o meno Alis
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RYAN'S POV
Mi tremavano le mani: da lì a dieci minuti sarei andato a prendere Alis e l'avrei portata in uno dei locali più rinomati di New York. Il mio copione era pronto, tutto doveva essere perfetto. Avevo anche prenotato il tavolo di fronte al palco in modo tale potessimo cenare con la musica in sottofondo. Mi sistemai il papillon per la terza volta, lisciai la giacca nera del mio completo e controllai che le stringhe delle scarpe fossero ben annodate. Poi, con calma infinita, mi diedi l'ultima passata di profumo, sistemai il ciuffo folto, presi le chiavi, chiusi l'appartamento e mi diressi verso la mia bambolina, alias la mia Mustang nera. Era un regalo del compagno di mia madre e l'avevo accettato solo perchè avevo una grande passione per le macchine, soprattutto per quel modello lì. Se mi avesse regalato un altro tipo di automobile glielo avrei tirato dietro già da molto tempo. Lo odiavo, ma non perchè non mi stava simpatico, ma perchè aveva preso il posto di mio padre come se niente fosse e voleva addirittura mi comportassi come suo figlio: aveva avuto la faccia tosta di trasferirsi da noi un anno dopo la morte di mia sorella e da quel momento me l'ero dovuto subire tutti i santi giorni. Sebbene tutti mi dicessero che mia madre aveva trovato un compagno simpaticissimo e con la testa sulle spalle, il mio odio verso di lui era inestinguibile. Perso nei pensieri non mi ero accorto che ero ormai giunto in prossimità dell'appartamento di Alis -grazie a Dio potevamo girare con le macchine all'interno del campus- così accostai e scesi dalla macchina, appoggiandomi alla portiera con fare disinvolto. Dall'esterno potevo sembrare molto calmo, sguardo fermo e rigido, ma dentro di me uno tsunami di emozioni era in corso di svolgimento: il battito del cuore era accelerato, le mani mi sudavano un pochino e l'etichetta della giacca mi prudeva, facendomi diventare ancora più nervoso. Feci dei respiri profondi. Una luce nell'ingresso dello studentato si accese e una figura scese le scale. Il momento tanto atteso era ormai giunto.
Quando uscì dal edificio, il mio cuore si fermò -proprio così, da un battito veloce ad un battito inesistente in pochissimo tempo- a causa della bellezza mozzafiato di Alis. Mi salutò timidamente e con una mano si sistemò una ciocca sfuggita allo chignon disordinato che si era fatto. [Foto nei media].
Il mio sguardo scivolò lentamente dalle sue gambe nude fino alla sua faccia imbarazzata. Aveva una tutina nera a maniche lunghe e pantaloncini corti con un po' di pizzo che le risaltava le forme nel punto giusto. Le sorrisi sinceramente. Mi era mancata.
La feci accomodare nella mia macchina e partimmo, sfrecciando attraverso il traffico serale newyorkese. Il viaggio fu tranquillo, lei non parlò e io neppure: avevo deciso di portarla al Eleven Madison Park, uno dei ristoranti più famosi della grande mela con la vera cucina tradizionale americana di lusso. I miei genitori non erano di ricca famiglia, ma il mio patrigno aveva abbastanza soldi che mi dava mensilmente sotto forma di paghetta, come se ne avessi bisogno, e decisi di spenderli per quella serata. Non avevo mai voluto toccare i suoi soldi, mi sembravano sporchi, corrotti. Oggi era stata la prima eccezione. Giunti davanti all'ingresso, un uomo sulla sessantina di nome John mi chiese a che nome avessi prenotato e ci fece accomodare al nostro tavolo: il luogo era piuttosto raffinato e catturò subito l'attenzione della mia accompagnatrice. Mi faceva felice vedere come osservava tutta incantata dove ci trovavamo, era curiosa e lo capivo. D'altra parte, io c'ero stato talmente tante volte -i proprietari erano amici di famiglia- che mi sembrava quasi banale quel posto. Ci portarono il menù e solo allora i miei occhi si incontrarono con quelli di Alis: lo stomaco mi si contraeva dalle forti emozioni che mi faceva provare quella ragazza al solo sguardo. Comunque sia, la vedevo un po' agitata, si metteva a posto i capelli continuamente, si sfregava le mani sui pantaloncini e i suoi occhi si spostavano velocemente da una parte all'altra senza mai soffermarsi su un oggetto ben preciso.
<<Puoi stare pur tranquilla, non ti rapisco>> le dissi io ridacchiando, cercando di spezzare un po' il ghiaccio tra noi. Non volevo ereggesse un muro tra di noi, si chiudesse nel suo mondo e non parlasse più. Mi sorrise amaramente e tornò a guardare la fiammella della candela posizionata in mezzo a noi. Io focalizzai, invece, la mia attenzione su di lei: avevo preparato una serata stupenda per scusarmi con una ragazza. Non mi era mai successo prima, si vede che mi stava cambiando quella ragazza. Mia sorella sarebbe stata davvero fiera di me e avrebbe voluto sicuramente conoscerla. Sorrisi e scossi la testa al ricordo di Hailey e tornai a ripetermi mentalmente il mio discorso: avevo paura di dimenticarmelo o di poter sbagliare qualcosa. I nostri piatti arrivarono e finalmente la tensione tra di noi si spezzò. Iniziammo a dialogare del più o del meno, ridemmo e scherzammo animatamente senza ormai più imbarazzo. Il suo sorriso era genuino, contagioso, ti faceva sentire le farfalle nello stomaco. La serata trascorse velocemente e così arrivò il dolce e il momento tanto atteso.
Ora dovevo stare tranquillo.
Mi pulii la bocca, poi attirai la sua attenzione con un colpo di tosse e le dissi:
<<ehm vado un attimo a fare una cosa...>>
Era plausibilmente una scusa per allontanarmi da lei, ma Alis non mi fece domande e io mi alzai tranquillamente dal tavolo e andai a cercare il proprietario del ristorante, Sans. Quando lo trovai, ci avvicinammo entrambi al palco e aspettammo che la band finisse di suonare. I miei occhi si incrociarono con quelli di Alis e lei mi fece una faccia perplessa: ora non ero più tanto sicuro come prima.
<<È tutto a posto Sans?>> dissi rivolgendomi al proprietario. Lui acconsentii con un movimento della testa e mi lasciò li da solo vicino al piccolo palco. Aspettai che il gruppo terminasse la canzone e salutasse il pubblico, poi salii e mi diressi al pianoforte che fino a quel momento era stato inutilizzato in un angolo. Avevo avuto una settimana per esercitarmi su quel pezzo, non avrei dovuto assolutamente sbagliare una nota: mi pulii le mani sudate sui pantaloni e appoggiai le mie dita affusolate sui primi tasti. Una melodia dolce e malinconica si sprigionò in tutta la sala e iniziai a suonare con non-chalance. Dopo un po' la mia voce accompagnò la musica, completando così la canzone. Non osai mai incrociare i miei occhi con quelli di Alis, sapevo che mi avrebbe fatto sbagliare, preferendo invece tenere lo sguardo basso sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Suonai Fix you dei Coldplay: quella canzone mi era venuta in mente mentre cercavo su internet 'come scusarsi con una ragazza che ti piace' -non giudicatemi vi prego-.
When you try your best but you don't succeed
When you love someone but it goes to waste
Quando le mie dita smisero di suonare la melodia, mi alzai in piedi tutto agitato e mi posizionai in mezzo al palco dove c'era un microfono: ora veniva la parte più difficile. Mi sistemai i capelli, non sapevo proprio da dove iniziare, poi i miei occhi incontrarono quelli di Alis e cominciai a parlare, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
<<Questo è per scusarmi con una ragazza che mi piace: ho fatto una cazzata, l'ho fatta soffrire e ora voglio rimediare. In questo periodo passato con lei, sebbene molto breve, sono cambiato. MI HA CAMBIATO. Come potete vedere, sono il tipico ragazzo popolare e dongiovanni della scuola, che sembra non aver problemi che in realtà cela sotto una pesante maschera. Lei mi ha riportato a galla ricordi, parti di me che nemmeno ricordavo e per questo devo ringraziarla>> poi mi rivolsi direttamente a lei <<So che non è il massimo, ma ho cercato di fare del mio meglio. è la prima volta che organizzo un appuntamento e come sai già, non ho mai avuto bisogno di scusarmi. Il nostro rapporto non è iniziato nel migliore dei modi ma ora sono qui>> dissi scendendo dal palco e avvicinandomi a lei <<Ora sono qui accanto a te per chiederti scusa, per chiederti di ricominciare da capo>>. Detto ciò spensi il microfono e guardai negli occhi verdi di Alis aspettando una sua risposta: nel frattempo tutta la sala era rimasta in silenzio col fiato sospeso. Inizialmente non vidi niente nei suoi occhi, sembravano spenti, poi però un sorriso spuntò sulle sue labbra e si alzò in piedi per abbracciarmi stretto alchè tutto il ristorante applaudì sonoramente. Non aggiungemmo altro per il resto della serata e Alis non si lamentò quando mi offrii di pagare. La riaccompagnai fin davanti alla porta del suo appartamento dove mi diede un casto bacio sulla guancia e mi augurò la buonanotte. Tornai di buon umore a casa e mi sdraiai sul letto con un sorriso a trentadue denti. Grazie a Dio era andato tutto alla perfezione. Lo schermo del mio cellulare si illuminò e andai a controllare freneticamente chi fosse: era un messaggio di Alis.
<<Ti avevo già perdonato con la lettera>>
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La vedete la foto nei media?
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