THAT DAMNED NIGHT
«Cecilia, ti muovi?! Tuo padre non sa la strada, quindi prima partiamo, prima ci perdiamo, prima ritroviamo la strada giusta!»
Il fastidio di sentire una madre dirti queste cosa quella maledetta sera che non hai proprio voglia di uscire è inspiegabile.
Perché dovevamo andare a quella maledetta cena?
Perché dovevo andarci anche io con loro?
Era una cena di lavoro di mio padre, io cosa c'entravo?
Doveva incontrare un plausibile cliente a quanto pare molto prolifico, ma comunque io non sarei servita a nulla!
Che poi, sarei stata anche da sola, perché quel simpaticone di mio fratello aveva deciso di organizzare una serata con i suoi amici per scampare a quella noiosissima cena, quindi sarebbe stato tutto il doppio più noioso.
«Si sa che sono sempre stato io il gemello più intelligente tra i due, era inevitabile che venisse a me un'idea del genere» se l'era tirata Filippo quando i miei lo avevano scagionato da quella cena.
«Ci sarà anche il figlio del mio cliente!» mi aveva detto mio padre per confortarmi.
"Wow! Uno stupido bambino che vorrà giocare a nascondino o uno stupido nerd che starà tutto il tempo al cellulare!" avevo pensato io tra me e me.
Non potevo sbagliarmi di più.
Il figlio del collega di papà era tutt'altro che un bambino urlante o un nerd occhialuto. Era di un po' più grande di me, decisamente alto, con un fisico invidiabile ("almeno da dietro" pensai mentre mi avvicinavo "Ah no, anche da davanti" confermai quando li raggiungemmo) e un sorriso gentile.
"Non faremo mai amicizia in una sera" pensai mentre ci presentavamo "Ma almeno ci sarà qualcuno annoiato tanto quanto me" mi confortai un po'.
«Lei è mia figlia Cecilia» mi presentò mio padre.
Abbozzai un sorriso imbarazzato.
Non mi sono mai piaciute le presentazioni.
Non so mai cosa devo fare!
«Matteo» mi si presentò per primo il ragazzo.
Strinsi la mano che mi porgeva facendo un sorriso, che però in un attimo mutò nell'espressione di sorpresa tipica di chi non si aspettava quello che è appena successo.
I miei occhi avevano appena incontrato quelli di quel presunto Matteo, e tutto intorno si era appannato. Vedevo solo quelle bellissime iridi color cioccolato e quel sorriso un po' storto ma davvero davvero carino.
Cinque secondi.
Cinque secondi di magia e poi... Bum!
La bolla che si era creata intorno a me e quel bellissimo ragazzo che avevo di fronte era stata scoppiata da niente meno che mia madre, che ci stava incitando a entrare nel ristorante.
La mano di Matteo lasciò la mia con un gesto che mi sembrò quasi brusco, e a me sembrò quasi di sentire freddo nonostante fosse metà maggio. Rimasi paralizzata per un attimo, poi mi risvegliai e seguii gli altri dentro il ristorante, senza smettere di lanciare occhiate a quel ragazzo che mi aveva provocato qualcosa di completamente nuovo.
Si girò a guardarmi un paio di volte anche lui, ma non riuscii a decifrare a cosa fossero dovuti quei suoi sguardi.
«Quindi, Cecilia, quanti anni hai?» mi chiese a un certo punto della cena la madre di Matteo.
«18 appena compiuti» risposi io.
«Benvenuta nel mondo dei maggiorenni!» esclamò il padre di Matteo.
«Non è molto diverso da quello dei minorenni» disse Matteo scuotendo la testa e arricciando il naso.
Io feci una risatina. Me ne ero accorta nonostante avessi 18 anni da meno di un mese.
«Quindi devi fare l'ultimo anno di superiori?» mi chiese la madre di Matteo «E cosa studi?» mi chiese quando io annuii.
«Faccio il liceo linguistico» risposi.
«E tu, Matteo, cosa studi?» chiese mio padre al ragazzo di fronte a me.
«Io studio economia all'università» rispose lui.
«E riesci a gestire studio, allenamenti e partite?» chiese ancora mio padre.
Io aggrottai le sopracciglia.
Cosa intendeva?
«Allenamenti e partite?» chiese mia madre.
«Matteo fa il calciatore» le spiegò il padre di Matteo.
Io alzai le sopracciglia.
«Professionista?» chiesi.
«Al momento gioca nell'Atalanta» rispose sua madre annuendo.
«Ma probabilmente passerò presto al Verona. Vero, papà?» disse Matteo.
Suo padre annuì.
«Un prestito di un anno» spiegò a mio padre.
«Quindi in serie A» disse mia madre.
Matteo e i suoi annuirono.
Io spalancai gli occhi e socchiusi la bocca.
Giocava in serie A?!
Cioè con le squadre più famose d'Italia?!
Wow!
Insomma... wow!
«Non... non me lo avevi detto, papà» dissi a mio padre «Filippo lo sa?» chiesi.
«No, altrimenti sarebbe voluto venire anche lui e avrebbe assillato Matteo di domande» mi rispose mio padre «Anche perché credo che lo abbia al Fantacalcio» aggiunse pensieroso.
Matteo e suo padre fecero una risatina, prima di chiedere chi fosse Filippo.
«Nostro figlio» rispose mia madre «Lui e Cecilia sono gemelli» aggiunse.
«Com'è avere un gemello?» mi chiese Matteo, mentre i nostri genitori continuavano a parlare di figli e cose varie.
Io presi un bel respiro, prima di girarmi verso di lui e puntare i miei occhi nei suoi.
Sì, rimasi di nuovo senza fiato per qualche secondo.
Possibile che un semplice paio di occhi scuri potessero farmi quell'effetto?
Insomma, erano davvero belli, ma non potevo perdere un battito tutte le volte che li incontravo!
«Sei figlio unico?» gli chiesi io.
«Ho una sorella» rispose lui.
«Allora capirai se ti dico che è come avere un fratello/sorella» risposi alla sua domanda.
Matteo mi guardò poco convinto.
«Dicono che tra gemelli ci sia un legame speciale» disse.
Io feci oscillare la testa.
«Sì, che può essere sia positivo che negativo» dissi poi.
«Più positivo o più negativo?» mi chiese Matteo, leggermente divertito.
«Più positivo» risposi io «Diciamo che c'è una complicità unica» spiegai.
Matteo fece un sorrisetto storto, poi tornò a concentrarsi sui nostri genitori, che intanto stavano parlando di educazione e robe del genere.
Io rimasi un attimo a guardare il bel viso del ragazzo che avevo di fronte, e mi accorsi di avere un sorriso che doveva risultare alquanto stupido in volto.
Ma cosa mi stava succedendo?
~~~
«Ho cenato con un calciatore!» esclamai quella stessa sera una volta a casa, per fare invidia a mio fratello.
Filippo mi guardò scettico.
«E dove gioca? Nella squadra dell'oratorio?» mi chiese alzando un sopracciglio.
«Veramente nell'Atalanta» dissi io con finta noncuranza.
Vidi Filippo spalancare gli occhi.
«Mi stai prendendo per il culo» disse con tono accusatorio.
«Per niente» lo smentii io scuotendo la testa.
Questa volta Filippo spalancò anche la bocca.
«Chi era?» chiese evidentemente emozionato e invidioso.
«Si chiama Matteo, so solo questo» risposi io.
Vidi mio fratello pensarci, poi si illuminò.
«Pessina?» mi chiese.
Io arricciai il naso.
«Chiedi a papà, non so il cognome» risposi.
Mio fratello corse fuori dalla nostra stanza in men che non si dica, e dopo un po' lo sentii esclamare «Perché non mi hai detto che la cena era con lui?! Volevo conoscerlo anche io!» con tono lamentoso «Lo sai che ce l'ho al Fantacalcio, potevo chiedergli di impegnarsi di più!» aggiunse.
«È proprio per questo tipo di affermazioni che abbiamo deciso di non dirti nulla» disse mia madre.
«Avevamo bisogno di fare bella figura alla prima cena» aggiunse mio padre.
«E quindi avete portato la bella e perfetta Cecilia» si lamentò mio fratello.
«Si sa che sono sempre stata io la gemella perfetta, era inevitabile che portassero me per fare bella figura!» gli urlai io dalla camera da letto, imitando le parole che mi aveva detto lui pochi giorni prima.
Lo sentii sbuffare e me lo immaginai fare una smorfia stizzito.
«Alla prossima cena puoi venire anche tu» lo tranquillizzò mio padre.
Io spalancai gli occhi.
Prossima cena?
Aveva detto "prossima cena"?!
«Ci sarà una prossima cena?» chiesi, correndo in salotto a una velocità che sembrava mi ci fossi materializzata.
Mio padre annuii e io non potei fare a meno di spalancare gli occhi.
Ci sarebbe stata un'altra serata come quella?
Ci sarebbe stata un'altra cena con la famiglia Pessina e quindi con Matteo?
Lo avrei rivisto?
Non ero sicura di essere pronta, e neanche di volere del tutto.
Insomma, certo che volevo rivedere quel bellissimo ragazzo che si era rivelato anche simpatico, ma allo stesso tempo avevo paura. Non avevo ancora ben chiaro cosa mi fosse successo quando i nostri occhi si erano incontrati, ed ero sicura di non aver mai provato quelle sensazioni. Però avevo pensato che non lo avrei più rivisto, quindi non sarebbe stato un grande problema. Ma la consapevolezza di doverci fare un'altra cena aveva cambiato tutto. Avrei sì rivisto Matteo, e non sapevo come avrei reagito.
Avrei sussultato ancora al contatto con i suoi occhi?
O sarebbe stato tutto normale questa volta?
E poi, dentro di me avevo voglia di vederlo, lo sapevo, ma ne ero così certa?
O forse era solo una sensazione?
Quella notte nel letto mi rigirai mille volte senza riuscire a chiudere occhio.
Ma da quando mi facevo tutte quelle domande?
E da quando non riuscivo a chiudere occhio per colpa di un ragazzo ancora decisamente sconosciuto?
Spazio autrice:
Ecco i primi capitoli di questa mia nuova storia!❤🤍
Spero davvero che vi piaccia e non esitate a lasciare commenti, mi diverto un sacco a leggere i vostri pensieri ❤🤍✨
Un bacio ❤🤍
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