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VILLAGGIO: 9

«Il tuo compito è solo uno: UCCIDILI TUTTI.»

Alessio era appoggiato al muro con molti dolori.
Douglas si stava avvicinando, pronto a dargli il colpo di grazie.
«Sarò veloce, ho anche i tuoi altri amici da uccidere.»

Alessio, intanto, continuava a sorridergli.
Era abituato a prenderle. Era iniziata quando era bambino, col tempo passò dai forti pianti per il dolore, al ridere in faccia a quelli che lo maltrattavano.
Era come dirgli che loro, in realtà, non avevano vinto.

Douglas puntò una pistola verso il cecchino, che rimase lì fermo, sempre con quel suo sorriso folle.

Stava per sparare quando l’arma venne afferrata da un artiglio.

Andreas la tirò verso di sé e poi lanciò una scarica dei suoi poteri vibrazionali a Douglas.
Il fumo si dissolse e, ancora una volta, sembrava che non si fosse fatto niente.

Arrivò, allora, Manuel alle spalle, ma le lame non affondarono il colpo, si bloccarono quando entrarono a contatto con la sua pelle.

La terra tremò, era il turno di Michael. Gli corse incontro e lo colpì dritto in volto con un violento pugno, ma il risultato non era quello sperato.

Erik provò lanciandogli le sue lame, Douglas si fece colpire e ne uscì indenne.

Peter tentò di sorprenderlo con la sua armatura, ma quello sorpreso alla fine fu lui, che si prese dei pugni allo stomaco.

Una grande luce si diresse verso di lui. Si schiantò proprio a pochi metri, rilasciando una potente energia esplosiva. Una volta dissolta ne uscì Sascha.

Con i ragazzi tutti lì vicini e intorno a lui, Douglas decise di usare la capacità di muoversi velocemente, dunque corse intorno a loro e si preparò a colpirli tutti, senza essere visto.
Durante la corsa, però, notò gli occhi di Sascha fissi su di lui.
Il piccolo islandese intervenne e lo colpì con un’altra carica esplosiva, ma, anche stavolta, Douglas tenne botta.

«Dunque tu dovresti essere il velocista.»
«Sono famoso?» gli domandò, confuso, il ragazzo, grattandosi il cappuccio.
«Hai una certa reputazione. Ma tranquillo, questo non mi impedirà di ucciderti.»
Sascha non parve preoccuparsi. «Provaci.»
«Meno chiacchiere e più fatti!» urlò il gigante afferrando Douglas e sbattendolo ripetutamente con la faccia sul terreno.
Quando si fermò, l’afro, subito, lo colpì forte sulla guancia e lo mandò a terra.
«Non potete nulla contro di me.»

Alessio si era finalmente rialzato.
«Ahia.»
Si teneva il fianco, mentre corse a spintonare Douglas e provò a dargli qualche pugno. Andarono a segno, ma sempre niente dolore. Douglas lo ripagò con la stessa moneta, i suoi colpi, però, provocarono dolore, tanto dolore.
Dopodiché gli diede una forte manata sullo sterno che lo rimise a sedere.

Subito Andreas riprese a lanciare altre scariche dei suoi poteri.
«Com’è possibile?» il tedesco proprio non riusciva a crederci, avrebbe tanto voluto una spiegazione a questo.
Douglas sorrise. «Storia lunga ragazzino. Ma non avrete il tempo di…»
Mentre parlava venne placcato da un instancabile Alessio.
«Il tempo di?» domandò il tedesco. «Il tempo di? Il tempo di che cosa?»

Alessio bloccò Douglas a terra, arrivarono in soccorso le forti braccia di Peter ed Erik.
Mentre loro lo tenevano fermo, il cecchino lo colpiva ripetutamente in volto.
«Potrebbe avere dei poteri?» domandò Erik.
«Non dovrebbe» rispose l’inglese.
«Come fa allora?» non si capacitava Erik.
Alessio, piegato su Douglas, mentre gli dava dei cazzotti, sentì, vicino al ginocchio, quella cosa che aveva nascosta nel pantalone. Avrebbe voluto capire di cosa si trattasse.
Proprio in quel momento, Douglas scatenò un’insolita onda d’urto, riuscendo così a togliersi di dosso quei tre ragazzi.

Arrivò furioso Manuel, con continue spadate. Douglas si lasciò colpire dalle lame affilate del samurai, non si muoveva nemmeno di una virgola, dopo tutto ciò che stava subendo.
«Come è possibile che tu non abbia nemmeno un graffio!» gli urlava Manuel, cercando, invano, di scalfirlo.
L’afro gli fece una risata in faccia e poi gli diede un destro, forte sotto il mento.

Adesso era faccia a faccia con Sascha.
Mentre si avvicinava al piccoletto, passò davanti ad Alessio, che provò a fermarlo afferrandolo per la caviglia, ma in cambio si prese un calcio alla pancia.

«Avanti velocista, fatti sotto. Usa tutte le armi che vuoi.
«Non vali lo sforzo» gli ringhiò Sascha.
«Dici?» mostrando tutto quello che aveva combinato.
«Finiamola qui.»
Sascha gli lanciò un’altra potente scarica esplosiva.
«Niente» si vantò, ancora, Douglas.
Stavolta il piccoletto puntò le braccia verso l’alto e, dal cielo, fece cadere un fulmine sul nemico.

Spuntò un ghigno sul viso di Sascha.
Per quanto fosse rimasto ancora in piedi, Douglas era arrostito, col sangue che colava ovunque, bagnando ogni parte del suo corpo.
Tossiva, stava per mollare, ma riuscì a tenersi in piedi.

Alessio tentò un altro attacco, che andò, però, ancora a finire con lui sconfitto e con ancora più dolori e lividi.
Douglas prese soltanto un calcio dal cecchino, poi lo afferrò e lo lanciò via.

«Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.»
Alessio mostrava uno strano oggetto nella sua mano.
Douglas lo guardò allibito.
Il cecchino sparò tre proiettili dritto nel suo petto.

Douglas era a terra, i colpi, stavolta, erano andati a segno.

Nonostante il dolore, alzò la testa.
I sette avversari avanzavano lentamente verso di lui.
Man mano che erano sempre più vicini, provava sempre più timore.
«Vi prego, abbiate pietà… Vi prego… No!»

I ragazzi accerchiroano Douglas, lo guardano dall'alto, sdraiato a terra sconfitto.
Alessio si calò verso di lui e gli diede un pugno in faccia.
Stavolta, lo sentì fino in fondo.

~~

Alessio lasciò cadere a terra l’apparecchio tecnologico che permetteva a Douglas di resistere ai loro attacchi, poi lo calpestò.
Andreas si avvicinò. «Quindi era grazie a questo coso che non si faceva male?»
Peter lo osservò. «Ecco cos’era. Avvertivo della strana tecnologia prima, a quanto pare era questo coso.»
«Ce ne sono altri?» domandò Manuel mentre posava le katane nei foderi.
«Non ti sono bastati quelli che hai affettato prima?» rispose Erik.
«Non bastano mai.»

«Che succede? Sento rumore» Michael guardò verso la struttura principale, si sentivano tanti rumori provenire da lì.
«Stanno arrivando i famosi altri» avvertì Peter.
«Dobbiamo andarcene, presto» ordinò Sascha.
Michael, lanciò dei fumogeni per rallentare i nemici che correvano verso di loro.
«Veloci a prendere le nostre cose nelle stanze» ordinò Sascha. «Poi, dritti al parcheggio.»

Iniziarono a correre.

«Cristo!» fermò tutto Alessio. «Douglas.»
Si voltarono verso di lui, ancora lì steso a terra.
Ma una macchina gli franò addosso.
«Avremmo potuto chiedergli qualcosa» rifletté Erik, mentre fissava quella macchina.
«Già...»
E ripresero a correre.

Sascha, però, aspettò un attimo. Guardò verso il cielo stellato.
«Da dove cavolo è caduta?»

Fecero le corse.
Andarono nelle stanze, si misero le loro uniformi e le loro armi e poi tornarono fuori.

Obiettivo era il parcheggio, ma, nel mentre, dovevano anche rallentare i nemici.
Trovarono un modo: distruggere tutto ciò che c'era intorno.

Il villaggio alle loro spalle bruciava e si distruggeva ogni secondo di più.
I ragazzi avevano raggiunto il parcheggio e stavano decidendo quale macchina rubare.

Peter stava per entrare nella prima che si era trovato davanti.
«Dove vai, idiota?» lo sgridò Manuel. «Non ci entriamo in quella.»
Più avanti c’era il mezzo perfetto, un classico furgone bianco.

Peter andò al posto guida e Alessio si sedette al suo fianco, gli altri salirono tutti dal portellone posteriore.
Intanto che l’inglese mise in moto e fece manovra, i cinque dietro lanciarono qualsiasi cosa verso i nemici per riuscire, il più facilmente possibile, a scappare.

Guidarono, come pazzi, per qualche chilometro.

«Ce l’abbiamo fatta» affermò, finalmente, Alessio. «Li abbiamo seminati.»
Poterono tirare un sospiro di sollievo.
«Davvero un bell’hotel avevi trovato, Peter» si complimentò Andreas.
«Che ne sapevo io che c’era gente lì che ci cercava per farci fuori.»
E in effetti non era una cosa prevedibile.
«Non siamo nemmeno riusciti a dormire» ricordò Manuel. «Avremmo tempo, dato che è ancora notte.»

Mentre continuavano a discutere, un aereo militare volava lento sulle loro teste.

«A questo punto andremo direttamente verso il Sudan del Sud» ipotizzò Erik.
«Eh sì, a questo punto…» Peter confermò.
«Che cos’è sto rumore?» pensò ad alta voce Sascha.
«Già, poi però quando arriviamo vediamo di farci prima una dormita» propose Manuel.

L’aereo militare sparò un missile e distrusse completamente il furgone.

Dopo, continuò a sganciare altri missili mettendo a ferro e fuoco un’intera area stradale lunga chilometri.

Finito il lavoro si ritirò alla base.

~~

Nel bel mezzo del deserto c’era una locanda ancora aperta, nonostante fosse notte inoltrata.

«Messaggi dal villaggio, Drew. Non ne rimane più niente, è andato completamente distrutto. Incompetenti, erano un centinaio e si sono fatti beffare da quei ragazzini. Douglas è stato sconfitto.»
«Non ti preoccupare, Lilian» le disse Richard, con eccessiva calma.
«Cos’hai in mente?» domandò la donna.
«Un aereo li ha seguiti e gli ho dato l’ordine di annientarli in qualunque modo. Ha effettuato un bombardamento a tappeto. Ci sono state morti non previste, ma quello che ci interessava era fermare loro.»
«Dici che ci siamo riusciti?» domandò, speranzoso, Mauricio. «Anche il piccoletto?»
«Sarebbe stato impossibile sopravvivere.»

«Contenti, no?» Clara continuava ad istigarli.
Girò e rigirò, nervosamente, quella specie di spaghetti che aveva nel piatto, il primo pasto che gli davano, dopo più di ventiquattro ore.
«Perché non fate lo stesso anche con me così la finiamo» disse disperatamente.
«Mi dispiace, altezza» le disse Richard, con un finto sorriso. «Tempo al tempo.»

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