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UNA FELICE FAMIGLIA REALE: 20

MORTA LA REGINA DI SVEZIA!
Esplosa l'auto mentre era alla guida.

I potenti del mondo si incontrarono ad Oslo.
Tra questi c'era il re di Svezia, Oscar III, con la regina Eva e la figlia Clara.

I temi dell'incontro erano tanti: dalle povere chiacchiere riguardo il cambiamento climatico, alle crisi in medio oriente.
Oscar III, però, aveva una missione secondaria. Puntava al presidente degli Stati Uniti e alla sua politica, ultimamente, ma nemmeno così tanto, ipocrita e crudele.
E fu proprio da lui che andò quando finì l'incontro del secondo giorno.

«Lo avevo notato il vostro sguardo maestà, cosa volete chiedermi?» domandò, premuroso, il presidente.
«Signor presidente vorrei chiederle, se possibile, delle delucidazioni sulla vostra attuale politica estera. Più precisamente quella verso i popoli africani. Non so se mi spiego...»
«Si spiega bene...» la sua espressione era cambiata. «Cosa c'è? Vuole fare l'uomo onesto?»
Il re gli fece un ghigno. «Io non ho mai commesso crimini, presidente.»
«Sia diretto, re.»
«Cosa succede nel Sudan del Sud?»
«Non si preoccupi re. Noi stiamo collaborando per impedire questa guerra civile. Con anche due figure di tutto rispetto del panorama mondiale che lei conoscerà bene.»
«Sì...»
«Non c'è niente di cui debba preoccuparsi. Stiamo solo esportando la nostra democrazia.»
Era proprio questo che lo preoccupava.

Il re era appena tornato all'albergo.
Entrò in stanza abbastanza stanco, ma si riprese quando la moglie si avvicinò e lo salutò affettuosamente con un bacio.
«Tutto bene?»
Il re sbuffò. «Certo, tranquilla.»
Ed ecco che dal bagno spuntò la dolce principessa Clara. Indosso aveva già il pigiama, e i capelli erano completamente bagnati.
«Giorno, signore» esordì scherzosa facendogli anche un inchino. «Le servo qualcosa?»
«Una fetta di bisonte e del vino degli anni '30» le diede corda Oscar III, che si abbassò per abbracciarla. «Avete già cenato?»
Le due belle reali gli risposero che non avevano ancora mangiato.

«Allora perché non vi preparate così andiamo a mangiare fuori?»
La regina e la principessa si guardarono sorridenti, poi, si rivolsero all'alto uomo.
«Perché no.»
«Forza Clara sbrigati. Ti voglio pronta in mezz'ora.»
«Sarà fatto.»

Cenarono in un bel ristorante, molto di classe, una gustosa cena a base di aragoste e gamberi. A detta della ragazza fu il miglior posto in cui avesse mai mangiato.

Finita la cena, non si diressero subito alla macchina. Il re congedò l'autista dicendogli che sarebbero tornati a piedi all'albergo. Non era tardi e in giro c'era ancora tanta gente.
Passeggiavano spensierati, l'unico compito di questa serata era liberare la testa da qualsiasi cosa e stare con la famiglia.
Clara non smetteva di sorridere.

Si era sempre contraddistinta dalle sue coetanee per l'affetto mostrato ai genitori. All'uscire per andare a rimorchiare, all'incotrarsi per spettegolare, preferiva sempre stare con la sua famiglia.
Sempre si riusciva a trovare un momento nella giornata da trascorrere insieme, solo loro tre.
Clara aveva un bel legame con loro, da sempre. Erano sempre i primi a sapere di una cotta, sentiva facile confidarsi, poteva parlare di qualsiasi cosa, anche di politica, gestione del regno. Erano i suoi migliori amici.

Clara camminava tranquilla per l'albergo. Una volta tornati era scesa, un attimo, alla reception per chiedere informazioni sulla colazione della mattina seguente.
Camminava per i corridoi, quando venne attirata da un gruppo di persone che stavano entrando nella stanza del presidente degli Stati Uniti.
La curiosità la spinse ad andare a controllare.
Guardinga, si avvicinò e poggiò l'orecchio sulla porta.

«Ti vedo stanco» disse la voce di un uomo.
«Sono tutti degli ignoranti, soprattutto l'italiana. E quello svedese, ha fatto domande.»
«Cosa gli hai detto?» questo lo aveva sentito preoccupato, anzi, più arrabbiato.
«Niente. Gli ho detto che è tutto sotto controllo. Semplice esportazione di democrazia americana.»
«Devi stare attento!» lo sgridò una donna.
"Chi mai sgriderebbe il presidente degli USA" pensò Clara.
«Se qualcuno ci scopre il piano salta. E non crederti immune da tutto. Se sbagli, paghi.»
"Addirittura minacciarlo?"
«Non sbaglierò, potete contarci.»
«La bomba sarà pronta per la prossima settimana.»
"Bomba?"
«Una volta pronta distruggeremo il Sudan del Sud. E noi avremmo annientato dei terroristi nemici americani.»
«Certo...»
«Come, no.»

Clara sussultò, per sbaglio sbattè la spalla sulla porta.
«C'è qualcuno?»
Il presidente corse alla porta, aprì ma, inizialmente, credeva di non aver visto nessuno.

Clara tornò in stanza, il viso aveva un'espressione illeggibile anche per i genitori.
«Allora?» domandò il padre.
«Eh? Ehm... sì, tutto apposto.»
Clara si diresse direttamente verso la porta che portava alla sua stanza.
«Sono stanca, vado a dormire.»
Diede la buonanotte ai genitori, e si ritirò.

Indossò il pigiama e si sdraiò nel letto. Con forza, strinse le coperte e le portò fino sopra il mento.
Non riusciva a non pensare alle parole che aveva sentito, a quello strano piano.
La preoccupazione e l'ansia prendevano lentamente il sopravvento.
E se l'avessero vista? Sarebbero potuti andare a cercarla per prendersela con lei? O peggio, con i suoi genitori.
Avrebbe dovuto raccontare ciò che aveva visto? Conoscendo il padre sarebbe stato rischioso, avrebbe potuto agire per impedire quel folle piano.
E se ne avesse fatto niente? Quante persone sarebbero potute morire, quando lei avrebbe potuto impedirlo semplicemente raccontando la verità?
~~

«Stai bene Clara?» le domandò la madre.
Dalla sera prima, da quando erano tornati dall'uscita insieme, la vedeva strana, assente.
Clara non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte, non si era nemmeno alzata per fare colazione.
«Sto... sto bene...»
Rimase, logorante, nel letto.
La madre non riusciva a darsi spiegazioni. Guardò il marito, che le fece cenno di attendere, voleva provare lui a capire cosa stesse succedendo alla giovane principessa.

«Che succede tesoro? Sai che puoi dirci tutto.»
Ma forse questa era l'unica cosa che non avrebbe dovuto dirgli, ma allo stesso tempo, se non avrebbe detto niente e poi sarebbe successo qualcosa... «Sarebbe colpa mia.»
«Cosa sarebbe colpa tua piccola?»
«Io... Io...»
La madre provò a darle coraggio. «Non avere paura tesoro, la affronteremo insieme.»
Alla fine Clara scoppiò.
«Ho... ho origliato il presidente degli Stati Uniti nella stanza. Vuole fare qualcosa di orrendo.»

Dopo aver ascoltato le parole della figlia, Oscar III si diresse deciso, senza timore dal presidente per un faccia a faccia.

«Togliamo da mezzo i convenevoli. So cosa vuoi fare.»
«A che ti riferisci?» il presidente era confuso. Si chiedeva cosa volesse quel re che considerava una nullità.
«Il Sudan del Sud, la bomba.»
Il presidente non si mosse, rimase impassibile.
«Quindi? Che intenzioni hai?»
«Non neghi?» ciò lo sorprese ancora di più.
«Assolutamente. Io faccio del bene per il mio paese.»
«Come solito. Giustificate qualsiasi atto atroce dicendo che è per il bene del vostro paese e degli americani, è per la democrazia. Una bomba atomica? Su dei civili?»
«Terroristi, guerriglieri, ricordalo.»
«Sei pazzo» gli ringhiò contro.

«Sono il presidente degli Stati Uniti. Fai quello che vuoi. Io ti avverto, per me finirà bene, per te... sarai tu a deciderlo.»
«Inutile che mi minacci, cosa faresti? È finita per te.»
Il re uscì furioso sbattendo la porta.
«Vedremo...» disse il presidente mentre finiva il suo bicchiere di whiskey.
~~

«Come ha potuto sapere?» i superiori non erano per niente felici.
Il presidente ricordò. Ricordò quella chioma chiara, quel corpo gracile.
«Lurida puttana, aveva sentito tutto. Che facciamo adesso? Se parlano?»
«Di questo non preoccuparti. Il problema lo abbiamo creato noi, abbiamo sottovalutato la curiosità di una ragazzina.»
«Faremo stare zitto il re.»
«E volendo potremmo riuscire ad usarlo per i nostri scopi.»
~~

La regina Eva, era in macchina.
Stava tornando in albergo, dopo essere uscita per delle compere.
Era tranquilla, serena, bellissima come al solito, senza nemmeno un po' di trucco, con i capelli neri sciolti che le cadevano sulle spalle e gli occhi pieni di gioia.
Controllava le buste e nel mentre chiacchierava con l'autista.
Lui era tutto il contrario, agitato, sudava, nonostante il freddo.

Improvvisamente, uno strano rumore, tipo scia, si sentì all'esterno.

Poco dopo, un razzo si schiantò contro la macchina facendola esplodere.
~~

«Incidente?» il re non riusciva a credere alla causa della morte che gli agenti presenti avevano dato. «Come può essere un incidente?»
Era furioso, voleva piangere, picchiare qualcuno, distruggere qualsiasi cosa. Il suo collega norvegese non sapeva più come tenerlo.
«Non possiamo dire niente per adesso signore. Diamo l'incidente, ma pare che potremmo avere dei sospettati, dei terroristi africani.»
«Terroristi africani?» ciò lo confuse e non poco.
«Sì, mi scusi.»

Oscar venne attirato in disparte da un insolito uomo con i capelli grigi.
«Salve, io sono Richard.»
Il re lo guardò ma non gli diede molta considerazione. La sua attenzione era tutta su quella macchina, dove all'interno c'era il corpo della moglie, ormai senza vita.
«Adesso vede cosa succede a farsi i fatti degli altri? Questa è la disgrazia che è successa a sua moglie.»
«Siete stati voi?» il Re si voltò sconvolto, anche dalla calma e dal coraggio con il quale quell'uomo si era avvicinato.

«Ah, ah. Stia calmo. Potrebbe morire altra gente.»
Oscar stringeva i pugni, i denti. Lo guardava furioso, lacrimando.
«È stato lui? Il presidente.»
«Vi siete impicciato in affari che non vi riguardano, altezza. Sei nel nostro pugno.»
«Mai» ringhiò Oscar III.
«Mai?» Richard gli voltò le spalle e andò verso una macchina.
«Hai una figlia molto curiosa, molto combattiva, anche.»
«Clara...»
«Davvero carina, chissà se le piacerà l'Africa.»

La rabbia, la furia, tutto scomparve per dare spazio alla disperazione.
«No, no! Mia figlia! No!»
«Ci faremo risentire maestà.»
Gli chiuse la porta in faccia e fece partire la vetture.

Il re, che aveva cercato di aggrapparsi all'auto, era disteso a terra disperato, in lacrime.
Continuava a urlare il nome della figlia.
~~

Clara lesse le notizie, lesse della morte della madre.
Due donne le tenevano compagnia, mentre stava lì seduta ammanettata.

«È colpa mia?» domandò tremante.
«Sei finita in qualcosa in cui era meglio che non finissi. Un qualcosa di molto grande, più di tutte le vite umane messe insieme.»

Quando finalmente la lasciarono sola, lasciò via libera alle lacrime.
Scorrevano incessanti sul suo docile viso, mentre davanti agli occhi era fissa l'immagine dei giornali, era fissa l'immagine della morte della madre.

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