MANUEL: 16
Era di nuovo perso, come tanti anni prima.
La sua vita sembrava essere normale, ma si dovette ricredere quando, improvvisamente, i suoi genitori lo vendettero a degli schiavisti.
Di punto in bianco si ritrovò a vivere con tanti altri bambini, anche loro schiavi.
In quella prigione ne vide di tutte.
I pianti erano all’ordine del giorno.
In molti provavano a scappare, tanti li vide morire.
Erano solo bambini.
Lui spesso veniva picchiato, non sapeva tenere la lingua a bada e in più aveva un problema di controllo della rabbia.
Un giorno, però, riuscì a scappare e venne, poi, recuperato dagli zii, che lo portarono a vivere con loro.
Il ritorno alla realtà non fu semplice, il problema del controllo della rabbia era peggiorato dopo l’esperienza traumatica.
Questo lo portò ad auto isolarsi, ad autoescludersi, per far sì che non facesse del male a nessuno.
~~
Alla base dove tenevano imprigionati Sascha, Alessio e Michael, e Cassio, erano appena rientrati i superstiti dello scontro nel villaggio con il loro comandante.
«Capo...»
«Che vuoi?» domandò burbero.
Il sottoposto rimase un attimo impietrito dalla domanda, poi cercò il coraggio di parlare. «Abbiamo perso un sacco di uomini all'albergo...»
«Inutili perdite, abbiamo tanti altri soldati.»
«Beh... ehm... non avremmo avuto questi problemi se... se lei fosse stato più…»
«Continua, cosa volevi dire?» incitò il capo con tono minaccioso.
«Lei è troppo impulsivo, signore» riuscì a dire con la voce tremante. «Non si rende conto che in certi casi lei ci guida nel modo sbagliato...»
Portò una mano verso l'alto e la poggiò sulla sua spalla.
«Hai ragione, amico mio» disse il capo. «Non è vero soldati?»
Nessuno ebbe il coraggio di rispondere.
«Oh... forse sei l'unico che la pensa così.»
«Oh no signore, io...»
Ma non lo fece finire di parlare, lo colpì con un pugno esplosivo, uccidendolo davanti a tutti.
«Qualcun altro ha qualcosa da dire?»
Ancora, nessuno ebbe il coraggio di parlare.
«Signor Ashkar. Chi è lassù?»
~~
Seguendo la distruzione, Manuel era arrivato dritto, senza intoppi o fastidi, alla base dei nemici.
Ancora non sapeva che, oltre Michael, altri suoi compagni erano rinchiusi lì, tanto meno sapeva degli altri che, come lui, si stavano dirigendo in quel posto.
«Chi diavolo è questa gente che l'ha con noi?»
Trovò, in una finestra situata molto in alto, il punto perfetto per entrare, dunque corse in quella direzione.
Saltellando tra i tetti notò movimento più giù. Sott'occhio gli parve di vedere una strana scia gialla.
Osservò meglio e la stessa cosa la fece la figura di sotto.
«Manuel?»
«Andreas?»
Si guardano per qualche attimo, prima di tornare a correre verso la destinazione che si erano prefissati. Scordando di avere lo stesso obiettivo.
~~
Ai piani alti tre uomini correvano per la base.
Frettolosi salivano un bel po' di rampe di scale.
«Ma sì, ma fatela più alta sta torre» si lamentò uno di loro.
«Sei sicuro che sia entrato da lì?» domandò un altro.
«Sicurissimo, dobbiamo andare a prenderlo, prima che possa combinare guai.»
Il terzo dietro di loro andava più con calma. «State tranquilli ragazzi, dovrà per forza incrociarsi con noi, non abbiate nessuna preoccupazione.»
Era il capo, Ashkar.
Arrivarono all'ultimo piano.
«Avanti, facciamo fuori questo intruso» disse Ashkar.
Aprirono varie porte e attraversarono varie stanze, prima di trovarsi nella stanza che faceva da ufficio al membro più anziano della base.
L'oscurità pervadeva la stanza.
Intorno al grande tavolo, tutte le sedie erano messe composte, eccetto una.
Dal buio apparve un armatura che girò la suddetta sedia, mostrando il corpo dell'anziano, con una spada conficcata nel petto.
La spada venne tolta da lì e l'anziano viene buttato a terra.
Manuel fece roteare la katane e poi si sedette, conficcando la lama nel pavimento.
«Sapete per caso dirmi dove potrei trovare i miei amici? Lui non me l'ha voluto dire. Ma mi ha detto tante altre cose, alcune troppo cattive.»
«Tu non ci arriverai dai tuoi amici» si fece avanti Ashkar, spavaldo.
«Me lo impedisci tu?» gli domandò il samurai con tono di sfida.
«Non scherziamo, non vali il mio sforzo» alle spalle del capo arrivarono tanti altri soldati armati. «Lascerò che siate voi ad occuparvi dello straniero, in cambio avrete una grossa ricompensa, potreste salire di grado, se farete bene il vostro lavoro.»
«Non hai il coraggio di sfidarmi da solo?» il samurai napoletano continuava ad istigarlo.
«Te l'ho già detto, ragazzino, non vali lo sforzo» diede uno sguardo ai soldati di fianco e a quelli alle sue spalle. «Attaccate.»
Il samurai diede le spalle ai suoi avversari mentre riprendeva la spada, che aveva conficcato nel pavimento.
Al momento giusto, anche con un pizzico di fortuna, sollevò il braccio e recise il collo del soldato che gli era arrivato più vicino.
Si voltò verso di loro, mentre tolse dal fodero la seconda katana.
Accolse serenamente i soldati intenti a togliergli la vita.
Non si fece scoraggiare dal loro elevato numero, si muoveva in modo leggiadro e con eleganza, come gli aveva insegnato il suo vecchio maestro in quel periodo trascorso in Giappone.
Intanto, Ashkar guardava a debita distanza, seccato e con ancora l'aria presuntuosa sulla faccia.
Ringhiava e batteva ripetutamente il piede a terra.
«Eliminatelo» ordinò ai due che erano saliti con lui.
«Ma...» provarono entrambi a protestare.
«Niente ma, non voglio perdere troppo tempo con quello straniero.»
I due si armarono e si lanciarono all'attacco, durando meno di tutti i soldati che erano già stati battuti dal samurai blu.
Il primo stava correndo verso Manuel, ma inciampò sul corpo di un soldato steso a terra e quando alzò la testa vide la lama di Manuel sulla sua fronte.
Il secondo stava arrivando sparato davanti al samurai blu, ma si incastrò in qualcosa e, per errore, si sparò alla gamba.
Manuel lo finì infilzandolo con entrambe le spade.
Il capo urlò infuriato.
Caricò e corse verso di lui, scatenando varie esplosioni dove passava.
Diede un pungo a Manuel creando un’esplosione nel punto in cui l’aveva colpito.
Indietreggio soddisfatto.
«Ci voleva tanto?»
Si scorse una figura in piedi in mezzo al fumo che si sta dissolvendo.
Ashkar guardava stupito.
«Come può essere possibile?»
Manuel era ancora in piedi, in testa non aveva più il casco da samurai.
Mostrò loro il suo volto.
La parte superiore destra era saltata via, così come la guancia sinistra, dove ora si poteva benissimamente vedere attraverso. Anche il naso era andato libero per la sua strada.
Prese il casco volato a terra e lo indossò, nascondendo lo spettacolo orribile che stava regalando.
Ci sarebbe voluto un po' prima che si ricomponesse.
Ashkar ringhiò mentre andava verso il samurai.
«Ti spezzerò, ti annienterò.»
Manuel indietreggiava, studiando l’area circostante, in attesa di una mossa dell’avversario e del momento giusto per attaccarlo.
Ashkar ringhiò di nuovo, sbatté i pugni a terra e si lanciò all’attacco.
Come un orso, corse verso Manuel, che si spostò all’ultimo, facendolo schiantare nel muro.
Come se non fosse successo niente, Ashkar tornò a correre verso di lui.
Manuel non stette fermo e corse anche lui, verso gli scagnozzi del nemico.
Qualcuno fu abbastanza intelligente da spostarsi, altri si fecero investire dalla furia esplosiva di Ashkar.
Riuscì a raggiungere il napoletano.
Lo spinse contro il muro.
Manuel si rialzò e con le katane parò una serie di pugni.
Fece una capriola per staccarsi dal muro e, saltando via, deviò con la spada un altro pugno.
Ancora lo attirò correndo verso i suoi sottoposti.
Cieco dalla sua ira, Ashkar non si accorgeva nemmeno di ciò che gli faceva, anzi, nemmeno gliene sarebbe importato.
Di nuovo raggiunse Manuel.
Riuscì ad afferrarlo per il piede e a lanciarlo contro la parete.
Appena si schiantò riuscì anche a dargli un potente pugno esplosivo sullo stomaco.
Manuel rotolò sotto le sue gambe, corse verso gli altri presenti e poi corse verso un’altra parete.
Appena sentì Ashkar alle spalle, con l’aiuto della parete, fece un back flip superando Ashkar.
Quando si voltò Manuel gli conficcò una katana all'altezza del ventre e dopo conficca l'altra nel collo.
Tolse le spade e Ashkar cade a terra spruzzando sangue.
Manuel si volta verso i pochissimi rimasti.
La maggior parte scappò via, ma alcuni decisero, stupidamente, di rimanere per difendere l’onore di Ashkar.
«Ma che razza di problemi avete? Questo è proprio attaccamento ossessivo alla maglia.»
Manuel strinse le katane. Pronto a sconfiggere i rimasti, probabilmente in pochi secondi.
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