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FUGA DAL DESERTO: 17

«Sascha Stinson, Alessio Di Costanzo, Michael Roberts e Cassio» vennero elencati dalla donna che comandava la prigionia dei ragazzi.
Richard ripensò a ciò che gli era stato spiegato dalla donna.
«Dunque, secondo le vostre analisi, abbiamo catturato quelli considerati più forti, ma non i più deboli?»
«Beh... da quanto abbiamo visto...»
«Basta» la zittì, senza darle il tempo di spiegarsi, non voleva sentire scuse considerate da lui inutili. «Muovetevi a prenderli tutti. Stinson lo voglio vivo, gli altri uccideteli pure.»

~~

Erik arrivò alla base in mezzo al deserto.
Era gigantesca, sembrava un castello. Circondata dalle montagne di sabbia che formavano una cinta muraria naturale. Al centro di tutto, una torre immensa.
Si domandò se il suo obbiettivo fosse proprio lì, in cima.

Dunque si arrampicò.

«Ci saranno altre strane donne?» entrò da una finestra nella stanza più altra della torre.
Si guardò in giro, cercando di capire che tipo di luogo fosse.
«Dove sono? Sala principale? Stanza da letto? Cucina? Non mi dispiacerebbe stuzzicare qualcosa.»
«Sei nella mia prigione» Erik voltò lo sguardo e vide Clara.
«Tu sei?» le domandò sorpreso.
«Clara, piacere» rispose lei, seccata, scocciata. Con la voglia di stare lì sdraiata e attendere che tutto finisse.
«Erik...» il ragazzo la osservò meglio. Le sembrava familiare. «Ci siamo già visti per caso?»

Clara sbuffò e girò e rigirò le lenzuola sul suo dito. «Di dove sei Erik?»
«Malmo, Svezia.»
«Bene, io sono la principessa di Svezia.»
«Ah... cazzo» Erik si grattò il capo, anzi, il casco.
«Sei uno di quelli, vero? Posso chiederti che potere hai?» la ragazza volle subito soddisfare la sua curiosità, mentre giocherellava col vestito che le avevano dato.
«Non credo sia il momento...» il ragazzo andò pensieroso verso la porta. «Ok vostra altezza, io dovrei cercare i miei compagni di viaggio.»
«Ne ho conosciuto uno...» rispose mostrando un pizzico di entusiasmo.

Dopo aver armeggiato un po', con un calcio la porta fu aperta. «Possiamo uscire, riuscireste ad abbandonare questo posto senza farvi vedere?»
«Oh... il mio principe azzurro viene a salvarmi, invitandomi a scappare da sola.»
«È un sì?»

~~

Intanto, anche Peter era arrivato e stava trovando il punto giusto da cui entrare.
«Questo sarà l'ingresso principale?»
Il cancello davanti era chiuso, usò i suoi poteri e riuscì ad entrare nei sistemi della guardiola più avanti. In poco tempo fece saltare tutti i circuiti.
Si presentò all'uomo che stava lì a controllare i comandi, lo stese con un colpo preciso dell'avambraccio al collo, e si aprì, così, la strada.
«In marcia. Spero non siano morti, iniziavano a starmi simpatici.»

~~

Anche Manuel e Andreas avevano trovato la posizione dei compagni imprigionati.
Mentre correvano verso i loro obiettivi si incontrarono di nuovo, si guardarono per qualche secondo e poi tornarono ai fatti propri.

Il samurai si imbatté in un lungo corridoio con alla fine numerosi soldati a fare da guardia ad una porta.
«Uh, uh. Che proteggete?» decise di avvicinarsi. «Salve!» urlò cordialmente alzando la mano.
Gli uomini alla porta subito alzarono i fucili e mirarono al ragazzo.
«Andate subito al sodo?» domandò interrompendo la sua camminata. «Va bene, sarà divertente...»
Calò lo sguardo e portò le mani verso le impugnature delle katane.

~~

«Mi sto scocciando» Michael continuava a lamentarsi e a prendere a pugni il muro e il pavimento.
Alessio era dello stesso umore. «Calmo ciccione, sto pensando ad un modo per andarcene.»
«Cassio che pensa?» domandò il gigante, mentre il terzo uomo era ancora steso a terra privo di sensi.
Alessio lo guardò in malo modo. «Non pensare a Cassio.»
Il cecchino si alzò, come fosse un contorsionista e si guardò intorno.
«Non senti un rumore?»
«Ehi» urlò la donna, appena tornata ad osservarli. «Lontani dalle sbar...»

E all'improvviso un'esplosione invase l'intero piano.

I soldati erano già accorsi sul luogo dell'incidente, unendosi a quelli già presenti.
Della donna al comando nessuna traccia.
La cella dei tre stranieri era vuota. In cento si preparano armati a riceverli.
«Sono liberi!»
«Tenete le armi pronte!»

Si creò un passaggio tra le macerie, da lì entrarono nel campo visivo delle guardie prima Alessio e poi, facendo un buco più grosso, Michael.
Si fermarono lì davanti alle macerie pronti a sfidare chiunque.

Alessio, però, stringeva qualcosa nella mano.
O qualcuno.

~~

L'esplosione era arrivata a colpire anche la cella dove era rinchiuso Sascha.
Il fumo si dissolse e dall'altra parte delle sbarre vide arrivare Andreas.
«Opera tua?» gli domandò Sascha rimanendo seduto con le gambe incrociate.
«No, penso sia stato lo spadaccino. L'ho visto correre come un pazzo.»
«Ottimo...» fece un cenno con la testa l'islandese.
«Bene, amico, adesso trovo un modo per farti uscire» Andreas girò la testa ovunque, in cerca di un qualcosa che potesse essere utile per far uscire l'amico, il più velocemente possibile.
Sascha, però, si mise in piedi e passò tra una sbarra e un'altra, era così magro.
Il tedesco lo guardò sbigottito. Mosse la testa poco convinto.
«Tutto questo tempo… potevi passare tra le sbarre?»
«Coi miei poteri potevo anche passarci attraverso» ci tenne a ricordare Sascha.
«Perché allora sei stato fermo qui?» domandò Andreas, ancora allibito, sbattendo le palpebre, sotto il casco.
«Cercavo voi.»
«Che carino.»

Alle loro spalle, però, si creò un assembramento di brutti ceffi.

«E gli altri?» domandò Sascha.
«Ho visto solo Manuel...»
Pareva che ancora non si fossero accorti dei nemici.
«Vi dispiace?» ecco che il velocista li aveva notati. «Staremmo parlando.»
«Mi sa che non vogliano farci andare via» gli fece notare il tedesco.
Sascha si fece avanti. «Prima di cominciare... vorrei chiedervi una cosa... Qualcuno ha qualcosa da mangiare?»
Impugnò l'ascia nella mano destra e la spada nella sinistra, infine corse verso il muro di persone situato dinanzi a lui.

Con uno scatto, Sascha aveva già dimezzato i nemici, dimezzato in diversi sensi.
Andreas fu inizialmente spettatore stupito, poi caricò il cannone e diventò parte attiva della battaglia.

In modo, insolitamente sincronizzato, i due ragazzi compivano attacchi prendendosi il giusto lato di nemici, senza mai intaccare le mosse dell'altro.

~~

Clara era seduta nel suo gelido letto, quando arrivò Lilian a farle visita.
«Ha ricevuto visite, altezza?»
«No, nessuno» rispose la ragazza con la convinzione necessaria. «Non so perché la porta non fosse chiusa a chiave.»
Rimase fissa a guardare il pavimento, sperando che la donna cascasse nella sua bugia.
«Va bene... avanti, seguimi. È ora di cambiare aria, Clara.»

Seguì Lilian verso le scale, mentre osservava le porte delle altre stanze, le porte dove Erik le aveva detto di nascondersi fino al suo arrivo.

~~

«Svedese!» urlò Peter.
«Inglese!» urlò Erik.

I due ragazzi si incontrarono dopo aver sentito l'esplosione.
«Questi dovrebbero essere gli altri. Vieni con me, Erik?»
Lo svedese provò ad aprire bocca ma non gli venne concesso il modo.
«Da questa parte dovrebbe esserci la sala controllo, la zona tecnologica, il mio campo...»
Erik sembrò distratto, sott'occhio, gli era sembrato di vedere Clara, da una finestra che dava all'esterno della base nemica. Quando osservò bene scoprì che, purtroppo, quella era davvero Clara.
«Devo andare, Pete» disse frettoloso, arronzando il compagno. «Ci vediamo dopo, spero...»
«Dove va quel coglione?» si chiese, contrariato, Peter.

Lasciato solo al suo destino, l'inglese si recò alla sala di controllo.
Prese il primo computer che trovò e girovagò per i suoi contenuti, trovando qualcosa di scottante.

«Come hanno avuto i loro nomi? Sono venuto bene in questa foto... ce le hanno fatte stanotte in quel villaggio...» entrò nella rete di tutta la base. «Bene, dunque sono solo loro tre che si sono fatti catturare... chi è Cassio? Quindi, secondo questi, loro tre sono i più forti tra di noi? Prima di dirlo andrebbe fatta un'analisi, un controllo, statistiche... Sascha ci sto, forse anche Michael. Ma Alessio... è una femminuccia.»

Osservando bene notò altri particolari. «Hanno avuto anche il nome di Erik, ed il mio... quel tipo che mi conosceva. Figlio di puttana.»
Sentì dei rumori in lontananza. «Devo sbrigarmi, forse. Questo sarà divertente, a quanto imposto il timer dell'esplosione? Qualche minuto. Ha ha ha… sarà figo.»
I nemici si avvicinavano. «Qui ho fatto.» Attivò la sua armatura. «Voglio un'arma, una pistola laser...» e in men che non si dica, un pezzo di armatura si staccò e si trasformò in una pistola.

Ecco che arrivò il primo e subito partì il colpo.
Un altro arrivò dal lato opposto, l'arma cambiò mano in un nanosecondo e stese il secondo.
Ne arrivarono in molti. Tutti con le peggiori intenzioni.
Uno ad uno, con cambi di mani ad una velocità impressionante, Peter li stese tutti.
Sparando a destra e a sinistra. Senza dargli nemmeno il tempo di realizzare ciò che stava accadendo.

Calò le braccia quando non vide più nessun altro arrivare.
Attivò il timer del processo di autodistruzione, inserito nella tecnologia lì presente grazie ai suoi poteri, e se ne andò.
«Andiamo a raccogliere gli altri.»

~~

Erik, nel mentre, seguiva Clara, e la donna che la portava via ammanettata.
Passando tra nemici, proiettili, frecce, e altre mille intemperie.

Quando era obbligato stendeva chi gli intralciava la strada nel modo più rapido possibile e poi riprendeva a correre.

Arrivò all'esterno, molto vicino alla principessa, ma un uomo alto e possente gli sbarrò la strada con un grosso braccio, che gli sbatté in faccia.
Il ragazzo si alzò subito, gli fece una finta di corpo e poi gli passò sotto, alzando una delle lame verso le sue parti intime.
Per poco evitò gli schizzi di sangue, e un testicolo.

Clara era in una macchina e lo stava guardando. Gli sorrise e scosse la testa, invitandolo a non agire per lei.
La macchina si allontanò. Erik tenne gli occhi fermi su di essa, fino a quando non scomparve.
Si levò il casco e lo buttò a terra frustrato.
«Cazzo!»
Il viso, solitamente bianco cadaverico, era rosso, sia per lo sforzo per rincorrerla, sia per la rabbia.
Tirò su col naso. Calciò la sabbia, poi una pietra.
Si fermò a respirare, nel tentativo di riprendere la calma.
Afferrò il casco, fece un respiro profondo e lo indossò di nuovo.

«Tornerò, principessa.»

~~

Alessio trascinava qualcosa, anzi, qualcuno.

«Ti avevo detto che ti avrei fatta fuori per prima.»
Mostrò, fieramente, ridendo a crepapelle, la donna che li teneva incatenati, mentre trascinava il suo corpo, bucato in fronte.

«Hanno ucciso la grande donna Raimonda.»

Alessio fece il primo passo. «Stammi dietro, ciccione, adesso li ammazzo tutti.»
Michael si mise subito al suo fianco. «Tu stai dietro, stecchino, io li ammazzo tutti.»

Si armarono pesantemente e partirono all'attacco.

Alessio prese le due pistole e sparò raffiche di colpi dalla distanza.
Michael prese il fucile a pompa e attaccò più da vicino.

I movimenti del gigante infastidivano il cecchino. «Cristo... Fatti più là cazzo, sei sulle mie traiettorie.»
Il fastidio era reciproco, come mostrava il ringhiare del gigante ogni qual volta che un proiettile di Alessio stendeva il nemico che stava per colpire. «Trovati dei bersagli più là. Coglione.»

Andarono avanti così per un bel po', intralciandosi a vicenda, interferendo l'uno negli attacchi dell'altro.
Fino a quando l'involontario diventò dispetto.

Alessio si mise di impegno. I suoi occhi erano solo per il barbone ora.
Stava per sbudellare un nemico, e arrivava il proiettile del cecchino, andava verso un altro, e ancora arrivava il proiettile dalla distanza. Avanti il prossimo, ma ancora venne interrotto. Ne aveva due davanti, stavolta almeno uno sarebbe stato suo, ma con un colpo Alessio li fece fuori entrambi.

Incazzato, lo sguardo del gigante andò sul volto divertito del napoletano. «Smettila italiano del cazzo!»
«Non devi chiamarmi italiano! Sono napoletano, stupida palla di lardo!»

Michael rimase con lo sguardo puntato nei suoi occhi, era infuriato. Il suo ringhio cresceva in contemporanea al movimento del pavimento sottostante.
Si aprì una voragine che portò con sé un bel numero di nemici.
«Potevi farmici cadere dentro!» gli sbraitò contro il cecchino.

Poco dopo avevano messo fuorigioco quasi tutti i nemici. Adesso bisognava trovare un modo per uscire dalla prigione e tornare all'esterno.
«Ne stanno arrivando altri» avvisò ringhiando Michael.
«Ho capito, ho capito» rispose seccato Alessio. «Sto cercando una via d'uscita.»

Alle loro spalle stava arrivando la soluzione.
Un forte rumore, un buco in un muro dal quale uscì Manuel che correva verso di loro.
«Seguitemi» urlò afferrandoli.
Mentre dietro di loro arrivavano agguerriti gli altri soldati, il samurai prese una granata, raccolta in giro, e la lanciò verso una parete, scatenando una contenuta esplosione.
Adesso c'era un buco che dava ad un lungo corridoio.

Lo attraversarono affrontando tutte le difficoltà che esso conteneva.
Tra soldati che sparavano, pezzi di struttura che cadevano.

Arrivarono alla fine del tunnel, c'era la luce del sole a segnalarglielo.
Correvano convinti e si accorsero solo all'ultimo che oltre l'arrivo non c'era terreno pianeggiante.
Ci pensarono due secondi, si guardarono, certi che ci fosse solo una via.
Non troppo lontano c’era la montagna di sabbia. Se fossero stati precisi, saltando sarebbero potuti finire lì sopra e scendere giù velocemente.

Saltarono.
Fortunatamente riuscirono ad atterrare sulla parte interna della montagna di sabbia, che li fece scivolare verso il basso.
Alessio e Manuel si ritrovarono uno di fianco all'altro. Si guardarono meravigliati, ridendo come pazzi, urlando in preda alla tanta adrenalina.
Alle loro spalle si poggiò la grossa schiena di Michael, che si aggiunse alle forti urla dei compagni.

~~

Sascha era inginocchiato con il capo chinato. Posò le sue armi nel fodero dietro la schiena.
Andreas gli si avvicinò spegnendo il cannone, avevano messo fuorigioco tutti.
Silenziosi e letali, più o meno.
«Di qua» il tedesco fece segno all'altro di seguirlo.
Ma Sascha non gli diede retta, e alla fine fu Andreas che seguì lui.

Si incamminarono fra i corpi malconci degli avversari.

Passarono davanti ad un uomo ferito.
«Chi sei?» domandò Andreas, calandosi per controllare come stesse.
«Io so... sono... Cassio...»
«Non ci interessa» lo spense subito Sascha, tornando a guardare fiero verso la direzione da prendere.

Dopo essersi persi fra le celle, percorrendo lo stesso corridoio cinque volte, riuscirono, finalmente, a raggiungere l'uscita.
Poco più in là, c'era l'entrata principale.
Giungendo lì vennero attirati da svariati rumori, tra cui un tonfo insolito.

Ed ecco l'entrata principale, dove ritrovarono, mezzi interi, prima Alessio, Michael e Manuel, e dopo poco anche gli altri due.

«Yo!»
«Yo!»
«Yo!»
«Yo!»
«Yo!»
«Yo!»
«Yo!»

Si guardarono negli occhi per un po', poi realizzarono dell'imminente arrivo degli altri nemici.
«Meglio corre via.»

La corsa verso la libertà continuò, letteralmente, correndo a piedi.
Giunsero nella cittadina, involontariamente visitata dai ragazzi durante le ultime ore della notte, scoprendo l'esistenza di una linea ferroviaria.

Scesero giù, quando il treno era già in partenza.
Gli corsero dietro, Michael guidava il gruppo e si fermò un attimo in attesa dei compagni.
Li fece passare tutti davanti a lui e si mise poi a fare da chiudi fila.
Sascha rallentò e creò un passaggio, facendo saltare delle porte, e attese che i compagni saltassero.
Manuel si buttò subito, seguito da Peter. Andreas lanciò il rampino e si fece trascinare, portandosi dietro Erik e facendo cadere Alessio, che venne preso in braccio da Michael e che, dopo aver preso anche Sascha, saltò dentro, allargando l'entrata che il velocista aveva creato.

Qualcuno riuscì a raggiungerli, ma quando il treno era ormai già oltre il tunnel.

I ragazzi erano dentro, sdraiati sul pavimento, che tiravano sospiri di sollievo.
Forse adesso avrebbero potuto recuperare quelle ore di sonno perse.

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