Preoccupazione
«Hai sentito cos'ha detto mia madre?»
Yan aveva aspettato che uno qualsiasi degli amici entrasse nel discorso prima di lui. Erano rimasti un po' scossi nel riprendere contatto con la loro vecchia vita, aveva perciò preferito lasciare che gli altri si rasserenassero e scacciassero i brutti pensieri.
Gli dispiaceva turbarli di nuovo, ma lui doveva sfogarsi riguardo a quella guerra. Non faceva altro che rimuginarci, aveva bisogno di consigli e rassicurazioni.
Trovava strano che Xerxes non si fosse ancora esposto a parlarne, ma forse, come lui, aveva preferito aspettare affinché gli animi si placassero.
Il principe girò appena la testa. «Sì, ho sentito.»
«E ne parlavano anche Bianca ed Elijah» insistette Yan. «Rischia di scoppiare una guerra nel nostro regno...»
«Quello non è più il nostro regno, Yan.»
«Che cosa? M-ma la nostra gente? Le nostre famiglie? I tuoi sudditi?»
«Non sono più miei sudditi, né quella è la nostra gente. Ci credono morti e ne sono contenti.»
«Non è vero! Tua madre, tuo cugino e i tuoi fratelli non ne sono felici!»
«E di questo me ne dispiaccio molto. Sarebbe stato meglio che mi odiassero, almeno adesso vivrebbero bene...»
Yan rimase in silenzio.
Dopo aver visto la regina tanto triste per lui, Xerxes doveva aver rivoluzionato le sue idee: non era più lieto del fatto che sua madre lo amasse, avrebbe preferito il contrario, così lei non sarebbe stata tanto afflitta.
«Però è lì che siamo nati» continuò a intimarlo. «Se scoppiasse una guerra, se le persone che amiamo morissero...»
«Che cosa vorresti fare, Yan? Noi dobbiamo rimanere nascosti, non possiamo intervenire. Altrimenti è sicuro che noi moriamo!»
«E vorresti abbandonare i nostri cari?»
«Perché no?» James si sedette accanto a Xerxes, sul letto. «Senti, so cos'ho detto prima, ma anche a me capita di pensare ai parenti che ora mi odiano con tutto il loro cuore. E neanche sanno che sono un "bestia", figurati. Forse è più facile per me accettarlo, ma in ogni caso, dovremmo intervenire? Sei persone in più non possono certo portare la salvezza del regno.»
«Ti sbagli.»
«Mmm, intendo dire sei persone senza poteri magici. Saremmo solo delle zavorre, persino io. Potremmo addirittura peggiorare le cose.»
Yan strinse i pugni, stavolta incapace di controbattere. Sentire James parlare tanto umilmente era raro, oltre che destabilizzante da qualsiasi punto di vista.
Xerxes sbatté le palpebre, cercando di mantenere il tono freddo: «Yan, credi che io non sia preoccupato? Ho paura tanto quanto te. Ma non possiamo fare nulla.»
"Solo perché non abbiamo poteri magici? Guarda cos'abbiamo fatto! Siamo fuggiti dall'Isola della Purga e siamo scampati dal regno di Egaelith per venire qui! Persino tu hai detto che è stata un'impresa eccezionale!" Questo però Yan non lo disse ad alta voce, perché una parte di sé sentiva che le argomentazioni di Xerxes e James erano corrette.
Eppure lui non riusciva ad archiviare il volto scavato di sua madre... e l'espressione preoccupata di suo padre mentre la guardava...
«Che cosa succede?» Nathan entrò in camera. «Cosa sono queste discussioni?»
Xerxes lanciò un'occhiatina a Yan. «Ti sarei grato se non tornassi sul discorso.»
Quest'ultimo arrossì mentre lo guardava disfare il letto.
Si alzò anche lui, ma anziché svestirsi, uscì dalla camera e si avviò alla porta sul retro, per prendere un po' d'aria fresca.
Mentre metteva il piede sullo zerbino, sentì chiamarsi da Nathan: «Dove vai?»
«A fare una passeggiata. Ho bisogno di schiarirmi le idee.»
«Vengo con te.»
"Ma certo che vieni con me. Tu hai già capito cos'ho che non va."
Tra gli alberi incrociarono Owen, intento a raccogliere erbe che, a parer di esperto, era meglio strappare durante la sera. Skye gli dava una mano parlottandogli senza sosta nell'orecchio.
Uscire durante la tarda ora non era troppo rischioso, se sollevavano i cappucci e stavano attenti a come parlavano. Se un viandante fosse passato da lontano, li avrebbe creduti pazienti dell'Umhïrtröfa. Se si fosse presentato un abitante del villaggio, avrebbe pensato fossero viaggiatori, sempre in visita al guaritore.
«Che cosa succede, amico?» domandò Nathan, superando gli altri. «Stai pensando a tua madre?»
Yan sospirò. «Non soltanto a lei. Mi preoccupa quel che abbiamo sentito sulla guerra. Il nostro regno è in pericolo...»
Nathan inclinò la testa di lato. «Perché insisti a considerare quel posto casa tua?»
Yan quasi non riusciva ad ascoltarlo.
Poteva comprendere Xerxes se non aveva più interesse riguardo la tutela di suo padre, ma come poteva far finta di nulla quando sua madre, i suoi fratelli e suo cugino erano in pericolo?
"Neanche a me interessa più dell'uomo che una volta era mio padre..." si disse, tremando. "Però tengo ancora alla mamma."
Nathan lo scosse. «Ehi, sei in pensiero per tua madre, lo so...»
«Hai visto quanto era angosciata... lei per aver perduto suo figlio! E se mia madre provasse lo stesso per me? Forse non odia... lui... ma...»
«Ma noi cosa potremmo mai fare?»
«Ricordi il viaggio dell'anno scorso, no?»
«È vero, ma una guerra è un'altra cosa.» Nathan gli afferrò una spalla. «Sono richiesti combattimenti e incantesimi.»
«Abbiamo affrontato quel fenrìrson e quei valravn.»
«Sì, è vero, siamo riusciti a sconfiggere un mago oscuro e i suoi mostri. Ma adesso stiamo parlando di una guerra! Ci saranno maghi a bizzeffe!»
Yan lo guardò con eloquenza da sotto il cappuccio. «Possiamo resistere, no? L'immunità...»
«E che mi dici di tutte le creature feroci che i soldati si porteranno in battaglia? E le armi?»
Col tormento che gli attanagliava le viscere, Yan dovette appoggiarsi a un albero per non cadere. «Dunque tu non credi nelle mie capacità...»
«Non dire così.» Nathan gli si fece più vicino. «Io conosco le tue capacità. Ma contro un soldato esperto è differente, e negli ultimi mesi non hai avuto modo di allenarti per questo. Io non so neanche lottare.»
«Non ti sto chiedendo di seguirmi. Si parla di mia madre.»
«Beh, è la mia madrina. E pensi davvero che ti lascerei combattere una guerra da solo?»
«Sarebbe andata così se tutto fosse rimasto alla normalità. Io sarei partito per le battaglie, tu no.»
Nathan contrasse le sopracciglia. «Adesso è diverso. Non c'è niente a separarci come una volta. Adesso agiamo insieme. Però una battaglia... Amico, non capisco cosa tu abbia in mente. Vorresti forse tornare là? E come? Dopo quanto abbiamo patito per arrivare fin qui!»
Yan guardò da un'altra parte.
Lo voleva davvero?
Forse il suo cervello stava solo trottando troppo velocemente.
Come avrebbe fatto lui, un "bestia", un non-mago, a tornare a Egaelith e a combattere una battaglia a suon d'incantesimi?
Come avrebbe potuto proteggersi non soltanto dalla fazione nemica, ma dall'intero regno che lo avrebbe potuto riconoscere e braccare per ucciderlo?
No, era tutto frutto della sua fantasia.
Sua madre stava male, ma lui cosa poteva mai fare per lei?
Non era un guaritore.
Suo padre e un mago abile in quella branca si sarebbero occupati del problema.
Se non riuscivano loro, come poteva Yan?
Si portò le mani al viso, sentendo lo stomaco contrarsi dal tormento. «Mi dispiace... N-non so cosa mi prenda...»
Nathan gli tirò una leggera spallata. «È stata la vista di tua madre. So che è così, ed è comprensibile che tu voglia riabbracciarla.»
«Ho paura che la malattia la porti via...»
«Non so cosa succederà, amico, ma noi non potremmo comunque aiutarla...» Nathan gli cinse il collo con un braccio. «Forse dovremmo andare a dormire. Domani avremo la mente più lucida.»
Yan posò la fronte contro la sua, trattenendosi a stendo dallo scoppiare a piangere. «Sì, va bene...»
*
Tuttavia nei giorni seguenti la mente di Yan tornò spesso alla madre.
Desiderava tenersi aggiornato riguardo il morbo, sapere se Mowbray fosse riuscito a trovare maghi abbastanza potenti da curarla.
Poi, un giorno Skye gli sussurrò nell'orecchio: «Coraggio, andiamo».
Yan si girò confuso. «Eh?»
«Andiamo dagli elfi!» esclamò lei. «Vuoi rivedere tua madre, no? Io sono impensierita per Raven. Dobbiamo assolutamente sbirciare in quello specchio!»
Il ragazzo le afferrò le mani. «Dici sul serio?»
«Che cosa state confabulando?» intervenne però Xerxes. I suoi occhi lampeggiavano di rabbia e sospetto, era tanto furioso da far quasi sembrare che i capelli rossi tremolassero come fiammelle. «State pensando a quello specchio, non è vero?»
«Non puoi dirci cosa fare!» lo sfidò Skye. «Mia sorella e sua mamma stanno male!»
«Non capite che dovete assolutamente dimenticarvi del vostro passato? Se continuate così, non andrete mai avanti!»
«Oh, però a te è andato bene rivedere la tua famiglia, vero?»
Xerxes si fece avanti a passo lungo, torvo. «Era differente! Era normale che volessi sapere almeno qualcosa! Il mio interesse non si è però trasformato in ossessione!»
«Ossessione?»
Yan si sentì profondamente offeso dalla sua insensibilità: come poteva qualcuno neanche sforzarsi di comprendere le preoccupazioni di un amico?
«Non è ossessione star in pensiero per i propri cari in difficoltà. Avanti, Skye, andiamo!»
Incrociò lo sguardo di Xerxes.
Per un attimo ebbe il timore che gli ordinasse di non andare, e a quel punto Yan non era sicuro di cos'avrebbe fatto. Dentro si sentiva ancora un cavaliere, e un vero cavaliere obbediva agli ordini del proprio principe o re. E Xerxes sapeva di poter sfruttare quel vantaggio su di lui...
Fortunatamente però, non disse niente. Si limitò a girarsi verso Nathan, per chiedere la sua opinione.
Quest'ultimo si strinse nelle spalle. «Non c'è niente di male, Xerxes. È giusto che controllino, dato che i loro parenti sono malati.»
«Potrebbero tranquillamente andare una volta a settimana» suggerì James. «Non prendertela troppo. Scommetto che tu faresti lo stesso.»
Xerxes non rispose, ma quando Nathan si offrì di accompagnare gli amici, gli sibilò contro: «No, c'è bisogno di te qui. Dovrò aiutare James nella caccia, e tu devi occuparti delle erbe mediche. Dobbiamo anche procurarci un po' di legna. Vogliamo mantenere i nostri impegni o no?»
Nathan scoccò un'occhiata dispiaciuta a Yan e a Skye, prima che questi ultimi andassero a imboccare il sentiero che li avrebbe condotti al villaggio elfico.
Il ragazzo sentiva il sangue pulsare nel cervello. "Io che non mantengo i miei impegni, eh?"
*
Sua madre non sembrava essere peggiorata, ma neanche migliorata. Era di nuovo sola, probabilmente il marito si trovava insieme ai soldati, a pianificare una difesa in vista della guerra che sarebbe potuta scoppiare.
Yan avrebbe tanto voluto saperne di più...
Poiché Raven viveva a palazzo reale, sperò di ottenere informazioni nel momento in cui la spiarono, ma ebbe soltanto una delusione.
La ragazza non si spostò dalla sua stanza: era intenta a scrivere qualcosa che non riuscirono a leggere bene, ma che finì per arrotolare e sigillare con la cera, con su impresso il simbolo del regno.
Ignorante quanto Yan a riguardo, Skye passò la mano sulla superficie dello specchio, a cancellare l'immagine della sorella che si alzava per legare il messaggio alla zampa del suo corvo.
Non erano riusciti a leggere a chi fosse indirizzato.
«È una lettera preziosa.»
Skye sbatté gli occhioni verso Yan. «Come dici?»
«Beh, sai che i messaggi si possono inviare tramite incantesimo, tramutando la pergamena nella forma di un volatile. Tuttavia si preferisce affidare le lettere più segrete alle ali di veri uccelli: passano più inosservati, è difficile vedere una pergamena legata tra gli artigli, mentre un uccello finto desta più curiosità.»
«Oh, quindi Raven stava inviando un messaggio segreto? Avrei tanto voluto leggere il nome del destinatario...»
«Vuoi tornare a casa?»
Lei sbuffò. «Non ho affatto voglia di rivedere Xerxes! Quell'antipatico! Non si fida di noi?»
Yan le tirò un buffetto alla testa, non riuscendo a trattenersi dal sorridere. C'erano delle volte in cui Skye si arrabbiava e anziché incutere paura, appariva tanto carina.
Si riscosse di fronte a quel pensiero sconveniente, e si affrettò a dire: «S-si fida, ma si preoccupa. Vorrebbe che vivessimo più serenamente. Deve però capire. L'idea di James mi sembra buona: possiamo venire qui una volta a settimana».
«Già, per una volta il leoncino ha avuto una buona idea!» Skye tornò allegra. «Ehi, che ne dici se diamo un'occhiata a Cloud?»
D'accordo, Yan lasciò che nominasse allo specchio il nome della dragonessa azzurra.
La sua mole, più grande rispetto a quanto lui ricordasse, apparve dinnanzi a loro. Era insieme a Flame, il suo compagno, e tra le loro zampe si azzuffavano due cuccioli molto carini, uno arancione chiaro e uno tra il grigio e il marrone.
Skye giunse le mani vicino alla guancia. «Che teneri! Sono così felice per Cloud!»
La loro conversazione venne interrotta dallo svolazzo del lembo d'entrata: Yeru'a stava avanzando nella tenda, con il suo passo silenzioso e nobile.
I giovani si raddrizzarono ammiccando rispettosamente.
«Grazie ancora per la vostra gentilezza» mormorò Yan.
«È un piacere» rispose l'elfo. «Temo tuttavia che qualcosa vi crucci, o sbaglio?»
Skye si strinse nelle spalle. «Mia sorella e la madre di Yan sono malate. Vorremmo seguire la loro situazione per accertarci che guariscano.»
«A dire la verità...» cominciò Yan, non riuscendo a trattenersi, «abbiamo anche sentito parlare di una guerra che potrebbe scoppiare nel nostro regno. Però noi non abbiamo saputo niente dalla nostra lastra-della-visione.»
Yeru'a si strusciò il mento appuntito. «Lastra-della-visione? Intendi quell'oggetto incantato simile al mio specchio?»
«Sì, soltanto che, una volta attivato, si possono scegliere solo alcune visioni da guardare, inviate dai goblin. Ci siamo sintonizzati più volte su Egaelith, ma i passa-novità non hanno mai parlato di nulla a riguardo; e non abbiamo letto niente sulle pergamene-vaganti. Non che a re Kayne piaccia far conoscere le sfumature peggiori del suo Paese...»
«Owen controlla sempre le visioni del regno di Finwzima» spiegò Skye. «Ma se fosse venuto a sapere qualcosa, ci avrebbe avvisati.»
Yeru'a incrociò le braccia, annuendo piano. «SÌ, Re Kayne Cavendish è conosciuto in tutto il mondo per essere un uomo geloso dei suoi segreti. Ipotizzerei che non voglia lasciar trapelare una propria debolezza... Ciononostante, se si trova in disequilibrio con un altro regno, ritengo strano che qui a Finwzima non se ne parli. Re Kayne potrà anche aver proibito che alcune sue visioni superino i confini di Egaelith, ma il Paese suo nemico? Possibile che non siano giunte informazioni da parte del suo opponente?» Dipoi, l'elfo si offrì: «Se lo desiderate, posso provare a informarmi a riguardo».
«Sarebbe grandioso!» esclamò Yan, rincuorato. «Siete gentilissimo, grazie!»
*
Non trascorse molto tempo prima di ricevere le notizie richieste, Vow'a li raggiunse il tramonto successivo. «Mio padre è venuto a sapere che il regno di Egaelith rischia una lotta tra i territori reali di Cavendish e il baronato di Tirsh».
Yan si fece avanti allarmato. «Una guerra intestina? M-ma come... Perché? Perché mai il re dovrebbe voler attaccare il baronato di Tirsh? O i-il contrario...»
«Mio padre non sa ancora dire di più.»
Quando l'elfo se ne fu andato, Xerxes se la prese subito con Yan: «Ti avevo detto che non volevo saperne niente!»
«Beh, io voglio saperlo!» ribatté l'altro, iniziando a imbufalirsi.
Era un tipo paziente, non si infastidiva facilmente e riusciva sempre a sopportare le bizze dei compagni. Per una volta però che lui ne faceva una, loro potevano almeno provare a passarci sopra, no?
«Non ne sto parlando con te. Vow'a è venuto solo ad aggiornarmi, perché è quanto ho chiesto.»
Xerxes non rispose, né lo fecero gli altri.
Yan non cercò lo sguardo né il sostegno di nessuno.
Adesso tutto ciò a cui riusciva a pensare era che il ducato di Bellspring, il territorio in cui era cresciuto e in cui ancora viveva la sua famiglia, si trovava stretto proprio tra le due fazioni rivali, e rischiava di venire sopraffatto da quella guerra che minacciava di disgregare il regno.
*
Capitolo un po' più calmo, ma che almeno dà alcune informazioni sulla situazione di Egaelith.
Che cosa ne pensate delle discussioni tra i ragazzi?
Pazientate, che il prossimo capitolo porterà un nuovo personaggio, molto importante per giunta ;)
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