Pelle macchiata
Dalila cominciò a mancargli molto più del solito.
Il ricordo dei loro baci, delle loro carezze, delle dita intrecciate... il loro buffo balletto scoordinato, le risate mentre si strusciavano schiena e spalle a vicenda...
Yan ripensava con nostalgia alla volta in cui Dalila lo aveva gettato in mezzo al fango, tenendolo fermo mentre lei gli si affacciava sopra. Avrebbe voluto rivivere una scena simile, stavolta però coronandola con un lungo e tenerissimo bacio.
Era passato soltanto un giorno dalla celebrazione del Solstizio d'Estate, ma a Yan sembrava già trascorsa una settimana dal suo ultimo incontro romantico.
Si era svegliato tardi, e comunque si era già detto che non sarebbe tornato alla fattoria: era già parso sospetto che avesse trascorso così tanto tempo in bagno durante la festa, non voleva assentarsi a lungo già il giorno successivo, per quanto il suo cuore fremesse al pensiero della prossima occasione in cui avrebbe potuto letteralmente abbracciare Dalila.
Con la stagione calda non si sentiva grande bisogno di cacciare, il cibo che i pazienti di Owen gli donavano in cambio delle medicine era abbastanza, ma Yan trovò comunque una scusa uscire a prendere un po' d'aria fresca e riflettere.
Poiché lui e gli altri avevano dormito fino all'ora di pranzo, avevano deciso di riposare anche nel pomeriggio, per uscire poi alla sera e svagarsi un po' nella valle.
Yan aveva sempre adorato trascorrere il tempo a divertirsi con gli amici: potevano sfruttare la camougrape per giocare a nascondino, nuotavano al lago, si arrampicavano sugli alberi più alti, in inverno scivolavano con le tavolette, costruivano pupazzi di neve e si scontravano in lunghe battaglie. E nelle sere più tranquille si distendevano sul prato ad ammirare le stelle.
Adesso Yan avrebbe voluto condividere tutti quei momenti piacevoli anche con Dalila. Avrebbe voluto che lei vivesse con loro, che tutto quel divertimento venisse portato avanti anche con la sua presenza.
Senza di lei, nulla si prospettava più divertente...
«Fermo, babbeo! Ridammela!»
«Sei troppo ossessionata da questa rana! Sembra quasi che tu voglia più bene a lei che a me!»
Seduto su un albero, Yan si affacciò per sbirciare da dietro le foglie.
Sulla riva del lago sopra cui lui riposava, Nathan e Skye si stavano rincorrendo. Lui teneva Niawn tra le mani e sollevava le braccia per impedire a Skye di riprendersela.
«Guarda che soffre di vertigini!»
«Ma cosa dici? Questa rana ha fatto più capriole tra i tuoi capelli che la polvere nell'aria!»
Non ottenendo risultati, Skye gli attaccò la pancia a suon di strizzate per costringerlo ad abbassare le braccia.
«Ferma!» rise lui, in diversi tentativi di darle le spalle. «Il solletico non vale!»
«Sì che vale! Ridammi Niawn!»
Nathan si allontanò un poco, ma alla fine sollevò la mano libera in segno di resa, dopodiché adagiò la ranocchia tra i riccioli di Skye.
«Grazie, così va meglio! Beh, io vado a trovare gli elfetti, va bene?»
Nathan la strinse a sé e strofinò il naso contro il suo. «Va bene. Io cerco Yan.»
Il diretto interressato si grattò la nuca, chiedendosi perché l'amico avesse bisogno di lui.
I pensieri s'interruppero non appena li vide baciarsi. Per quanto la scena fosse dolce, non rimase certo a guardare.
«Ci vediamo dopo, puledrino» disse poi Skye, con enorme tenerezza. «Ti voglio tanto, tanto bene.»
«Anche io, piccolina» sussurrò Nathan, altrettanto amorevolmente.
Yan attese di sentire i passi di Skye farsi abbastanza distanti, allora si affacciò dalle foglie. «Nate, da questa parte.»
Nathan si arrampicò su di un ramo vicino al suo, gli occhi semichiusi a fissare il laghetto, la cui superficie scintillava sotto i raggi del sole estivo. Le sue guance erano esageratamente arrossate. «Ehm... c-ci hai visti?»
«Cos'è? Ti vergogni?»
Nathan ignorò la presa in giro e si fece più serio. «Stai bene?»
«Sì, certo. Solo un po' stanco per ieri sera. P-però non mi andava di rimanere a letto.»
«Come va la pancia? Ti fa ancora male?»
«Oh, no, ora sto meglio, grazie...»
Yan non riusciva a fingersi naturale, non di fronte a Nathan.
Per quanto gli fosse affezionato, non gli era mai risultato difficile mentirgli.
Certo l'amico lo conosceva così bene che alle volte era capace d'intendere quando Yan gli raccontava balle, ma non sempre. Nathan era convinto di riuscire a cogliere qualsiasi suo pensiero, quando in realtà Yan era ben capace di nascondergli tutto ciò che voleva. Era un bel vantaggio lasciar beare l'amico nella sua convinzione.
Però, fino a quel momento le sue bugie erano state innocenti, più che altro tendenti a tranquillizzare Nathan.
Adesso invece si parlava di qualcosa di molto serio...
«Ti dispiace se parliamo un attimo?» mormorò poi l'amico.
Yan deglutì. «Dimmi pure...»
«Negli ultimi mesi non sei stato del tutto te stesso. So che sei preoccupato per tua madre, e ho pensato...» Nathan s'interruppe per sospirare, «ho pensato che preferissi che ti lasciassi lo spazio di cui hai bisogno. Però non riesco più a stare zitto vedendoti così.»
Yan non si era mai sentito più male come in quel momento. Erano mesi che Nathan scorgeva tristezza e afflizione nei suoi occhi, e aveva sempre creduto fossero sentimenti rivolti alla madre malata.
Perché non avrebbe mai e poi mai potuto immaginare che Yan li stesse tradendo, visitando Egaelith in continuazione per incontrare la ragazza della quale era innamorato.
Alla fine era riuscito a far sentire Nathan come Nathan era riuscito a far sentire lui quando i signori Seller erano morti.
Non era però quello che Yan aveva voluto davvero...
Lui soffriva per la malattia di sua madre, ma c'era molto altro a sconvolgere i suoi pensieri, e avrebbe tanto voluto poterne parlare con l'amico d'infanzia.
Fu quasi sul punto di aprire bocca per sciorinare tutti i suoi peccati, lo voleva davvero... ma non poteva...
"Non posso farlo, Nathan... Mi dispiace..."
«Forse tu non vuoi parlarne» insistette l'altro, i pugni occlusi. «Ma io voglio che tu lo faccia. O almeno lascia che ti stia accanto. Io non mi sono comportato bene nei tuoi confronti quando i miei genitori sono morti, e mi dispiace davvero tanto, Yan. Credevo di essere l'unico a soffrirne, quando in realtà mancavano anche a te, e ti mancano ancora. Ho sbagliato, e ti chiedo scusa. Ma non vendicarti, per favore... mi fa troppo male...»
Yan sospirò.
Come poteva non provare piacere nello stare al fianco di persone come lui?
Si logorava per avere Dalila accanto, ma non poteva certo lamentarsi della sua famiglia.
«Nate, ogni volta che sto con voi, mi sento sempre meglio. Però, se qualche volta mi isolo... non significa che vi trovi inutili.»
«Tanto per la cronaca, tu sei sempre stato fondamentale per aiutarmi ad affrontare il lutto.»
Yan gli sorrise. «Mi fa piacere sentirtelo dire.»
«Dico sul serio. Se io fossi stato un mago, non sarei comunque riuscito a separarmi da te. Avrei preferito seguirti sull'Isola della Purga.»
Certo, Nathan stava fuggendo una volta visto spegnersi il suo tester, ma appena saputo che a quello di Yan era avvenuto lo stesso, aveva preferito accorrere in mezzo a decine di cavalieri inferociti pur di raggiungerlo.
Esisteva amico migliore?
Yan tornò serio mentre sussurrava: «Owen ha ragione, sarebbe meglio che mia madre morisse il prima possibile, così smetterebbe di soffrire... Io non dipendo più da lei, però... quando morirà, so che mi sentirò vulnerabile...»
«Lo so. Anche io. Lei...» Nathan sbuffò una risata triste. «Lei si è sempre presa cura di me... Però, tu sei una persona forte, Yan. Sei molto più forte di me. Riuscirai a resistere al dolore.»
«E... lo supererò?»
Nathan scosse il capo. «No.»
Yan si strinse nelle spalle, e si sporse ancor più sull'acqua per potersi specchiare. Tutto ciò che vide fu un bugiardo sleale verso i compagni, ipocrita ed egoista.
«All'accademia mi prendevano in giro» confessò, avvertendo il desiderio di comportarsi bene, almeno quanto poteva. «Mi chiamavano Mudbrain, perché mi comportavo da sciocco e ogni tanto dicevo qualche scemenza per scherzare. Avrei voluto parlartene, ma non volevo che ti preoccupassi troppo per me. Sono sempre stato bravo a farmi scivolare tutto addosso, ma faceva comunque male.»
«Sospettavo ci fosse altro.»
«Ah sì?»
«Sì... Avrei dovuto pungolarti un po' di più, anziché aspettare che venissi tu a dirmelo. Immagino ne sentissi sempre il bisogno.»
«Lascia perdere, Nate. Va bene così.»
Nathan si mosse sul ramo per punzecchiargli la schiena con la punta dello stivale. «Sei un idiota, Yan. E lo sono anch'io.»
«Puoi dirlo forte.»
«Ehi, gli altri stanno ancora ronfando. Ti va di andarci a scolare le ultime gocce di vino, prima che si sveglino? Gli elfi non hanno voluto tenerlo! Un po' maleducati, eh?»
«Vuoi bere a quest'ora? E finire il vino? Skye ci ucciderebbe! A proposito, si è davvero fissata con quei bambini, eh?»
«Adora i piccoli.» Nathan arrossì ancora. «Sai quanto è materna.»
«Se volevi stare con lei, non c'era bisogno che venissi a cercarmi.»
«Ma va', è da tantissimo che non passiamo un po' di tempo insieme io e te, come una volta. Non sei geloso, vero?»
«Io? Figurati!»
«A proposito di questo, ho una domanda da farti.» Nathan si sporse in avanti, adesso con un sorriso sornione parecchio comico. «Per caso ti sei innamorato di un'elfa?»
Toccò a Yan arrossire, il cuore che iniziava a sferrare colpi alla cassa toracica. «Co-cosa? P-perché?»
«Ogni tanto ti becco a sorridere fra te e te, e quando vieni via dalla tribù hai gli occhi più brillanti del solito. E poi, ho pensato che il mal di pancia di ieri fosse una scusa per rimanere un po' da solo con lei. Avanti!» Lo spintonò. «Ti sei innamorato, vero? Non ti biasimo, le elfe sono davvero belle! Come si chiama?»
«Non c'è nessuna!» mentì Yan, lottando per spostarlo. «Dacci un taglio!»
«Ah no? Allora come mai hai sempre quella faccia da ebete?»
«Ce l'hai tu la faccia da ebete!»
Spintonarsi così tanto li portò infine a perdere l'equilibrio e a precipitare l'uno sopra l'altro nel laghetto sotto di loro.
*
Yan si massaggiò le tempie, mentalmente impreparato alla sola idea di doversi alzare per preparare la cena.
Tre sere seguenti al Solstizio d'Estate toccava a lui occuparsi di cucinare, ma aveva un gran mal di testa, quasi non riusciva a ricordare se serviva aggiungere il pollo nella zuppa di pollo.
Seduti sul tappeto, James e Nathan parlavano un po' troppo ad alta voce, e gli sembrava quasi che Xerxes, accanto a lui, stesse andando a fuoco.
Non era più riuscito a tornare da Dalila. Il giorno precedente e quello prima ancora aveva preferito rinunciare per non far insospettire gli amici – soprattutto dopo le domande di Nathan – mentre quella mattina si era svegliato con una pesantezza addosso che gli aveva fatto preferire il riposo.
«Che cosa ti prende, Yan?» lo chiamò Nathan quando l'amico portò la testa tra le mani.
«Ho un gran mal di testa... Speravo migliorasse da stamattina, invece è peggio...»
«Ehi, però anche Xerxes sembra star parecchio male.»
«Effettivamente la testa duole anche a me...» Il principe diede in un profondo sospiro, colto dal suo tic più recente, quello di grattarsi il torso in continuazione, vizio che stava facendo pizzicare la pelle anche a Yan soltanto a guardare.
«E bruci tantissimo...» gli disse a denti stretti. «Ti sento senza toccarti.»
«A dire il vero, neanche io mi sento granché in forma» confessò Nathan. «Non male quanto voi, ma credo che la febbre sia vicina. Ho un po' di frizzore alla gola.»
«Perfetto, ci stiamo trasmettendo l'influenza a vicenda» brontolò James, il quale sembrava comunque star meglio di loro. I suoi occhi rimanevano tuttavia socchiusi, segno che, anche se non lo ammetteva, stava accusando un po' di malanno. «Questa Skye me la paga.»
La mattina in cui Skye aveva deciso di visitare i bambini elfi, era in realtà tornata al Rifugio senza neanche riuscire a raggiungere le caverne. Durante il tragitto aveva infatti cominciato a soffrire di stanchezza e mal di testa, e per prevenzione era tornata a farsi controllare da Owen, che aveva subito diagnosticato un principio di febbre, poi palesatasi il giorno seguente.
James tirò fuori la lingua in una smorfia. «Ora dovremo sorbirci chissà quante di quelle schifose medicine!»
«Quelle medicine ci salvano la vita, genio. Un momento...» Xerxes barcollò davanti a James. «Tira fuori la lingua.»
Pur titubante, l'altro obbedì.
Xerxes guardò più da vicino, strabuzzando gli occhi come se avesse visto la lingua tagliata a metà.
Yan si sporse per osservare a sua volta, notando delle strane chiazze bianche che ricoprivano la superficie. «Credo tu abbia un'infiammazione.»
James sollevò la lingua fin quasi a toccarsi il naso con la punta, gli occhi storti nel tentativo di guardare. Si distrasse però nel vedere Xerxes tornare a grattarsi. «Principino, perché non vai a farti un bagno? Mi dai sui nervi, fai prudere anche a me! Se hai paura di collassare e affogare, vengo io a tenerti d'occhio. Non sbircio niente, tranquillo!»
Xerxes ignorò le sue risatine e bofonchiò qualcosa sul fatto che darsi una sciacquata fosse una buona idea.
Si ritirò per qualche secondo in camera da letto, per tornare poco dopo a petto nudo e con abiti di ricambio sotto braccio.
Yan notò subito gli strani puntini rosso acceso che coloravano la sua schiena pallida.
«Xer!» James si alzò subito per fermarlo e fargli abbassare il braccio, rivelando altri puntini su petto e pancia. «Ma che cazzo... Da dove vengono fuori questi?»
«Oh no... Questo è...»
Anche Nathan sembrava aver capito. Le sue braccia erano illese, ma quando si calò i pantaloni per osservare le gambe, scoprì entrambe macchiate di puntini rossi, nello stesso momento in cui Xerxes ne individuava anche sulle spalle e sulla nuca di James.
Yan cercò meglio che poté, in difficoltà sulla pelle nera, ma riuscì alla fine a scovare le stesse raccapriccianti macchiette.
«Owen!» cominciò a chiamare Xerxes, la voce arrocchita per la febbre. «Owen, vieni qui!»
Owen arrivò svelto dalla sala medica, seguito da Skye. Avevano entrambi gli occhi spalancati per la paura.
Al guaritore bastò un rapido saettare dello sguardo per capire quale fosse il problema, intanto che Skye cominciava a passare le unghie sul collo arrossato.
Quando anche Owen si spogliò e si scoprì macchiato, gli occhi gli precipitarono nell'abisso dello sconforto. «Morbillo...»
Nessuno riuscì a rispondere.
Yan non poteva altro che ascoltare il proprio cuore spaventato, mentre osservava le facce altrettanto orripilate degli amici.
Il morbillo era una malattia che aveva trascinato nella morte moltissime persone. La cura era al momento sconosciuta, Owen stava ancora studiando per scoprirla...
«Com'è possibile?» lo sentì mugolare, mentre camminava in su e in giù dietro al sofà. «N-nessuno del villaggio che sia venuto da me ha il morbillo... Forse qualcuno lo ha contratto ma non gli si è ancora mostrato. Però il morbillo richiede tre giorni d'incubazione, e anche se ce lo avesse trasmesso uno dei pazienti di oggi, le macchie non sarebbero dovute apparire dopo così poche ore... E se qualcuno dei pazienti dei tre giorni scorsi lo ha, sarebbe venuto subito da me...»
Nathan dovette inumidirsi le labbra prima di riuscire a parlare: «Qualche viaggiatore è venuto a farti visita?»
«Oggi è stata la prima volta dopo due settimane...»
Yan guardò Owen ghermirsi i capelli con ferocia.
Era abituato a vederlo calmo. Quando raccontava di un malanno difficile da curare, poteva dimostrarsi preoccupato, ma non perdeva mai la testa come stava accadendo in quel momento...
Che cosa significava?
Owen si fermò, poggiato alla testata del divano, si passò le mani sugli occhi e prese un tetro sospiro. «Beh, oramai è inutile. Tutto ciò che possiamo fare è... combatterlo... » Si girò verso la porta d'ingresso. «Non posso curare più nessuno, o rischierei di peggiorare le cose. Non voglio che l'epidemia si diffonda a Shiwh, anche se ormai potrebbe già essere così. L'unico paziente di oggi è stato quel viaggiatore, ma i pazienti potrebbero aver contratto il malanno negli ultimi giorni. D-devo fare in modo di avvertirli e pregarli di non uscire finché non si avranno nuovi sviluppi...»
«Owen...» lo chiamò Skye, con titubanza. «Owen, qualcuno è mai guarito dal morbillo?»
Lui non rispose. Tutto ciò che fece fu voltarsi a guardarla, e da lì si girò verso gli altri, con gli occhi che s'inumidivano. Sembrava un disperato che cercava di farsi forza.
«Io vi guarirò» dichiarò poi, determinato. «Troverò la cura. Posso farcela... Vi prometto che vi guarirò, non dovete aver paura.»
Di nuovo, tutti rimasero in silenzio.
Nathan si alzò per andare a stringere Skye. Sedutosi sulla poltrona, Xerxes si era messo a rimirare le fantasie del tappeto, sembrava quasi un cadavere. James invece tremava un poco, lo sguardo fisso era indecifrabile, nella consapevolezza di dover affrontare un nemico che non sapeva come colpire.
Anche Yan tremava.
Eppure la forza nel tono di voce di Owen lo faceva sperare. L'amico medico aveva paura tanto quanto loro, non era sicuro di riuscire a salvarli, però ci avrebbe provato. Avrebbe dato tutto se stesso per risolvere quella situazione.
Yan sentiva di non poter desiderare un guaritore migliore di lui.
*
Devo assolutamente chiedervi scusa per il giorno di ritardo, ma questa settimana è un po' strana, davvero.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia lasciati incuriositi!
Come credete che affronteranno il morbillo i nostri protagonisti?
So che sembrerà esagerato, ma a quei tempi era una malattia molto più difficile da curare rispetto ad adesso, e qui le malattie non-magiche sono quasi impossibili da trattare.
A meno che non si tratti di Owen, ma anche lui ancora ignora come occuparsene.
Cosa credete che succederà?
E come pensate che lo abbiano contratto?
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