Nascosto nel fienile
Ricadde sdraiato quasi affondando il viso nella paglia, le braccia a nascondersi la testa, scosso da brevi ansimi e piccoli mugolii che accompagnavano quelli naturali.
Riusciva a vedere il mondo esterno soltanto tramite uno spiraglio tra le dita.
A pochi passi da lui c'era una ragazza, una fiamma-fluttuante le danzava attorno al viso scuro.
"Devo attaccarla? Non posso! Lei è innocente! Però io devo andarmene da qui..."
«Chi sei?» sibilò la sconosciuta.
"Menti!" «M-mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato! I cavalieri mi stanno inseguendo!»
«Cavalieri?»
«S-sì, q-quelli nella Foresta, i c-cavalieri del re...» Non c'era bisogno di fingere il tono spaventato, Yan liberò semplicemente il terrore che zampettava su e giù dentro i suoi polmoni. «Ma io non ho fatto nulla di male! V-vi prego, non vo-voglio morire...»
Gli occhi della ragazza si assottigliarono, come nel tentativo di leggergli l'anima. «Stai dicendo la verità?»
Yan annuì freneticamente, attento a mantenersi nascosto sotto le braccia e il mantello.
Dall'alto al basso, lei rimase a fissarlo per lunghi istanti... ma alla fine tirò un lungo sospiro infastidito e alzandosi disse: «Ci penso io. Tu sta' fermo e non fiatare, intesi?»
Yan rispose soltanto a cenni.
La guardò mentre si allontanava e usciva dalla stalla, accompagnata dalla fiamma-fluttuante.
Era il momento di prendere il portsid!
Mentre tornava a lottare contro il dolore, però, pensò che i cavalieri avrebbero scorto da fuori il bagliore azzurro del trasporto. A quel punto avrebbero accusato la ragazza e la sua famiglia, credendoli dei complici o i diretti responsabili dell'incendio, e Yan questo non poteva permetterlo.
Però non poteva neanche lasciare che quella sconosciuta lo vedesse per chi era in realtà - perché ovviamente sarebbe tornata per interrogarlo.
Fortunatamente Yan ricordò di aver portato i chicchi di camougrape.
Afferrò entrambi i bianchi e si affrettò a ingoiarli.
Non sapeva per quanto altro tempo sarebbe rimasto, ma non poteva rischiare che la sua pelle tornasse del colore naturale. Non era neanche sicuro che due soli chicchi sarebbero bastati...
Quanto sarebbe stato trattenuto da quella sconosciuta?
Forse la giovane sarebbe rimasta scioccata dal suo aspetto, ma era sicuramente meglio terrorizzarla con l'albinismo ed evitare di farsi riconoscere come uno dei troppi "bestia" nati a Egaelith in quella generazione.
Così Yan rimase accucciato sul mucchietto di fieno, in ansiogena attesa...
Non seppe quanto tempo trascorse, ma finalmente la ragazza si rifece viva con la sua fiamma-fluttuante.
«Potresti fare più luce?» mormorò la fanciulla, dunque la fiammella aumentò d'intensità sino a illuminare l'angolo in cui si trovava il ragazzo.
Lo spiritello dagli occhietti curiosi brillava di una sfumatura tra il verde e l'azzurro, pur mantenendo qualche screziatura rossa.
Alla sua luce, Yan riuscì a scorgere la testa di un cavallo, addormentato nel suo box; udiva anche i bassi muggiti delle mucche e il belato delle capre o delle pecore.
Sollevò lo sguardo sulla ragazza: aveva la pelle più scura della sua, gli occhi marroni erano ristretti in un fare minaccioso e indagatore; i capelli castani erano raccolti in una treccia avvolta a formare uno chignon in cima al capo. Indossava una camicia da notte modesta, piuttosto sporca, e camminava a piedi nudi sul lercio della stalla.
Si accucciò dinnanzi a Yan e con un movimento secco lo afferrò per tirarlo a sedere. Come lo vide, con la pelle terrea e gli occhi altrettanto bianchi quanto quelli di un cieco, si sottrasse un poco sbattendo meravigliata le lunghe ciglia.
Poi storse le labbra carnose in una smorfia di dubbio. «Non avevo notato la tua...»
«Che cosa?»
«Mph, niente.»
La giovane si sporse in avanti, il naso a un palmo dal suo.
Yan sentiva il cuore battere all'impazzata sia per la paura che per l'imbarazzo. Non aveva mai sudato così tanto neanche quando aveva creduto di dover combattere contro James, allora conosciuto solo come Red Lion.
La fiamma-fluttuante che girovagava sulle loro teste contribuiva a farlo star peggio...
Quando la ragazza si spostò, mantenne il tono diffidente: «Chi sei?»
Yan sospirò. Durante l'attesa aveva studiato una nuova bugia. «I miei genitori mi hanno chiesto di recuperare qualche componente nella Foresta di Hanover.»
«Cosa sono? Guaritori?»
«No. Siamo nomadi, e ci siamo fermati più a est con la nostra carovana. Servivano degli ingredienti per i pasti, i miei sono esperti di cucina. Purtroppo non abbiamo abbastanza denaro per comprarne in città o nei villaggi.»
«Vi siete dunque adeguati a una cucina particolare, mi vien da pensare. Per questo vi siete accampati qui vicino? E tu e la tua famiglia non sapete che nella Foresta di Hanover potrebbe scoppiare una battaglia da un momento all'altro?» La ragazza si permise di tirargli uno scappellotto. «Idiota! Potevi finirci secco! Quei cavalieri hanno parlato di un incendio, ho persino visto il fumo da lontano!»
«Sì, purtroppo ci sono rimasto un po' invischiato... Non ho idea di chi o di che cosa sia stato ad appiccarlo, ma sono innocente!»
«Beh, forse è vero che ti trovavi nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Anche perché cosa ci guadagnerebbe un nomade a incendiare la Foresta di Hanover, se proprio ha bisogno di strane spezie per la sua strana cucina? Non potevi certo pensare che così facendo avreste avuto una possibilità di entrare nel baronato di Tirsh: è stupido e non c'è collegamento...»
Yan si ritrovò a fare un sorrisetto per la sua intuitività. «Voi ragionate davvero bene, signorina.»
«Grazie, ma non essere così formale. Io non merito alcun titolo di rispetto.»
«Va bene, ma... che cosa vuoi dire?»
Lei sbuffò con amaro sarcasmo. «Per favore! Una contadinotta nera come me!»
Yan la guardò comprensivo. Capiva come poteva sentirsi, lui per primo aveva sempre avuto problemi a causa del colore della pelle.
Ed effettivamente poteva parlarne senza troppi giri di parole, considerato che il suo cammuffamento comprendeva il medesimo problema. «Ti lamenti col tipo sbagliato.»
La giovane non riuscì a trattenersi dallo sbuffare una risatina, sollevando il mento. «Forse è vero. Dimmi un po', tua madre è amante del Demonio?»
"Però, diretta..." «Certo che no. Sono il frutto dell'amore tra due persone... rispettabili...»
«Certo. Perdonami, ma ero curiosa. Sai, non ho mai creduto molto a queste sciocche superstizioni, forse perché io per prima ne sono vittima. Però chiedere non costa nulla, almeno non a chi è disarmato.»
Gli porse la mano.
Quando Yan l'afferrò con quella buona e provò a tirarsi su, le gambe tremarono e ricadde sulla paglia, in preda a un dolore asfissiante.
«Oh oh, sei davvero messo male.»
Il ragazzo si sforzò di stringere i denti per farle credere che non fosse niente di grave. Non voleva che lo ospitasse per la notte... né gli andava giù di apparire debole di fronte a lei, così tosta...
«Solo qualche bruciatura, m-ma sto bene, davvero...» mentì a mezza voce.
La fiamma-fluttuante si avvicinò curiosa alla mano sinistra del ragazzo, mettendo in mostra la carne rossa bruciata.
La giovane contadina strabuzzò gli occhi per lo sgomento. «Non stai affatto bene! Brutto idiota! Aspetta qui, vado a prendere dei medicamenti.»
«N-non è affatto necessario, posso...»
«Silenzio!» gli inveì contro lei, seccata, e di nuovo uscì con la fiammella.
Yan non poté far altro che rimanere nel buio. Non poteva di certo andarsene, se i cavalieri erano ancora appostati là fuori a spiare la fattoria.
Stava però rischiando grosso più di prima: se la sconosciuta avesse usato poteri curativi su di lui, si sarebbe accorta della loro inefficacia.
"Posso cavarmela" si disse comunque. "Lei di certo non sa che i "bestia" sono immuni alla magia umana. Le farò credere di non essere capace a guarire bruciature come le mie. Spero soltanto che non sia brava nella magia curativa..."
La ragazza tornò poco dopo, con una bacinella colma d'olio e un panno sulla spalla. «Togliti i pantaloni.»
Il viso di Yan si colorò adesso di rosso. «C-come?»
«Ho detto di toglierti i pantaloni. Come faccio a curarti le gambe, sennò? Cos'è? Ti vergogni?»
"Certo che mi vergogno!"
Purtroppo non poté fare a meno di obbedire sotto lo sguardo severo della sconosciuta.
Perciò, con enorme imbarazzo e fatica - e un indicibile dolore - riuscì a sfilare i pantaloni fino a sotto le ginocchia.
Per fortuna gli stivali avevano protetto il resto delle gambe. Lì la pelle frizzava e formicolava, ma probabilmente era solo arrossata.
La ragazza fece immergere la mano offesa e unse le ferite degli arti. Lui sibilava a ogni tocco, ma pian piano cominciò ad avvertire un po' di sollievo.
La sconosciuta aveva una mano salda ma non aggressiva, i suoi movimenti erano decisi, la fronte corrugata nella concentrazione e gli occhi di chi la sapeva lunga e si credeva più intelligente.
«Perdonami» mormorò tuttavia, pur senza cedere all'espressione gentile. «Non ho poteri curativi, non posso far molto di più per te.»
Pur sollevato per essere riuscito a evitare quel nuovo rischio, lui la guardò perplesso. Sembrava avere più o meno la sua età, perciò aveva di gran lunga superato i dodici anni. Cosa intendeva dire sul fatto che non avesse poteri curativi?
Accortasi della sua occhiata, lei fece un sorriso privo d'allegria. «Sono una "debole".»
«Oh. Capisco. E, ehm... q-quale potere sai usare?»
«Terra. Mi è molto utile per il raccolto, e sono diventata bravina, oramai sono circa due anni che so usarlo. Tu invece quando hai ottenuto i tuoi poteri?»
"Non posso mentire troppo. Se mi chiedesse una dimostrazione, mi smaschererebbe..." «Ehm, anch'io sono un "debole".»
Lei arrestò gli impacchi per guardarlo meravigliata. «Davvero?»
«Già, io ho... l-la magia del trasporto. Cioè, da un posto all'altro, sai.»
La ragazza portò le nocche sui fianchi, l'espressione scettica. «E per quale diavolo di motivo non ti sei trasportato per fuggire, tontolone?»
"Questa è un'ottima domanda..." «Ehm, perché li ho ottenuti da poco e... e non sono ancora bravo a usare la magia quando sono sotto pressione. Ecco, ho compiuto quattordici anni soltanto un mese fa.»
Sebbene non ne avesse diretta esperienza, Yan sapeva che quando qualcuno cominciava a usare la magia aveva bisogno di molto tempo prima di riuscire a padroneggiarla al meglio. Per i "deboli" era un po' più semplice, poiché avevano da concentrarsi su pochi incantesimi, ma necessitavano comunque di mesi di pratica.
La fanciulla sembrò credergli e si rilassò, tornando a prendersi cura delle bruciature.
Per distogliersi dall'imbarazzo della nudità, Yan fece caso alla fiamma-fluttuante che continuava a fissarlo con i suoi piccoli occhi.
Quando gli si avvicinò, il ragazzo si ritrasse.
«Flarì! Ha appena subito delle scottature! Non essere indelicata!»
La fiammella magica saettò via, la sua essenza parve scemare come sul punto di spegnersi, adesso del tutto grigia.
Yan la guardò incuriosito. «Viene dalla Foresta?»
«Già. L'anno scorso andai lì alla ricerca di qualche frutto speciale da regalare a mio fratello, questo spiritello mi vide, e da allora non è più riuscito a staccarsi da me. Siamo amiche per la pelle. Dev'esserci stato un qualche imprinting, come succede agli anatroccoli.»
Yan non poté reprimere un sorriso. «È una femmina, eh?»
«È permalosa su qualsiasi cosa, quindi è una femmina, ne sono certa. Fidati di chi ne sa.»
Il ragazzo scoppiò a ridere tanto forte da rischiare di cadere all'indietro, la sconosciuta dovette addirittura pizzicargli il polpaccio per farlo smettere.
«Scusa...» mugolò lui, asciugandosi gli occhi. «Scusa, ehm... ti trovo davvero carina, Flarì. È solo che al momento il fuoco m'innervosisce.»
Flarì parve rinvigorirsi e fece un giro su se stessa, scoppiettando alacremente di rosa e arancio.
La giovane contadina sogghignò. «Ci sai fare, eh? Ecco fatto.» Gli sollevò la mano bruciata per avvolgerla nel panno umido d'olio. «Va un po' meglio? Non ne so molto, ma qualcosa ho dovuto imparare, soprattutto da quando mio fratello ha iniziato a usare i poteri. Non immagini che disastri mi combina. Se non sbaglio, l'Umhïrtröfa dice che va usato l'olio sulle bruciature.»
Toccò a Yan sogghignare. «Sì sì, anche a me mi sembra che dica così. Va meglio, grazie.»
«Lasciati controllare dai tuoi genitori, la magia migliorerà tutto. Almeno per adesso puoi tornare a casa.»
Yan fece una smorfia mentre provava a tirare su i pantaloni. Il tessuto che strusciava sulla carne scoperta gli provocava però un male insopportabile, e scelse dunque di tenere le gambe nude. Oramai lei le mutande gliele aveva viste...
«Credi che i cavalieri se ne siano andati? La magia del trasporto rilascia una luce azzurra...»
La giovane incrociò le braccia, nuovamente accigliata. «No, forse no. Beh, meglio che tu rimanga qui per la notte. Potrebbero usare incantesimi di rintraccio, ma immagino che lo abbiano già fatto e che non abbiano funzionato. Scommetto che i tuoi strani genitori ti hanno dato un qualche strano talismano. Forse quel ciondolo?» e indicò la collana di Yan, che lui afferrò sentendo gli occhi inumidirsi un poco. «Potrai andartene al mattino. Non m'infastidisci, e spero che a te non dia noia l'odore della cacca.»
Lui scoppiò a ridere ancora una volta. «No, assolutamente. Beh... rimarrò volentieri, grazie. Posso anche dormire su questa paglia. E me ne andrò prima dell'alba, promesso.»
«Come vuoi. Io vado a letto, sono distrutta. Hai paura del buio? Flarì può rimanere.»
«Ehm... non importa. Il buio mi piace, grazie.»
«Uuh, sei un tipo tenebroso?»
«Come no!»
La ragazza fece un sorriso più amichevole, mettendo bene in mostra la dentatura cavallina. «Come diavolo ti chiami, tonto?»
«Oh, ehm... Il mio nome... il mio nome è... Joshua.»
«Joshua. Solo Joshua?»
«No! No, ehm... Joshua Fisher.»
«Va bene, Joshua Fisher, ti lascio dormire.»
Yan allungò la mano per afferrarle il polso, ma si fermò in tempo per evitare una tale stupidaggine. Tuttavia lei se ne accorse, dunque il ragazzo farfugliò imbarazzato: «E t-tu come ti chiami?»
«Mi chiamo Dalila Auber.» Dalila alzò la mano per salutarlo. «'Notte, Joshua.»
Yan la guardò andarsene. Flarì fece una giravolta prima di dileguarsi con lei.
La porta della stalla si richiuse e il ragazzo rimase avvolto nell'oscurità, in mezzo alla puzza delle bestie da fattoria.
Si sistemò sul fieno, in silenzio, in attesa.
La mano e le gambe gli facevano ancora parecchio male, ma andava meglio, grazie alle cure di Dalila.
«Aspetto un po', Rif» disse non troppo forte. «Torno prima dell'alba.»
*
Yan rischiò di addormentarsi, o addirittura di svenire, tant'era stanco e dolorante. Cercò le posizioni più scomode che potesse trovare e, tenendo conto della provenienza della poca luce lunare che filtrava dalla finestra, poté constatare quanto poco mancasse all'alba.
Si alzò e uscì, poi fece il giro della fattoria, affacciandosi fuori dalla recinzione per accertarsi che i cavalieri non fossero nei paraggi.
Non ne vide, ma come poteva sapere che non fossero invisibili?
«Rifel'a, ho bisogno di te...»
Occorsero pochissimi secondi prima che l'elfo apparisse al suo fianco.
La luce azzurra non fece in tempo a spegnersi, che lui aveva già afferrato Yan e ingoiato un seme.
*
Il ragazzo ricadde supino sull'erba appiccicosa di neve, uno scioccante toccasana per le gambe.
Rifel'a si sedette accanto a lui, là dove era adagiato lo specchio. Afferrò la mano bruciata dell'amico e la immerse nell'impasto freddo, pronunciando qualche parola in elfico.
La forte sensazione di gelo svanì appena Yan sentì formicolare le dita, e lo stesso capitò alle gambe.
Quando analizzò le ferite, scoprì la carne ancora in bella vista, ma almeno non faceva più male. Era come se fosse passata qualche settimana e si fosse già seccata. La pelle era tornata nera, ma nella maggior parte dei punti la carne rossa contrastava in maniera disgustosa...
«È terribile...»
«Sei stato molto coraggioso, Yan, molto coraggioso. Ma non potevi rimanere lì ancor più a lungo. Mi hai quasi dato l'impressione che tu stessi cercando scuse! I cavalieri si erano già allontanati da tempo.» Gli indicò la mano e le gambe. «Sei intenzionato a parlarne con i tuoi compagni? Come giustificherai le tue offese?»
«Ho già pensato a qualcosa, non temere.» Yan si strinse nelle spalle mentre tirava su i pantaloni, che strusciarono fastidiosamente ma in maniera sopportabile. «La diga?»
«È andata distrutta e il fiume ha ripreso a scorrere. Tuo padre è salvo.»
Il ragazzo si ritrovò a sorridere e agitò il pugno sano per la contentezza. Avrebbe scosso anche le gambe, se non gli avessero fatto tanto male. «Sì! Sì! SÌ!»
Rifel'a sorrise compiaciuto, infine lo intimò a tornare a casa prima che il sole sorgesse.
Yan lo ringraziò un migliaio di volte prima di allontanarsi zoppicando.
Attraversò il tunnel e, raggiunto il Rifugio, aprì e chiuse la porta il più piano possibile.
Lanciò un urletto nel ritrovarsi faccia a faccia con un basso fantasma dai capelli neri, ma urlò ancor di più nel rendersi conto che si trattava di Owen.
«Perché stai urlando?!»
«Perché fai spavento!»
L'amico ruotò gli occhi, prima di puntarli, da bravo guaritore, sulla mano bruciata. L'afferrò e spalancò la bocca, scioccato. «Che diavolo ti è successo?»
«Oh, ehm... sì... Ricordi le firethorn a nord del burrone?»
«Sì, ma cosa ci facevi tanto lontano? E soprattutto a quest'ora?!»
«Mi sentivo in colpa perché ultimamente la caccia non mi va bene, perciò mi sono spinto a nord insieme a Rifel'a, sperando in qualche animale notturno. Stavo per acciuffare una volpe, quando ho incrociato un tasso, che si è spaventato, mi ha attaccato e indietreggiando sono finito con la mano tra le firethorn. È stato parecchio brutto, e mi sono bruciato anche le gambe, ma poi Rifel'a mi ha curato e tutto è passato. Purtroppo non sono più riuscito a cacciare, e-e ho persino perso il mio coltello da caccia, figurati!»
Non aveva il coltello con sé, aveva dovuto anticipare nuove domande imbarazzanti.
"Nascondere il coltello. Devo nascondere il coltello" segnò a mente.
Owen schiaffò la mano sulla faccia. «Yan, brutto idiota, ma ti senti? Ti abbiamo ripetuto migliaia di volte che in questi ultimi giorni il cibo non ci manca!»
Yan arrossì, sentendosi profondamente in colpa per la bugia. E non stava solo mentendo, stava anche fingendo di essere tanto puro, come se non avesse fatto niente di male.
Beh, in realtà aveva salvato suo padre ed evitato la morte di molte persone, quindi qualcosa di buono lo aveva fatto eccome.
La cosa negativa era che gli amici non ne sarebbero comunque stati contenti...
"Non è giusto. Dovrebbero appoggiarmi... Io con loro lo farei" si ritrovò a pensare.
Owen gli batté la mano sulla spalla. «Fortuna che c'era Rifel'a, almeno ha potuto curarti subito. Beh, se ha usato la magia, non credo che ti servirà del ghiaccio. Dovresti lavarti e riposare, hai l'aria parecchio provata.»
«No, non importa, posso uscire per...»
«Riposa, te lo meriti. Però niente più scappatelle simili.»
Yan si grattò la nuca. "È vero, me lo merito. E non farò più scappatelle."
Perciò annuì e si ritirò in bagno, si lavò nella vasca, poi poté finalmente sdraiarsi a gambe nude e chiudere gli occhi.
Sotto le coperte, sorrideva per il successo della notte trascorsa.
Finalmente aveva agito, aveva fatto la sua parte!
Col cuore lieto e il cervello più rilassato, mentre si addormentava gli apparve l'immagine di Dalila Auber, che sogghignava amichevolmente chiamandolo: «Tonto».
*
Che ne pensate di Dalila?
Il nostro caro Yan sta già pensando a lei, eh?🤭
Scusate ma il meme era d'obbligo 😆
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