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Lo specchio magico

Tutta la loro attenzione tornò sul capo elfo, il quale abbozzò un sorrisetto mentre ammiccava ancora verso Vow'a.

Questi si avvicinò a uno specchio ovale poco più grande della sua testa, tenuto posato sulla sacca di pelliccia più larga, e lo trasportò dinnanzi ai ragazzi.

«Con questo specchio potrete ritrovare i vostri cari e i luoghi che riserbate nel cuore» spiegò Yeru'a. «Basterà pronunciare i nomi. Non temete, nessuno dall'altra parte sarà capace di vedervi.»

Yan era già gattonato fino alla superficie riflettente, i suoi stessi occhi verdi ricambiavano lo sguardo speranzoso. Xerxes era subito dietro di lui, così come Skye.

Yeru'a non ebbe bisogno di una risposta: si alzò e uscì insieme al figlio, per lasciare loro un po' d'intimità.

Yan stava ancora reggendo lo specchio. Poiché le sue mani tremavano, lo poggiò con delicatezza contro le gambe piegate e restò fermo a fissare se stesso, col fiato sospeso.

«Funzionerà davvero?» sussurrò Skye, che faceva capolino da sopra la sua spalla.

Lui la guardò dal riflesso. «Vogliamo farlo?» sussurrò eccitato. "E se scoprissi qualcosa che non mi piace?" si chiese. «Non mi sento sicuro...»

Xerxes spintonò Nathan. «Prova tu. Accertiamoci che non si tratti di uno scherzo.»

«Io? Io non ho nessuno da cercare!»

«Sì invece. Il tuo cavallo e il tuo ratto.»

Praticamente costretto, il ragazzo si sedette accanto a Yan, inclinando un poco lo specchio affinché potesse riflettersi. Allora parlò titubante: «Ehm, vorrei vedere il mio cavallo Cassius... per favore?»

La superficie cominciò subito a incresparsi. Era come se avessero toccato uno specchio d'acqua, che si agitò pacatamente mentre all'interno si formavano immagini diverse.

Pian piano Yan riconobbe lo sfondo di una stalla. E lì si trovava un cavallo, dal manto marrone lucente, bianco attorno agli zoccoli e sul muso.

Nathan si sporse in avanti, gli occhi neri che scintillavano entusiasti. «Non ci posso credere! Quello è proprio Cassius!»

«È davvero lui» sussurrò Yan, affascinato. «Accidenti! Anche se me lo ricordavo meno pulito.»

La spiegazione venne presto: da dietro Cassius spuntò una chioma di capelli rossi-biondi, calanti in morbidi boccoli sul viso di una bella ragazza dal volto lentigginoso. Indossava un vestito pesante e una lussuosa mantella scarlatta, che tolse per adagiarla sul cancelletto del box, prima di entrare.

«Chi è quella?» indagò Owen, in un sogghigno furbacchione. «Carina, eh?»

«Quella è Shirley Lucas!» Yan pungolò Nathan col gomito. «Cosa ci fa col tuo cavallo?»

L'amico non ebbe modo di rispondere, poiché udirono Shirley parlare: «Salve, Cassius. Provi freddo? Non temere, un altro mese e la neve si scioglierà. Sei affamato? Ti do subito da mangiare e poi ti spazzolo».

Il cavallo sbuffò forte, abbassando il capo e battendo lo zoccolo a terra.
Shirley gli sussurrò qualcosa con qualche difficoltà. Sembrava quasi spaventata, afferrava la criniera del ronzino con una certa timidezza, come se temesse che l'animale potesse imbizzarrirsi e farle male.

Fortunatamente alla fine riuscì a placarlo. «Va tutto bene, Cassius...» gli mormorò. «Oh, ti chiedo perdono... Sto facendo del mio meglio... Ti ho forse trascurato in qualcosa? I-i tuoi zoccoli hanno fo-forse delle impurità? Chiederò a mio padre di pulirli, Cassius, m-mi spiace...»

«Shirley si sta prendendo cura del tuo cavallo» bisbigliò Yan a Nathan. «Allora teneva a te.»

«Chi è lei?»

Si azzittì al tono inquisitorio di Skye.

Nathan invece si voltò a rispondere, sorprendentemente fermo: «L'amica di cui ti ho parlato». Dopodiché fece un sorriso scherzoso e tenero. «Non temere, è stata solo una piccola fiamma. Il timore di non averla accanto non mi ha mai sopraffatto come la paura di non avere te vicino.»

Skye si addolcì. «Cassius sta bene, no? Perché non cerchi il tuo ratto?»

«Mmm, molto probabilmente è morto...» Nathan si adombrò. «No, preferisco ricordarlo magro come uno scheletro, anziché uno scheletro.» Le dette una pacca affettuosa alla schiena. «Beh, direi che lo specchio funziona. Ora tocca a te, cerca le tue sorelle.»

Skye parve sul punto di protestare, ma quando lui avvolse le dita attorno alle sue, la ragazza si acquietò e avvicinò lo specchio a sé. «Desidero vedere mia sorella Bianca Gael, per piacere.»

La superficie tornò a tramutare. Le figure oramai incerte di Cassius e Shirley sparirono, per lasciare il posto a un nuovo cavallo e a una nuova ragazza.

Questo animale era però pomellato, mentre lei aveva i capelli biondi raccolti in una coda ricciuta. Indossava un'armatura da cavaliere bianca striata d'oro, con l'emblema del regno di Egaelith: un ippogrifo dorato con una candida corona sul capo.

«È Bianca!» trillò Skye, in un larghissimo sorriso. «Ed è diventata cavaliere! Guardate, porta l'emblema!»

Anche Yan, pur rammaricandosi di non aver avuto la possibilità di raggiungere tale soddisfazione, sorrise. Indossare il sigillo del regno era il sogno ambito da ogni recluta dell'esercito, non aveva fatto altro che sognare il momento della nomina...

«Cavaliere già a quattordici anni?» sussurrò ammirato. «Tua sorella è forte!»

Bianca era la gemella di Skye, eppure non erano uguali come gocce d'acqua. Se quest'ultima aveva i capelli bruni e la costante dolcezza dipinta negli occhi, l'altra era bionda e ostentava un'aria da impertinente. Il viso di Skye era morbido e fanciullesco, a differenza di quello di Bianca, dalla mascella più squadrata. Erano entrambe ben formate, ma Skye era un po' più bassa e si muoveva con più scioltezza, di contro ai moti meccanici della gemella.

La giovane stava sciogliendo le briglie del pomellato, ogni tanto passando la mano sul suo muso. Gli offrì qualche carota, senza parlare, ma dimostrando a suon di teneri gesti tutto l'affetto per l'animale.

«Beh, sembra star bene» mormorò Skye, osservando la sorella dirigersi fuori dalla scuderia. «Di solito però non è così silenziosa...»

«Non tutti amano parlare agli animali come fai tu, ranocchietta» bubbolò James.

Appena Bianca fu uscita, si udì una voce risuonare fuori dalla loro visuale: «Ehilà, come te la passi?»

Lei ruotò gli occhi nell'esasperazione. «Che cosa ci fai qui? Hai finalmente deciso di mettere il tuo culo reale a disposizione della comunità?»

«Una donzella come te non dovrebbe parlare in questo modo» mugugnò la seconda voce, e dal tetto cadde qualcuno, atterrando abilmente sui piedi.
Si trattava di un ragazzino dall'aspetto ancora da bambino, come Owen. Gli occhi viola brillavano divertiti, le labbra erano allargate in un sogghigno; le guance erano rotonde e il corpo un po' in carne, ma molto più in forma di quanto Yan ricordasse di aver visto dalle lastre-della-visione.

Xerxes si fece avanti con tanto impeto da far cadere Nathan. «È Elijah!»

Elijah Brooker era suo cugino, nipote della regina Katrine. Era stato adottato dai sovrani in seguito alla morte dei genitori, divenendo così un principe.

Xerxes sorrideva alla vista del migliore amico al quale aveva dovuto dire addio. «Guardate quanto è dimagrito!»

Il giovane fece un inchino rivolto a Bianca, più alta di lui.

Ella continuò invece a girare gli occhi con disappunto, insensibile alle moine. «Senti, ho avuto una mattinata impegnativa. Ora vorrei soltanto ritirarmi per mangiare.»

Elijah finse un esagerato tono offeso, non mancando di lisciare i capelli castani già di per sé tirati all'indietro. «Anche io ho avuto una mattinata stressante, zuccherino! Ho dovuto sopportare la tua gemella per tutto il giorno!»

«Non sei costretto a passare il tempo con lei.»

«No, no, è meglio così. Non posso lasciare Byron da solo con quella lì. Lui è ancora piccolo, quell'oca potrebbe malleargli la mente. C'è già mio zio per questo.»

Bianca gli scoccò un'occhiata sdegnata. «Dovresti essergli grato per ciò che fa per te. Ti ha adottato e...»

«Bianca, lui non voleva adottarmi» la interruppe lui, scrollando le spalle come se la cosa non lo tangesse. «Lo ha fatto solo perché mia zia lo ha implorato. Se non fosse per lei, io a quest'ora starei patendo la fame, o sarei già morto. E non difendere mio zio, sai che con me non devi farlo» aggiunse categorico, tutto il suo divertimento improvvisamente scemato nell'acidità. «Proprio tu poi...»

Più infuriata che mortificata, Bianca rispose con la medesima asprezza: «Taci!»

I due rimasero così in silenzio, a scambiarsi occhiate di fuoco.

Alla fine, comunque, Bianca sospirò. «Ti chiedo scusa.»

Anche Elijah si calmò. «No, tu non hai colpe. Mi spiace non poter passare più tempo in tua compagnia, ma devo rimanere vicino a Byron e Melissa. So che è un periodo difficile, ma...»

«Sì, prima stavo scherzando. Non temere, noi cavalieri ce la stiamo cavando, vedrai che le cose miglioreranno.»

"Di cosa parlano?" si chiese Yan, attirato da quei discorsi.

Lo sguardo di Bianca si fece più amichevole. «Rose è difficile da trattare. Devi semplicemente annullare il suo tono petulante.»

Elijah storse la bocca. «Sono soltanto felice che il mio titolo sia adottivo, almeno non sarò costretto a sposarla. Però... se dovesse diventare mia cognata, potrei patirla più piacevolmente» soggiunse in una risatina maliziosa.

Yan arrossì guardando da un'altra parte.

Al contrario, Skye e Xerxes sembravano molto intrigati dalla conversazione, fissavano i parenti a occhi spalancati e con i menti poggiati sulle mani.

«Ma per favore!» li scosse James. «Possiamo cambiare visione?»

«Shh!»

Bianca fece un versaccio con la lingua. «Grazie per avermi fatto passare l'appetito!»

«Sei proprio antipatica... ma carina.»

James schiacciò gli amici sotto al proprio peso per parlare allo specchio: «Vogliamo vedere Raven Gael! Subito!»

Le immagini cambiarono, mentre Skye lo spostava. «Sei un insensibile! Volevamo spiarli ancora un po'! Era così romantico

Lo specchio cedette il posto a una ragazzina bassa, dai capelli corvini ricci e corti. Le guance erano incavate, la pelle pallida... sembrava malata.
E con la mantella nera che le avvolgeva tutto il piccolo corpo, l'espressione atipica e il magro corvo dritto sulla spalla... sembrava quasi il Mietitore in miniatura...

Apparve in una camera da letto in compagnia di un'altra ragazza, dalle gambe più lunghe e i focosi capelli ricci, con un bel vestito appariscente indosso.

«C'è anche Rose...» mormorò Skye, tra la felicità e la titubanza.

Dimostrando abitudine a portare i tacchi alti, Rose marciava su e giù per la stanza a passo lungo e baldanzoso, rilasciando un suono ticchettante non poco fastidioso. La donzella non faceva altro che borbottare in tono stridulo: «Inconcepibile! Ridicolo! Quel ragazzino così sciocco! Infantile!»

Come un sinistro ritratto, Raven la seguiva soltanto con gli occhi, senza muovere il capo. «Byron è ancora un bambino, dopotutto» rispose con una voce soffocata che doveva essere la sua naturale.

«Io sto parlando di Elijah! È sempre in mezzo! Per l'amor del cielo, il re dovrebbe affidargli un incarico per impegnarlo! Potrebbe addestrarsi per elevarsi a cavaliere, considerato che è così attratto da nostra sorella! Che poi, cosa troverà in lei? Ti chiederei di aiutarmi a tenerlo alla larga da Byron, ma tu... ehm... non sei tanto carina, ecco.»

Raven non si scompose. «Purtroppo ho molto da fare, Rose.»

«A proposito di questo, quando hai intenzione di parlarmi dei tuoi studi? Cosa nascondi di tanto importante?»

«Non posso rivelartelo.»

Rose si fermò per piegare la schiena, cosicché fossero occhi negli occhi. «Raven, tu non stai bene. Sei tutta emaciata e sei dimagrita! Sembri sul punto di polverizzarti! Cosa studi da sfiancarti e confonderti così tanto? Stai svolgendo esperimenti pericolosi?»

Raven si alzò, la mantella non si spostò neanche in uno svolazzo. «Non puoi farmi domande a riguardo, Rose.» Si avviò verso la soglia. «Questa parte della mia vita la decido io», e uscì senza voltarsi, mentre la porta si richiudeva in faccia a una Rose scandalizzata.

Frattanto che Raven camminava lungo il corridoio del palazzo reale, Skye mormorò impensierita: «Rose ha ragione. Raven sta male... Owen, tu riesci a capire che cos'ha?»

L'amico fece una smorfia solidale. «Dovrei analizzarle il corpo senza quella lunga mantella addosso. Ha mai riscontrato problemi di salute?»

«No.»

«Non saprei. Se avesse un qualche morbo infettivo, l'avrebbero costretta alla quarantena. Se si trattasse di un tumore, non sarebbe capace di muoversi tenendo la schiena e la testa così dritte. A meno che non sia ancora a uno stadio primario. O potrebbe essere un qualche problema dato dalla sua psiche. Forse è depressione.»

«Ma per cosa?»

«Dopo che sei stata portata via, Rose si è chiusa ancor più in se stessa» raccontò Xerxes. «Passava la maggior parte del tempo nascosta tra gli scaffali della biblioteca.»

«Ma sono passati quattro anni!»

Owen fece per aprire bocca, ma fu Nathan a rispondere: «La depressione può durare per sempre, se non la si cura».

Yan lo guardò di sottecchi, col cuore ristretto dalla tristezza.

Mentre Nathan si scuoteva sul posto, imbarazzato, Xerxes disse: «Tuttavia all'epoca lei non era così sciupata... Deve trattarsi di un problema recente.»

Purtroppo nessuno di loro poteva indagare oltre.

Dunque Skye passò lo specchio a Xerxes affinché potesse controllare la condizione dei suoi fratelli.

La superficie mostrò due bambini, un decenne castano dagli occhi grigi e una bimba con un vestito color canarino. Si trovavano in una stessa camera da letto e giocavano a lanciarsi cuscini e pupazzetti, sotto lo sguardo della loro anziana nutrice.

Questa si alzò per separarli, sgridandoli di doversi comportare adeguatamente.

«Ma Elijah ci lascia sempre lottare!» protestò la principessina Melissa. «Dov'è adesso?»

«Vostro cugino si è concesso un po' di meritato tempo libero. Quel giovanotto si prende tanta cura di voi.»

«Già, ormai passa molto più tempo lui con noi che la mamma» mugugnò Byron. «Lei non viene più a trovarci.»

«Che cosa?» mormorò dubbioso Xerxes. «No, nostra madre non ci ha mai trascurati. C'è qualcosa che non va... Mostrami la regina Katrine Cavendish» ordinò allo specchio.

La superficie fece vedere loro una camera matrimoniale avvolta nella penombra, le tende ancora chiuse nonostante fosse mezzogiorno.

Una donna sedeva sul letto lussuoso, con una bella veste e la corona già sistemata tra i capelli castano cenere.

Un uomo dai curati ciuffi rossi si trovava alle sue spalle, intento ad abbottonarsi la veste.

«Sei pronta per desinare, mia amata?» domandò.

Yan sentì salire i brividi nel riconoscere re Kayne Cavendish, l'uomo che lo aveva costretto a combattere nell'arena e che li aveva mandati sull'Isola della Purga.

Kayne era spregevole, ma possedeva una voce soffice e attraente che portava a credere a qualunque suo inganno.

Persino in quel momento il suo tono sembrava trasudare vero amore per la moglie, quando i suoi occhi tradivano una mera indifferenza.

Era una versione più adulta di Xerxes. Il principe aveva tuttavia gli occhi dal taglio più affilato, i capelli ribelli e l'espressione amichevole.

Kayne si avvicinò alla donna e le offrì la mano. «Quest'oggi avremo molto di cui discutere riguardo all'organizzazione dei miei cavalieri.»

«E i bambini?» domandò la regina Katrine. Non lo guardava negli occhi, il suo tono era quasi tremolante, per quanto insoddisfatto.

Il marito rispose dolcemente: «Potrai incontrarli domani». Le raccolse il viso con delicatezza. «Mia regina, non tenermi questo broncio. So che non provi per me l'amore di un tempo. Devi tuttavia capire perché mi sono comportato in tal modo. Lui era un danno per il mondo.»

«Lui era nostro figlio» sibilò Katrine con più forza.

«Oh, non ricominciamo col medesimo discorso.»

«Insisterò per sempre.»

«Ho fatto quanto andava fatto.»

«Avete rispettato la legge?» La regina acquistò sicurezza e acida ironia. «Ah! E da quando vi comportate adeguatamente? Agite sempre come vi pare e piace, perché dunque non avete protetto nostro figlio? Avreste potuto nascondere la sua malattia!»

Kayne simulò un'espressione di sorpresa e innocenza. «Mia cara, Red Lion ha rivelato la sua malattia davanti a...»

«NO!» la donna cominciò a sbraitare puntandogli il dito contro. «NO! TU LO AVEVI GIÀ DISCONOSCIUTO E GETTATO NELLE SEGRETE! TU...»

Ma lo sfogo venne stroncato da un gemito di dolore.

Mentre Katrine piegava le ginocchia, il braccio rimase dritto sulla testa, il polso stritolato nella morsa di Kayne.

Non la lasciò andare mentre, col mento sollevato, ringhiava feroce: «Non dimenticare mai il rispetto che mi devi, mia regina. E ricorda che è stato il tuo sudicio sangue a contaminare nostro figlio, non il mio. Il mio sangue è puro. E ringrazia che la magia si sia rivelata in Byron e Melissa, perché altrimenti avrebbero fatto la medesima fine di Xerxes. E, soprattutto, ringrazia che io continui a dormire al tuo fianco».

«Screanzato...» bramì Xerxes, scuotendo lo specchio come se pensasse così di poter intervenire. «Giù le mani da mia madre, merdoso infame!»

Quasi lo avesse udito, Kayne liberò il polso della moglie, la quale rimase accasciata ad ansimare e tremare.

Dopodiché il monarca uscì, lasciandola immersa nei singhiozzi.

«Mamma...» mormorò Xerxes, sfiorando l'immagine della madre. Il desiderio di poter attraversare la lastra di vetro per raggiungerla esplodeva impellente nei suoi occhi grigi.

Si concesse ancora un po' di tempo per guardarla, infine porse, con molta riluttanza, lo specchio a Yan.

Questi prese un respiro profondo. «Vorrei vedere Tembo wa Ardhi Mowbray» sussurrò, tanto vicino da opacizzare la superficie.

Mentre la puliva col gomito, apparve l'immagine di una donna nera adagiata su di un sofà, avvolta in una larga coperta e intenta a leggere un libro che le fluttuava dinnanzi.

"Mamma!"

Nello sfiorarla, a Yan detonarono nella mente i ricordi della morbidezza dei suoi capelli mossi, delle sue carezze, della sua voce profonda e rassicurante, dei suoi abbracci spaccaossa, della sua buffa risata ululante...

Quasi fosse stato lui col suo tocco a provocarlo, la donna sussultò in una forte tosse, mentre il libro le cadeva sulle ginocchia e rimbalzava sul pavimento.

Appariva stanca, le labbra carnose erano tirate in una smorfia. Il suo aspetto era orribile...

«Tembo!»

Il ragazzo si pietrificò nel riconoscere quella voce.

Di fatto, pochi secondi dopo apparve un uomo abbronzato, alto e muscoloso, che si accoccolò di fronte a lei per carezzarle i capelli.

Era il padre di Yan, e le ultime parole che gli aveva udito dire erano state: «Lui non è mio figlio».

"E lui non è mio padre..." si ripeté, sofferente.

«Come ti senti, mio amore?» domandò Tyler Mowbray, porgendole il libro dalle pagine ormai spiegazzate.

«Va tutto bene...» sussurrò flebilmente sua moglie. «Tu va' pure...»

L'uomo non era convinto. «Leggi senza usare la magia, così non ti stancherai. E-e sarò sempre pronto a risponderti allo specchio-di-comunicazione... va bene?»

«Sì, va pure, dico davvero...»

Il marito si allontanò lento, dopo averle schioccato un bacio sulla fronte e lanciato qualche altra occhiata titubante.

Yan rimase a fissare la madre che si stringeva la coperta fino alle spalle. «È malata... O-Owen, s-secondo te che cos'ha?»

«Non posso dirlo così» ripeté paziente l'amico. «A differenza di Raven, lei non sembra neanche riuscire ad alzarsi. A malapena è capace di mantenere un incantesimo di levitazione... Può darsi che abbia contratto un morbo invernale. Tossisce molto, tira spesso su col naso, ha gli occhi lucidi... Potrebbe trattarsi di pertosse, o magari di freezlad.»

«Q-quella malattia che gela il sangue?»

«Sì. Se è quella, deve essere al primo stadio, perché la sua pelle non ha ancora assunto sfumature blu... Tuttavia con l'epidermide nera non posso esserne certo, dovrei toccarla per sentire se è fredda. Ma se fosse a uno stadio più elevato, la tosse rilascerebbe nuvolette di condensa... No, però la freezlad è contagiosa, ne sarebbe in pericolo anche tuo padre e gli sarebbe stato ordinato di non uscire.»

Yan si passò la mano tra i capelli. "Di cosa si tratta? Lui era preoccupato, non può tenere più ai soldi che a lei. Non ha mai messo il denaro davanti alla famiglia!" Ebbe una fitta al cuore. "Soltanto l'onore... Non ha esitato troppo a ignorare me quando ha scoperto che sono malato... Ma per mamma è preoccupato davvero, si vedeva."

«Oh, Tyler...» sospirò poi la donna. «Mi auguro che questa guerra non scoppi mai...»

"Guerra? Di quale guerra parli, mamma?"

Non avevano colto informazioni dalla loro lastra-della-visione né dalle pergamene-vaganti...

Yan cercò il parere degli amici, ma si rese conto che Owen e James stavano ancora aspettando il loro turno per usare lo specchio.

Con titubanza, lo passò al primo, il quale tese le mani soltanto per ritrarle, tremante come un fuscello. «No, io... i-io non posso farlo.»

«Non vuoi rivedere i tuoi genitori?»

«N-no... no no, io non ce la farei. L-loro mi hanno abbandonato, mi volevano morto...»

Yan allontanò subito lo specchio da lui, nella speranza di calmarlo. «Scusa, piccolo, hai perfettamente ragione...»

«N-non ho nessuno altro da cercare, voglio lasciare la mia vecchia vita alle spalle.»

Tutto piegato su se stesso come se stesse cercando di nascondersi, Owen sembrava veramente un bambino.

Era cresciuto un po' negli ultimi mesi, ma agli occhi di Yan rimaneva piccoletto e fragile.

«Ho capito, rilassati. Tu, James? Un parente, o i tuoi amici d'infanzia?»

«No, grazie. Sono apposto così» rispose l'altro con indifferenza, quasi l'amico gli avesse offerto una seconda ciotola di porridge. «Le uniche persone a cui voglio bene sono tutte in questa tenda.»

Skye ridacchiò. «È buffo come tu sappia dire cose dolci in tono antipatico.»

«Grazie, è una dote naturale. Ora possiamo tornare a casa? Ho fame.»

Yan posò lo specchio, lanciando un'ultima occhiata alla mamma rimasta impressa.

Mentre si allontanava, si sentiva quasi come se la stesse abbandonando...

«Che nome strano ha tua madre» lo richiamò James, anche se il tono arrogante si era trasformato in amichevole.

«Beh, lei è nata nel Kafanh. Lì hanno tutti nomi del genere.»

E la mamma gli aveva raccontato così tante storie meravigliose su quel Paese del Sud, di cui purtroppo molti Governi preferivano la lontananza a causa dello stile di vita più ovillico, predicante la totale immersione nella natura selvaggia.

Yeru'a li aspettava fuori dalla tenda. «Spero che ora vi sentiate meglio.»

«Sì, grazie...» mentì Xerxes. «Vi siamo grati per la vostra accoglienza, ma per noi è ora di rincasare.»

«Voi sarete sempre i benvenuti. Venite a trovarci spesso, sarà divertente.»

Gli altri sembrarono fare solo cenni di cortesia, ma Yan gettò un ennesimo sguardo alle spalle, all'interno della tenda che presto venne occultato dai lembi. Forse sarebbe potuto tornare, per controllare come stava sua madre.

                                   *

Chiedo scusa per il capitolo un po' lunghetto🙈
Credetemi, questi personaggi che ho riportato saranno importanti, chi in questo libro chi nello scorrere della saga.
Spero comunque di averli caratterizzati bene anche se in breve e di avervi incuriositi.

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