La tribù elfica
«Una tribù di elfi» sussurrò eccitato Yan. «Stiamo per entrare in un villaggio elfico, Nate, te ne rendi conto?»
Dopo le guerre tra elfi e umani avvenute tre secoli addietro, i primi avevano accettato la sconfitta e firmato un contratto di pace con i secondi. Tramite l'accordo, agli elfi erano stati donati dei territori, che però non dovevano superare: non era concesso loro di vagare liberi per Pure, come punizione per i mali che avevano procurato.
Erano infatti stati gli elfi a dare inizio alla guerra, dichiarandola in un vigliacco agguato contro il porto più importante del Paese di Gerchst.
Per un decennio avevano tentato di usurpare il potere mondiale agli esseri umani, per poi perdere miseramente grazie a un eroe proveniente dall'Onces, il cui nome era stato citato in una Profezia.
Gli elfi erano creature orgogliose, ma sotto la spada del Prescelto si erano infine arresi per non subire ulteriori perdite.
A pensarci bene, avevano avuto molto più a cuore i loro compagni rispetto all'onore.
A volte un Governatore o dei cavalieri potevano far visita ai territori elfici – purché si trattasse di motivi importanti o se gli elfi stessi lo desideravano.
Da apprendista Yan aveva sognato di poter far parte delle spedizioni: aveva guardato con enorme invidia i ragazzi del quarto anno accademico partire, per poi tornare raccontando degli elfi e delle loro straordinarietà.
Adesso invece toccava finalmente a lui incontrare una tribù!
Peccato che Nathan non sembrasse condividere il suo entusiasmo. «Non so granché sugli elfi...»
«Sono creature gentili, timide e introverse, che si fidano soltanto a intuizione. Un po' come i cavalli, eh?»
«Sì, certo.» L'amico abbozzò un sorriso. «Hanno anche la faccia lunga.»
«Ma il nostro udito è fino come quello dei pipistrelli» disse gelido Vow'a, dalla testa del gruppo.
Yan e Nathan strizzarono gli occhi, prima di scambiarsi un'occhiata d'imbarazzo.
Tuttavia il primo non si trattenne dal dire, calando ancor più la voce: «Sono un po' enigmatici, è difficile comprendere le loro parole e le loro intenzioni. Però Vow'a non mi sembra sospetto. È stato gentile con Owen per tutti questi anni, e negli ultimi mesi anche con noi».
Nathan borbottò qualcosa d'incomprensibile, ma Yan immaginò cosa lo stesse preoccupando: temeva che Vow'a li stesse conducendo in una trappola.
«Coraggio» lo confortò, sferrandogli una leggera gomitata. «Che motivo avrebbe dopo così tanto tempo?»
L'altro annuì appena, cominciando a raddrizzarsi e a tranquillizzarsi.
Nathan era un ragazzo intelligente, pragmatico e capace d'intuire le mosse e le motivazioni delle altre persone. Sapeva da sé che se Vow'a li avesse voluti morti, li avrebbe già uccisi da un pezzo.
Purtroppo, nonostante le sue buone intuizioni, Nathan rimaneva piuttosto paranoico.
Attraversarono il bosco salendo sempre più in alto.
Quando s'inoltrarono in un cunicolo scavato nella parete rocciosa, Nathan allungò il braccio per afferrare la mano di Skye, dunque Yan si posizionò in coda al gruppo.
Si sentiva tranquillo, sebbene l'istinto da combattente lo portasse a tenere tutti i sensi in allerta.
Non appena spuntarono dalla parte opposta, si ritrovarono circondati da numerose tende di pelle. Alcune erano triangolari, altre rettangolari, altre invece erano spalancate e presentavano banconi con file di pozioni e accessori; altre ancora erano decorate all'esterno con talismani, ossa animali e piante intrecciate.
Gli elfi, dai più piccoli ai più venerandi, sorridevano placidamente. Gli adulti si soffermavano a studiare le misteriose boccette di ghiaccio, al contrario i bambini correvano sulla neve giocando ad acchiapparella, le loro risate echeggiavano dolcemente per l'accampamento come i cinguiettii dei passerotti; di anziani se ne vedevano soltanto due, seduti a gambe incrociate su un ceppo abbastanza largo per entrambi.
Yan sbatté le palpebre dalla meraviglia, gli angoli del sorriso gli premevano le guance contro gli occhi. «Santi numi!»
Gli elfi si volsero in loro direzione. Gli adulti erano bravi a celare la sorpresa e la curiosità, ma gli elfetti non poterono fare a meno di strabuzzare gli occhi obliqui e spalancare le boccucce.
Vow'a tornò a camminare, seguito a ruota dai ragazzi, che si strinsero l'un l'altro cercando di non incrociare gli sguardi degli ospiti.
Yan non poteva però fare a meno di guardarsi intorno.
Molti erano vestiti come Vow'a, con abiti leggeri, stivali e archi o lance sulle spalle; alcuni bambini erano addirittura scalzi, la pelle candida dei loro piedi si confondeva con la neve.
Dopotutto erano elfi del Nord, erano legati all'inverno: bramosi del freddo della loro stagione prediletta, si accampavano in montagna quando calava la neve, ma durante i mesi di caldo si rifugiavano nelle caverne alla ricerca di frescura.
Yan si fermò un istante quando si accorse che gli occhi dei bambini si erano fissati soprattutto su di lui – probabilmente per il suo colore della pelle diverso da quello degli amici.
Leggermente imbarazzato, alzò la mano e tentò un sorriso, che con suo sollievo venne immediatamente ricambiato con altrettanta educazione.
Allora Yan tornò dai compagni, ma scoprì che Xerxes era stato bloccato da un'elfa adulta, la quale gli stava girando attorno punzecchiandolo con le dita sottili.
«Hai un odore diverso dai tuoi compagni. Tu porti il sangue reale.»
Lui si allontanò infastidito. «Sono un principe decaduto.»
«I principi non decadono. L'odore del tuo sangue non mente: tu sei un reale.»
«Che abbia sangue blu o rosso, non ama venire toccato dagli estranei» intervenne James, frapponendosi con naturalezza tra Xerxes e l'elfa. «Non è un animale imbalsamato in esposizione.»
Lei lo guardò male, prima però di esibirsi in un cenno educato. «Sono stata inopportuna. Chiedo venia. Mmm, cosa porti sugli occhi?»
James sfiorò gli occhi-di-vetro per sistemarli bene sul naso. «Protesi che mi permettono di vedere bene. Le ha fatte il mio amico», e pungolò il fianco di Xerxes, il quale si spostò scoccandogli un'occhiata d'avvertimento.
L'elfa li fissò in maniera strana, prima di allontanarsi silenziosa, gli occhi famelici che andavano a soffermarsi su Nathan.
Xerxes sospirò. «Grazie, James.»
«Non mi ringraziare. Nessuno ha il diritto di farti sentire a disagio sul tuo sangue reale... a parte me, ovvio.»
Il principe sorrise, mentre Yan si riuniva a loro. «Ehi, Xer, non sapevo che il tuo sangue avesse un odore diverso dal nostro!»
Xerxes scrollò le spalle, divertito. «Neanche io. Né sapevo che gli elfi avessero l'olfatto da vampiri.»
Yan ridacchiò. «L'olfatto lo hanno buono davvero, ma neanche io immaginavo così tanto. Ehi, dov'è finito Vow'a?»
«Sparito all'improvviso. Ci siamo girati per vederti salutare quei bambini, e lui si è volatilizzato.»
Nonostante il solito tono composto, l'eccitazione trasudava esplicita dagli occhi di Xerxes.
Il problema era che certe volte Yan non riusciva a capire se l'amico principe fosse emozionato in senso positivo, oppure in senso negativo.
Spostò gli occhi su Nathan e Skye, che si stavano intrattenendo a osservare gli strani oggetti di un'alchimista.
Vi erano collane, bracciali, scacciapensieri, orecchini, anelli, cavigliere, profumi...
«Non chiediamo denaro, non vi troviamo alcun fascino. Qui siamo tutti una famiglia, e se Vow'a vi rispetta, allora siete nostri fratelli. Il mio compito è rendere felice chi mi circonda.» L'elfa stava mostrando una pozione rosea. «Questa è stata creata con petali di rosa e semi di fragola. Produce istantaneamente l'amore, se vi interessa.»
Skye guardò Nathan, prima d'inclinare la testa. «Ma noi siamo già innamorati.»
«Oh, buon per voi!» esclamò l'elfa, riponendo la pozione per prendere due bracciali in legno, uno con le rifiniture azzurre e uno con le rifiniture rosa. «Questi vi renderanno più uniti che mai. Sono fatti di legno di pesca-cuore, l'albero degli frutti-cuore. Ho aggiunto anche qualche seme all'interno, affinché la magia della corteccia sia più efficace.»
«Ehm, s-senza offesa...» mormorò Nathan, tutto rosso in viso, «ma vogliamo essere uniti per i sentimenti che proviamo l'uno verso l'altra, non tramite un incantesimo.»
«Che giovanotto romantico! Complimenti, signorina! Non se ne trovano molti così in giro!»
Skye ridacchiò stringendosi sempre più a Nathan, il quale sembrava sul punto di collassare per l'imbarazzo.
«Dove...» provò a chiedere, nel tentativo di distrarre l'elfa sempre più intrigata dal loro rapporto. «Dove avete trovato il legno di pesca-cuore? È un albero che cresce in una sola foresta di Egaelith.»
Quella sventolò la mano con noncuranza. «Vow'a conduce molti baratti tra i viandanti dei boschi!»
"Viandanti loschi, per vendere qualcosa che crea amore fasullo" pensò Yan.
Stava per avvicinarsi a denunciare la cosa, ma Xerxes lo fermò e gli fece cenno di rimanere al suo posto.
Yan si accigliò, costretto a dargli retta. Sì, forse era meglio non offendere gli elfi, ma detestava dover rimanere in silenzio di fronte a un'ingiustizia...
L'elfa si era messa intanto a scuotere un barattolo in ritmi delicati, rilasciando un suono frusciante, come se fosse pieno di sabbia. «Ecco, i semi qui dentro vi aiuteranno a ricevere una prole numerosa e forte.»
«Che cosa?!» squittì Nathan. «Noi non vogliamo avere figli!»
«Oh, vi chiedo scusa! Perdonatemi, forse siete ancora dei bambini!»
«Ehm, d-diciamo che siamo grandi, ma non abbastanza...»
«Oh, non vi siete ancora scambiati il frutto?»
«I-il cosa?»
«Il frutto. Oh, giusto!» L'elfa si sferrò un colpo di dita alla fronte. «Dimenticavo che voi umani vi unite senza l'accompagnamento del frutto! A noi elfi basta scambiarci il proprio frutto più bello per poterci dichiarare ufficialmente una coppia, e allo stesso modo per procurare la gravidanza.»
Yan cercò di nascondere il sorriso: gli elfi erano capaci di tramutarsi in alberi, perciò una volta fatti crescere i propri frutti, tornavano nella loro forma originale e si scambiavano il più bello e il più succoso. Era un rito che consideravano carnale e che li eccitava dolcemente, ed era anche il metodo tramite cui appunto avveniva la loro riproduzione.
E rimanendo su tale argomento, Skye sembrava più concentrata sulle parole di Nathan. «Tu non vuoi avere figli?»
Lui si passò le mani sul viso. «N-non adesso! Non ho neanche quattordici anni, Skye!»
«Oh, già.» La ragazza sghignazzò. «Su, datti una calmata! Signora, voi siete molto gentile, ma al momento siamo apposto così, grazie. Magari fra un paio d'anni», detto questo trascinò Nathan verso un'altra tenda, lasciando Yan, Xerxes e James a ridere per la scenetta.
«Dov'è finito Owen?»
James indicò un gruppetto di giovani elfe, tutte raccolte intorno al ragazzino, il quale rispondeva volentieri alle loro domande a raffica.
«La tua pelle è un po' opaca...»
«E i tuoi occhi sono così gonfi. Ti senti forse male?»
«Non badare al loro gonfiore. Osserva i colori! Li ha diversi! Meraviglioso!»
«Però i suoi capelli sono un po' troppo appiccicosi...»
Owen non parve prendersela. Finché rimaneva circondato da tutte quelle forme femminili, avrebbe accettato qualsiasi critica. «Ho dovuto sacrificare il mio aspetto per i miei studi. Ho scoperto di poter creare delle cure senza il bisogno degli incantesimi, ma per testare i vari medicinali ho dovuto provarli, e questo non ha giovato al mio fisico.»
Le elfe lo fissarono esterrefatte. «Curare senza incantesimi?»
«Come è possibile?»
«Ecco, è un po' complicato da spiegare. Vi va se ci sediamo da qualche parte?» propose lui, senza distogliere lo sguardo dai seni sporti vicino ai suoi zigomi.
«Ma guardatelo.» Xerxes sogghignò. «Io non ho mai avuto tutte queste attenzioni da parte di una fanciulla.»
«Come no?» rise Yan. «E Rose?»
«Rose amava solo il rango che le avrei portato, non me.»
«Oh, Rose era davvero un'idiota per non riuscire a cogliere la tua bellezza, principino!» lo derise James.
Xerxes sbuffò. «Avanti, così mi imbarazzi!»
James gli tirò una spintarella, poi scosse le spalle. «Gli elfi hanno gusti particolari, e Owen è particolare. Però guardatelo come se la cava, quel marmocchio! Persino con elfe così grandicelle!»
«Non lasciarti confondere dal loro aspetto» lo avvertì Yan. «Coloro che sembrano diciottenni hanno in realtà una mente giovane quanto la nostra.»
«Ci sono davvero pochissimi anziani.»
«La maggior parte degli elfi preferisce trasformarsi in albero anziché lasciarsi sopraffare dalle rughe della vecchiaia.»
Per quanto adorasse parlare degli elfi, Yan dovette interrompersi per accorrere in salvezza di Owen, le cui palpebre stavano calando, e lo trascinò lontano dalle signorine curiose, simulando un sorrisetto di scuse sotto ai loro sguardi indignati.
«Per di qua!» li chiamò Skye, che assieme a Nathan aveva ritrovato Vow'a.
L'elfo lanciò loro un'occhiata seria. «Ho avvertito il capo tribù del vostro arrivo, ed è disposto a ricevervi.»
Yan non aveva mai incontrato un elfo capo tribù, ma all'accademia gli avevano spiegato che i leader delle altre razze esigevano trattamenti degni da re. Valeva per tutti, anche per i nani e le fate.
«Dobbiamo comportarci in maniera particolare? Dobbiamo esibire un qualche rito elfico?»
«No, non sarà necessario.»
Vow'a li condusse sino a una tenda piazzata in mezzo alle radici di un grosso albero simile a una quercia, ma dalla corteccia verde e le foglie azzurre. La tenda era sfarzosa, più adorna di talismani rispetto alle altre.
L'elfo si fermò dinnanzi ai lembi e si annunciò: «Capo Yeru'a, loro sono qui».
Dall'interno provenne una voce cristallina molto simile alla sua: «Prego, lasciali entrare».
Yan fece passare Xerxes per primo, lasciandogli la giusta posizione da capo gruppo.
L'interno della tenda era semplice, non troppo adorno, con due semplici sacchi di pelle e pelliccia in cui dormire, uno per due persone e uno più piccolo.
Un largo tappeto di lana scura era stato sistemato diametralmente opposto all'entrata, ed era lì che sedeva, a gambe incrociate, un elfo dai capelli bianchi raccolti in uno chignon. Le sue vesti non presentavano tocchi aggiuntivi o sfarzosi rispetto a quelle indosso agli altri elfi: portava una semplice tenuta da cacciatore intessuta di pelle animale.
Sollevò una mano sottile per far loro cenno di avvicinarsi e li invitò a sedersi di fronte a lui.
Vow'a li seguì, ma rimase in piedi alle loro spalle.
«Benvenuti» li accolse il capo elfo. «Il mio nome è Yeru'a, sono il capo tribù degli elfi del monte Vyra. È un vero piacere per me conoscervi, giovani non-magici.»
«È un piacere anche per noi» rispose Xerxes con rispetto, pur mantenendo il mento sollevato. «Grazie per averci permesso di incontrarvi, signore. Vorremmo porgervi qualche domanda.»
«Immagino di cosa si tratti» rispose gentile Yeru'a. Gli occhi azzurri brillavano verso di loro promulgando una saggezza infinita, opposta alla giovane pelle di colore verde. «I miei elfi mi hanno raccontato di avervi incontrati a distanza, ieri. Al che ho previsto la vostra visita.»
Nervoso, Owen si mosse sul posto. «Ecco, considero Vow'a mio amico e-e so che lui ricambia l'affetto. P-però... co-come mai voi non ci odiate? Noi siamo "bestia", tutti ci detestano e tutti ci vorrebbero morti...»
«Non noi» rispose tranquillamente l'elfo. «Noi crediamo che qualsiasi vita debba venire preservata. È vero, ci cibiamo di carne e usiamo le pellicce per scaldarci, ma si tratta appunto di perdite con un significato: la nostra sopravvivenza. Gli animali ci sono stati donati per questo. Ma le creature intelligenti, come noi elfi e voi esseri umani, devono venire protette. Certo, ammetto che la vostra razza lascia un po' a desiderare in quanto a morale.»
Yan si grattò la testa. «È vero, l'essere umano e peccatore, ma non è così deplorevole...»
Yeru'a parve interessato alle sue parole. «Cionondimeno i vostri stessi fratelli vi definiscono "bestia".»
«Beh, è perché siamo malati» mormorò Nathan, a capo chino. «E purtroppo non esiste cura alla nostra malattia. O almeno, Owen non l'ha ancora trovata...»
«Dunque dovete essere mandati a morire?»
«S-se ci mescoliamo, potremmo far proseguire il gene del "bestia" e portare così all'estinzione della magia...»
Xerxes gli scoccò un'occhiata di disaccordo, perciò Yeru'a fece un cenno del capo in sua direzione. «Lieto di sapere che alcuni di voi non appoggiano la mentalità umana.»
Yan si sporse in avanti, sperando di riuscire a dissipare la vergogna di Nathan. «È bello che creature magiche e nobili come voi ci apprezzino.»
«Come ho già detto, giovanotto, gli esseri umani peccano nella loro moralità. Cio che manca a voi è la pietà e la tolleranza.»
Il ragazzo arrossì: lui era caritatevole, si preoccupava sempre per gli altri.
Perché il capo elfo parlava cosi genericamente?
«Dunque voi non ci temete?» insistette Xerxes.
«Assolutamente no. E spero che voi non temiate noi, poiché non vi daremo alcuna noia. Anzi, sono lieto che finalmente siate qui. Spero che possiate divenire amici della nostra tribù. Purtroppo in estate ci nascondiamo, ma saremo lieti di accogliervi nelle nostre caverne. Mio figlio potrà continuare a tenerci in contatto», Yeru'a fece un cenno verso Vow'a. Dipoi disse: «Mi auguro che adesso voi siate felici. Immagino tuttavia che proviate nostalgia delle vostre case».
Il pensiero di Yan volò dritto alla madre, alla città di Murcuw, all'accademia...
Fu comunque Xerxes a rispondere, a bassa voce: «Certi aspetti sì...»
Yeru'a annuì. «Lo immaginavo. Dunque vi piacerebbe poter dare un'occhiata?»
*
Ecco qui gli elfi che tanto vi ho fatto aspettare 🙈
Che dire, spero vi siano piaciuti?
Che cosa ne pensate?
Spero di essere riuscita a donarvi maggiore curiosità.
Dunque alla prossima, dove ritroveremo a distanza qualche personaggio già incontrato in precedenza, e qualcuno che per ora è stato soltanto citato e non mostrato.
Ma in che modo li potremo vedere? 🤔
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