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Il morbillo

«Pochissimi sono i nomi dei sopravvissuti al morbillo, casi rari...» aveva spiegato Owen, costretto a dire la verità sotto gli occhi inquisitori di Xerxes. «Ma non hanno mai saputo spiegare come siano riusciti a sfuggire alla morte. Parlano di essere stati benedetti e salvati dagli dèi, però...»

«Non chiameremo un sacerdote per farci benedire» aveva ringhiato James.

Nathan aveva subito ribattuto: «Solo perché tu non credi agli dèi».

«Senti un po', a te piacerebbe morire subito o tornare sull'Isola della Purga? Stavolta si assicureranno che veniamo divorati. Tanto vale farci arrestare e decapitare, o impiccarci da soli.»

La quarantena era davvero estenuante. Non soltanto a causa del mal di testa, il prurito insopportabile, il bruciore agli occhi e la febbre alta, ma anche perché la bella stagione sembrava farsi beffe di loro con un sole sempre più cocente che rendeva il Rifugio troppo caldo. E allo stesso tempo, la febbre faceva salire il freddo ai sei corpi malati, dunque passavano da momenti in cui soffrivano il caldo ad altri in cui venivano attaccati dai brividi.

Intanto, al villaggio si era saputo del problema dell'Umhïrtröfa e nessuno si azzardò a mettere piede fuori casa per almeno tre giorni, come Owen aveva specificato.

Durante quel breve periodo, un anziano che viveva da solo, tendente a uscire poco e a parlare raramente con i vicini, aveva avvisato di aver contratto la malattia.

Owen si era subito offerto di uscire per raggiungerlo, nonostante la propria pessima condizione e l'affaticamento. Tuttavia, pur rimanendo con il paziente per un intero pomeriggio, il giovane guaritore era tornato a casa triste e sconsolato.

A Yan e agli altri non erano servite domande per indovinare il destino del vecchio, né s'informarono su come sarebbe stato trattato il corpo o altro, non di fronte agli occhi lucidi dell'amico.

Per quanto anche lui stesse soffrendo la malattia, Owen s'impegnava al massimo, perciò gli altri, che stavano altrettanto male, cercavano comunque di dargli una mano. E soprattutto facevano del loro meglio pur di non lamentarsi, almeno non in sua presenza. James arrivò a farsi sanguinare la lingua, tante furono le volte in cui se la morse per frenare una battuta di pessimo gusto.

La situazione peggiorò durante i primi giorni. Sebbene fossero consapevoli che grattarsi non avrebbe giovato, non riuscivano a farne a meno; gli occhi lacrimavano in continuazione, dovevano tenervi sopra panni bagnati, e il medesimo trattamento lo applicavano alle fronti bollenti.

E di notte avevano gli incubi.

Yan non faceva altro che vedere sua madre, magra e in fin di vita, che allargava le braccia verso di lui e gli sussurrava di accompagnarla in Paradisus. Era sempre sul punto di seguirla, ma alla fine riusciva a riscuotersi e a dirsi che non voleva morire, perciò si risvegliava di soprassalto.

Trovava sempre uno degli altri sveglio prima di lui, e di lì a poco qualcun altro sortiva dai sogni nel medesimo modo brusco.

Owen somministrava a tutti una sostanza acquosa che poteva curare il gonfiore agli occhi e sciroppi ricavati dalle piante. Tutti i giorni i giovani ingerivano polverine per la febbre, ma se in un certo momento sembravano avere effetto, il morbillo tornava a prendere il sopravvento e la temperatura si rialzava.

Durante quel periodo di malattia, Yan sentiva fitte di pena più dolorose del solito a ripensare alla sua vecchia casa.
Forse Elijah credeva che lo avesse abbandonato, e magari Dalila ce l'aveva con lui per non essersi fatto più vivo.

Gli mancava così tanto, si angustiava nell'impellente desiderio di poterla rivedere, riabbracciare, lavorare e scherzare in sua compagnia...

E pensava a sua madre...

Come stava? Era ancora viva?

E se invece fosse morta e lui neanche lo sapesse?

Immaginava che a quel punto Rifel'a o Vow'a sarebbero accorsi ad avvertirlo, ma non si erano più fatti rivedere da quando il morbillo aleggiava nel Rifugio, dovevano essere stati avvertiti da Owen di girare alla larga.

"Forse non rivedrò più nessuno di loro..."

Si sentiva però in colpa a piangersi così tanto addosso, perché se doveva veramente preoccuparsi di qualcuno in quel momento, erano i suoi amici malati.

Una volta che Owen si ritirò in laboratorio e non lo videro tornare per cena, Yan andò a cercarlo e lo trovò supino a terra ad ansimare irregolarmente.

Chiamò aiuto a gran voce mentre lo girava a pancia in su e gli sollevava le gambe, poi con gli altri gli premette un panno umido su fronte e occhi e gli fecero gocciolare l'acqua in bocca.

Owen, intanto, pronunciava parole sconnesse: «Non mi lasciare... Non mi lasciare...»

Lo schiaffeggiarono a lungo, molto più rispetto a uno dei suoi normali mancamenti, consapevoli che quello fosse diverso: il corpo non era rigido come negli altri casi, anzi rimaneva sciolto, riusciva a muovere la mascella e le braccia per grattarsi il corpo.

Quando urlò in maniera orribile spalancò anche gli occhi, prima di ricadere con la testa all'indietro. Allora James gli gettò adosso un intero secchio d'acqua, costringendolo a gridare di nuovo, ma stavolta svegliandolo.

Il giovane guaritore andò a farsi un bagno, scortato dai poltergeist che, pur invisibili, avevano cominciato a sbattere fastidiosamente le porte nel vedere il loro protetto star così male. Infine il ragazzino si ritirò per dormire, in questo caso con un amico di guardia.

Oramai c'era sempre almeno uno di loro che rimaneva sveglio durante la notte: facevano i turni per tenersi sotto controllo a vicenda, in caso qualcuno venisse colto da un grave male durante il sonno.

                                    *

Dopo circa tre settimane infernali, la febbre di Yan cominciò finalmente a calare, così come quella di Nathan. Non erano guariti, ma la loro temperatura rimase stabile, a un livello sopportabile, come se si trattasse di una normale influenza.

Anche James sembrò stare un tantino meglio, seppur fosse ancora piuttosto debole.

Xerxes e Skye rimanevano invece fiacchi. Il ragazzo aveva la pelle pallida sotto i puntini rossi del viso, mentre le guance di lei erano incavate.

Era dimagrita parecchio in quelle settimane di malattia, i capelli ricci di solito vaporosi ricadevano adesso flosci lungo la schiena, gli occhi avevano perduto la loro particolare scintilla e sembravano quasi non riuscire a mettere a fuoco lo spazio circostante.

Poiché Yan e Nathan stavano meglio, furono costretti a dormire sul sofà, così da non rischiare di venire contagiati ancora una volta rimanendo in camera con gli altri.

Quella notte Yan sentì l'amico girarsi in continuazione, riceveva le sue pedate contro lo stomaco e lo vedeva sollevare la testa per guardare in direzione della camera da letto. Era ovvio che fosse preoccupato per Skye.

Purtroppo il giorno successivo le si alzò la febbre, e Owen e Xerxes dovettero rimanere a prendersi cura di lei.

James venne spedito fuori, dato che al mattino era sembrato stare meglio del solito.

Per pranzo prepararono zuppa di pollo, ma Skye continuava a star male. Tremava quasi si trovasse in mezzo alla neve, rimaneva rannicchiata sotto le coperte, borbottava qualcosa contro al prurito ma non sembrava avere la forza per grattarsi. A malapena riusciva a tenere le palpebre sollevate, e ogni tanto singhiozzava e lasciava sgorgare qualche lacrima.

A metà pomeriggio Xerxes chiamò gli altri con urgenza.

Accorsi in camera, trovarono Skye che ansimava e mugolava qualcosa, ancora scossa dai brividi e da quelli che sembravano principi di convulsioni.

Nathan le si accucciò accanto. «Skye? Skye, ascolta... Skye, S-Skye...» La scosse e le prese il viso tra le mani, intanto che Owen le premeva un panno bagnato contro la fronte.

«È freddo...» piagnucolò lei a fil di voce, senza aprire gli occhi.

«Lo so, ma ti farà bene» la voce del guaritore era soffocata per la preoccupazione. «Skye, apri gli occhi, per favore. Ce la fai?»

La ragazza inizialmente scosse la testa, ma alla fine riuscì a dischiudere una palpebra, pur senza riuscire a guardare nessuno.

«Brava, continua a tenere gli occhi aperti» la elogiò lui, seguitando a premerle il panno sul viso, sul collo e contro la nuca.

Nel momento in cui dovette alzarsi appena, Skye mugolò e afflosciò il mento sul petto, sbavando senza controllo. «Ho fr-freddo...» si lamentava. «Ho f-f-freddo... n-non va v-via...»

Nathan s'infilò allora sotto le coperte per stringerla meglio. «Avanti, Skye, puoi resistere. R-ricordi tutto quello che hai affrontato? Hai sofferto molto più freddo di questo, n-no?» Le tirò uno schiaffetto quando la vide chiudere gli occhi e la costrinse a tenere la testa sollevata. «T-tu sei forte, Skye, io lo so. Puoi farcela, io sono qui. Siamo tutti qui con te...»

Owen dovette assentarsi per correre in laboratorio a recuperare alcune medicine, mentre Xerxes si precipitava a prendere un altro po' d'acqua.

Yan invece strinse le mani dell'amica, calda come lava bollente. Si sentiva mancare il respiro, tremava a sua volta per la paura di vederla acquietarsi per sempre. «Skye... Skye, mi senti? A-andrà tutto bene, t-tu lo sai... Con tutti i mostri che hai affrontato, i-il morbillo è-è soltanto u-un altro cattivone che puoi vincere...»

Nella sua confusione, Skye esalò una risatina strana. «Yan, hai sempre... la testa tra le nuvole... Q-questa è un'altra delle tue storie...»

«Ma no, Skye! È-è successo davvero! Sei sopravvissuta alla natura selvaggia, c-ci hai protetti tutti, sei amica dei draghi e de-delle rane, non ricordi? Cloud, Niawn...»

«Niawn... dov'è?»

«È sul comodino, Skye. La senti che ti chiama?»

Skye riuscì a sollevare un poco la testa, per guardarli, affranta. «Oh, Yan, puoi prenderti cura di lei? Per favore...»

Yan diede in un singhiozzo. «No! No, non posso, perché te ne occuperai tu...»

«Skye...» James si fece avanti per afferrarle la testa. «Skye, non fare stupidaggini. Non ci puoi lasciare... ti prego...»

«Non ci lascerà!» Nathan la strattonò per metterla a sedere, ignorando i suoi lamenti di protesta.

Xerxes rientrò e le dette da bere, ma Skye gracidava e gli strofinava il polso.
«Xerxes... hai vi-visto dove siamo arrivati io e te? S-s-sei orgoglioso di me?»

«Se lo sono? Tu non immagini quanto, Skye.»

«Davvero? A-anche io sono orgogliosa d-di te. È-è stato bello ritrovarti...»

«Che cosa stai dicendo?» borbottò lui preoccupato. «Skye, no, non posso perderti di nuovo...»

«Na-Nathan...» Skye lo afferrò debolmente per la spalla. «Nathan, devo di-dirti una cosa im-importantissima...»

«Non me la devi dire adesso!» ringhiò lui, con le lacrime agli occhi. «Me la dirai quando starai meglio, con tutta calma!»

Owen tornò e costrinse Skye a bere una polverina disciolta, ma anche dopo un po' che aspettavano, non sembrò avere l'effetto desiderato.

«Owen... Owen, a-ascoltami anche tu... a-ascolta...»

«Non succederà niente, Skye» la rassicurò l'amico, quelle parole rivolte non solo a lei, ma anche a tutti gli altri. «Alla medicina serve del tempo per funzionare. Questa andrà bene, non ho dubbi...»

James strizzò le palpebre e sembrò sul punto di parlare, ma alla fine lasciò perdere e chinò la testa con stanchezza, quasi stesse subendo i medesimi supplizi dell'amica.

Rimasero tutta la sera al fianco di Skye, adesso taciturna mentre lottava per tenere le palpebre aperte, in preda ai tremori.

Si allarmarono quando le chiuse d'improvviso, ma Owen intimò il silenzio, fin quando non udirono il respiro della giovane: si era addormentata.

Loro invece rimasero svegli per tutta la notte, incapaci di dormire nonostante avessero deciso di darsi il cambio per tenerla d'occhio.

Yan non poteva fare a meno di mantenere lo sguardo puntato su Skye, nel terrore di vederla polverizzarsi, svanire...

Nathan rimaneva silenzioso, il viso vicino la sua bocca e la mano sul suo cuore per poterne tenere sotto controllo il battito cardiaco.

Verso l'alba, quando il respiro di Skye cominciò a farsi regolare e i tremiti cessarono, Owen si concesse un sospiro di sollievo e annunciò agli altri che potevano dormire tranquilli, si sarebbe occupato lui dell'amica.

Rassicurato dalle sue parole, Yan riuscì a prendere sonno per brevissimo tempo.

                                    *

Quando si risvegliò, il sole si era già innalzato.

La prima cosa che udì dopo il cinguettio degli uccelli, fu la voce di Skye: sembrava star bene. Nonostante il mal di gola, suonava pimpante nel parlare.

Yan sarebbe balzato fuori dalle lenzuola per correrle incontro, se non fosse stato che udì Nathan rispondere. Allora si costrinse a rimanere immobile, ad ascoltare.

Parlavano a voce bassa e in tono molto intimo, dovevano starsi scambiando tenere confidenze.

Yan non avrebbe voluto impicciarsi, ma non poté fare a meno di ascoltare.

«Sto bene, Nathan» stava dicendo Skye con divertita impazienza. «Tastarmi la fronte a ogni battito di ciglia non cambierà nulla.»

«Scusa, è che te la sei vista davvero brutta..»

Le loro lenzuola si mossero, segno che si stavano stringendo l'uno contro l'altra.

«Ho davvero avuto paura di perderti...»

«Mi dispiace, non volevo darvi tanta pena stanotte. Ma adesso sto veramente meglio. E sai cosa ti dico? Il tuo viso ha molti meno puntini rossi.»

«Già, me ne sono accorto. Significa che sto guarendo, e presto guarirai anche tu. Te l'avevo detto che Owen ci avrebbe salvati.»

Skye sbuffò. «Ma se all'inizio frignavi e ti lamentavi come un bambino!»

«Ehi, ero sconvolto!» si giustificò lui in tono buffo, facendola scoppiare in una risata stridula e graffiante.

«Certo! Come no!»

Quando si fu calmata, Nathan sospirò sonoramente, in un mugolio di piacere. «Ti amo, Skye. Ti amo davvero, tanto

Yan si pietrificò, in attesa della risposta.

«Ti amo anch'io, Nathan.»

Allora sorrise sotto le coperte, felice per l'amico.

Allo stesso tempo però, avvertiva una fitta di tristezza attanagliargli il cuore. Avrebbe voluto ciò che avevano loro: che esistesse un futuro possibile anche per lui e Dalila.

Ma non esisteva, su questo non poteva fare niente...

Lui era un "bestia", e che Dalila lo avesse accettato o meno, non poteva condurla a una vita al di fuori del mondo, ripudiata da tutti.

Lei aveva la fattoria di cui occuparsi, doveva proteggere e crescere i suoi fratelli...

Quando sentì Skye cominciare a parlottare in maniera un po' troppo smielata, Yan diede in una tossetta e sbadigliò forte per annunciare che era sveglio, così i due si azzittirono in improvviso imbarazzo.

Si alzò e simulò sorpresa nel vedere Skye sveglia, anche se il sorriso che le rivolse era puramente sincero mentre si avvicinava a stringerla tra le braccia. «Non immagini quanto sia felice di vederti in forma!»

«Skye?» Xerxes accorse a salutarla. «Come ti senti? Ci hai spaventati a morte!»

«Sto benissimo.» La giovane non riuscì a fermarlo prima che lui le baciasse la fronte. «Mi farete venire le rughe...»

«Lasciami fare! Non hai idea degli incubi che ho avuto stanotte! Cosa pensi che farei io senza di te?»

«Non temere, non mi perderai un'altra volta» gracchiò lei, carezzandogli il braccio dolcemente. «Voglio dire, non vado da nessuna parte senza di te. Siamo troppo legati, perciò se uno dei due muore, muore anche l'altro.»

Xerxes sbuffò divertito. «Beh, inquietante e allo stesso tempo dolce, le mie congratulazioni.»

Mentre loro ridevano, la ragazza disse di volersi alzare per la colazione, e a niente servirono le loro promesse di portarle tutto il cibo che voleva a letto.

Prima di uscire dalla stanza, Skye barcollò a svegliare James, che appena sbatté gli occhi e la mise a fuoco, scattò a sedere con un sospiro di sollievo.
«Stai bene! Non ho mai avuto così tanta paura in tutta la mia vita...»

«Oh, come può una ranocchietta come me spaventare un leone tanto feroce?»

James posò il viso contro la sua guancia. «Guarda che non c'è da ridere, me la sono fatta sotto per davvero...»

Trovarono Owen in cucina, addormentato con la testa poggiata sul ripiano del tavolo, sommerso dai libri e con pane e formaggio tra le dita, un probabile spuntino di mezzanotte lasciato a metà.

Una volta sveglio, guardò Skye come se stesse assistendo a un miracolo, e la contentezza fu tale che svenne.

                                    *

Passarono circa cinque giorni prima che Owen li raggiungesse tutto esaltato dal laboratorio.

I puntini erano quasi spariti completamente da Yan e Nathan, James e Xerxes avevano la febbre bassa, mentre Skye e Owen erano più in forze.

«È ovvio!» esordì quest'ultimo, con una lunga pergamena tra le mani e uno dei suoi voluminosi diari sottobraccio. «Ho capito come curare il morbillo! O a-almeno credo, m-ma con noi sta funzionando!»

Nathan strabuzzò gli occhi. «Hai trovato la cura giusta?»

«Non c'è una cura! Non è come una malattia magica in cui si deve ripetere il solito incantesimo finché non passa. Il morbillo è diverso! Deve essere considerato come una febbre, molto più pericolosa di una normale, ma comunque una febbre. Per curarlo basta appunto applicare le stesse medicine dell'influenza, altrettanto con impacchi di acqua fredda sulla fronte, sulla nuca e sui polsi, proprio come abbiamo fatto noi.»

James si grattò i riccioli. «Sei sicuro, gufetto? E perché dura così tanto? È un mese intero che siamo malati!»

«Perché è un virus più potente dell'influenza normale, ma lo si può battere allo stesso modo. Serve solo pazienza, non c'è bisogno di sperimentare chissà cosa. Ho estratto un po' del mio sangue per poter analizzare il virus, ma mi sono accorto che gli anticorpi formatosi sono differenti da quelli che si sviluppano contro l'influenza normale. Sono più simili a quelli che si creano per la sleepwalk.»

«Quella malattia che rende sonnambuli anche chi non è sonnambulo?» fece Xerxes.

«Già. Si impiegano all'incirca due settimane per poterla curare del tutto, ma una volta sconfitta, non ritorna.»

Troppo eccitato, Owen dovette sedersi sul divano mentre le membra s'irrigidivano, costringendolo a posare i fogli di pergamena sulle ginocchia.

«E non ritorna proprio perché gli anticorpi che si formano nel soggetto malato sono tanto forti da rimanere per sempre. E lo stesso quelli del morbillo: ergo, quando si guarisce dal morbillo, non lo si può contrarre una seconda volta!»

Yan scoppiò a ridere. «Sapevo che ci saresti riuscito, amico! Sei geniale!»

«Bravo, Owie!» Skye gli lasciò un bacio sulla guancia.

Owen sorrise a sua volta, l'orgoglio e l'autostima risplendevano nei suoi occhi bicolori. «Non vedo l'ora di annunciare la scoperta a tutto il mondo! Finalmente anche il morbillo può essere battuto! E la rosolia e la varicella non sono così tanto differenti, mi viene da pensare che possano venire curate allo stesso modo, e che egualmente non possano tornare una volta scacciate. Ho bisogno di fare delle ricerche per sincerarmene.»

                                     *

Occorse solo un'altra settimana prima che i puntini rossi divenissero nulla più che un ricordo.

Finalmente il morbillo era sparito!

E dopo altri tre giorni di quarantena richiesti da Owen per un'espulsione completa del virus, poterono dirsi del tutto guariti.

Il ragazzo si travestì e si diresse subito al villaggio, dove venne riaccolto a braccia aperte dai suoi pazienti, che lo aiutarono a divulgare la lieta notizia sulla scoperta della cura al morbillo.

La prima cosa che i ragazzi fecero insieme fu dirigersi alla valle per controllare le condizioni del raccolto: lo trovarono in ottima forma, Vow'a se ne era preso cura egregiamente.

Yan si sentiva così contento, finalmente di nuovo all'aperto, in piena estate.

Non vedeva l'ora di tornare da Dalila, di sapere come aveva trascorso quel lunghissimo mese. E voleva andare anche da Elijah.

Sperava che i suoi amici non si fossero sentiti troppo trascurati e non ce l'avessero con lui.

Avrebbe raccontato la verità senza problemi, dopotutto non era certo colpa sua se aveva contratto il morbillo.

Vow'a si presentò un paio di giorni più tardi in compagnia di Rifel'a, il quale si avvicinò a Yan e tentò, con fare goffo, un abbraccio.

Gli elfi non erano soliti abbracciarsi a vicenda, ma sembrava che lui stesse pian piano acquisendo abitudini umane grazie all'amico di diversa razza.

Incredibile ma vero, stavolta fu Vow'a quello più spontaneo. Individuato Owen, camminò a passo svelto e gli afferrò la testa, iniziando ad accarezzarlo e a comprimergli le guance.

Per gli elfi quello era come un abbraccio.

«Sono molto lieto di vedere che state bene. Specialmente tu» sussurrò Rifel'a a Yan, una volta separatosi.

Il ragazzo fece un grandissimo sorriso. «Ti sono mancato, vero? Voi elfi invece come ve la passate nelle caverne?»

«Magari te lo racconto durante una passeggiata» disse sbrigativo l'elfo.

«Va bene.»

Mentre uscivano, Yan si rese presto conto che l'amico aveva l'aria rattristata.

«Che cosa succede, Rif?»

«Yan, me ne dispiaccio moltissimo, avrei voluto avvertirti prima, ma i tesela dell'albero si sono sciolti e non ne ho avuto la possibilità...» Rifel'a gli strizzò gentilmente le spalle. «Moe Auber è morto...»

A Yan occorse qualche secondo prima che quelle parole arrivassero ad acquisire senso nella sua mente...

Poi si ritrasse per lo sgomento. «M-m-morto? Moe? M-ma come... Rif, c-che cos'è successo? C'è stato un altro sovraccarico?»

«No, Yan. Purtroppo alla città di Hanover è scoppiata l'epidemia del morbillo. Ricordi la sera del Solstizio d'Estate? Mi hai detto che Moe Auber si sarebbe recato a casa di un suo amico per passarvi la notte. È così che ha ricevuto la malattia. Fortunatamente i suoi fratelli non sono stati a contatto con alcun malato, ma Moe Auber non ha superato il virus... È rimasto alla città di Hanover affinché non contagiasse loro due. Dalila Auber avrebbe voluto stargli accanto, ma doveva occuparsi del fratello infante... Non...» gli occhi di Rifel'a scintillarono, le ciglia s'imperlarono di pena, «non è riuscita a dare un ultimo addio a Moe Auber... ha ricevuto la notizia della sua morte circa due settimane dopo che la malattia lo aveva colpito... Purtroppo in città è avvenuta una strage...»

Yan indietreggiò ancor di più, tanto che Rifel'a dovette sostenerlo quando rischiò d'inciampare in una radice.

Il ragazzo, però, quasi non se ne rese conto, la sua mente divagava sulla terrificante verità: se Dalila e Huge non si erano ammalati, allora significava che Moe aveva contratto il morbillo da Hanover...

Yan era entrato in contatto con Moe prima che si ammalasse, ma il suo amico gli si era avvinghiato contro durante l'attacco a sorpresa.

Era stato quel bambino a trasmettergli il morbillo, così il ragazzo lo aveva passato ai suoi amici.

Avevano tutti rischiato di morire, per colpa di Yan.

                                   *

Bene, sembra che il morbillo sia stato superato, e adesso sappiamo come i ragazzi lo abbiano contratto.
Spero di aver descritto bene questo periodo di malattia, anche perché non avendo mai avuto il morbillo non posso essere certa di come ci si senta, l'unica cosa che ho potuto è stata documentarmi. Se qualcuno di voi ne sa di più, sarei felice di ricevere qualche suggerimento!
Cosa credete che succederà adesso che Yan ha scoperto di essere stato la causa dell'epidemia nel Rifugio?
Che sia questa la spinta che lo porterà a dire addio a Dalila?
Oppure continuerà a vederla nonostante tutto?

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