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Il dolore della separazione

Yan si era trasferito nelle caverne, con la tribù elfica.

Là era molto buio, e le torce di ghiaccio alle pareti non contribuivano a rendere l'ambiente più ospitale. Almeno la frescura teneva lontano il caldo estivo, ma Yan aveva la costante impressione che la roccia si restringesse attorno a lui, quasi a beffarsi dei suoi sentimenti e della sua oramai instabile sanità mentale...

Rifel'a lo teneva occupato con gli allenamenti, la caccia e l'intreccio dei cesti, e ogni tanto il ragazzo trascorreva il tempo con i più piccoli, i quali effettivamente lo facevano divertire.

Nonostante tutto però, la mancanza dei suoi amici era insostenibile.

Gli elfi erano gentili con lui, ma forse un po' troppo. Non conoscevano il divertimento nel giocare alla lotta, il loro umorismo era più rigido, non comprendevano certe battute.

E nessuno di loro tentava di dissuadere Yan dal guardare nello specchio magico, cosa di cui lui appunto non poteva fare a meno.

Sua madre era così magra che sembrava rischiare di polverizzarsi al minimo tocco, e suo padre, Tyler Mowbray, il bugiardo traditore, era più disperato che mai.

Chissà se la moglie era a conoscenza della sua vera identità.

Che lui fosse o meno malvagio, era comunque indubbio che l'amasse.

E mentre si preoccupava per lei, cercava anche in tutti i modi di dimostrare la propria lealtà al re, forse sperando di ottenere così un aiuto per la moglie malata.

Oramai, però, era ovvio che non ci fosse altro da fare per lei, e a Kayne proprio non interessava, considerato quanto tenesse impegnato un uomo che aveva ben altro a cui pensare rispetto a una sciocca guerra per un artefatto sconosciuto.

Almeno Elijah sembrava trovarsi bene con le creature della Foresta di Hanover, mentre Dalila, che adesso doveva portare avanti la fattoria da sola e aveva perduto il suo amore, appariva sempre affaticata e triste.

Yan si spaccava la testa e il cuore nello sforzo di archiviare l'idea di correre da lei...

Se solo Rifel'a lo avesse indotto a non guardare più nello specchio, anziché offrirgli tutti i giorni l'opportunità per una nuova scappatella.

Al contrario, Vow'a cercava di convincerlo a tornare a casa, l'unico tra gli elfi che si comportava come Yan si era aspettato all'inizio.

Era lui ad averlo ospitato nella propria grotta, assieme alla compagna Esh'e.

«Siamo felici di averti tra noi» gli disse una volta l'elfa in seguito all'ennesimo commento critico dell'amato, servendo gentilmente la carne cruda per pranzo.

Gli elfi del Nord sarebbero stati compagni di tavolata perfetti per un vampiro o un lupo mannaro, ma non per un essere umano.

Dunque adesso Yan mangiava soltanto verdura, radici, bacche, frutta e tuberi.

«Yan deve tornare dalla sua famiglia» replicò invece Vow'a, contrariato. «È ovvio che qui non sia felice.»

«Non è vero!» mentì il diretto interessato. «Voi siete gentilissimi...»

«Non sto parlando di questo, Yan. Ciò che voglio specificare è che i tuoi amici ti mancano, dunque dovresti tornare da loro. Sapranno perdonarti, molto più di quanto tu saprai perdonare te stesso.»

«Perché Yan dovrebbe chiedere perdono?» commentò Esh'e, con una smorfia graziosa. «L'amore fa fare cose impossibili da comprendere», e posò la mano sulla spalla di Vow'a, il quale ricambiò la stretta, pur senza modificare l'espressione impassibile. «L'amore è più incantevole di qualsiasi magia.»

Lui le sfiorò la punta dei capelli sciolti  con le nocche. «Yan ha comunque sbagliato a rischiare la propria vita. E non può rimanere qui a lungo. Ha bisogno dei suoi...» ma s'interruppe nell'udire uno strano brusio al di fuori della caverna.

Si alzò dunque per affacciarsi a controllare oltre la tenda di ossicini.

«Oh, qual buon vento.»

Yan spalancò gli occhi nel veder entrare James, e allo stesso tempo il suo cuore esibì una capriola di gioia.

Fu solo per un istante, prima che uno strano frizzore corresse a orticare i suoi occhi, quasi James fosse una luce abbagliante.

Gli angoli della bocca, poi, tremolarono quando vide avanzare anche Xerxes.

James ammiccò burbero in direzione di Yan. «Vogliamo parlargli.»

«Certamente.» Esh'e li invitò a spostarsi più in fondo alla grotta. «Prego, non vi disturberemo.»

James afferrò svelto Yan per la spalla e lo trascinò alle sue lenzuola, su cui lo fece sedere bruscamente prima di gettarglisi accanto a gambe incrociate. Xerxes non li seguì, ma rimase più vicino agli elfi, gli occhi grigi che saettavano un po' verso Yan e un po' verso i proprietari della grotta.

Quando guardò James negli occhi, Yan ebbe quasi l'impulso di scoppiare in lacrime per il senso di mancanza che provava...

L'altro prese un respiro profondo. «Hai intenzione di tornare a casa?» sibilò.

Yan distolse lo sguardo scuotendo la testa.

«Perché no? Ascolta, ci dispiace, va bene? Non siamo stati abbastanza... sensibili... Ma non puoi rimanere qui per sempre, Yan. Hai un aspetto orribile.»

«N-non... non sono arrabbiato con voi...» Yan si asciugò un occhio. «Ce l'ho con me stesso per tutto ciò che ho procurato... Sia il morbillo che... il cuore spezzato di Dalila...»

James poggiò il braccio sulla sua spalla. «Hai commesso degli errori, è vero. E adesso? Vuoi continuare a vivere nascosto tra le grotte? Per quanto gli elfi possano trattarti bene, questo non è il tuo posto. Inoltre, ci manchi» ammise a mezza bocca.

Yan riuscì a fare un piccolo sorriso nell'immaginare quanto James, sempre così ostinato a mantenere il modo di fare arrogante, stesse faticando nell'esternare così i propri sentimenti.

«Non dovevamo darti addosso così.»

«Te l'ho detto, non ce l'ho con voi. All'inizio credevo non poteste capirmi, ma...»

James sospirò. «Ti capiamo, Yan...»

Lui lo guardò di sottecchi, chiedendosi come mai l'amico sembrasse parlarne così sul personale.

Riusciva davvero a comprendere il suo cuore dolorante? Che anche lui provasse qualcosa per Skye?

Non era però sicuro di volerglielo chiedere apertamente: James si stava già aprendo fin troppo, meglio non fargli alzare i ponti finché la conversazione non terminava.

Perciò Yan preferì cambiare argomento. «Ehm, perché Xerxes è venuto? Non sembra voler parlare con me.»

«In realtà ha paura che sia tu a non voler parlare con lui» James lo disse a voce appositamente alta, girandosi persino a guardare il principe.

Dopo un attimo di silenzio, questi si avvicinò lentamente e, con gli occhi in quelli di Yan, il suo tono risuonò affranto: «Torna a casa. Ci annoiamo senza di te. Mi serve una mano per tenere a bada i litigi degli altri, e ultimamente ce ne sono tanti. Tu sei molto più bravo in questo». Xerxes si fece ulteriormente vicino. «Per quanto fossimo arrabbiati, non avremmo mai voluto che te ne andassi. Dopo tutto ciò che abbiamo affrontato, non può essere questo a separarci, g-giusto?»

A Yan oscillava pericolosamente la gola.

Anche gli occhi di Xerxes erano tanto lucidi da minacciare il pianto, non lo aveva mai visto tanto triste prima. «Avevi ragione a dire che non so cosa si prova ad avere il cuore spezzato per un amore perduto...» Deglutì e si sforzò visibilmente di darsi un contegno. «Io in particolare non mi sono mai interessato all'amore. Non ne ho mai avuto il motivo. Prima credevo di essere obbligato a sposare Rose, adesso non c'è nessuna ragazza con la quale...» e s'interruppe, mentre Yan abbassava piano lo sguardo.

«Lo so... Tu sei stato molto più intelligente di me. Sei stato più furbo, più forte nel resistere alla tentazione dei portsid...»

Xerxes si sedette all'altro suo fianco, una mano che andava ad aggrapparsi al gomito di Yan quasi si sentisse sul punto di collassare. «Sto cercando di dirti che, riguardo al desiderio di rivedere tua madre... sai che provo lo stesso. Capisco anche che il tuo potesse essere maggiore perché è malata. Come sta, a proposito?»

Un po' Yan si vergognava ad ammettere di aver continuato a guardare attraverso lo specchio, ma scosse comunque la testa. «Male...»

Per un po', Xerxes rimase in silenzio, infine appoggiò la guancia dietro alla sua spalla e Yan lo sentì muovere la bocca contro la scapola. «Ti vogliamo bene, Yan. Vorremmo che tu tornassi a casa, ti prego...»

Il ragazzo sentì gli occhi e la gola bruciare ancora mentre tornava a scuotere il capo, appena appena.

Così, dopo un ennesimo tratto di pesante silenzio, il principe sospirò, si alzò e se ne andò in fretta. Yan giurò di averlo visto strusciarsi il naso prima di uscire dalla grotta.

Aveva capito che non lo avrebbe convinto, e non riusciva a sopportare il fallimento...

«Ultimamente lui e Owen passano molto tempo rinchiusi insieme in laboratorio» confidò James, non senza più di una punta di fastidio. «Non ci spiegano il perché, dicono soltanto che è per il nostro bene.»

«Come... come sta Owen?»

«Un po' più paranoico, anche per la questione dei Cacciatori, immagino. E si sente in colpa perché te ne sei andato. Anche Skye. Ha paura che venire qui ti farebbe sentire peggio.»

«Oh, Skye...»

Da una parte l'amica aveva ragione però, ma semplicemente per il fatto che Yan si vergognava a farsi vedere soprattutto da lei, considerato come le si era rivolto e quanto le aveva confessato.

«E poi, non sembra più lei» continuò a dire James. «È sempre nervosa, arrabbiata...»

Yan si mordicchiò il labbro per qualche secondo, prima di chiedere tentennante: «E Nathan?»

James lo guardò con aria saputa. «Lui? È incazzato a morte con te. Che ti aspettavi?»

«Non volevo dire quelle cose. N-non so perché mi siano uscite così. I-io sono felice per lui e Skye, p-però...»

«Non per questo, cretino. È incazzato perché gli hai mentito.»

Yan non seppe come rispondere, ma non biasimava nessuno di loro, tantomeno Nathan.

Non immaginava però che la sua assenza avrebbe lasciato una ferita così profonda nel gruppo, soprattutto dopo quanto aveva commesso...

Alla fine James gli dette una pacca alla schiena. «Quando avrai voglia di tornare, Yan, vieni. Non vediamo l'ora.»

«Sì, grazie. Io... ci penserò su...»

«Ehi, Xerxes ha ragione. Noi non siamo cinque, né uno. Noi siamo sei. Cerca di ricordartelo.»

                                    *

Il giorno successivo, Yan si ritrovò con lo specchio magico tra le mani senza neanche essersi accorto di averlo afferrato.

Stava per pronunciare il nome di Dalila, ma all'ultimo istante si riscosse ed esclamò quello di Elijah.

La superficie gli mostrò il suo amico circondato da un sacco di laury e con i thifcraw al fianco. Vrute il dragonette se ne stava ancora aggrappato alla schiena del ragazzo, il quale sembrava essere un poco dimagrito e aver guadagnato spalle più larghe e una statura più alta. Le fate Tife e Poffi gli sedevano una sul ginocchio sinistro e l'altra sul destro.

Stavano tutti ascoltando un vecchio gnomo che mostrava loro come la polvere di fata potesse far brillare gli anfibi. Di fatto ne lasciò ricadere una leggera spolverata sulla lingua di un tritone, che appunto cominciò a risplendere.

Yan posò infine lo specchio, ignorando Vow'a che teneva lo sguardo severo puntato su di lui.

Preferì uscire e si diresse alla grotta dove solitamente giocavano i piccoli elfi, ma lì trovò impegnati in una lezione con l'anziana elfa Gus'im, che stava raccontando loro una storia. I piccoli l'ascoltavano con le orecchie a punta belle dritte e gli occhi spalancati dalla meraviglia.

Yan si rese conto di essere giunto verso il finale quando sentì dire: «Gli elfi preferirono ritirarsi per evitare ulteriori morti nelle loro tribù. Fu una scelta che presero a malincuore, ma non troppo, poiché l'umano Eloy von Dijk parlò al suo popolo e si fece eleggere Paladino di tutti i territori di Pure».

Un'elfetta sollevò rapida la mano. «Ma i Paladini non vengono eletti per servire un solo Governo?»

«Precisamente, cara Utyn'ia. Ma Eloy von Dijk venne acclamato da tutti i governi come un eroe mondiale, e altrettanto mondiale fu il suo ruolo da Paladino, l'unico a memoria di mortale che ebbe un tale onore.»

«E lui quindi difese anche noi elfi?» chiese una seconda bambina.

«Ci sto arrivando, Lyn'ia. Fu proprio questo umano a far decretare la pace con gli elfi, offrendo loro la libertà di vagare liberi per il mondo, a patto che le due razze si rispettassero a vicenda. Purtroppo però, quello stesso eroe...» gli occhi dell'anziana si spostarono però sul ragazzo da poco arrivato e si azzittì di colpo.

Ben presto tutti gli occhioni obliqui si puntarono su di lui.

Gus'im biascicò un poco tra sé e sé, prima di chinare la testa con rispetto. «Giovane Yan, sei silenzioso.»

Yan rispose con un medesimo cenno, pur pensieroso.

Gus'im aveva detto che, al termine della guerra contro gli elfi, l'umano Prescelto Eloy von Dijk aveva fatto sì che venisse lasciata libertà agli elfi.

Eppure non era così che stavano le cose, anzi il Paladino aveva stabilito fin da subito che gli elfi avessero dei confini entro cui vivere e che non avrebbero dovuto oltrepassare.

"Gli elfi conoscono una versione diversa? Durante le generazioni sono state le loro tribù a storpiare la realtà... o sono stati gli esseri umani?"

Ciò che aveva studiato era falsità? In realtà, dopo la guerra, gli elfi erano stati liberi, ma poi era capitato loro qualcos'altro?

Yan arrossì, sentendosi quasi la causa dell'afflizione degli elfi. Vivevano praticamente come lui e gli altri cinque ragazzi "bestia": quella non era libertà...

«Non volevo interrompere la lezione» borbottò a disagio, soprattutto quando vide i bambini distrarsi per sorridergli giocosi. «Tornerò più tardi, piccoletti», e, ignorando i loro bronci, si allontanò verso l'esterno.

La calura estiva era opprimente anche adesso che erano più vicini alla stagione fresca, ma Yan accettò qualsiasi tipo di temperatura, pur di rimanere fuori dalle grotte.

Gli tornò il sorriso nell'udire lo strillo della sua amica aquila, che lo stava raggiungendo volando leggiadra. Calò un poco lungo la roccia, atterrò tranquillamente e allungò il collo per sfiorare le dita del ragazzo.

Ogni volta che lui usciva per potersi allontanare dalle gentilezze e dai sorrisi, era il maestoso uccello a tenergli compagnia: a Yan bastava udire il suo canto per sentirsi subito meglio.

Sfilò il ciondolo raffigurante la testa di quello stesso rapace e lo lanciò più in alto che poté. Veloce e fluida, l'aquila s'innalzò in volo e lo afferrò in aria con le dita robuste, per poi lasciarlo ricadere tra le mani del proprietario.

Era un gioco che facevano tutti i giorni.
La prima sera del suo trasferimento, in un momento d'ira e odio, Yan era uscito dalle grotte per lanciar via la collana a cui teneva così tanto. L'aveva scaraventata giù per il burrone sopra cui dava la radura e se n'era pentito all'istante.

Prima ancora che potesse cominciare a disperarsi, l'aquila lo aveva raggiunto stringendo il ciondolo tra gli artigli e, una volta restituitolo, aveva guardato il ragazzo come desiderosa di ripetere il gioco.

Da allora Yan sapeva che ovunque avesse lanciato la collana, lei gliela avrebbe riportata.

Non appena si furono toccati, l'aquila svolazzò nuovamente al nido per prendersi cura dei pulcini, che sebbene ormai grandicelli avevano ancora bisogno di cure.

Anche lei, pur potendo volare dove voleva, aveva delle limitazioni: non poteva allontanarsi troppo dai figli, le creature che amava e di cui doveva prendersi cura. La sua libertà non era infinita.

Eppure l'aquila sembrava così lieta di badare a loro.

"Io ero felice con i miei amici. Non siamo liberi come le altre persone, ma con loro stavo bene..."

I suoi amici erano stati la sua libertà, e adesso che li aveva perduti, Yan era intrappolato nel dolore...

Gli elfi gli volevano bene, ma non erano la sua famiglia.

Si arrampicò su di un albero e si sistemò su un ramo, col piede premuto contro il tronco per mantenere l'equilibrio. Poggiò la nuca all'indietro e prese un lungo sospiro, lottando a stento per ricacciare le lacrime.

Dopodiché si tirò su, afferrò l'arco e incoccò una freccia, prima di sbirciare tra le foglie verso uno dei bersagli che aveva appeso attorno alla radura. Prese bene la mira, lasciò andare e colpì il centro. Svelto si volse a incoccare avvitando il busto così da riuscire a centrare un bersaglio parecchio più lontano. Avvolse le gambe attorno al ramo, si calò a testa in giù e preparò una terza freccia, prese la mira e centrò un ennesimo bersaglio.

Si era allenato molto nell'ultimo mese, sia da fermo, che correndo, che muovendosi da sopra gli alberi, come Vow'a gli aveva insegnato. Era l'unica cosa che lo soddisfacesse di se stesso.

D'improvviso avvertì il tronco dondolare appena e Yan si tirò su stranito: gli elfi erano molto più silenziosi.

Poi dalle foglie spuntò la testa di Nathan. Il suo volto era storto nella rabbia. «Scendi» ordinò.

Allibito dalla comparsa, Yan rimase inizialmente in silenzio. Poco dopo però si riscosse e ricambiò l'espressione arcigna.

Non si vedevano da settimane, e Nathan gli si rivolgeva a quel modo?

«Che cosa vuoi?» borbottò.

«Scendi e basta.»

«Sto bene qui.»

Yan fece per mettersi disteso, invece sentì strattonarsi alla caviglia, tanto forte da esser costretto ad aggrapparsi per non cadere e spaccarsi la schiena.

Più infuriato che mai, si affrettò a scendere dall'albero per affrontare Nathan. «Sei impazzito?»

L'altro aveva la faccia abbacchiata, ma anche inferocita, tetra, scura. «Ieri, James e Xerxes sono venuti per riportarti a casa...» ansimò, quasi avesse corso per leghe e leghe, «e tu hai risposto che ci avresti pensato

«Che cosa vuoi, Nathan?»

Nathan non rispose. Avanzò verso di lui, gli occhi agganciati ai suoi, entrambi i ragazzi arrabbiati l'uno verso l'altro.

Quando fu a un piede di distanza da Yan, sollevò la mano e gli sferrò un pugno dritto sul naso.

Yan sentì l'appendice scricchiolare per l'urto e indietreggiò fino a sbattere la schiena contro l'albero, mentre portava le mani alle narici sanguinanti.

«Questo è per aver messo in pericolo Skye, per avermi mentito, e per farti rinsanire, idiota!»

Non appena il dolore fu scemato, Yan fece stridere i denti e gli si lanciò addosso.

Rotolarono nella polvere finché non riuscì ad atterrare Nathan e a tenerlo con la schiena contro il terreno. Mentre con una mano gli stritolava la spalla, usò l'altra per sferrargli un pugno al braccio, prima di schiaffeggiarlo sul viso, sulle orecchie e sulla testa.

Nathan gli tirò una botta al collo intanto che gli percuoteva i fianchi con le ginocchia, finché non riuscì a trovare la forza per scattare in avanti e sferrare una testata a Yan.

Lui barcollò appena, ma la distrazione fu abbastanza perché Nathan potesse spingerlo via, calciarlo al fianco e assestargli uno schiaffone.

«Ti avrei aiutato!» cominciò a urlare.

Yan sbatté le palpebre sia per il dolore che per la sorpresa, soprattutto quando Nathan annuì di conferma.

«Lo avrei fatto, cretino! Che cosa credi? Non sarei stato d'accordo, ma ti avrei coperto! Invece ti sei affidato a qualcun altro! Ma ti sembra normale

Stavolta Yan sentì il sangue sfrecciare dritto al cervello, e non si trattenne dal ricadere sopra Nathan e strizzargli le spalle fino a farlo gemere. Poteva parlare da persona più matura quanto gli pareva e continuare a dargli dell'imbecille come era suo solito, ma stavolta Yan non avrebbe lasciato correre.

«Credi che avrei potuto davvero?» ribatté a denti stretti, il naso a un palmo dal suo e insofferente alle lacrime che imperlavano gli occhi dell'avversario. «Mi sentivo scisso a metà, non volevo che anche tu ti sentissi così!»

Nathan aggrottò la fronte e gli tirò un orecchio con tanta forza che Yan dovette bloccargli il braccio, allora l'altro ne approfittò per tirarsi su e lanciargli la polvere negli occhi.

«E riguardo a Skye?» sbottò, mentre tentava di liberarsi e lo prendeva a calci nel fianco. «Perché non me lo hai mai detto? Non avevi le palle neanche per quello?»

Yan riuscì ad aprire gli occhi, per quanto irritati dallo sporco, e mosso da ulteriore rabbia si contorse per infilargli il pugno nella bocca dello stomaco, tanto forte da farlo rimanere senz'aria.

Nathan boccheggiò in maniera preoccupante, tossì un'enorme quantità di saliva, e infine ricadde in avanti, piegato in due.

Yan guardò il suo migliore amico disteso dinnanzi a lui, dolorante, a causa sua...

Non parlò.

Nathan non era forte, non era stato difficile batterlo, ma la sorpresa era stata tale da lasciare Yan infiacchito.

Fu complicato calmarsi, riprendersi nel tentativo di contrastare il dolore per le botte subite e gli occhi lacrimanti a causa della polvere, mentre il naso continuava a perdere sangue a iosa.

Passò molto tempo prima che Nathan smettesse di ansimare e tossire, di nuovo capace di respirare normalmente. Si tirò su con lentezza facendo leva sulle braccia tremanti e, con le labbra altrettanto agitate, sollevò la testa per intercettare lo sguardo di Yan.

E questi, per quanto il sentimento fosse ottenebrato dalla tristezza e dalle pene subite, provava contentezza nel rivedere il suo amico dopo tanto tempo.

A eccezione di quell'unico giorno in prigione, non ricordava di aver mai trascorso una giornata senza vederlo, ecco un altro motivo per cui quell'ultimo mese era stato così pesante.

Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a menare le mani contro di lui, che considerava come un fratello.

'Già, è proprio così...'

Yan stava perdendo sua madre, suo padre si era rivelato un bugiardo sia verso il regno che verso le leggi stesse della natura, i suoi padrini erano morti...

L'unico che gli rimaneva della vecchia vita era suo fratello. E per quanto fosse crudele ammetterlo, Yan era contento che Nathan fosse un "bestia" come lui, che stessero affrontando insieme quel tipo di natura detestata dal resto del mondo.

Colto da un profondo senso di colpa, Yan si mosse per aiutarlo a tirarsi in piedi.

Barcollavano entrambi, ansimavano ancora ed erano costretti a poggiarsi l'uno contro l'altro.

Appena si guardarono nuovamente negli occhi, la voce di Yan sortì flebile: «Scusami...»

Nathan deglutì, strusciando il polso sul labbro gonfio e sanguinante. «Mi manchi... Manchi a tutti noi... N-non volevamo che te ne andassi, ci dispiace essere stati insensibili nei tuoi confronti. E scusa se mi sono comportato da pessimo amico...»

«Non sei tu l'amico pessimo qui. La colpa è soltanto mia... Ho messo l'amore di fronte alla mia famiglia e... e ci ho quasi fatti uccidere... Non riesco a togliermi dalla testa le condizioni di Skye di quella notte...»

Nathan si grattò la nuca, cercando di raddrizzarsi per poterlo guardare meglio. «Perché non mi hai mai detto di Skye? Mi dispiace non essermene reso conto, ma...»

«Beh, quando voglio so essere bravo a fingere.» Yan scrollò le spalle, un sorriso abbozzato gli costò una fitta al naso. «Da quando hai incontrato Skye, sei tornato più felice, come non ti vedevo da tanto... da quando i signori Seller sono morti. Non volevo rovinare tutto. Non sono mai riuscito a farti star meglio, questa è stata l'unica cosa che ho potuto fare. L'unica che abbia funzionato.»

Gli occhi di Nathan luccicarono di un'emozione diversa dal dolore. «Yan, i-io...»

«Non ti preoccupare. E in ogni caso, non sono mai stato preso da Skye come lo sei stato tu sin dall'inizio. Ammetto di aver continuato a provare... qualcosa. Ma ti giuro che, in tua lealtà, ho sempre fatto di tutto per reprimere quei pensieri. E dopo aver incontrato Dalila sono completamente evaporati. Non ho mai provato per Skye ciò che sono arrivato a provare per Dalila.»

Nathan si massaggiò l'orecchio. «Non avrei mai voluto perdere un amico come te.»

Yan sentì un grosso nodo premergli brutalmente la gola. «No, n-non mi hai perso... Non mi lascerò più distrarre, non da ciò che può mettervi in pericolo.»

Tornarono vicini e si abbracciarono, adesso momentaneamente incapaci di provare dolore.

Yan riuscì a sorridere ancora di più, e quando si separarono anche Nathan pareva già più sereno, le guance livide e arrossate si rimpolparono.

Gli tirò una pacca che fece gemere l'amico e indicò col pollice alle spalle. «Adesso torniamo a casa, va bene? Gli altri sono impazienti di rivederti. E in questo momento ho proprio bisogno di Owen.»

Yan sbuffò divertito, sfiorandosi il sangue al naso con la mano guantata. «Mi hai fatto parecchio male, sai? Non mi aspettavo che sapessi tirare sinistri simili.»

Anche Nathan scoppiò a ridere piano. «Scusa. Mi sono lasciato trasportare.»

«Lasciami avvertire Vow'a e Rifel'a, e devo riprendere la mia roba. Sai, gli elfi sono gentilissimi, ma voi mi mancate troppo. Almeno sapete elencare ogni mio difetto e non fate di tutto per farmi credere di essere perfetto. Ed essere perfetti è orribile. Ti senti fastidiosamente superiore agli altri pur sapendo che in realtà non lo sei. Ha senso?»

«Chiediamolo a James e Owen quando torniamo.»

Imboccata la caverna, Yan aumentò decisamente il passo, non vedendo proprio l'ora di tornare a casa.

Nathan lo afferrò per la manica per farlo rallentare. «Ehm, sei più stato a...»

«No, Nate. Ho promesso che non ci sarei più tornato.» Yan sospirò. «Ma non ho potuto fare a meno di guardare nello specchio.»

«Come sta la signora Mowbray?»

«Male...»

«E il resto?»

«Beh, i due eserciti si daranno battaglia molto presto, immagino. Elijah invece sta meglio di tutti, là nascosto con le creature magiche.» Yan esitò un istante. «E Dalila... da quando suo fratello è morto, è più triste che mai.»

«Mi dispiace, amico.»

Yan si girò a guardarlo. Nathan sembrava davvero dispiaciuto, i suoi occhi neri trasudavano tristezza come se tutto il male fosse diretto contro di lui.

«Invece... Mowbray?»

«È preoccupato per mia madre. E non ha più incontraro i suoi compari Cacciatori. Immagino di aver ereditato da lui l'abilità a mentire, oltre che il gene del "bestia". Il mio lato oscuro proviene da lui...»

«Non dire così. È come per Xerxes: lui non è Kayne Cavendish, e tu non sei Tyler Mowbray.»

«Sono un traditore, proprio come lui. E potevo lasciarlo morire, avremmo avuto un nemico in meno...»

«Preferisco di gran lunga che tu abbia fatto quanto ritenevi giusto. Sei accorso per salvarlo, è un comportamento da vero cavaliere. Chiunque con un po' di senno in zucca sarebbe orgoglioso di te per questo.»

Yan sbatté le palpebre. «Davvero?»

«Io lo sono.»

«Grazie... Non immagini quanto questo conti per me.»

Finalmente Yan sentiva il cuore tornare caldo, sempre più gioioso a ogni parola che scambiava con l'amico.

Poi gli venne un'idea. «Nate, ti andrebbe di guardare con me? Lasciamelo fare almeno un'ultima volta. P-potrei farti vedere Dalila.»

Con suo stupore e sollievo, Nathan annuì subito. «Mi piacerebbe.»

Yan gli scoccò un enorme sorriso, così aumentò il passo verso la grotta di Vow'a.

Non voleva più smettere di ridere, era troppo felice all'idea di star per tornare a casa.

Si sentiva uno stupido per come si era comportato e, per quanto non riuscisse a perdonarsi, voleva chiedere scusa agli altri.

Prima però doveva guardare un'ultima volta nello specchio magico, dare un addio definitivo a quella sua parte di vita.

Vow'a ed Esh'e non erano presenti, probabilmente avevano pranzato senza aspettarlo e si erano diretti dalla guaritrice. Lo facevano spesso ultimamente, per essere certi che i frutti che la coppia si scambiava portassero finalmente alla gravidanza tanto sperata.

Yan afferrò la lastra magica e pronunciò il nome di Dalila.

La fattoria apparve fiorente come lo era stata all'inizio della primavera. Purtroppo lei non sorrideva come un tempo, le occhiaie le cerchiavano i begli occhi scuri, a differenza di Huge che stava seduto per terra a ridere come un matto quando Odu gli si rotolava di fronte.

Nathan si sporse in avanti e inclinò appena la testa. «È molto bella.»

«Già...»

«Però è vero, sembra parecchio triste.»

«E io ho peggiorato la situazione... Sono riuscito a farmi amare...»

Nathan non disse nulla, tutto ciò che fece fu posargli la mano sulla spalla, un gesto che per Yan valse come perfetto.

«Posso rivedere tua madre?» chiese poi l'amico.

Yan annuì, ma prima sfiorò il viso di Dalila, per l'ultima volta. "Addio, amore..."

Vedere la sua bellissima immagine scomparire gli fece quasi emettere un gemito di pena...

Evocata la mamma, la trovarono sdraiata sul letto, in preda ai boccheggi, tutta sudata e tremante.

Non c'era nessuno con lei, la guaritrice che di solito l'accompagnava non era nei paraggi, e nonostante la forte tosse della donna, nessuno accorse...

Quando poi la videro cominciare a vomitare fuori controllo, senza neanche piegarsi ma lasciandosi ricadere sul letto e sporcando abito e lenzuola, a Yan cascò il cuore per la consapevolezza di cosa stava accadendo.

                                   *

Sembra che Yan e Nathan abbiano fatto pace, ma adesso un nuovo problema si prospetta...

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