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Meglio prevenire

Siccome James era arrogante, privo di autocontrollo e capace di fracassare qualsiasi tipo di osso – parole dei suoi amici – non ebbe il permesso di andare a discutere con re Vurwisch.

Il solo fatto che gli altri glielo impedissero gli lasciò una voglia ancor maggiore di strutturare un piano per infilarsi nelle camere di Sua Maestà e minacciarlo.

Purtroppo però, Xerxes riuscì a scoprirlo, e alla fine furono lui e Nathan ad andare.

"Sempre Nathan! Mi desse fiducia, una volta tanto!"

Quando tornarono, il principe aveva quella solita aria impassibile che celava i pensieri cupi. «Vurwisch ha cercato di annullare il ritrovo, di inventare scuse e richiedere che qualcun altro ospitasse le delegazioni al suo posto. Ma gli altri Governatori non ne sono stati entusiasti. Avrebbero preferito saperlo in anticipo, oramai era troppo tardi per cancellare i piani. Per tranquillizzare Vurwisch, abbiamo dovuto confessargli che noi "bestia" siamo immuni alla magia umana. Durante i ritrovi tra Governi ci sono sempre dei telepate tra le delegazioni straniere, ma nessuno potrà leggere nel pensiero a noi sei, e Vurwisch sa come proteggere se stesso e i suoi sudditi. Tolto questo impiccio, vi ricordo che abbiamo l'incantesimo illusorio di Vyra a rivestirci.»

«Credete davvero che possiamo stare tranquilli?» Owen deglutì rumorosamente. «Lo so che la magia umana non ha effetto su di noi, ma... beh, e-e se qualcuno possedesse un qualche oggetto incantato da una fata? E-e se avesse ottenuto poteri artificiali come Mowbray? I-i suoi incantesimi avevano effetto su Nathan e Yan, g-giusto? Perciò, se qualcun altro, come lui, avesse... N-non lo so, ragazzi... Ho un po' paura...»

Nathan gli sferrò una pacca alla spalla. «State tranquilli, ho pensato anche a quello.»

James fece schioccare la lingua. Il fato era contro di loro, li voleva bell'e morti, dubitava che l'avrebbero scampata. «Io dico di squagliarcela finché siamo in tempo.»

«Vurwisch dice che faremmo meglio a rimanere» replicò Nathan. «Là fuori non saremmo più al sicuro che qui. E dopotutto ha ragione, no? Abbiamo Vyra dalla nostra parte.»

"Oh, se lo dice Nathan Seller, allora dobbiamo assolutamente fare così!" «Beh, dov'era Vyra quando gli elfi hanno rapito te e Skye e ci hanno presi per il culo per mesi?» ribadì James. «E perché Vyra non è riuscita a trovare Rifel'a per impedirgli di cantare riguardo al segreto di Owen? Lei non c'è sempre, o sbaglio?»

Nathan si accigliò, oltraggiato. «Beh, stavolta c'è.»

«Ma non ti sembra così strano, Nathan, che una divinità, come la chiamate voi, prenda le nostre difese e che addirittura ci protegga?»

«Vyra è una divinità, James. Cos'altro dovrebbe essere?»

«Un drago molto più potente di altri, ma comunque terreno.»

«Questo è quello che pensi tu.»

«Jamie, io ho visto nella sua mente» mugolò Skye.

James fece una profonda smorfia, guardandoli uno a uno. Sembravano tutti d'accordo con Nathan – nessuna novità.

«Dico soltanto che è strano che una divinità, se davvero Vyra è questo, intervenga, per noi soprattuttto.»

«Neanche io riesco a capire bene» mormorò Yan. «Effettivamente è strano... Ma siete stati voi a ripetermi di crederle. E di credere a Skye.»

«Tu, invece?» James si girò di scatto verso Xerxes. «Dicevi che se gli dèi intervenissero, noi non avremmo libero arbitrio.»

Il principe annuì senza esitazioni. «James, la fede è qualcosa che ogni individuo deve produrre e sviluppare dentro se stesso, ma chi mai potrà giungere alla verità? Può darsi che mi sbagliassi sugli dèi, o può darsi che Vyra abbia semplicemente risposto alle nostre preghiere. Sia come sia, noi non possiamo comprendere pienamente una divinità. E, in tutta onestà, preferisco accettare il suo aiuto e vivere più a lungo.

«Anziché rimanere a occhi tappati» borbottò Nathan.

«Ah sì?» James non accolse bene la frecciatina, dunque preferì sollevare le braccia con fare teatrale, andare a sdraiarsi sul letto e dar loro le spalle, ignorandoli mentre lo chiamavano.

Si trovava in netta inferiorità.

"Vyra una divinità... Tsk!"

Secondo la leggenda, i Quattro Guardiani d'Ilashwia, Vyra, Lyra, Fyra e Dyna, avevano unito quattro parti di terraferma così da dar vita all'attuale isola. Avevano spostato i propri territori così da allontanarli dai giganteschi mostri che li avevano perseguitati fino all'ultimo. Vyra e Lyra avevano trascinato le loro terre in volo, mentre Dyna e Fyra le avevano sospinte nuotando con le possenti gambe.

James non dubitava della loro forza, ma riteneva che fossero soltanto creature magiche millenarie e dunque più forti di qualsiasi altro della loro specie. Una volta unite le quattro terre, erano stati gli umani a eleggerli come divinità, tutto qui.

Se proprio esistevano delle divinità, James le immaginava al loro posto sulle nuvole, a bearsi di quanto creato e a divertirsi ammirando tutta la sofferenza che lasciavano correre tra i mortali.

"Già, Vyra non è divina, quindi potrebbe anche starci che ci abbia aiutati. Ma ancora mi chiedo per quale motivo..."

                                    *

Nella loro giornata libera, Nathan propose di andare in cerca di Pigghyassy.

«Ah, ecco i miei amichetti del cuore!» bubbolò subito il sejil, evidentemente arrabbiato. «"Verremo a trovarti, Pigghyassy! Ci farebbe tanto piacere!"» li derise con toni zuccherosi. «Ma per favore! Siete solo dei baijok

«Ehm... ci dispiace, Pigs» mentì Yan, diplomatico. «Senti, noi volevamo venire a trovarti, ma siamo stati così impegnati! Volevamo raccontarti di uno scherzo che abbiamo fatto! Non ci crederai mai!»

Una volta ottenuta l'attenzione del sejil, i sei raccontarono con entusiasmo della loro avventura in biblioteca e di come fossero riusciti a imbrogliare l'armatura magica, astenendosi ovviamente dal citare il fatto che tutti credessero che il colpevole fosse lui.

Pigghyassy si fece una marea di risate.

Allora tornò più amichevole. «Io li conosco i discoli come voi, eh, ciccini. Andate a cercare i vecchietti solo quando vi fanno comodo. Dunque sputate il rospo. Che volete?»

Nathan si accucciò a mostrargli il suo ciondolo di legno, raffigurante la testa di cavallo. Xerxes ne aveva intagliato uno per se stesso e per tutti gli amici, ciascuno che rappresentasse il proprio animale soprannome. «Pigs, fra pochi giorni a palazzo arriveranno degli stranieri, e temiamo che possano leggere le nostre menti.»

«Sì, brutta storia, bello. Perché non vi fate fare un incantesimo di protezione?»

«Riteniamo che la magia di un potente spiritello possa essere molto più efficacie» lo adulò Xerxes.

«Ooh, ma sentitelo! Beh, non hai tutti i torti!»

«Qualsiasi creatura magica può lanciare incantesimi di protezione. In alcuni casi sono i più esperti a esserne veramente capaci» aggiunse Yan, giocherellando col proprio accessorio, con su incisa la testa d'aquila. «Potresti intingere i nostri ciondoli di magia così da difenderci?»

Pigghyassy si grattò la pelliccia, prima di afferrare la collana di Nathan per studiarla da vicino. «Si può fare.»

Uno alla volta, i ragazzi si avvicinarono affinché Pigghyassy potesse incantare i loro ciondoli.

James fu l'ultimo a passargli il proprio, con la testa di leone.

«Ecco fatto, cucciolotti! Adesso le vostre menti non verramno violate. Per il vostro fisico è però differente.»

«In che senso?»

«Noi sejil non siamo come gli umani che usano la magia difensiva su larga scala, senza limitazioni. No, noi dobbiamo sfruttare qualcosa di ben preciso per creare i nostri scudi. Nel vostro caso ho potuto attingere al legno di betulla di cui sono composti i ciondoli. Fosse stato di quercia, per esempio, avrei potuto aiutarvi anche contro gli attacchi fisici più potenti. Posso quindi difendervi fino a un certo punto. Se un'ape tenta di pungervi, sarete al sicuro, ma se un pugnale insistesse per trapassarvi il pancino, occhio! Magari il sangue sgorgherà meno velocemente, ma la prudenza non è mai troppa, eh. Per il veleno è la stessa cosa.»

«Meglio di niente...» bofonchiò Nathan, che forse si era aspettato qualcosa di meglio.

D'altronde non avevano molta scelta, Pigghyassy era l'unico che poteva proteggerli.

James aveva proposto di chiedere di nuovo aiuto ad Aron, il quale aveva sangue di folletto, ma alla fine avevano scelto Pigghuassy, creatura più arcana e potente, senza cellule umane nel corpo.

Le loro menti erano al sicuro, e in parte anche il loro corpo se avessero tentato di far loro del male... o in caso si fossero imbattuti in una qualche creatura feroce nella foresta.

"Come no! Dopotutto noi siamo i primi criminali qui!"

                                   *

Il mese successivo fu carico di fermento.

Sarebbero arrivate una decina di persone da ogni Governo, e per fortuna tra loro non erano contemplati i Governatori!

James non aveva paura di Kayne, al contrario era certo che, nel ritrovarselo dinnanzi, gli sarebbe balzato addosso e lo avrebbe ucciso conficcandogli i denti nella giugulare, quindi tanto meglio per quello stronzo se se ne restava sul suo tronuccio.

Fu felice di lavorare lontano da palazzo: almeno il tempo trascorso nella savana gli impediva di pensare ai fastidi che si appropinquiavano come nubi di tempesta.

«Ultimamente sei più strano del solito» gli disse Fray, il giorno precedente al primo di Gemini. «Ci sono dei momenti in cui sei allegro e altri in cui non è possibile rivolterti la parola.»

Intento a estrarre lunghi aculei dal fianco di una zebra, James scrollò le spalle. «Sono solo contento di non dover trascorrere il tempo al castello. Tutta quell'eccitazione è snervante. E l'idea che presto ci sarà così tanta festa è ancor più insopportabile...»

«E vedrai nei prossimi mesi!»

«Però, sei confortante. E poi, tu cosa ne sai? Non sei un semplice allevatore della Riserva? Quando mai hai partecipato a una cerimonia reale?»

Il mentore gli sferrò un colpetto alla testa. «Quest'anno sono stato invitato ai festeggiamenti. Il re mi ha offerto questo lusso per ricompensare la mia pazienza.»

«La tua pazienza?»

«Sì. Prendersi cura di te non è cosa facile, spero che te ne renda conto.»

James rispose con un sogghigno. «Faccio del mio meglio.»

«Ecco perché siamo ancora qui, nonostante l'ora. Se tu ieri ti fossi dato da fare per allontanare le zebre dalla zona delle molhog, adesso staremmo consumando un pasto caldo...»

James perse l'allegria di fronte al rimprovero. Sotto sotto provava davvero rimorso: il giorno antecedente aveva assicurato che avrebbe spostato il branco di zebre presso l'oasi, dato che si erano avvicinate troppi alle tane delle molhog – talpe con aculei d'istrice. Invece, quando Fray se n'era andato prima di lui, dandogli fiducia, James aveva terminato di nutrire calmare le scimmie e se n'era andato, dimentico della promessa.

Al mattino il branco era andato quasi disperso, lo avevano ritrovato soltanto dopo pranzo, i manti striati ricoperti di aculei. Le zebre, ferite e spaventate, non facevano altro che far sfarfallare le loro strisce in accecanti tonalità di rosso. Ormai James vedeva quelle stupide striature scarlatte ogni volta che chiudeva le palpebre.

«Me lo hai già detto, potresti anche piantarla.»

«Io te lo dico quante volte mi pare.» Tuttavia, accorgendosi dell'espressione del ragazzo, Fray si ammorbidì. «A me piacciono le feste, ma non sono abituato a stare in mezzo ai nobili. Temo che apparirò alquanto goffo e rude.»

«Non sarai l'unico.»

«Ma a te non importa, vero?»

«Che pensino ciò che vogliono. Non mi preme cambiare per assecondarli.»

«E la cosa ti fa onore.»

James arrossì un poco. Nessuno lo aveva mai appellato come onorevole, soprattutto riguardo la sua maniera di atteggiarsi.

Quando finalmente fu curata l'ultima zebra, i due andarono a cambiarsi.

Owen non c'era, si era presentato nella savana insieme a Skye per cercare James, ma questi aveva detto loro di avviarsi e che avrebbe fatto tardi.

Già dagli spogliatoi li raggiunsero i tuoni che scuotevano il cielo e il vento che soffiava incessante, trasportando affilate gocce di pioggia che non lasciavano tregua alle vetrate.

James rabbrividì nella consapevolezza di dover abbandonare il calore dell'interno per affrontare il temporale. Sentiva già freddo all'idea, tanto fhe, uscito dalla vasca, si affrettò a infilare gli abiti quotidiani e il mantello col cappuccio. «Altro che primavera!»

«Per gli dèi! Che tempaccio! Ohi, ragazzino, vieni con me in una locanda? Suppongo che la fena reale sia passata da un pezzo.»

Oltre la finestra, James scorse il cielo scuro come la pece. Avrebbe voluto rivedere i suoi amici, ma lo stomaco gli brontolava da impazzire, doveva assolutamente mettere qualcosa sotto ai denti.

Sogghignò. «Ti aspetti che ti offra una cena per il disastro che ho fatto?»

«Ehi, non ci pensavo, ma hai del tutto ragione! Grazie, Klaus!»

Stavolta James non riuscì a trattenere le risate. «Poi mi aiuti a studiare tu?»

«Mmm, e sia. Va bene, usciamo e trasportiamoci in città.»

«No!»

Non potevano trasportarsi con la magia, l'incantesimo non avrebbe avuto effetto su un "bestia", e non poteva permettere che Fray si ponesse domande scomode.

Perciò, di fronte all'espressione confusa del mentore borbottò: «Va bene, io... detesto sentire il mio corpo sparire... E quando succede, ecco... sto male, toh!»

Si girò a scoccare un'occhiata agli altri custodi presenti, ritardatari come loro. Due uomini ancora mezzi nudi stavano discutendo su quale fosse il tabacco migliore da usare con l'atmosfera piovosa, mentre tre più giovani ridevano forte per qualche battuta. O almeno James sperò fosse così, anche perché non ammiccavano in sua direzione.

Forse un po' si preoccupava dell'opinione altrui, almeno quando si trattava della sua forza e del suo coraggio...

Sorprendentemente Fray non parlò né con scherno né con pietà: «Già, ti capisco. La magia del trasporto non ha mai entusiasmato neanche me».

«Lascia perdere. Tu va' pure, io raggiungo il castello a piedi.»

«Che idiozia! Non posso lasciare un ragazzino in mezzo al temporale con un buio così pesto!» Fray si rivestì con calma, anche lui con una mantella più pesante rispetto ai giorni scorsi. «Faremo il pezzo a piedi. Più siamo infreddoliti e affamati, più il pasto sarà piacevole!»

                                  *

Si fermarono in una calda locanda poco frequentata, nonostante si trovasse in centro città.

James e Fray cenarono con una grossa bistecca di yac accompagnata da pane, patate, pomodori, cipolle e birra, bevvero a lungo e mangiarono a sazietà.

Fray gli raccontò di come fosse cresciuto allegando pecore, capre, mucche e maiali, e di come avesse conosciuto la sua amata, la figlia di un cuoco che comprava i loro prodotti. Era stato amore a prima vista, si erano fidanzati da molto giovani... e tante altre smancerie che a James non interessavano.

Purtroppo Fray non si fermò dal parlare, premurandosi di scendere in sdolcinati dettagli, soprattutto quando il ragazzo iniziò a far versacci e si ficcò le dita nelle orecchie.

«Mi sembri un bevitore esperto, eh?» ridacchiò l'uomo nel vederlo mandar giù diverse sorsate di birra di seguito. «Ti sei dato un po' troppa libertà, non è così?»

«Mi aiuta a distogliermi dai problemi.»

«Ohi, occhio a non diventare un alcolizzato!» lo redarguì Fray, pungolandogli il petto con fare comico. «Ragionano tutti così, eh!»

«Non sono mai stato ubriaco» replicò James, ostentando più sobrietà rispetto a lui.

«Uhm, dato che ti credi un uomo di mondo, hai mai provato a tenere l'alcol in bocca a lungo tempo?» L'espressione confusa del ragazzo bastò a Fray come risposta. «Ah ah! Vedi? Avanti, prova! Gonfia quelle guance!»

James accolse una generosa quantità di birra e la trattenne in bocca, lasciando che gli ondeggiasse sulla lingua. Era una sensazione strana, le guanche pizzicavano tanto, non troppo piacevolmente, ma allo stesso tempo voleva aspettare a mandar giù.

Fray gli sorrise con fare saputo. «Bello, eh? Adesso bevi, va'. Non esagerare. In questo modo gli effetti dell'alcol li senti meglio e arrivano prima al cervello.»

Pian piano, anche a furia di provare, James sentì la testa cominciare a roteare, e tutto divenne più confuso. La voce di Fray non corrispondeva al labiale, le orecchie martellavano e i due non riuscivano a smettere di ridere, nonostante il petto scosso dal singhiozzo facesse male...

Poi si svegliò in una stanza che non conosceva.

Era caduto a terra con le penzuola arrotolate intorno al corpo, il pavimento era freddo sotto le gambe nude.

Si tirò sulle ginocchia solo per ricadere lungo disteso.

Quando poggiò la guancia sul legno, alzò gli occhi e vide, nel letto accanto, Fray che sbatteva le palpebre lamentandosi rumorosamente.

James si tappò le orecchie. Perché doveva fare tutto quel rumore? Era insopportabile...

Fray si alzò a fatica, caracollò in bagno e tornò con la testa completamente fradicia e i capelli gocciolanti. Afferrò James per le caviglie e lo trascinò fino al vaso da notte, su cui lo fece accucciare senza troppi complimenti.

Appena in tempo, perché il ragazzo prese subito a vomitare.

La gola bruciava atrocemente insieme al petto e allo stomaco, ma era la testa a patire di più, rimbombava quasi avesse delle campane nel cervello...

Quand'ebbe finito di rigettare, Fray lo afferrò e gli ficcò la testa nel catino dell'acqua.

James si ritrasse di scatto ricadendo a terra, ansimante. «Sei impazzito?!» urlò, pentendosi poi subito di aver alzato così tanto la voce.

«Funziona sempre. Vieni, andiamo giù a riprenderci per bene.»

Scesero alla sala ristoro, si sedettero al bancone e assunsero una buona dose di acqua e marmellata di more, ignorando il locandiere che si burlava delle loro facce sconvolte.

James non ricordava di essere mai stato tanto male in tutta la sua vita...

Percosse, tagli, graffi, piaghe e morsi erano state baggianate a confronto, o almeno così gli sembrava in quel momento... dopotutto, aveva la mente parecchio annebbiata, i suoi ricordi erano sfocati quanto la sua vista...

Accanto a lui, Fray aveva grosse pesche sotto gli occhi, i capelli castani erano ancora bagnaticci.

«Sono stato pessimo...» mugugnava, il naso intinto nella marmellata. «Che cosa mi è saltato in mente? Far bere un ragazzino... Sono un irresponsabile. Forse è un bene che non sia diventato padre...»

James si schiarì la gola, alquanto imbarazzato.

Pian piano la confusione andava scemando, permettendogli di rimuginare su quanto accaduto: una parte di lui si era divertita, ma allo stesso tempo si vergognava di essere stato tanto debole da vomitare...

Dopo un lasso di tempo tanto lungo che il discorso poteva anche essere finito, batté sulla schiena di Fray. «Sei ancora suonato, altrimenti uno come te non farebbe questi discorsi. Dimmi una cosa, piuttosto. Rimani spesso qui per la notte?»

«Cosa vorresti insinuare? Che sono un senza tetto? Casa mia è proprio a due passi da qui, ma...» Fray si strusciò la fronte, «uhm... evidentemente ieri mi sono dimenticato dove abito...»

James scoppiò a ridere, ma dovette fermarsi quando la testa tornò a pulsare, perciò bevve un'altra lunga sorsata di acqua fresca.

Addentò poi il pane. «Nella tua lunghissima vita,» cominciò, a bocca piena, «hai mai avuto la sensazione di dimenticare qualcosa?»

Fray si pulì con un fazzoletto. «Ce l'ho anche adesso...»

«Sì, infatti...»

Bevvero ancora un po'.

«I miei amici saranno preoccupati.»

«Li abbiamo avvertiti ieri sera, non ricordi? Quel goblin consigliere... com'è che si chiama?»

«Weasel.»

«Sì, Weasel, lui. Ha fatto un gran macello ed è apparso nello specchio di camera nostra...»

James strizzò gli occhi. In effetti, ricordava qualcosa a riguardo, ma aveva creduto di star sognando.

Doveva raccontare agli altri quanto accaduto?

Xerxes se la sarebbe presa?

Lui trovava sempre il modo per riprenderlo, forse per divertimento. Quel giorno avrebbe avuto un'ottima scusa per farlo, e dopotutto ultimamente era già nervoso a causa dell'imminente riunione tra testimoni di diversi Governi...

James sbatté la tazza sul bancone nello stesso momento in cui lo fece Fray, e si guardarono sgomenti.

                                  *

Salve a tutti ^^
Che ne pensate di questo capitolo?
James e Fray si sono dati alla pazza gioia, eh? Almeno adesso vanno d'accordo.

In questo capitolo abbiamo nuovamente affrontato il tema della religione e, come per il primo libro, James, Nathan e Xerxes hanno espresso le loro opinioni in merito, anche se in maniera meno pacata rispetto alla prima volta.
Sembra che, in due anni, l'unico ad aver cambiato un po' la sua opinione sia Xerxes.

In realtà, non apprezzo molto né il modo di fare di James, né quello di Nathan.

Il primo sembra avere i prosciutti sugli occhi: nonostante abbia visto più di una creatura divina, si ostina a credere che Vyra non sia una dea. Ci potrebbe anche stare, ma non credo che parlarne prendendo in giro Nathan sia la soluzione migliore.

Il secondo invece è fisso sulla sua fede, e sarebbe anche una cosa giusta rimanere fedele alla propria divinità, ma Nathan non sembra comunque riuscire ad affrontare un discorso di scambio di opinioni e a sua volta deride James.

Ecco perché apprezzo molto di più il punto di vista di Xerxes: lui, che ha sempre creduto negli dèi ma non nel loro intervento, accetta l'aiuto di Vyra e comincia a rivoluzionare la sua idea, perché si rende conto che lui, in quanto mortale, non può conoscere la verità divina a priori, e adesso che ha avuto delle esperienze dirette ha aperto gli occhi e crede in ciò che vede, anche se significa rinunciare a quello in cui ha sempre creduto.

Voi che cosa ne pensate?

Per quanto riguarda gli altri, Yan ha sempre creduto negli dèi. Un po' meno nel loro intervento, ma non che fosse del tutto assente.

Skye, diciamo, non ci riflette troppo. È cresciuta sentendosi dire che esistono, quindi ci ha sempre creduto.

Owen ancora non si è espresso, ma lo farà, quindi preferisco lasciar parlare lui in futuro ^^

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