Il sejil
Il mattino seguente furono Xerxes e Skye a svegliarli a metà dell'alba, per così dire: James aveva già gli occhi aperti, aveva dormito per pochissimo tempo prima di venire destato dagli incubi e aveva sentito Yan sospirare forte mentre Nathan scalciava la paglia; Owen, invece, aveva tirato su col naso per diversi minuti prima di ricadere nel sonno.
Solo quando Xerxes disse che era il momento d'incamminarsi, comunque, James provò un violento senso di perdita e di sconforto.
Oltre agli occhi lucidi per il fastidio della polvere e per il pianto, Owen aveva ancora la faccia abbacchiata: era come se avesse sperato di svegliarsi scoprendo che si era trattato solo di un brutto sogno, quando invece quell'incubo era la crudele realtà.
James poteva capire come si sentisse. Quando era soltanto un bimbetto piagnucolone, all'inizio della sua "carriera" da lottatore, si era svegliato sempre in quel modo, se non peggio: scoppiava subito in lacrime e strisciava fino alle sbarre della cella per implorare disonorevolmente il goblin carceriere di lasciarlo libero, ricordandogli che era solo un ragazzino.
In seguito si era detto che, anche se lo avessero trascinato fuori da quell'inferno, non gli avrebbero comunque permesso di vivere, perché lui era un "bestia".
Così aveva ricordato le parole dei genitori, il motivo per cui erano morti: affinché lui divenisse un combattente e sopravvivesse. E per quanto James avesse cominciato a odiarli per ciò che lo avevano costretto a commettere, ancora non poteva negare che era soprattutto grazie a loro se lui era ancora vivo, se aveva sempre avuto una ragione per lottare e non arrendersi... ma era anche colpa loro se James era divenuto tanto insensibile e cinico nei confronti del prossimo.
Le uniche persone alle quali teneva davvero erano i suoi amici: se qualcuno gli avesse portato via anche uno solo di loro, non si sarebbe pentito d'intingere le mani nella vendetta.
Adesso doveva fare la sua parte, combattere e proteggere gli altri.
Si concessero qualche attimo per decidere cosa fare dei portsid. Secondo Nathan, era bene tenerli nascosti per evitare che re Vurwisch li sequestrasse, così Xerxes, sempre affidandosi alla parola di Vyra e di Skye, nascose il sacchetto in fondo al barile delle noci.
Dopo che ebbero raccolto tutte le loro cose e qualche frutto da portare, Skye prese la posizione di guida per condurre il gruppo nella foresta che li circondava, diretti a nord.
Durante la camminata, James tenne d'occhio Owen: l'amico manteneva la testa più sollevata del solito, sforzandosi adesso di apparire sicuro, quando era invece ovvio quanto fosse terrorizzato.
«Dunque...» borbottò il giovane guerriero, «dove ci troviamo esattamente? In che Paese sta il palazzo reale?»
«Nel Wenlishk,» rispose Yan, «vicini alla cittadina di Oltas. Il castello è praticamente in periferia, ma rimane collegato alla città. E oltre una prateria si trova il parco naturale che re Vurwisch ha ideato.»
«Ah, già. Sbaglio o Vurwisch è un patito di animali?»
«Esatto. Ha fatto costruire un edificio largo persino più del suo palazzo, dove potessero vivere tutte le specie esistenti, in sezioni rappresentati ciascuna un tipo di ambiente differente. Dev'essere davvero grandioso!»
«Lo è» confermò Xerxes.
«Tu ci sei stato?!»
«Sì. È davvero molto bello, ed è vero che ci sono la maggior parte delle specie animali conosciute. Purtroppo non mancano gli insetti... Mi rifiutai categoricamente di entrare nelle serre che li contenevano.»
«Oh, povero principino, spaventato da qualche farfallina!» lo prese in giro James, beccandosi una palla di neve in faccia.
Per fortuna si erano abituati al freddo, perché in quella foresta le temperature erano davvero basse, anche se non tanto quanto sul monte Vyra.
James venne a sapere che si trovavano non troppo in alto rispetto al livello del mare, e che anzi la costa non era granché lontana: la città di Oltas era a stretto contatto con quella marittima di Helke, rifornitrice di pesce che poi giungeva anche a palazzo.
Se c'era una cosa che lui adorava erano proprio i piatti a base di pesce: lo preferiva molto più che alla carne, anche se non si azzardava certo a essere schizzinoso.
Quando si pativa la fame, tutto andava bene, persino gli scarafaggi: ne aveva degustati molti durante la sua sanguinosa prigionia, e gli erano stati di grande conforto nei giorni in cui i custodi non avevano avuto voglia di nutrirlo.
Il sole si era spostato parecchio verso l'alto quando giunsero in un'ampa radura composta da alte lastre di ghiaccio, che tuttavia non si scioglievano minimamente ai raggi chiari.
James non se ne accorse subito, furono gli amici a fargli intendere che in realtà si trattava di rocce completamente ghiacciate, forse da qualche entità magica. Chiunque ne fosse l'artefice, non sembrava essere nei paraggi: la neve pastosa era priva d'impronte.
Prima ancora che potessero addentrarsi nel piccolo dedalo di ghiaccio, Skye si portò le mani alla pancia e mugolò in tono da bambina: «Ho fame! Fermiamoci per fare colazione!»
Xerxes acconsentì, prima di posare la sua sacca contro un albero. «E va bene, ma non poltriamo troppo. Abbiamo ancora molta strada da percorrere.»
Mangiarono un po' di pane e formaggio, inizialmente senza parlare.
Vicini al termine del pasto, James si volse un poco a guardare Owen, al suo fianco. «Va meglio, piccoletto?»
«Oh, ecco, sì...» rispose lui, facendo il finto vago. «Insomma, ho ancora paura, ma... beh, voi avete affrontato tutti quei pericoli, mi fido del fatto che possiate farlo di nuovo. E-e ovviamente non voglio rallentarvi, f-farò la mia parte, promesso...» Tornò a sospirare, le spalle più curve del normale. «Credi che andrà tutto bene?»
«Sei fuori di testa?! Stai cercando una risposta positiva da me?!»
James fu contento di vedere l'amico scoppiare a ridere.
Skye e Yan intanto si erano alzati e, affidate le loro sacche agli altri, corsero insieme ad ammirare le lastre di ghiaccio.
«Ragazzi?» Xerxes non fece in tempo a fermarli. «Dobbiamo ripartire! Santa pazienza...»
Non appena udirono uno squittio da parte di Skye, si affrettarono a cercare i due amici, già sperduti tra le rocce congelate.
Li trovarono entrambi intenti a fissare come ipnotizzati una larga lastra azzurra.
«Tutto bene?» ansimò Nathan. «Non fate più uno scherzo simile! Ragazzi, siete tra noi?»
Yan fece loro cenno di guardare nel ghiaccio.
Non appena James si rispecchiò nella lastra... non si rispecchiò.
Dinnanzi a lui si trovava invece un ragazzo della sua medesima altezza e con altrettanti muscoli, ma castano, dai capelli sbarazzini, gli occhi verdi e il volto fanciullesco.
E al fianco di quel giovane vi erano altri ragazzi che James non conosceva. Nathan mosse un braccio e uno sconosciuto dell'Est che gli stava di fronte, dalla pelle mulatta, eseguì il medesimo movimento. Skye girò su se stessa, così come la ragazza dai boccoli rossi, che ondeggiarono al seguito dei suoi riccioli bruni.
«Deve trattarsi della magia di Vyra» sussurrò Xerxes, tastandosi il volto mentre guardava un ragazzo nero dal viso magro, i cui corti capelli risaltavano per le loro treccine. «È così che appariremo agli occhi altrui.»
«Incredibile...» Owen posò la mano contro quella di un giovane biondo che sbatteva gli occhi scuri, entrambi dello stesso colore.
«Siamo completamente irriconoscibili!» asserì Yan, esibendosi in pose eroiche dinnanzi al riflesso di un ragazzo abbronzato. «Vyra ha fatto davvero un buon lavoro!»
«Non con Xerxes» obbiettò James. «Guardate quant'è brutto!»
Gli altri scoppiarono a ridere, persino il diretto interessato si lasciò andare a una risatina.
«E va bene, buffoni» mugugnò bonario. «A questo punto che ne pensate di cercare nuovi nomi?»
«Io voglio chiamarmi Klara!» decise Skye. «E James potrebbe chiamarsi Klaus, mentre Owen sarà Michael!»
«Perché devi essere tu a scegliere i nostri nomi?» protestò James.
«Xerxes si chiamerà Atsu e Yan invece Cesare! E Nathan... uhm... gli serve un nome dell'Est... Magari Ghoda! Sì, Ghoda è perfetto!»
Mentre gli altri si prendevano in giro per i nuovi nomi, James percepì uno strano rumore alle spalle. Abbassò le palpebre e girò la testa per rivolgere l'orecchio in quella direzione: proveniva dall'entrata del dedalo... là dove avevano lasciato le sacche!
Quando riaprì gli occhi scoprì che Skye era tornata seria e sembrava aver colto lo stesso problema.
Ripercorsero insieme i loro passi, e non appena tornarono nel luogo del pranzo scoprirono che la sacca di James, quella contenente i vestiti, era ancora lì, insieme alle altre.
«Manca la sacca del cibo!» esclamò invece Skye, scuotendo il braccio dell'amico. «L'avevo affidata a voi! Perché non l'avete presa?»
«Adesso non andare nel panico, principessa!»
James sapeva quanto il cibo fosse importante, ma avrebbero potuto cacciare durante il viaggio... sempre che in mezzo alla neve riuscissero a trovare qualcosa.
Lui era bravo a resistere alla fame, l'aveva patita a lungo durante i due anni di prigionia, ma non era sicuro che gli altri si sarebbero accontentati di tenere la pancia vuota. Skye soprattutto era ossessionata dal cibo, ogni volta che le mancava veniva colta da un attacco isterico, prima di cadere in un triste silenzio.
Il ragazzo era pronto ad annunciare agli altri la cattiva notizia, quando udì nuovamente il rumore di poco prima, stavolta però più vicino.
A palpebre calate, si rese conto che l'intruso si era nascosto tra i cespugli.
Skye lo scosse ancora e gli ammiccò di far silenzio, poi condusse l'appostamento, attenta a non emettere rumore nel calpestare la neve.
James la seguì, trattenendosi dal sibilare quando gli stivali produssero uno schiocco assordante.
Odiava la caccia. Non riusciva mai a essere silenzioso quanto l'amica, neanche da scalzo, e non passava giorno in cui lui non facesse una figuraccia...
I due si accucciarono a sbirciare da dietro un cespuglio, fin quando non videro una bassa creaturina ridacchiare tra sé e sé frattanto che svuotava alacremente la borsa rubata.
Si trattava di un ometto dal corpicino ovale, ricoperto di pelliccia screziata tra il bianco e il grigio. Le gambette sottili erano rosate e i piedi nudi sproporzionatamente lunghi rispetto al resto del corpo. La faccia era altrettanto pelosa, ma da sotto la pelliccia spuntava un naso appuntito quanto il becco di un picchio. Lì sotto il pelo si allargava in una bocca grande e brutta.
James non aveva idea di cosa fosse. Non aveva mai combattuto contro una creatura del genere, né se ne sorprendeva, dato che quell'affare aveva tutto fuorché l'aspetto feroce. Non avrebbe certo avuto problemi a far capire a quel piccolo piantagrane chi comandava.
«Ragazzi? Dove siete finiti?»
James imprecò ad alta voce quando vide il nanerottolo girarsi di scatto e individuarli con i suoi occhietti a spillo.
La creatura sghignazzò, affrettandosi a recuperare tutto il cibo, ma Skye uscì dal cespuglio e le si lanciò addosso. Sorpreso, l'essere diede in un singulto di paura, ma rotolò agilmente da una parte per evitare di venire atterrato dalla ragazza.
James rimase spiazzato dalla sua velocità.
Lo strano gnomo riuscì a recuperare il tutto e iniziò a balzellare agile come una lepre, affondando i lunghi piedi nella neve in cui si rotolava per sfuggire a Skye che continuava a inseguirlo.
James sostituì gli occhi-di-vetro con la benda, così da ascoltare meglio i leggeri tonfi provocati da quell'ometto irritante.
Balzo, tonfo...
Balzo, tonfo...
Sempre meno distante...
Balzo...
Il ragazzo sapeva che sarebbe atterrato pressappoco vicino a lui, così scheggiò all'attacco calcolando bene i tempi: non lo investì, ma allungò il braccio per potergli rubare la sacca.
Tuttavia la creatura mantenne salda la prese e i due cominciarono un tira e molla per il possesso.
Siccome a James non piaceva affatto essere preso in giro, lasciò andare di scatto il bottino e sentì l'ometto squittire mentre capitombolava a terra.
A quel punto James gli balzò addosso.
Invece atterrò soltanto nella neve.
Quel mostriciattolo era davvero veloce!
Sentì Skye provare ad afferrarlo, ma quello sfuggiva ai suoi assalti, beffandosi di lei ogni volta con una nuova pernacchia o una risatina insopportabile.
Un balzo, un tonfo...
Un balzo...
Ma non cadde a terra!
Invece la corteccia di un albero scricchiolò!
James si tuffò da quella parte, udì l'ometto peloso urlare e fece in tempo ad afferrarlo per le gambe ossute. Il ragazzo tirò con tutte le sue forze, finché la creatura non perse la presa e gli ricadde addosso facendolo rovinare all'indietro.
Il suo peso era tale che a James parve come se l'intestino gli venisse completamente schiacciato.
Sputò un enorme quantità di saliva, ansimando alla ricerca d'aria.
Quanto dolore... troppo... quasi un masso lo avesse investito...
«Gli fai male! Oh dèi! Tutto bene?» urlò Skye.
James sentì il peso svanire e le sue mani che gli si posavano delicatamente sulla pancia.
«Oh oh! Sembra che io abbia esagerato!»
Skye tolse la benda dagli occhi dell'amico, il quale continuò ad ansimare, adesso circondato da tutti gli altri ragazzi. Owen premette le dita contro il suo busto e lui mugugnò indecentemente.
Che vergogna...
Che cosa diavolo gli prendeva? Era abituato al dolore, come mai adesso si lamentava così tanto?
E come aveva potuto farsi mettere sotto da una sciocchezza del genere?
Una volta un lupo mannaro lo colpito alla schiena e, nonostante le ossa rotte e i polmoni quasi schiacciati, James era sopravvissuto ed era riuscito a proseguire la lotta, per poi addirittura vincere prima di cadere in uno stato d'incoscienza durato diversi giorni. Ce l'aveva fatta più che altro grazie all'effetto sorpresa: il lupaccio non si era certo aspettato che il piccolo avversario sopravvivesse alle sue zampate portentose.
Adesso invece, a causa di un nanerottolo un po' troppo pesante, ecco che James si piegava in due sulla neve...
«Starai bene» lo rassicurò Owen. «Se ti avesse spiaccicato qualche organo, avresti vomitato sangue.»
«Sono molto, molto, mooooolto dispiaciuto, ometto! Chiedo venia!»
James posò lo sguardo sull'essere che gli aveva causato tanto dolore: lo gnomo peloso si prostrava ai loro piedi in maniera del tutto decisoria, dunque si affrettò a sferrargli un calcio al lungo naso.
«Ohi ohi ohi!» piagnucolò quello, ricaduto all'indietro con le mani sulla punta. «Oh, ciccio, t'ho detto che son dispiaciuto, eh! Non volevo certo ucciderti, volevo solo divertirmi!»
«Io non sto ridendo!» ruggì James, pur con la voce ancora smorzata per la poca aria.
Era fuori forma, aveva perso smalto dopo tutto il tempo passato a cacciare e poltrire...
Contro i soldati ad Hanover non aveva riscontrato problemi, ma con la tribù elfica era stato differente. La magia umana non aveva effetto sui "bestia" come lui, qualsiasi altra invece sì, perciò gli elfi erano stati avvantaggiati. Ricordava ancora bene la sensazione di gelo che gli attanagliava tutto il corpo, succhiandogli via il fiato e intorpidendogli i muscoli.
James era sopravvissuto all'arena, ma lì era proibito usare la magia.
Quando invece vi si era trovato contro, era quasi morto...
Ultimamente si era rammollito, ecco tutto.
Non poteva accettarlo, la sconfitta lo faceva bruciare d'imbarazzo...
Lui era il Red Lion! Il ragazzo che aveva ucciso un drago con un semplice coltello!
Come poteva farsi mettere sotto da un essere che neanche gli arrivava alla cintura?
«E rubare non è divertente!» stava dicendo Skye, la borsa del cibo adesso stretta al petto. «Specialmente se si tratta di togliere il mangiare a chi ne ha bisogno!»
«Via, bellezza, ti chiedo scusa! Più di dirvi questo, non so cos'altro fare!»
«Ehi, parlale come si conviene», Nathan lo minacciò con l'indice, allontanandolo da lei.
Allora James afferrò la creatura per i peli nodosi. «Prendi il tuo perdono e ficcatelo su per...»
«Aspetta!» Yan gli fece mollare la presa con calma. «È vero, non voleva farti del male. I sejil non sono maligni.»
Il sejil si grattò in mezzo alla pelliccia. La sua voce suonava baritonale, del tutto fuori posto in quel corpicino: «È vero, non sono un ladro, ma solo un giullare. Mi piaceva far ridere i miei cempi, ma loro non apprezzavano le mie battute. Una volta ho mandato a fuoco la tana con la dispensa di igla per l'estate, e i miei cempi mi hanno cacciato. Eh, adesso sto da solo, solo come un felf solitario che però desidera un branco tutto suo... Ma io non piango, eh. Oh, io sono un tipo ganzo, che credete? Non azzartatevi a prendermi in giro, bimbetti umani!»
James lo ascoltava allibito, i suoi compagni altrettanto confusi di fronte a quelle parole mai udite prima.
Appartenevano forse alla lingua di Finwzima?
Eppure Owen e Yan la conoscevano bene, ma sembravano altrettanto spaesati.
«Ma che diavolo è un sejil?» sibilò alla fine James.
«Sono io, ciccio!»
«I sejil sono spiritelli del Nord» spiegò Yan. «Vivono in comunità e si occupano di far crescere le piante giuste nelle stagioni giuste, di risvegliare gli animali dal letargo, di aiutarli a mettere da parte le scorte per l'inverno, e molto altro. È raro incontrarli.»
«Una volta facevo tutto con i miei cempi, ma quelli scemi mi hanno cacciato! Non sono affatto mucrotek! A proposito, mi chiamo Pigghyassy!»
Nathan fece un sorrisetto, mentre Yan girava la testa altrove per nascondere la risata e Owen si spiaccicava una mano sulla bocca.
«Davvero?» sbuffò James, anche lui riuscendo a vedere il lato comico nella situazione.
«Oh, sì, ciccino! È questo il mio nome!»
Nathan e Yan soffocarono ancora le risate, ma Xerxes si mantenne serio e assottigliò gli occhi. «Per quale ragione sei stato scacciato? Tu e i tuoi... cempi non dovete occuparvi insieme dei territori circostanti?»
«Vallo a dire a quei kushofi! Mi hanno affidato questa zona solo per togliermi dai piedi, l'ho capito benissimo, mica so' scemo! Forse avevano paura che li avrei ammazzati a suon di risate! Il che non sarebbe stato un problema, perché conosco certe battute da far tornare la voglia di vivere a uno scheletro!»
James roteò gli occhi. Voleva salutare quella brutta creatura chiacchierona il prima possibile e trovare un posto al caldo.
Purtroppo però il sejil dal nome idiota insistette, battendo le mani e i piedi con fare importante: «Dunque, i miei nuovi cempini sono viaggiatori? Dove siete diretti?»
«È complicato» rispose spiccio Xerxes. «Perdonaci, Pigghyassy, ma non abbiamo tempo da perdere, dobbiamo proseguire.»
Il sejil agitò le gambette per frapporglisi dinnanzi. «Oh, cucciolotto, io posso tenervi compagnia!» dichiarò con la sua voce rude. «Sì, io conosco ogni singolo anfratto di questa foresta! Siete diretti in città? Pigghyassy può scortarvi, farvi da vier! Vi terrò compagnia a suon di risate! Non vi siete ancora accorti che ho calato i pantaloni al capellone?»
Seguirono il suo sguardo su Nathan, il quale aveva le brache all'aria. Neanche lui se n'era accorto, ma non appena abbassò lo sguardo si affrettò ad accucciarsi per rivestirsi, rosso come il pomodoro più maturo.
James riuscì a sghignazzare, intanto che Pigghyassy si ostinava, lieto di scorgere in loro dei sorrisi: «Oh, datemi retta, ché so' bravo e non vi farò del male! Posso portarvi dove volete! Se siete diretti in città, dovrete per forza andare dal re! Tutti gli immigrati si dirigono da lui per chiedere aiuto!»
I ragazzi si guardarono, e alla fine Xerxes cedette: «Sì, hai ragione, stiamo andando dal re».
«Bene, conosco una scorciatoia divertente! Seguitemi!» e il sejil sfrecciò tra gli alberi.
Owen incrociò le braccia. «L'idea di una scorciatoia non mi dispiace... ma vorrei sapere cosa intende lui con "divertente".»
«Io dico che possiamo fidarci» ripeté Yan, sorridendo confortante.
Skye ricambiò il sorriso. «Credevo non ti saresti fidato più di nessuno.»
«Credetemi, i sejil sono buoni di natura. Non hanno sfumature: ciascuno di loro ha una caratteristica comportamentale unica. Sono certo che ce la spasseremo!»
«A me non piace...» borbottò Nathan, ancora scarlatto per lo scherzetto dei pantaloni.
Ciononostante, si lanciarono al seguito di Pigghyassy.
Lo spiritello si tuffava di continuo nei mucchietti di neve, per rotolare fuori con agilità e balzare in quello successivo, sollevando spruzzi ovunque e macchiando i ragazzi di fango e neve gelida.
James non aveva mai incontrato una creatura più tediosa...
«Come fai a essere così agile se pesi quanto una vacca?» gli ringhiò contro.
«Posso divenire della consistenza dei quattro elementi, perciò prima mi sono trasformato in roccia! Ma non ti volevo mica fare così male, eh! Non essere un nio!»
Alla fine il sejil si fermò sulla cresta di un ristretto burrone, da cui si poteva ammirare, a nord, l'imponente castello di re Vurwisch. Rimessosi gli occhi-di-vetro, James riuscì a vedere bene, anche da così lontano, gli affilati dettagli delle torri grigio perla. Già così gli parve molto più bello del castello di re Kayne Cavendish, monarca di Egaelith.
«Tranquillini, che lo scivolo è ancora resistente, nonostante la primavera sia vicina.»
Sporgendosi oltre il ciglio, James constatò che il crepaccio era completamente ricoperto di ghiaccio, sia alle pareti che sul terreno. Lo "scivolo", come lo chiamava il sejil, si estendeva verso il basso sino ai confini della foresta e dunque alle mura reali.
Lanciò un'occhiata a Xerxes, il quale fissava la pericolosa giostra a occhi spalancati dal terrore: odiava l'alta velocità e soffriva di vertigini, al contrario di Nathan, che già sorrideva come un folle, tant'era assuefatto dall'adrenalina.
«Sarà come la nostra discesa nella valle» ricordò Yan, ridacchiando in maniera un po' isterica. «Parecchio più lunga, parecchio più scivolosa, parecchio più pericolosa...»
«Beh, probabilmente sverrò,» mormorò Owen, rassegnato, «quindi non mi accorgerò di niente. Ci pensi tu a me, Pigghyassy? Pensa a tutti, in realtà. Non vogliamo fracassarci la testa contro le rocce.»
Il sejil ammiccò soddisfatto, prima di lasciarsi cadere nel dirupo. Rimbalzato sulla lastra di ghiaccio, cominciò a rotolare a tutta velocità giù per il percorso.
Xerxes schizzò all'indietro. «No, no, no, no, no! NO! Vi dico sempre di sì a tutto, ma questo NO!»
«Possiamo scendere da lì», Skye indicò un percorso da cui potevano calare sfruttando le rocce.
«Mi state ascoltando?» li chiamò Xerxes, strillando a ogni loro passo giù per il dirupo. «Io non lo faccio!»
«Allora resta pure qui» ribatté James. «Magari una magica carrozza reale verrà a prenderti, principino.»
«Perché non mi date mai retta? È pericoloso, rischiate di rompervi l'osso del collo! Perché non mi state a sentire?»
James si fermò a guardarlo. Non gli andava molto a genio quando pretendeva di dare ordini, nonostante lo rispettassero come leader della squadra.
Però poteva capire che al momento era la paura a farlo parlare, dunque tornò indietro, lo afferrò e lo strattonò per scendere nel dirupo. Almeno gli erano rimaste le forze per trascinare gli amici, nonostante Xerxes puntasse ostinato i talloni per terra.
Una volta sopra la lastra di ghiaccio, Nathan si gettò per primo, seguito da Skye e poi da Yan. Owen si sedette con calma, aspettando che James lo spingesse col piede. Allora quest'ultimo lanciò in avanti Xerxes.
Attese che lo strillo dell'amico fosse abbastanza distante, prima di tuffarsi al suo seguito.
*
Allora...
Che ne pensate di Pigghyassy?🤣
Mi sono divertita tantissimo a scrivere questo capitolo, ho dato il meglio della mia parte più sciocchina!
È una creatura per la quale ho trovato un po' d'ispirazione nei troll di Frozen. Troll bassi e fatti di roccia sono creature appartenenti al fantastico del Nord.
Allora perché Pigghyassy è così peloso?
Perché volevo dargli un aspetto un pochino più morbido. E poi, è uno spiritello della natura, e quando il risultato finale è venuto simile a Lorax (sapete, il guardiano della foresta?) mi sono detta che era perfetto e ho preferito lasciarlo come lui, per riprendere anche il fantastico del Dr. Seuss.
Bene, alla prossima allora.
Intanto vi lascio questo
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