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Fray Gray

Il mattino dopo si ritrovarono per fare colazione alla tavolata principale.

Terminata la zuppa d'oca, Nathan uscì dal salone al seguito di Svizol, sotto la cui visione avrebbe ricominciato gli studi – l'espressione del ragazzo era tutt'altro che contenta. Yan saltellò invece dietro a Tushik, mentre Xerxes venne condotto alle fucine da un uomo grande il doppio di Vurwisch.

Invece James, Skye e Owen si diressero insieme alla Riserva Naturale.

Là incontrarono, nel corridoio d'ingresso, tre persone ad attenderli.

Una ragazza di circa diciotto anni si avvicinò a stringere loro la mano, per poi trattenere quelle di Skye con decisione. «Sono felicissima d'incontrarvi! Io mi chiamo Birgitta Saradóttir, e sarò la tua mentore, Klara. Sua Maestà mi ha fatto sapere che sei un'appassionata di draghi. Bene, dunque le montagne fanno proprio al caso tuo! Così come fanno al caso mio!» La giovane ridacchiò, grugnendo come un porcellino e facendo oscillare i ciuffi castani scomposti, prima di darsi un contegno nell'imbarazzo. «Ehm, sì, sono contenta che il re si fidi abbastanza di me da affidarmi un'apprendista! Molte persone mi credono un po' inaffidabile, ma...»

Skye ridacchiò. «Forse io ti servirò proprio per diventare più affidabile, Birgitta!»

«Oooh, sono sicura che sarà così! Bene, bene!»

Owen venne invece avvicinato da una donna dal viso lentigginoso. «Benvenuto, giovane. Il mio nome è Mathilde Nannadóttir.»

Per finire James vide venirsi incontro un uomo dalla fronte ampia e dalla barbetta rada. La peluria racchiudeva labbra un poco arricciate, proprio come le sue.

«Salve, mi chiamo Fray Gray. Sarò il tuo mentore.»

"Fray Gray? Ma che davvero?" «Sì, io sono Klaus.»

«Molto bene. Potete entrare qui dentro a cambiarvi. Troverete le vostre tenute da lavoro.»

I tre ragazzi superarono la porticina indicata. Mentre Skye si dirigeva nella stanza a destra, James e Owen imboccarono quella a sinistra, ove erano disposti numerosi armadi di piccole dimensioni. Scovarono subito quelli con le targhette riportanti i loro falsi nomi e all'interno trovarono gli indumenti che cercavano.

La livrea di James era composta da una camicia a maniche corte, screziata tra il verde chiaro, il giallo sabbia e il marrone bruciato. Era leggera, così come i pantaloni lunghi. Fu soddisfatto di constatare che gli stivali fossero della misura giusta per lui, privi di pelo all'interno e abbastanza alti perché la sabbia non rischiasse di entrate.

L'abbigliamento di Owen era appena più pesante, dato che avrebbe lavorato in un ambiente dalla temperatura più fedele a quella esterna alla Riserva.

«Poi dovremo cambiarci in bella vista di fronte a degli estranei...» si lamentò una volta vestitosi, mentre si guardava intorno per esplorare la stanza.

James lo seguì fino a raggiungere una vasca tanto grande da far invidia a quelle termali.

«E dobbiamo pure lavarci insieme a degli sconosciuti!»

James, però, non condivideva il suo disgusto. «Speriamo abbiano dimensioni interessanti.»

«A me questo non interessa!»

Uscirono giusto in tempo per ritrovare Skye, che portava addirittura una mantella di pelliccia scura sulle spalle: nella sezione montuosa doveva ancora esserci parecchia neve.

La ragazza non ebbe neanche il tempo di salutare gli amici, che Birgitta la trascinò verso la porta per l'appunto già affacciata su di una bianca foresta.

Quando la signorina Nannadóttir fece a Owen cenno di starle dietro, lui, dopo aver scambiato un'occhiata con James, la seguì in silenzio in una prateria ventosa.

Toccò a Fray Gray sollevare la mano in direzione della porta. «La savana.» Non appena si spalancò l'habitat richiesto, lanciò una rapida occhiata al ragazzo. «Seguimi.»

"Certo che ti seguo. C'è una sola direzione, salvo l'uscita," s'infastidì lui.

Perché doveva avere qualcuno a dargli ordini?

Detestava gli ordini...

Una volta varcata la soglia inspirò profondamente, lieto di poter inalare l'aria afosa ma piena di vita di quell'ambiente tanto selvaggio. A differenza della giungla, lì aveva modo di osservare il cielo e di sentirsi libero, di ammirare lo spazio aperto – o almeno fino a dove gli permetteva la sua vista.

Fray Gray mosse le mani verso di lui, affrettandosi a spiegare non appena James gli scoccò un'occhiata sospettosa: «Ti ho lanciato un incantesimo per proteggerti dall'elevata calura».

"Ah, grazie. Peccato che su di me non funzioni."

«Il tuo nome richiama i Paesi Centrali» tornò a parlare l'uomo, più tranquillo. «Provieni dalla dittatura di Dochst?»

«Sì. Voi invece provenite da Egaelith?»

«Vivevo nel marchesato di Wilson. Poco meno di dieci anni fa, viaggiai per mare assieme a mio padre, per trasportare della merce fino al Paese di Siöwz Purtroppo la nave naufragò, lui affogò e io, unico sopravvissuto, venni accolto da Sua Maestà re Vurwisch. Da allora non me ne sono più voluto andare. Nel marchesato non mi era rimasto nulla che mi mancasse. Come hai capito che vengo da Egaelith?»

James alzò gli occhi al cielo di fronte a quella domanda tanto ovvia. «Per il nome. Inoltre, non avete il cognome strano come tutti gli altri in questo regno.»

Fray Gray sbuffò con supponenza. «A Finwzima ogni uomo ha come cognome il nome del proprio padre con l'aggiunta del suffisso "son". Ogni donna prende invece il nome della propria madre con il suffisso "dóttir". È una tradizione proveniente da Ilashwia. Se io fossi nato qui, mi chiamerei Fray Simonson. E tu?»

James strinse i pugni dentro alle tasche. «Markson.» "James Markson."

«In ogni caso,» borbottò poi Fray Gray, d'improvviso un po' impacciato, «puoi parlarmi in maniera più informale. Altrimenti mi sembra di essere troppo vecchio.»

James annuì senza rispondere a voce.

Fray doveva aver superato da poco i trent'anni, ma effettivamente a prima vista gli aveva affibbiato un'età più avanzata: aveva gli occhi un po' incavati e i capelli trascurati, le iridi color cioccolato trasudavano una certa anzianità.

Fray lo condusse lontano dall'oasi, verso un grosso arbusto che, se James non ricordava male, si chiamava baobab. Ce n'erano molti altri, là in mezzo agli alberi più lontani, ma quegli esemplari erano colossali!

«In realtà questo tipo di alberi proviene da un'isola del Kafanh, dunque alcune specie vegetali sono differenti, così come gli animali che vi abitano. Qui però conta il tipo di ambiente, no? C'è anche da dire che abbiamo scoperto che molte specie di piante e animali, che normalmente non vivrebbero così vicine tra loro, riescono a influenzarsi a vicenda.» L'uomo seguì lo sguardo dell'apprendista verso le chiome di quei titani. «Sai arrampicarti?»

«Certo.»

«Forse un giorno saliremo insieme lassù, con l'aiuto di qualche creatura ben disposta. Per il momento, però, limitiamoci a questo piccoletto.»

I due s'inerpicarono sul largo tronco del piccolo baobab, fino a raggiungere una parte racchiusa tra i rami in cui era possibile camminare.

Lì un gruppo di scimmie e lemuri era impegnato nello spulciarsi a vicenda. Si girarono e si avvicinarono in massa, tanto che James fu costretto a indietreggiare e dovette reggersi per non venire spintonato di sotto.

«Non ti faranno del male» lo rassicurò Fray.

«Lo so!» ringhiò il ragazzo. Sperava che il mentore non lo avesse preso per un fifone.

«Muoviti pure, loro si sposteranno.»

James lo imitò, rendendosi conto che i primati si muovevano al suo passaggio, pur continuando a toccarlo e a strattonargli la sua nuova tenuta screziata.

Un esemplare più piccolo di scimmia gli salì sulla spalla e cominciò ad analizzargli i riccioli, alla ricerca di qualcosa da mangiucchiare. «Dove dove? Dove sono le pulci? Dove sono gli acari?» cantilenava ossessivamente. «Dove dove? Dove dove?»

Quando James raggiunse il ramo opposto, sommerso dalle foglie, la scimmietta se ne andò insoddisfatta e a pancia vuota, e lui scoppiò a ridere. «Saponi eccellenti!»

Si accorse che Fray lo fissava, così si affrettò a ricomporsi e a tornare a mostrare la sua espressione più indifferente.

«Come ti stavo dicendo prima, ci sono state delle influenze veramente affascinanti. I lemuri magici non parlerebbero, ma quelli della Riserva, che hanno trascorso del tempo con le scimmie parlanti, hanno imparato a loro volta a parlare. Sua Maestà era veramente entusiasta. E abbiamo capito che i lemuri tendono a imitare più le scimmie che gli esseri umani. Mentre le scimmie non si fanno problemi con noi. Quelle magiche sono un po' come i pappagalli non-magici: ripetono ciò che sentono dire. Queste hanno elaborato soprattutto le canzoncine che recitiamo durante i bagnetti.»

James si girò di scatto appena le scimmie presero a recitare una canzonetta ricca di parolacce e doppi sensi nella lingua di Egaelith, e stavolta faticò parecchio a trattenere le risate, soprattutto quando scorse il rossore sul volto di Fray.

Continuarono a girovagare tra i grossi rami del giovane baobab, finché il mentore non si fermò. «Bene, possiamo scendere.»

«Che cosa?» James si affrettò a seguirlo ai piedi dell'albero per poter proseguire la sua protesta: «A che scopo siamo saliti sul baobab? Credevo di dover spulciare qualche bambolina pelosa!»

«Siamo saliti solo per lasciare il tuo odore» rispose tranquillamente Fray. «Gli animali della Riserva non fanno del male agli esseri umani, ma sono comunque molto abitudinari, perciò è bene che si adattino ai nuovi arrivati che si occuperanno di loro. I cambiamenti possono innervosirli, alcuni addirittura smettono di mangiare o si isolano. Per il momeno è meglio farli abituare al tuo odore, poi potrai cominciare a toccarli e dar loro da mangiare... e a spulciarli. A meno che tu non voglia che una scimmia ti lanci addosso le sue feci.»

James rimase fermo un istante a fissare Fray che s'inoltrava nell'erba alta, la barbara canzonetta dei primati che risuonava ancora dalla chioma dell'albero, poi lo seguì impettito. «Di cos'è che vi occupate precisamente?»

«Ci accertiamo che gli animali siano ben nutriti e che alcuni di loro non ne approfittino. Ci sono delle creature che si cibano soltanto per il gusto di riempirsi la pancia, come le iene, gli avvoltoi e le lizquart, perciò dobbiamo fare attenzione che non s'infiltrino nella zona centrale della savana e che non uccidano tutti gli animali. Dobbiamo anche assicurarci che le gravidanze procedano bene e che i cuccioli neonati siano sani.»

«Io non ho abilità da guaritore.»

«Non importa, ci sono molte altre cose che puoi fare. Certi animali di uno stesso branco si agitano e possono attaccarsi a vicenda, allora dobbiamo far sì che gli esiliati non vengano del tutto abbandonati a loro stessi.»

«Come quella leonessa con tre zampe?»

«Esatto. Riguardo allo sporco, invece, interveniamo in minima parte, perché esistono animali pulitori che se ne cibano.»

«Tipo quegli uccelli che puliscono i denti degli ippopotami?»

«Precisamente. Vedrai che c'è molto da fare.»

«Anche occuparsi dei visitatori?»

«Sì. Magari potrai guidarli tu stesso attraverso la savana e spiegare loro tutto quanto. Ma prima devi imparare un bel po' di cosette.»

"Dovrei conversare con altre persone?" Ulteriormente irritato, James sbuffò scontroso. «Sia chiaro: io non sono un tipo educato.»

Fray si fermò a guardarlo negli occhi, severo e perplesso per quelle sue parole impertinenti. «Imparerai a esserlo. Non so a che tipo di vita eri abituato, ma qui ci sono delle regole da seguire. Sarai educato, se non vuoi che ti spedisca a pulire i bagni del castello.»

«Non decidi mica tu» lo sfidò James, sentendo le labbra storcersi in un digrigno. «È il re che decide.»

«E il re darà di certo più ascolto a un esperto, piuttosto che a un ragazzino arrogante e privo di rispetto.»

James ringhiò in segno di minaccia, ma Fray semplicemente sollevò un sopracciglio con fare sicuro e gli dette le spalle, addentrandosi sempre più nell'erba alta.

Il ragazzo era pronto a rimanere sul posto come forma di protesta, quando Fray si fermò e, senza voltarsi, lo chiamò: «Mi ritengo una persona disponibile, ma solo verso chi lo merita. Adesso datti una mossa».

James aspettò ancora un istante, ma alla fine lo seguì, la rabbia che gli faceva formicolare la cute.

                                  *

Attraversarono solo una metà della savana, passando in mezzo ai branchi di animali affinché memorizzassero l'odore del nuovo guardiano. Fray non gli negava di accarezzare le tante creature che incontravano, e di fronte alle garfhop – giraffe dalle zampe corte quanto quelle di un bassotto – si perse in un prolisso discorso sulle loro particolarità, su come sfruttassero la lunga lingua blu per cose che James non ricordò, e come facessero nascere i piccoli mentre rimanevano... sedute, o a pancia in su, non ne aveva idea.

Fray spiegava come se non ci fosse stato alcun alterco tra loro, ma il ragazzo era ancora rancoroso e rispondeva a mezza bocca.

All'ora di pranzo il mentore si fermò, si volse a guardarlo e chiese a bruciapelo: «Come partoriscono le garfhop?»

James ricambiò lo sguardo, nascondendo il dubbio. «In piedi...»

«E come sfruttano la lingua?»

Il giovane non seppe come rispondere.

«Che cosa ti ho detto riguardo il manto delle zebre?»

«Ehm... che è bianco a strisce nere e che a volte s'illumina?»

«E cosa fa un leone maschio non-magico quando sale a capo di un branco?»

«Scaccia gli altri maschi, o li uccide insieme ai cuccioli.»

Fray gli sferrò un colpo alla testa, facendogli non poco male.

James ringhiò, ma l'uomo gli tirò una nuova pacca.

«Le giraffe partoriscono in piedi, mentre le garfhop a pancia in su. Sfruttano la lingua prensile per afferrare il piccolo e aiutarlo a uscire. Le zebre utilizzano le strisce per comunicare tramite i differenti colori in un codice luminescente, che può confondere i predatori di notte. Sui leoni sei ben documentato solo perché ti piacciono.»

James sentì le labbra tremare dolorosamente nello sforzo di mantenerle saldate l'una all'altra. Strinse le dita delle mani e quelle dei piedi, ricacciando a stento l'impulso di assalire il suo mentore.

«Mi aspetto che domani tu sappia rispondere a molti altri di questi quesiti.»

«A quali?» sibilò James.

«Non ho intenzione di dirtelo, basterà che studi per conto tuo, così avrai modo di tenerti occupato. Ora va' a mangiare.» Fray mosse la mano per far apparire una saccoccia, che gli passò. «Ci vediamo più tardi all'oasi.»

James arraffò il pranzo senza ringraziare e guardò Fray allontanarsi verso il baobab, desiderando con tutto il cuore che le scimmie lo attaccassero e gli rubassero gli abiti per lasciarlo nudo come un verme.

Si avviò all'oasi, in quel momento colma di felini intenti a consumare il pasto e pulirsi a vicenda. Il ragazzo sedette al fianco di un ghepardo che sonnecchiava beato all'ombra di un albero. Aprì un occhio per sbirciare il nuovo venuto, il quale ricambiò lo sguardo con antipatia, dunque il felino gli dette le spalle e tornò a dormire.

Dentro la sacca, James trovò un grosso tozzo di pane e del formaggio che non aveva mai visto: probabilmente era stato prodotto dal latte di caribù o di yac. Almeno era buono.

O meglio, lo sarebbe stato se non fosse stato comprato da Fray.

Perché diamine James non aveva pensato a portarsi il pranzo per conto proprio?

Non aveva bisogno che quello lì si prendesse cura di lui!

«Sei da solo?»

Si sorprese nel vedere Owen, apparso improvvisamente accanto a lui. «Cosa ci fai qui?»

L'amico si sedette e poggiò la schiena contro la sua. «Pensavo di mangiare insieme. Ti direi che hai la stessa espressione di sempre, ma dato che abbiamo cominciato un nuovo lavoro, presumo tu non ne sia molto entusiasta.»

James sbuffò. «Il mio mentore è un idiota.»

«In che senso?»

«Mi dice cosa fare, mi spiega delle cose sugli animali e si aspetta che io lo ascolti e che risponda ai suoi test, e vuole che sia educato e...» s'interruppe nel sentire Owen scoppiare a ridere.

«Quindi vuole che tu impari! Per gli dèi, quale mentore si comporterebbe così verso un suo allievo? Uno pessimo, assolutamente!»

A bocca piena, James ringhiò forte. «Non prendermi per i fondelli, gufetto! Non sono dell'umore!»

«Tu non sei mai dell'umore!»

Atterrata accanto a loro, Skye si mise subito a grattare la schiena al ghepardo, che rilasciò sonore fusa.

James distolse lo sguardo. «Mattinata grandiosa, eh?»

«Assolutamente! Ho visto così tanti draghi! Ce ne sono di tutti i colori e di così tante razze differenti, e io posso accarezzarli quanto voglio! E poi, Birgitta è tanto simpatica, ridiamo un sacco insieme! Oh, a un certo punto ci siamo separate e non riuscivamo più a ritrovarci, allora un'aquila dorata è calata accanto a me, mi ha fatta salire sul suo dorso e ci siamo incontrate in cielo! Così abbiamo fatto una gara di acrobazie! È stato straordinario! Non vedo l'ora di raccontarlo a Ya... ehm... a-a Cesare, sì.»

Owen se la stava ancora ridendo. «Vedi, amico? Questo è lo spirito giusto! Anche Mathilde è una tipa veramente simpatica. A dire il vero, è strana. Parla un po' come una pirata, ha sempre una parola rude in bocca. Mi fa schiantare dal ridere! Mi ha spiegato alcune delle cure principali per gli animali. Ovviamente per me sarà difficile... Però mi ha regalato un grosso libro da leggere, dovrò studiarlo per bene. Le mie ricerche non si fermano! Anche se preferirei proseguirle nell'ambito antropologico.»

«Antropocosa?» fecero gli altri due.

«Nell'ambito umano, babbei.»

Skye gli accarezzò la spalla. «Pian piano riuscirai a riprendere i tuoi studi. Un passo alla volta. Dobbiamo ambientarci bene, e non appena avremo acquisito un po' più di scioltezza, ci sentiremo molto più a nostro agio.»

«Tu mi sembri già a tuo agio» bofonchiò James.

«Non è proprio così. Mi manca Ghoda... e so che a te manca Atsu.»

Lui non rispose subito. La sola idea di trascorrere le giornate future senza Xerxes gli faceva ribollire lo stomaco di rabbia e sconforto.

«Meglio così» disse invece. «Almeno non sospetterà niente. Mi era sembrato che ultimamente io stessi esagerando.»

«E... dunque?» protestò Skye con cautela.

James la guardò esasperato. «Apprezzo il tuo sostegno, ranocchietta, ma sai che preferisco la cruda onestà.»

Lei abbassò la voce, sporgendosi in avanti per scrollarlo e ammiccando verso Owen: «L'esperto dice che l'omosessualità non è una malattia».

«L'esperto potrebbe sbagliarsi.»

«L'esperto non si sbaglia affatto» ribatté il diretto interessato.

«Allora trova una prova.»

Owen si raddrizzò per poterlo guardare. «Te l'ho già spiegato. L'unica maniera per esserne assolutamente certo sarebbe analizzare il cervello di una persona omosessuale. Ma non ho assolutamente intenzione di disezionarti la testa.»

«E ovviamente nessuno ha mai ammesso di essere omosessuale, perciò non sappiamo quale cadavere andare a dissotterrare.»

Owen trasse un lungo sospiro. «Un giorno riuscirò a provare quello che so

James non rispose, né guardò Skye, che continuava a scuoterlo.

Era tutto inutile.

Era contento di aver trovato due amici che, nonostante ciò che fosse, non lo deridessero né lo allontanassero.

Skye aveva scoperto la verità su di lui durante l'incontro ravvicinato con le sirene: James si era tolto il muschio dalle orecchie senza farsi vedere, approfittando del fatto che gli altri avessero gli occhi bendati. Non gli piaceva tenere le orecchie coperte, erano ciò che lo aiutava a sopravvivere, dopotutto. In quel momento aveva udito Skye che veniva infastidita da quei mostri simili ad arpie e, credendo le stessero facendo del male, era intervenuto. D'altronde lui non provava attrazione per le donne, perciò l'incanto delle sirene non gli aveva procurato alcuna ipnosi. E questo le aveva fatte molto arrabbiare, tanto che avevano cominciato ad additarlo come un essere spregevole.

Quel giorno Skye aveva capito, e ne era rimasta sconvolta... ma lo aveva accettato in un batter d'occhio, una cosa che lui non si sarebbe mai e poi mai aspettato.

E quando aveva conosciuto Owen, il miglior guaritore di Pure, aveva sperato che potesse trovare una soluzione alla malattia dell'omosessualità. Invece l'amico gli aveva sorriso asserendo che, secondo le sue teorie, l'omosessualità non era affatto una malattia. James non era riuscito a crederci, ma Owen aveva richiesto di potergli porre alcune domande – parecchio imbarazzanti – e alla fine del questionario aveva confermato che ciò che James provava erano lo stesso tipo di pulsioni e
sentimenti che un uomo poteva provare per il sesso opposto, soltanto che lui, nonostante fosse maschio, li sentiva per altri uomini.

Owen avrebbe tanto voluto far conoscere la verità al mondo, ma aveva bisogno di prove concrete, dato che alcuni credevano che l'omosessualità fosse una malattia data da anomalie del cervello.

Fino ad allora, James aveva le mani legate. Probabilmente non avrebbe mai potuto confessare i suoi sentimenti a Xerxes senza che l'amico lo guardasse storto... e in ogni caso, a lui potevano benissimo piacere le donne.

Dunque James preferiva non costruire troppi castelli in aria, si limitava a bearsi nella dolcezza dei suoi sentimenti e a divertirsi più che poteva con l'amico per il quale struggeva con tutto il suo cuore.

                                    *

Eccoci qua!
Prima di parlare di temi più importanti, cosa ne pensate della savana nella Riserva?
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero di averlo reso bene🙈
Che ne pensate di Fray? Credete che lui e James riusciranno ad andare d'accordo?
Non scandalizzatevi troppo se alza le mani su James. So che è sbagliato, ma al tempo andava così, devo attenermi anche alle usanze del passato!

Parlando invece dell'ultima parte, come avrete capito in questo mondo, dove chi non ha la magia viene mandato a morte, chi ne ha poca viene discriminato, chi è sterile viene considerato di basso valore, ecc... l'omosessualità è vista di malo occhio.
Ed ecco perché James non vuole parlarne.
Non dico che a Finwzima verrebbe ucciso, ma in altri Paesi sì, a Egaelith sicuramente, a meno che non venga preso come cavia da laboratorio.
Situazioni che purtroppo sono avvenute davvero nella storia del nostro mondo...
Ovviamente non teme che i suoi amici lo denuncino o chissà cos'altro, ma ha paura di perdere il loro rispetto, soprattutto quello di Xerxes.
Fortuna che Skye e Owen sanno la verità e stanno cercando di spingerlo a non vergognarsi, speriamo ci riescano.
Non voglio offendere nessuno con questo tema, assolutamente. Anzi, sto cercando di denunciare coloro che ancora hanno una mente arretrata su questo punto di vista, allo stesso tempo cercando di attenermi più che posso al passato.

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