14. Ritrovamenti e battibecchi
Kateur si sistemò i capelli per l'ennesima volta e si passò le mani sudate sui pantaloni, sospirando a fondo per calmarsi.
Katla scosse la testa, avendo percepito il suo nervosismo e sbatté con più energia le ali per innalzarsi di quota.
Kateur si girò per controllare dove fossero Noreen e Sygal e si rilassò nel vederli poco dietro di loro. Il drago rosso imitò Katla, inclinandosi verso l'alto.
Era la prima volta che tornavano nel continente, da quando si erano stabiliti a Noosh. Gli ultimi mesi li avevano trascorsi a sistemare l'isola e renderla di nuovo abitabile. Si erano solo concentrati sul vivere tranquilli, senza preoccupazioni. Sapeva, però, che Noreen non era così serena come voleva mostrare. C'era qualcosa che la impensieriva e sperava che ne avesse parlato con Katla e Sygal oppure con Viltor o Pess, dato che a lui non aveva detto nulla.
Era la prima volta che affrontavano un viaggio così lungo, dopo mesi, e Kateur aveva temuto che i due amici non fossero più allenati, ma Katla e Sygal l'avevano sorpreso. Si domandava perché avesse dubitato di loro, non ce n'era motivo. I draghi erano ben diversi dai cavalli. La loro forza e la loro resistenza non poteva essere comparata. Nonostante amasse i cavalli e ci avesse vissuto accanto tutta la vita, non poteva negare che i draghi li superavano in maestosità, in potenza e in intelligenza.
Si girò a guardare Noreen, che sedeva rilassata sulle spalle di Sygal, come se non conoscesse un posto più comodo. I due apparivano concentrati in un'intensa discussione silenziosa nelle loro menti.
Erano partiti giorni prima, diretti a Nauh, il villaggio dove era nato e cresciuto. Era passato quasi un anno da quando aveva lasciato la sua famiglia e ardeva dalla voglia di rivederla e far sapere che era ancora vivo.
In origine, aveva deciso di partire da solo, ma non appena aveva esposto la sua intenzione agli amici, avevano subito accettato ad accompagnarlo. Era stato felice di non dover viaggiare da solo. Sentiva il bisogno di distaccarsi un po' da Noosh e i compagni sembravano condividere lo stesso desiderio. Per quanto si stessero impegnando, quel posto era ancora pieno di segni del massacro e gli capitava spesso di incrociare Sygal e gli altri fermi in luoghi a caso, con lo sguardo perso nel vuoto.
Avevano proposto a Galapey e agli altri di venire con loro, ma avevano preferito rimanere a Noosh, anche a costo di dover vivere per forza in sembianza di drago per tutto il tempo in cui Noreen fosse stata lontana. Ne avrebbero approfittato per continuare i lavori, per quanto gli fosse concesso.
Ormai non mancava molto per arrivare a destinazione e più si avvicinavano, più si sentiva teso. Non aveva lasciato la sua famiglia in un clima di pace e non aveva mai avuto un rapporto amorevole con il padre e con il fratello e le sorelle. Sapeva che solo sua madre sarebbe stata davvero felice di vederlo.
Verso metà mattina, i due draghi scesero e si immersero nella vegetazione, studiando l'ambiente prima di atterrare.
Noreen balzò giù con grazia mentre Sygal riprendeva forma umana. Il ragazzo afferrò gli abiti che gli porgeva Noreen e si coprì in fretta, mentre Kateur si guardava intorno, per assicurarsi che non giungesse nessuno.
Quando anche Katla ebbe finito di rivestirsi, si incamminarono in direzione di Nauh.
«Qualche indicazione su come comportarsi con i tuoi familiari?» domandò Noreen, osservando la foresta intorno a loro.
Kateur accennò un sorriso. «Con mia madre non avrete problemi. Vi accoglierà all'istante. Mio padre non vi considererà con particolare attenzione. Si limiterà a essere sprezzante con me. Mio fratello non dovrebbe esserci, perché si doveva sposare poco dopo la mia partenza. Le mie due sorelle spero non siano in casa, altrimenti dovrete armarvi di pazienza» rispose, scrollando le spalle.
«Immagino che dovremo presentarci come tuoi compagni d'armi» commentò Sygal.
«Tu sì, sei uno che lavora con me come guardia di Gadiya. Loro due non saprei» mormorò Kateur, accarezzandosi il mento pensieroso.
Non aveva pensato alle bugie da inventare. Era ovvio che non potesse presentarsi dai suoi genitori e dire loro di essere in compagnia di due draghi e della loro Regina.
«Possiamo dire che io e Noreen siamo sposati e Katla è un'amica di Noreen» propose Sygal, dopo qualche minuto.
Kateur si ritrovò ad annuire, rendendosi conto che era l'idea migliore.
Uscirono dalla foresta e passarono davanti alle prime case. Kateur, in testa al gruppo, camminava deciso verso la destinazione. Non era cambiato nulla a Nauh e gli sembrava di essere stato lontano non più di qualche settimana.
Katla avanzava al suo fianco e gli altri li seguivano, mentre si guardavano intorno incuriositi, studiando il luogo dov'era cresciuto.
Kateur aumentò il passo, non appena la vecchia dimora apparve alla sua vista.
Il cancello che conduceva al cortile, dove aveva passato le ore ad allenarsi, era aperto come sempre. Durante il giorno i suoi genitori avevano dato l'ordine ai domestici di non chiuderlo, per rendere più agevole l'uscita ed entrata delle persone.
Il maggiordomo uscì in quel momento dalla casa e si avviò verso di loro. Kateur si fermò, sorridendo verso l'uomo.
«Bentornato, signorino. Non vi aspettavamo» lo salutò, accennando un inchino.
Kateur sogghignò. «Non è da me preannunciarmi».
I suoi amici non parlarono. Li guardò da dietro la spalla e scorse le loro espressioni stupite.
«I miei genitori sono in casa?» domandò, tornando a fissare il maggiordomo, per poi spostare lo sguardo sulle finestre dell'abitazione.
«Sì. C'è anche la signorina Olnis» assentì l'uomo.
Kateur non nascose una smorfia, prima di incamminarsi verso il grande portone d'ingresso, intarsiato e decorato con fini raffigurazioni floreali, come l'aveva voluto sua madre.
Prima di entrare dentro la casa, si fermò per voltarsi verso i compagni. «Mi dispiace, ma dovrete fare la conoscenza di mia sorella».
Noreen annuì, mentre Sygal e Katla osservavano l'ambiente con espressioni guardinghe, che gli ricordava bene le movenze che li caratterizzavano quando si trasformavano in draghi.
Entrarono nell'imponente villa, precedendo il maggiordomo che si fermò per chiudere la porta. Kateur respirò a fondo l'odore familiare che aveva quasi dimenticato. I suoi occhi si spostarono sui mobili e sui quadri appesi alle pareti. Nulla era cambiato. L'arredamento era opera di sua madre, come quasi tutto all'interno di quella casa. Sua madre aveva sempre dato importanza all'ordine e alle apparenze. Voleva che la casa rappresentasse lei e la sua famiglia. Quando un ospite entrava, doveva farsi all'istante un'idea dei suoi abitanti. Non c'era troppa bigiotteria in vista, come sempre. A sua madre non piaceva ostentare troppo il loro patrimonio. Gli aveva ripetuto un'infinità di volte che i soldi non esistevano per essere spesi in oggetti futili, ma ad arricchire una persona nelle esperienze, a permetterle di conoscere, di scoprire il mondo e realizzare i propri sogni.
Il maggiordomo li accompagnò lungo un corridoio stretto, con le pareti piene di dipinti di famiglia.
Katla si fermò davanti a un quadro che raffigurava lui da bambino, imbronciato per essere stato costretto a rimanere fermo per ore dai suoi genitori. Sebbene fossero passati anni, ricordava ancora quanto avesse detestato quei momenti, ricordava la voglia che aveva di correre in cortile dai cavalli. Invece era stato costretto a obbedire a ciò che gli diceva il pittore burbero che l'aveva ritratto.
Katla indicò con un dito il suo broncio. «Vedo che non è cambiato nulla» commentò, guardandolo con un sopracciglio inarcato.
Kateur le si avvicinò e si posizionò tra lei e il quadro. Socchiuse gli occhi e la costrinse ad arretrare. «Vorrei proprio vedere com'eri tu da piccola».
Vide con la coda dell'occhio Noreen e Sygal guardarli, mentre scuotevano piano il capo.
Il maggiordomo lo chiamò, mentre bussava alla porta dello studio del padre e Kateur dimenticò all'istante la provocazione di Katla, mentre si preparava ad affrontare i suoi genitori.
Percepì su di sé l'occhiata attenta di Katla su di lui e sapeva che aveva percepito il suo nervosismo, ma la ignorò.
Prima che l'uomo potesse annunciarlo, si fece avanti. Per nulla al mondo avrebbe aspettato il permesso di entrare, come se fosse un ospite o uno della servitù. Non avrebbe dato quel potere a suo padre.
Entrò nella stanza con arroganza e aprì le braccia. «Il vostro figlio preferito è tornato!».
La madre spalancò gli occhi e lo fissò per alcuni secondi, immobile, prima di correre da lui e stringergli le braccia intorno al collo. Kateur ricambiò l'abbraccio, affondando il naso nella chioma scura e riccia e inspirando il suo odore.
Sua madre si staccò un po' e gli cinse il viso con le mani, studiandolo. «Mi sei mancato! Sono stata così in pensiero per te!».
Kateur le sorrise in maniera genuina, lasciando cadere l'espressione altezzosa.
«E loro chi sarebbero?» domandò il padre, scrutando con diffidenza i suoi amici, rimasti sulla soglia.
Kateur smise di sorridere e alzò lo sguardo sull'uomo.
«Sygal è un mio amico. Noreen è sua moglie e Katla un'amica di Noreen» li presentò, indicando ciascuno di loro.
La madre sorrise gioiosa a tutti e li invitò ad accomodarsi sui divanetti presenti. Il padre continuò a fissarli serio, senza muoversi dalla scrivania alla quale era seduto.
«Volete qualcosa da bere? Avete fame?» chiese sua madre, premurosa com'era sempre con tutti.
«Io vorrei un po' d'acqua» rispose Noreen, ringraziandola, imitata poi dagli altri.
Suo padre non smise di fissarli con un cipiglio irritato e Kateur dovette trattenersi dal dirgli qualcosa. Non gli piaceva come li stava accogliendo, soprattutto sapendo quanto Katla e Sygal fossero sospettosi nei confronti degli umani.
Lo guardò serio, intimandogli con gli occhi di smetterla di giudicarli. Poteva prendersela con lui quanto voleva, ma non doveva azzardarsi a fare lo stesso con i suoi amici.
Suo padre ricambiò l'occhiata e Kateur serrò appena le palpebre, sfidandolo. Era da anni che si scontravano in quel modo, da quando aveva iniziato a rispondergli, invece che accogliere tutte le sue sgridate a testa bassa.
Udì i passi della madre che si dirigevano fuori dalla stanza per prendere una brocca e dei bicchieri e percepì le occhiate dei compagni alternarsi tra lui e suo padre, ma non distolse lo sguardo.
La madre tornò e servì da bere a tutti, prima di richiamare il maggiordomo. «Chiama Olnis».
Kateur per poco non fece scattare gli occhi su di lei. Era già difficile affrontare suo padre, ma con sua sorella la situazione sarebbe solo peggiorata. «Non c'è bisogno di scomodarla». Suo padre fu il primo a cedere e spostare lo sguardo sulla moglie e Kateur trattenne un sorriso vittorioso. La madre ignorò il suo commento, mentre si andava a sedere sul divanetto, accanto a Katla, la quale seguì ogni sua mossa e si irrigidì in maniera impercettibile non appena se la ritrovò vicino.
In quel momento, Olnis fece il suo ingresso nella stanza e si immobilizzò, non appena lo vide. «Non sei ancora morto» proferì, rivolgendogli una smorfia.
Kateur rimase un secondo in silenzio, meditando se risponderle o meno. Decise che non aveva alcuna intenzione di farsi prendere in giro da lei davanti ai suoi amici. «Non sei ancora sposata» ribatté, sorridendole. Era a conoscenza che il ragazzo che si era fatto avanti anni prima, alla fine, non le aveva chiesto la mano.
La madre li fissò con aria severa, ma non disse nulla. Lo sapeva che si stava trattenendo dallo sgridarli solo per gli ospiti.
Olnis lo guardò male, ma non ribatté.
I suoi occhi scuri si spostano sui suoi amici e, non appena caddero su Sygal, le si dipinse un sorriso gentile in faccia.
«E tu chi saresti?» chiese con voce adulante, facendo un passo avanti.
«Sygal. Sono un amico di Kateur» rispose, dopo aver rivolto un'occhiata esitante a lui.
Olnis ridacchiò, coprendosi il viso con la mano. «Sono tutti così affascinanti i tuoi amici, Kateur?».
Noreen serrò i denti al suono della sua risata e distolse lo sguardo, puntandolo sul pavimento. Serrò le dita intorno a un lembo della gonna del vestito, per tenere a bada l'irritazione. Era solo una ragazzina e Kateur li aveva avvertiti riguardo al suo carattere. Una mano si posò sulla sua e le dita di Sygal la strinsero poco. Noreen portò lo sguardo su di lui e si tranquillizzò, nel vedere il suo viso rilassato. Sygal non ricambiò l'occhiata, ma la mano rimase sulla sua, mentre il pollice la accarezzava con delicatezza.
L'attenzione di Olnis cadde proprio lì e il suo sorriso sparì. La guardò dritta in faccia e Noreen ricambiò lo sguardo. Non si sarebbe fatta intimidire da una ragazza più piccola di lei.
«Avevamo pensato di restare qualche giorno qui» proferì Kateur, attirando l'attenzione di tutti i presenti.
La madre batté le mani e sorrise, contenta. «Sì, va bene! Vi farò preparare le stanze». Lanciò, però, delle occhiate dubbiose a tutti loro.
«Io e Katla dormiremo insieme» si intromise Noreen, intuendo il perché dell'esitazione della donna.
La madre di Kateur annuì, più sollevata.
«Cosa avete intenzione di fare in questi giorni?» domandò il padre, diretto a lui. Kateur si voltò nella sua direzione e gli rivolse un ghigno appena accennato. Era consapevole che il padre tollerasse appena la sua presenza da quando si era rifiutato di succedergli nei commerci marittimi di proprietà della famiglia. Anche Fonk si era tirato indietro, ma non era sicuro di quali fossero i rapporti tra loro. Gli era sempre sembrato che il padre preferisse suo fratello a lui. In tutto.
«Faccio vedere loro Nauh e poi passerò del tempo con voi, ovviamente» disse, tornando a guardare la madre, per non dover vedere la reazione del padre.
Noreen e Katla si ritirarono nella prima stanza del corridoio al primo piano, mentre Kateur e Sygal scelsero quella di fronte, che era appartenuta a Kateur prima della sua partenza.
Rimasero tutti nelle rispettive camere, in attesa del pranzo. Nessuno di loro aveva voglia di passare più tempo del necessario con il padre e la sorella di Kateur ed erano troppo stanchi per poter solo pensare di fare una passeggiata o esplorare Nauh.
Quando vennero fatti suonare i tamburi che segnalavano l'ora, il maggiordomo bussò alle porte delle stanze, per invitarli a scendere per il pranzo.
Noreen e Katla furono le ultime a presentarsi e Noreen dovette trattenersi dallo sbottare, quando vide che Olnis si era seduta nell'unico posto accanto a Sygal. Il ragazzo incrociò il suo sguardo e sembrò chiederle aiuto in silenzio.
Noreen prese un respiro profondo, mentre Katla le stringeva appena il braccio. «Calma, ora la distruggiamo» le sussurrò all'orecchio, prima di sedersi di fronte a Olnis.
Kateur sedeva a capotavola, a destra di Sygal e suo padre era al capo opposto, con la moglie tra lui e Olnis. Noreen prese posto sull'unica sedia rimasta, tra Katla e Kateur e di fronte a Sygal.
I servitori arrivarono subito, portando varie portate di pesce, formaggi e verdure.
Noreen alzò la testa e notò lo sguardo di Sygal su di lei, che la fissava come se fossero da soli. Inarcò un sopracciglio, ponendogli una silenziosa domanda. Sygal accennò un sorriso e i suoi occhi la studiarono.
Continuarono a guardarsi e Noreen smise di seguire le conversazioni che avvenivano intorno a lei. Si dimenticò quasi della presenza fastidiosa di Olnis o di Katla alla sua destra. Udiva in maniera ovattata la voce irritante del padre di Kateur, ma nella sua visuale c'erano solo gli occhi di Sygal che la attiravano a lui. Quando le capitava di mantenere il contatto visivo con lui tanto a lungo, le pareva di percepire un legame tra loro, del tutto diverso rispetto a quello che aveva con i draghi. Sembrava che una corda li tenesse legati e impedisse loro di allontanarsi troppo l'uno dall'altra.
Kateur alternò lo sguardo da suo padre a Sygal e constatò che l'amico stava guardando Noreen con aria sognante. Il padre ripeté la domanda rivolta a Sygal e Kateur aspettò ancora due secondi, prima di tirargli un calcio sotto il tavolo.
Sygal sobbalzò sulla sedia e si girò verso di lui con un'espressione stupita.
Gli indicò con gli occhi il padre e Sygal voltò di scatto il capo verso l'altro lato del tavolo. «Dicevate?».
Suo padre sbuffò e per un attimo Kateur sospettò che gli avrebbe sbraitato contro, ma con sua sorpresa si ripeté. «Ti stavo chiedendo se ti piace il lavoro. Kateur non si è dilungato troppo nelle spiegazioni». Kateur ricambiò la sua occhiataccia con una smorfia e si concentrò sul suo pranzo.
Sygal poggiò la forchetta e il coltello e chiuse i pugni poggiati sul tavolo. «Pagano bene» rispose, scrollando le spalle.
«È pericoloso?» domandò sua madre, ignorando il suo sguardo. Lo imbarazzava che ponesse quel tipo di domande, soprattutto sapendo in cosa si era cacciato negli ultimi mesi e nelle condizioni in cui l'avevano visto i suoi amici.
«Qui a Nauh non ci sono soldati interessanti» si intromise Olnis, scuotendo la testa con disappunto.
«I soldati servono per proteggere la città, non a far sognare le ragazzine a occhi aperti» proferì Katla, inchiodandola sul posto con una delle sue occhiate gelide.
A Kateur andò di traversò il boccone che stava masticando e si colpì il petto più volte, mentre tossiva.
Gli occhi di tutti si spostarono su di lui e alzò una mano, per far capire che stava bene, mentre beveva un sorso d'acqua e faceva dei profondi respiri.
«Katla, tu invece che lavoro fai?» domandò la madre, sorridendole.
Kateur alternò lo sguardo tra le due donne, domandandosi se fosse il caso di fermare tutto ciò che stava accadendo, prima che fosse troppo tardi.
Katla ignorò gli sguardi preoccupati che le lanciarono in tre e rispose con serietà. «Sono una guerriera».
Kateur guardò impotente i suoi genitori sbarrare gli occhi. Avrebbe voluto tirare un calcio allo stinco pure a lei. Non faceva parte degli accordi. Fece per aprire bocca, per evitare che quella conversazione evolvesse in peggio, ma non fu abbastanza veloce.
«E da quando le donne possono combattere?» domandò suo padre, con sdegno.
Agì d'istinto, mettendo da parte la razionalità. «Katla è bravissima a combattere. È una delle poche che sappia tenermi testa» proruppe, fissandolo. Non si azzardò a ricambiare lo sguardo di Katla. Sentiva i suoi occhi attenti su di lui, ma non riusciva a capire quale fosse la sua espressione.
«Se è davvero così, ho fatto un pessimo lavoro con te» commentò lui, concentrandosi sul piatto.
Kateur aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Era inutile provare a discutere con suo padre. Aveva perso da tempo la voglia di tentare a fargli cambiare idea.
«Kateur è un guerriero impeccabile e, se negli ultimi mesi sono migliorata così tanto, lo devo a lui» disse Katla, con voce stizzita.
Kateur la guardò sorpreso. Non si sarebbe mai aspettato simili parole da parte sua. Per la verità, non aveva nemmeno idea di quale fosse l'opinione di Katla nei suoi confronti.
«Vi allenate insieme?» domandò sua madre, mentre si voltava verso di lui con una luce strana negli occhi. Sembrava aver realizzato qualcosa a cui non aveva pensato prima e Kateur ebbe paura di sapere quali conclusioni avesse tratto dalle loro parole.
«Cosa ti aspettavi, mamma? A Kateur piacciono solo le ragazze barbare e violente come lui» commentò Olnis, con supponenza.
«E le ragazzine viziate e maleducate come te a chi piacciono?» sbottò Katla.
Questa volta fu Sygal a tossire, quando gli andò l'acqua di traverso.
Olnis fece per aprire bocca, ma la madre intervenne prima che la situazione degenerasse. «Olnis, comportati come si deve con gli ospiti».
Kateur fissò la sua famiglia, pensando di non essersi mai sentito in imbarazzo come in quel momento.
«Si comporta bene con te mio figlio?» chiese sua madre, non intenzionata a lasciar cadere la conversazione.
Kateur chiuse gli occhi, mentre Katla si irrigidiva.
Esitò un paio di secondi, che lo convinsero di non voler udire quale sarebbe stata la sua risposta. «Sì, sono felice che abbia deciso di addestrarmi».
La guardò, colpito. Era solito di Katla dire la verità in faccia alle persone, fregandosene di quanto potesse essere crudele. Non gli sembrava che avesse mentito, però non riusciva a credere che fosse quello ciò che pensava di lui. Da come si comportava, gli dava l'idea che non lo sopportasse e invece aveva appena dichiarato davanti ai suoi genitori che le faceva piacere allenarsi e passare del tempo con lui. La studiò, provando a interpretare le sue espressioni facciali, ma il suo viso era impassibile e non si girò nella sua direzione.
La madre alternò lo sguardo tra di loro, più volte.
«Possiamo passare alla seconda portata?» propose, mentre richiamava i domestici.
Quella conversazionedoveva finire. Subito. La madre parve comprendere la sua volontà, perché annuìe ripose le posate nel piatto vuoto, senza aggiungere più nulla.
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Con questo racconto si conclude il terzo libro! :)
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