2° capitolo - Inverno
Dedicato a te, che senti il fardello del tempo, fin dentro le ossa, che ti consuma, dentro, appropriandosi di ogni tuo centimetro.
Dedicato a te, che fai tua la paura di un 'è troppo tardi.', che fai tuo il sentimento nostalgico di ciò che avresti potuto compiere.
L'eternità e il per sempre sono una retta linea infinita coincidente, la seguono gloriosamente, fieri di loro stessi.
Fai della tua paura il tuo coraggio.
Non è mai troppo tardi per concedersi un minuto di eternità.
Essa risiede lì.
Mi bastava abbandonare al vento il mio cuore, come gli uccelli. Perché non potevo buttarlo via, mi dissi. A volte era pesante e cupo, era vero, ma succedeva anche che portato in volo dal vento riuscisse a vedere attraverso l'eternità.
-Haruki Murakami
Era un mondo concepito da insulsi alleati, esseri capaci di bruciare la tua essenza, fino al midollo. Lacerata, senza alcuna pietà.
Ossigeno al cervello quasi cessato. Cuore anestetizzato, da una dose di troppo.
Jami era intensamente legata all'inverno per tante ragioni, una di queste era data dalle sue radici, che si rigeneravano in un modo risolutamente inconcepibile persino per la ragazza, all'interno del suo organismo. Ogni inverno si rigenerava da una nuova radice, che si radicava altrettanto intensamente dentro la sua anima, e non poteva eludere dalle sue stesse diramazioni. Di questo ne era certa; erano parte di lei. Scrutò la finestra, fino a restare priva della sua stessa cognizione del tempo, ma, fortunatamente, la sveglia che aveva spento con noncuranza, risuonò ancora una volta. Era impostata ogni dieci minuti nel caso sarebbero avvenuti casi come questi. Così destandosi, si accorse di non star ancora più vorticando nell'accumulo di pensieri offuscati dentro la sua mente. Si sollevò dal pavimento, e si diresse a svolgere le normali azioni abituali per fuoriuscire da quelle mura, per poi dirigersi in cucina, per soddisfare il suo appetito. Quella mattina aveva un certo languorino, così si mise a rovistare tra il poco cibo presente dentro la credenza, e agguantò, senza considerare due volte, la nutella. Nessun modo migliore di incominciare la giornata, pensò, sorridendo di gusto. Valutava la colazione come il pasto più significativo di tutta la giornata, quindi, quasi sempre, ne approfittava al meglio.
Mangiucchiò, inoltre dei biscotti, i suoi preferiti, sprofondando nella sedia, accanto al padre, intento a mangiare rumorosamente del bacon, e qualunque altro cibo che si trovasse dentro il suo piatto.
《Potresti, per favore, masticare con la bocca chiusa? Non ci tengo a vedere -qualunque schifezza essa sia- dentro la tua bocca.》 Alzò gli occhi al cielo, e battè le mani sul tavolo, con l'incomparabile aspirazione di poter prestare la sua attenzione, per una volta. 《Uhm, vedo che devi esserti svegliato con il piede corretto, per sorridere così.》 Si impose un sorrisino fastidioso in volto, non voleva rimanere di certo in attesa di una risposta da parte del padre, così ritornò spontaneamente a sgranocchiare gustosamente ciò che aveva di saporito dinanzi.
《Tesoro... come sei sexy.》 Proferì quelle quattro parole in modo sgradevole, in una maniera così repellente che Jami dovette quasi reprimere il conato. Sollevò lo sguardo e intravide dalla soglia della cucina una donna con solo dell'intimo addosso.
《Stai scherzando, spero! Ma non ti vergogni, che cazzo? Un po' di decenza, dato che qui è presente una minorenne. Esisto, sai.》 Razionalizzò la ragazza, colta dalla sorpresa, anche se il padre non riuscì a capire del tutto le parole della figlia, poiché la squadrò come se fosse la cosa più naturale del mondo la situazione che si era rivelata dinanzi. In breve, una donna mezza nuda in casa sua, non lo era, anche se la testa di Alfred gli diceva che era alquanto normale.
Il padre fece un'espressione intimitadoria e poi replicò: 《Siamo in pieno inverno, figliuola. Aveva bisogno di un posto dove dormire. E così, dato che mi ritengo una persona buona, ho offerto un posto caldo dove poter stare per qualche giorno. Non ti dà fastidio, vero?》 La prese in giro con nonchalance, e incoraggiò la donna, di cui Jami non riusciva a intuire l'età, forse una cinquantina di anni, a raggiungerlo. 《Anche perché non mi importerebbe comunque la tua opinione.》 E, appena la donna gli si avvinò, in modo da poter avere un contatto diretto, la fece sedere impetuosamente sulle sue gambe.
《Che schifo... Non riesco proprio a vedere questo scenario. Devo andare...》 Riuscì a enunciare dalla sua bocca, lasciandosi alle spalle uno schifo indegno di essere visto.
Proprio quando decreti di assistere ad uno spettacolo, gremito di gente, con i panni da spettatore, preparato per scrutare le molteplici scene che lo compongono. Cosicché, inizi a crearti all'interno delle aspettative spropositate. Auspichi che i tuoi desideri siano degni dello spettacolo. Quando giungi alla metà di esso, ipotizzi che codesto non risale minimamente a quello che avevi confidato. Ma non desisti, continui ad auspicare. E, a fine, arrivi alla conclusione che non è risalito a ciò che aspiravi, in questo modo quasi inconsapevolmente, le tue aspettative svaniscono, si consumano come cenere, come carta incenerita da una fiamma, pronta a bramarla. Era così quello che provava dentro di sé, la ragazza glaciale. Solo che per lei la sua vita era uno spettacolo indegno di essere scrutato, sapeva già la fine, e non voleva essere ancora di più sbriciolata come cenere consumata da fuoco e carta.
Avviò i suoi passi verso la fermata dell'autobus, arrivando in tempo.
Si adagiò sul sedile, prima che inaspettatamente sbandasse, facendola atterrare, non molto delicatamente, con il culo per terra.
"Un po' di prudenza 'sti fottutissismi conducenti, no?!"- rimuginò la ragazza incazzata, mettendosi ancora una volta a sedere nel suo posto.
Avrebbe tanto aspirato che, in quella mattina, quel mezzo prendesse strade differenti, qualunque altra curva sarebbe andata più che bene, o qualsiasi altra finalità, ma quel pullman, sfortunatamente, aveva un'ultimata destinazione: il suo categorico inferno personale, ma anche il suo unico rifugio.
Un luogo, per una persona, può essere mai due posti diversamente opposti fra loro? Ne era consapevole, tutto questo andava contro ogni logica.
Ma, eppure... se adagiava la mano sul cuore, possedeva già la sua risposta.
Come le sue braccia, come poterle dimenticare... mentre ad ogni istante, ad ogni stretta avvertiva quel calore penetrarle la pelle, lasciandole accarezzare tutti i contorni, fino a penetrarle l'anima radicata.
Come un tocco di labbra posato in fronte, con la sua umile protezione recata, per sempre, nella sua giovane e sconfinata perpetuità. Il suo riparo favorito, non cercare con la mente, nè con cuore, altro all'infuori di questo. Ma poi accadde. La nebbia si dissolse irrimediabilente, lasciando spazio al sole di conquistare una parte di firmamento, e svanì pure un po' lei. E, senza, Jami percepiva sempre meno ossigeno inalato ad ogni minuto respirato. Non l'aveva resa libera, come un uccellino ferito a cui donare, tanta cura, per regalargli il volo verso la vastità. Non l'aveva esonerata, l'aveva lasciata morire con la sua assenza.
I suoi passi inondarono l'atrio esterno del luogo in cui aveva appena terminato la sua destinazione. Si diresse verso i suoi amici, come d'abitudine, per rivolgere loro un saluto.
《Ciao, ragazzi. Come va?》 chiese la ragazza beatamente, catturando in profondità dalle tasca del suo giubbotto nero in pelle, il suo consueto pacchetto di sigarette.
《Direi alla grande!》 uno dei suoi migliori amici, strizzò l'occhio a Marise, ma Jami rimase equivalentemente smarrita e interdetta dalla situazione. Non ebbe neppure il legittimo tempo per accendere consuetamente la sua sigaretta, che venne trasportata via, in un battito di ciglia.
《Non so come dirtelo, quindi andrò dritta al punto. Jared mi ha chiesto di uscire questa mattina, poco prima che tu arrivassi. Mi ha trascinata in un angolo della scuola, e me l'ha chiesto. Io ancora non posso crederci...》 sussurrò, come per non farsi udire. Correva dietro quel ragazzo da circa due anni, aveva atteso questo momento dopo così tanto tempo, che non potette quasi crederci. La ragazza dagli occhi color ghiaccio era così contenta per lei, che instintivamentè mostrò un sorriso a trentadue denti e saltò di gioia per lei. 《Te lo meriti. Dopo così tanto tempo, amica mia, finalmente hai la tua occasione. Sfruttala più che puoi, e divertiti!》 L'abbraccio tenacemente: 《Grazie. Solo un piccolo particolare... be', okay, tu verrai con me, e per tutta la sera starai con Milton, il ragazzo con i capelli biondi, e gli occhi verdi, sai, quello molto carino...quello del quinto anno, hai presente?》 Tentò di aprire la sua mente, cercando di farle rammentare di chi stesse parlando.《Cooosaa? Deve esser per forza uno scherzo, Marise.》 Le appoggiò una mano sulla spalla, come per rimuginare su. 《Senza offesa, ma sai che io non uscirò mai con lui! Non vorrei mandarlo a 'fanculo al tuo primo appuntamento. Quindi, con permesso...》 con passi lenti si discostò dalla sua amica, ma, subito dopo, percepii un tocco sul braccio e si ritrovò inchiodati gli occhi castani dell'amica. 《Ti prego, io ho bisogno di te. Sarei più tranquilla se tu ci fossi.》 La scrutò dolcemente, fino ad ottenere un sorriso come risposta da parte di Jami.《E va bene, verrò, rompipalle.》 sottolineò, e la campanella suonò.
Nel frattempo, la mattinata stava trascorrendo molto lentamente, proprio come lei aveva prefissato inizialmente.
Tutto era già stato calcolato, esattamente come un lavoro di una melensa calcolatrice; altresì insulsato oggetto che non permette alla mente di ragionare con dei modesti calcoli. Diciamocelo, eseguire una banalissima operazione era divenuto uno sforzo, e quindi si evitava tutto ciò che riguardasse implicare la mente a maggiori calcoli. E invece Jami voleva scervellarsi, doveva sforzare la mente, e riuscirre a trarre soluzioni esatte, e non errate, poiché, se accadeva come in quest'ultimo caso, il calcolo equivaleva a come la sua mente aveva elaborato nel peggiore dei modi. E il suo cervello non poteva farsi ingannare da un insulso calcolo.
Ma qua non si trattava di numeri, e nemmeno di corrispondenze numeriche, qui, il centro di tutto, era il tempo, e di come Jami voleva ingannarlo. Proprio così, il tempo, nel corso della nostra vita, non fa altro che terci sempre trappole, ci illude. È il primo fattore interno alla nostra realtà che ci fa essere certi che possiamo essere noi, componente esistenziale umana, i primi ad averlo sotto controllo, ma è esso che ha il pieno gioco su di noi.
Prendiamo da esempio Rapunzel. Esso era sempre stato il cartone prediletto da Jami. Quella ragazza era rimasta incantenata per molti anni dentro quella torre, coltivando una speranza ogni giorno, auspicando che, qualcuno, nel profondo del cuore, avrebbe potuto trarre in salvo la principessa. L'illusione non si infranse, ma al contrario, si mutò in una realtà sbalorditiva. E poi c'era lei, la ragazza che possedeva le schegge nel cuore, e l'anima in fiamme. Il fuoco stava incenerendo ogni singola parte di lei.
Aveva realizzato, con le conseguenze di un dolore più grande di se stessa, lei stessa quella gabbia; era la sua prigione personale. Era imprigionata, e non riusciva pù a scorgere la chiave. No, non rammentata dove l'aveva collocata. Chiedeva aiuto, ma nessuna la udiva, perché, nella vera realtà, non c'era un briciolo di anima umana attorno a lei. Questa era l'angosciante concretezza, e si sa, quando non si riesce a scovare la chiave della nostra essenza, siamo fottutamente sperduti, e pobbiamo solo essere noi la nostra esclusiva sicurezza. Perché, inconsapevolmente, inesorabilmente, siamo e saremo sempre noi la chiave per la nostra salvezza.
Molte volte, le fiabe ci mostrano i lati migliori, non facendo vedere le sofferenze dietro ogni singolo gesto. Ma riflettendoci su, se il cosidetto principe non fosse mai arrivato a salvarla da quella torre, se non fosse giunto in tempo, tutto si sarebbe potuto capovolgere. È proprio questo che compie. È in grado di stravolgere le situazioni a seconda di quello che noi ultimiamo, che svolgiamo, le nostre azioni, sono vittime del tempo.
E Jami voleva prestabilire il tempo, per lei era come una peculiarità che considerava constantemente. Voleva gestirlo a sua volta, proprio come faceva esso. E sebbene questo fosse qualcosa di assolutamente utopistico, era intenta a usufruire altresì di quel singolo minuto che poteva determinare l'influenza dell'eternità, così infinitamente perpetuo. Un minuto poteva essere l'eternità.
Qualcunò la destò, richiamandola.《Pss, Jami, sei brava a disegnare. Scusami tanto se mi sono permessa di prenderti dallo zaino questo foglio di carta bianca, ma non sono riuscita a resistere alla tentazione. Sono dei lego, vero? E poi... non riesco a capire.》 Jami si voltò, per lei non era soltanto una rappresentata artistica. Per lei questo contorni erano la caratteristica di un qualcosa di più. Glielò strappò dalle mani. 《Scusami, non volevo farti arrabbiare.》 Le bisbigliò per non farsi sentire dalla professoressa, in piena lezione.
Quel disegno era incompleto.
Mancava un pezzo. Il più importante.
Nessuno lo sapeva, non lo sapeva neppure lei.
Spazio moi:
Ehilà. Avete tutto il diritto di avercela con me per il mio immenso ritardo. Non ho più scritto per differenti motivi, sarebbe inutile elencarli, ma quello principale è stato dato soprattutto per la scuola; non riuscivo ad andare avanti nè con la lettura nè con la scrittura. Mi occupava troppo tempo, ed ho dato tutto per essa. Poi, appena è finita, non ho continuato subito, poiché credevo di aver perso tutto, mi sono scoraggiata, insomma! Ma la scrittura non ha mai smesso di far parte di me. Dimostrazione dal capitolo appena pubblicato.
Spero che leggerete, che commenterete, che scriviate tutto ciò che pensate. Mi dareste il coraggio giusto per andare avanti.
Grazie.💕❤
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