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settantuno giorni prima

Mancavano due mesi alla fine della scuola. Ah, le superiori, che anni orribili: non avevo ancora scelto il college, non avevo un vestito per il ballo di fine anno e, indovinate un po', non avevo un ragazzo che mi accompagnasse.

Non ero una secchiona, ma non andavo poi così male. Non potevo permettermi di perdere anni, dovevo andare al college e scappare da questa noiosa città. Almeno quelli sarebbero dovuti essere i miei piani.

L'unica persona con cui avevo un rapporto stretto era la mia migliore amica, Hope. Non godeva di una bellissima reputazione. Aveva avuto diversi ragazzi rispetto a me ed era giudicata molto anche per il suo aspetto provocante.
Non fraintendete, Hope era una ragazza stupenda: aveva dei bellissimi capelli biondi lunghi abbastanza da coprirle il seno, la sua pelle chiara era chiara e gli occhi erano verdi e vivaci e miriadi di lentiggini le illuminavano il viso, nel complesso, aveva un corpo da modella.

Io, dall'altra parte, non le somigliavo affatto: i miei capelli color miele diventavano più scuri in inverno, schiarendosi poi in estate, i miei occhi, alla luce del sole, avevano sfumature dorate, sfortunatamente però non sono un vampiro.
Non avevo un fisico perfetto e non ero alta, ma, nonostante ciò mi piacevo così com'ero.

Ci conoscevamo sin da bambine ed eravamo cresciute insieme, come i nostri genitori.


( Con il passare degli anni le due famiglie crearono tante tradizioni.
Il Natale ad esempio, lo passavamo tutti insieme allo chalet in montagna che apparteneva alla famiglia di Hope. Noi ragazze, assieme alle mamme, preparavamo la cena mentre gli uomini andavano ad addobbare la casa.)

Come ogni fine settimana, eravamo tutti al ristorante e l'incantevole belvedere di cui si godeva era di un mare cristallino a pochi passi da casa mia per la "pizza del sabato sera". Hope ed io eravamo sedute vicine, abbastanza distanziate dai nostri genitori, così da parlare tranquillamente di gossip e varie stupidaggini adolescenziali. Accanto a me si sedeva la mia sorellina di dodici anni con lo scopo di ficcanasare negli affari nostri; di fianco a Hope invece c'era Jerome, suo fratello.
Frequentava il nostro stesso anno.
Bello, presuntuoso, arrogante e donnaiolo. Un classico.

« Grace, tu non puoi capire! Sai chi mi ha chiesto di uscire?! » esclamò all'improvviso Hope.
« Chi? » risposi.
« Aiden! Non posso crederci, l'ho guardato tutta la settimana, molto intensamente, e lui mi ha chiesto di uscire! A me, Hope! Sto per morire, si ne sono sicura... »
« Ok, ok, ferma il mondo. Non devi iniziare a fare film dove vi sposate in un giardino pieno di fiori colorati, confetti e unicorni rosa, capito! Vacci piano, non come le altre volte perché poi... » non feci in tempo a finire la frase che mi interruppe...

« Sì sì sì, lo so, se no ci resto male e ci ritroviamo a mangiare tanto gelato nella mia bellissima piscina con luci a led che cambiano colore. Andiamo G. non è così male! » Lei provava ad essere ironica ma io sapevo benissimo che stava male, e quando la vedevo piangere, crollava la sua faccia da dura ed io stavo male per lei. 

Tanto per informarvi, G. sono io. Mi chiamo Grace ma lei mi chiamava G. e, si, i miei genitori stavano guardando "L'erba di Grace" quando hanno scelto il mio nome.
« Va bene, ma sappi che se farà qualcosa di sbagliato, gli staccherò la testa! » dissi.
« Grace, una mosca! No, non sapresti far male neanche a quella. » rispose.
"Ma che simpatica" pensai. « Simpatica Hope, peccato tu conosca solo questa battuta. Ora chiudi la bocca. » le feci un sorriso sarcastico e poi presi Hope per mano e la trascinai via dal tavolo.
« Mamma, papà, noi andiamo. Ci vediamo a casa più tardi » dissi.
« Va bene Grace, state attente. Hai abbastanza batteria nel telefono?!» Mi chiese mamma. Ansiosa come sempre. 

( Dalla nascita di mia sorella Cassiopea, iniziò ad assillare lei, ma aveva un valido motivo per farlo ). 

« Si mamma, ciao!» Le urlai mentre correvamo via.
Andammo a casa sua a guardarci i film romantici su "Netflix" mentre lei scriveva con la sua ennesima, nuova, fiamma.

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