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20. Forse

Leviatano non fu il solo a vedere come Lilith aveva spinto Adamo. Quella sua capacità spaventava Luce, anzi era terrorizzato. Terrorizzato dalla consapevolezza di aver sbagliato un'altra volta. Forse, distratto dai suoi pensieri, aveva fatto fluire troppo energia nel cumulo di fango o forse l'energia rubata dai Creatori aveva dato poter a entrambi. D'altronde non conosceva ancora bene le entità cosmiche che avevano governato l'universo e nemmeno i loro poteri.

Anche Adamo possedeva quella forza sovrumana? Se non fosse così, cosa avrebbe dovuto fare con Lilith? Lei non era del tutto umana, perciò non poteva rimanere sulla Terra ancora a lungo.

Domande. Si stava ponendo troppe domande e troppo in fretta. Le risposte poteva averle un'entità che Lui conosceva bene, ma non sapeva se avesse accettato ancora di aiutarlo. Gli avrebbe fatto visita, sperando in un esito positivo.

Mentre il sole tramontava, Luce vide la Prima Donna che usciva da una pozza d'acqua, un dono della Dea Isis. Si chiese cosa dovesse farne di lei e anche se ne valesse la pena proseguire con il suo progetto.

Comparve accanto ad Adamo, il quale consumava ancora il suo cibo. Non sapeva quanto un umano mangiasse, anche se li aveva creati lui, ma era sicuro che divorare un cinghiale non era normale.
Forse aveva fame perché era nato da poco, ipotizzò.
Era titubante riguardo alle sue due creature. Forse avrebbe dovuto fare un prototipo e testare la sua creazione prima di dare vita a quelle originali.

Forse. Lui non aveva bisogno di dubbi o ipotesi, ma di certezze, eppure non faceva altro che porsi nuove domande. Ma com'era possibile? Lui aveva sempre una risposta a tutto, lui sapeva tutto: doveva essere onnisciente!

Guardò a lungo suo figlio da sotto un albero qualunque, ma mai Adamo si accorse di suo padre. Possibile che fosse così occupato da non accorgersi della presenza di Luce?

«Figlio mio» lo chiamò.

Adamo voltò il capo per vederlo e, con la bocca piena, bofonchiò: «Padre...».
L'uomo volle alzarsi, ma il Dio lo bloccò.
«Non ti scomodare, finisci prima».
«Che sapore ha?»

«Non mi piace. Tutto questo liquido rosso è disgustoso, ma ho così fame...».

«Usa il fuoco per cuocere ciò che rimane del pasto e offrilo alla tua consorte» gli propose.
Gli occhi di Adamo si illuminarono. In quel modo avrebbe potuto riappacificarsi con lei, o almeno poteva provarci.

«In che modo, padre?»

Luce non rispose. Si limito a mostrare nella mente di suo figlio quello che avrebbe dovuto fare.

«Ti ringrazio».

«Ricorda la tua posizione e il tuo dovere in quanto uomo» asserì il Dio. Svanì alla vista del figlio, restando a osservarlo mentre lui accendeva un fuoco con dei rami secchi. Fece fatica a cuocere quella coscia, probabilmente la bruciò pure, ma alla fine ci riuscì e corse a darla alla moglie.
Luce si accorse che lei tendeva ogni volta a sedersi ai piedi dell'Albero di Gea e che lo aveva abbandonato per poco tempo. Anche in quel caso di appoggiò al tronco per mangiare con riluttanza il pasto che Adamo le aveva offerto.
Percepì la gratitudine dell'uomo nei suoi confronti quando Lilith gli fece un timido sorriso.
Li lasciò soli, convinto che il rapporto tra loro due fisse migliorati. Uscì completamente dall'atmosfera terrestre e andò dall'altra parte dell'Universo. Era vuoto eccetto un portone d'argento che aveva come unica decorazione una scritta in enochiano. Diceva che solo i due Creatori o un angelo e un demone avrebbero potuto varcare la soglia di quella dimensione.

Fortunatamente Luce dentro di sé aveva un po' dell'energia di Zéphyr e di quella di Alba. Gli bastò toccare la toppa e attingere alla sua fonte per far scattare i meccanismi della toppa.

Sorrise soddisfatto e ed entrò dal portone.
Era abituato a volare nell'universo poichè non c'erano superfici su cui appoggiarsi, perciò gli sembrò strano camminare nel buio totale.
Camminò a lungo, vedendo gli angeli che erano morti nella battaglia contro Lucifero e due Dannati. Quelle creature erano la prova tangibile dei suoi errori. Si sforzò di non ricadere nella moltitudine di pensieri che affollavano la sua mente: non poteva far notare a suo fratello il suo stato d'animo.

«Cosa ti porta qui?» chiese una voce.
«Non dovresti giocare con me. Sai perché sono qui» rispose lui.
Lui girò intorno a sé per trovare il fratello, ma non lo vide.
«Dove sei? Perché non ti mostri?».

«Io sono questo luogo, ma tu non mi vedi» affermò Nulla, evitando di rispondere all'affermazione di Luce.

«Non ti ho mai apprezzato proprio per questo».

«Fratello, io non sono niente. Cosa ti aspettavi di trovare qui?»

«Niente. Solo un fratello disposto ad aiutarmi. Non ti mostri?». Non poter vedere Nulla lo infastidiva. Si sentiva uno sciocco a parlare al vuoto, anche se sentiva la voce del fratello.

«Perché dovrei? Meriti forse di essere visto? Proprio da te, che hai ucciso Alba e distrutto Zéphyr»

Luce ignorò quell'affronto, non voleva rimuginare sul passato.
«Sarebbe più facile conversare con te se fossi davanti a me»

Una parte del luogo diventò bianca, come se fosse stata pulita da qualcuno. Piano piano il nero scivolava via, lasciando intravedere quel che era il fondo di una stanza. Vide un trono e una statua. Immediatamente si avvicinò a essa. L'aveva riconosciuta anche di spalle: quella era Oscurità. Era proprio come se la ricordava, con gli zigomi sporgenti e quelle labbra nere come il petrolio. Gli dispiaceva molto averla rinchiusa, ma non aveva avuto un'altra scelta. Lei non voleva gli umani e nemmeno gli angeli.

«Dovresti rallegrarsi davanti a nostra sorella» lo schernì Nulla.

«Era un male necessario»

«Lo dici solo per reprimere i sensi di colpa» sibilò proprio al suo orecchio. Il Dio si girò e vide finalmente suo fratello. Era cambiato, si era reso irriconoscibile: di fronte a lui c'era solo una figura umanoide senza occhi, naso o bocca, ricoperta di lei ma nera che gocciolava sul pavimento bianco.

«Perché ti sei distrutto così?» chiese Luce con disprezzo.

Nulla inclinò il capo e rispose: «Io sono l'occhio dell'universo, è il mio compito e intendo rispettarlo. Il mio aspetto mi aiuta solo a non dimenticare chi sono. Ho annullato il mio aspetto per evitare di diventare come te».

Lui parlava eppure non aveva labbra da muovere o forse vocali per parlare. Luce era sinceramente colpito, non capiva come fosse possibile.

«Dunque, cosa ti porta qui?» domandò per la seconda volta Nulla.

«Vorrei sapere come ha fatto Lilith a creare uno scudo per allontanare Adamo».

«Oh, fratello, gli umani non sono come te li aspettavi?». Il Creatore rise di gusto. Luce, infastidito, disse: «È successo qualcosa e tu vedi sempre ogni cosa».

«Vedo, sì, ma non sono tenuto a dirtelo» asserì con un tono costantemente derisorio, il quale infastidiva il Dio.

«Mi hai messo tu in questa situazione, fratello. Mi devi aiutare».

Nulla non gradì molto il tono con cui Luce si era rivolto a lui. L'energia così da sola dalle sue mani con prepotenza, circondano poi il collo del fratello.

«Dimentichi che io resto il più forte nonostante tutto. Un pesce non dovrebbe mai istigare un orso a mangiarlo. Non mi rivolgere più la parola, Luce» gli disse prima di allenare la presa.

«E ora vattene, non sei più il benvenuto qui» li salutò, indicando la porta a Luce.

Quest'ultimo si rialzò furente e corse via da quella dimensione. Si sentiva così umiliato e così debole, nonostante tutto il potere che aveva accumulato, nonostante tutto i suoi sacrifici.
Stava fallendo e ne era consapevole.


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