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18. Impeto e tempesta

«Che cosa significa? Credevo volessi aiutarci!» esclamò Malphel nel buio.

«Certo che lo farò, ma tu aiuterai me?» chiese Lucifero.

«Te l'ho già detto: non sei in grado di governare l'Inferno» ribadì il demone.

«Potrei anche farti cambiare idea». L'entità del Marchio non era indulgente quanto il suo contenitore. Era stato generato dalla maledizione di Luce, era un groviglio di energia oscura che aveva preso le sembianze di colui che era stato maledetto. Nulla e quel dio avevano dato vita all'essere più spietato di tutti senza rendersene conto.

Aspettò qualche secondo prima di attaccare. Era da quando Lucifero era entrato in quella sala che voleva distruggere quel demone arrogante. Sentiva già la morte nell'aria e la cosa lo eccitava assai. L'idea di uccidere e sentire il sangue caldo scorrere lo faceva stare bene, era ciò di cui lui si nutriva.

Si avventò su Malphel, che prontamente estrasse la spada dal fodero e gliela puntò contro.
Attraverso i ricordi di Lucifero, l'entità era a conoscenza della scarsa abilità di combattimento corpo a corpo del demone. Considerò furba la sua mossa, dato che si poteva dire che era un ottimo spadaccino, ma sarebbe bastato disarcionarlo per farlo a pezzi.
Anche il Marchio afferò la spada, quella di Lucifero, e la portò sopra la testa per parare l'affondo di Malphel.
L'impatto fu così violento che fece arretrare entrambi gli angeli caduti.
L'entità tornò all'attacco con più impeto di prima. Tentò, con ferocia, di ferire al fianco il Dannato, ma esso schermò il colpo e quelli che lo seguirono.

Il demone sferrò un attacco alle gambe dell'Arcangelo, ma quest'ultimo parò senza alcuna difficoltà.
Ogni volta che le due spade si incrociavano, quella di Malphel affondava nell'arma di Lucifero poichè era costituita di ombra e fuoco, ma non riusciva mai a trapassarla. Era una strana sensazione per entrambi; mentre il Marchio temeva che l'energia di cui era costituita la spada non potesse resistere a lungo, Malphel desiderava distruggerla con i suoi colpi poderosi e uccidere finalmente Lucifero.

L'entità respinse con disinvoltura gli attacchi del suo avversario, nell'attesa che si stancasse. Nessuno dei due sembrava essere in vantaggio, ma il demone non sapeva che il suo nemico non stava utilizzando tutta la sua forza.
Reputava i colpi di Malphel privi di strategia, quindi prevedibili e facili da parare o schivare. Il Dannato tentò persino di disarmarlo, percuotendo l'elsa della spada di Lucifero, ma fallì.

Il Marchio rise con l'intenzione di infastidire Malphel. Sapeva quanto la rabbia e la frustrazione ofuscassero la mente altrui. Lui forse era l'unica eccezione dato che le emozioni negative lo rendevano più forte.
Si piegò mentre la sua arma sibilava sopra di lui. Fu colto alla sprovvista dall'improvviso cambiamento delle mosse dell'avversario. Fu costretto a indietreggiare e si ritrovò a dover parare colpi con un ritmo serrato, lasciando credere al demone di essere in vantaggio. Il Dannato era caduto nella sua trappola. Era finito.

All'entità bastò roteare la spada per disarmare Malphel, il quale sgranò gli occhi.

«Come hai fatto? Ho usato tutta la mia forza per batterti» disse stupito.

«La tua forza non è niente. Mi reputi ancora indegno?» chiese l'entità.

«No, No» balbettò il Dannato. «Tu sei il re indiscusso». Si inginocchiò si suoi piedi affinché gli risparmiasse la vita.

«Grazie per aver cambiato idea» gli disse prima di sollevare la spada e decapitare il demone. L'espressione sulla testa mozzata rese felice il Marchio, ma fece infuriare Lucifero, il quale riteneva quella morte inutile.
Riuscì a riprendere il controllo del suo corpo, cacciando l'entità della sua maledizione lontano da lui.
Guardò i demoni che avevano assistito allo scontro e urlò: «Andatevene!».
Loro obbedirono per paura del repentino cambiamento dell'Arcangelo.

«E tu, porta un po' di luce in questa topaia!» ordinò a Buer, il quale era rimasto nascosto nell'ombra.

Nel Giardino dell'Eden, Lilith e Adamo stavamo consumando il loro pasto. Lei stava mangiando le bacche che aveva raccolto prima mentre il suo compagno si stava cibando della bestia che aveva ucciso.
Vedere Adamo che, con una pietra appuntita, scuoiava il cinghiale gli provocò un grande disgusto. Non capiva come facesse quell'uomo a strappare brutalmente la carne e portarla alla bocca. Quella carne emanava un fetore e il sangue fuoriusciva da ogni dove. Il suo consorte si era sporcato di quel colore Vermiglio.

«Sicura che non ne vuoi un po' anche tu?» chiese lui con la bocca piena di poltiglia. Lilith scosse la testa.

«Andiamo! È qua solo per noi» insistettè.

«Ti ho detto di no» disse lei. Stava iniziando ad agitarsi: quell'uomo non le piaceva. Adamo si alzò, mettendo in mostra il suo fisico asciutto e si avvicinò a lei. Cercò di appoggiare una mano sulla sua spalla, ma Lilith si scostò.

«Non fare così. Lo so che è difficile abituarsi a tutto questo, ma ormai siamo qui». Riprovò a toccarla, ma lei si ritrasse ancora una volta.
«Tu non sai proprio niente, Adamo» asserì Lilith.

«Non puoi continuare a rifiutarmi. Siamo marito e moglie, dovrai pur farti toccare e so che hai bisogno di parlare con me».
Le afferrò il polso e la costrinse a guardarlo.
«Sono tuo marito» ripetè. La tirò con forza e la abbracciò. La fece sdraiare sotto di sé, ignorando la sua repulsione. Le loro intimità si toccarono e il sangue che Adamo aveva all'addome, si spalmò sulla pancia di lei.

«Guardami! Non puoi rifiutarmi!» le disse.

Lilith cercò di sottrarsi a quel contatto, ma il suo consorte era più forte. Lei non ne potè più: c'era un limite a tutto e Adamo lo aveva superato.

«Non» urlò con affanno. «Mi toccare!» esclamò indignata.
Adamo cadde all'indietro, come se una forza invisibile lo avesse spinto lontano dalla sua donna. Lilith balzò in piedi e corse tra la selva, lasciando suo marito sbigottito.
Si graffiò le braccia con i rami, si ferì una spalla e i piedi con i sassolini, ma non si fermò fino a quando non ebbe raggiunto una pozza d'acqua .
Ci si immerse completamente, con il desiderio di cancellare ogni segno che le ricordasse Adamo. Portò la testa fuori dall'acqua pochi secondi dopo perché non riusciva più a trattenere il respiro e iniziò a sfregare la propria pelle per rimuovere il sangue dal suo ventre. Non riuscì a cancellare il segno violaceo che lui le aveva lasciato attorno al polso né potè fare nulla per il taglio sulla spalla, ma fu contenta di non vedere più quel liquido vermiglio. Quel gesto tanto azzardato, anche se l'aveva solo bloccata a terra, l'aveva infastidita. L'aveva fatta sentire impotente e scoprì di odiare quella sensazione. Adamo non doveva permettersi di toccarla con un solo dito a meno che lei non volesse. Sembrava così difficile per lui da capire, ma per Lilith non c'era cosa più semplice.

L'acqua sembrò appacificarla. Rimase così, immobile, a contemplare lo stagno e la vegetazione attorno a lei. Gli alberi non le parevano più ostili e soffocanti, ma in quel momento la comprendevano e la sostenevano.

Si sentì un tuttuno con la natura. Apprezzò i raggi di sole che illuminava il giardino così come le piacevano gli insetti che si erano stanziati sulle piante. Notò piccoli dettagli che prima non avrebbe mai potuto vedere: le formiche che correvano fugaci, un ragno che tesseva la propria casa, le foglie che tintinnavano allo spostamento del vento... Era come se la natura le scorresse nelle vene. Una nuova sensazione di pace la pervase, così forte da dimenticare ogni emozione negativa. L'ambiente attorno a sé sembrava aver assorbito rabbia che aveva iniziato a covare per Adamo.

Era così assorta dalle sue sensazioni che non vide né percepì un serpente appoggiarsi sulla sua spalla.
Lilith se ne rese conto solo quando la lingua biforcuta dell'animale sibilò vicino al suo collo, toccandolo. Sobbalzò per la sorpresa, ma cercò di mantenere la calma.

Dio non avrebbe mai creati alcun animale in grado di ferirmi, pensò. Respirò profondamente per contenere l'agitazione mentre l'invertebrato si spostava lungo il suo braccio. Lilith prese coraggio e accarezzò io serpente, il quale si era arrotolato attorno all'arto.
Fu uno strano contatto: la pelle squamosa e viscida dell'animale sotto le sue dita vibrò, procurandole un leggero brivido di piacere.
L'animale scivolò poi nell'acqua e si allontanò dalla donna. Lilith uscì poco dopo dallo stagno, ripensando a ciò che aveva appena privato, inconscia di ciò che avveniva al di fuori della sua gabbia dorata. Non si rese conto che due occhi la stavano osservando. Gli occhi di Samael, al quale era stato affidato il compito di vigilare sul Giardino.

Lui provava ribrezzo nei confronti di Adamo. Avrebbe voluto oltrepassare i cancelli durante il pasto dei due umani e strappare Lilith dalle grinfie del suo compagno. Si sentiva protettivo nei suoi confronti, anche se non ne capiva bene il motivo.
Si sorprese a guardare le sue nudità mentre lei faceva il bagno con un certo imbarazzo.
In quel momento si sentì accaldato, con le guance in fiamme. Si costrinse a guardare altrove poichè sapeva che qualunque emozione fosse proibita agli angeli. Tutti erano a conoscenza della sua deduzione per le armi, ma questa volta sta diverso: era di un'umana che si stava parlando.
Samael era rimasto affascinato da dai movimenti sinuosi della donna, della leggiadria con cui aveva mangiato le bacche e della ferocia con la quale aveva allontanato Adamo da sé. La sua bellezza aveva catturato il Serafino, ma non si poteva dire lo stesso del protettore del mare.

Leviatano non si era fatto abbindolare. Guardava quelle due creature con odio poichè a causa loro, Luce aveva ucciso i suoi animali marini e Gea si era sacrificata per salvare quel pezzo di terra che ora era chiamato Giardino dell'Eden.
Si chiese se ne era valsa la pena sacrificare ogni cosa per degli esseri così inferiori. Era probabile che Lilith non lo fosse, ma a lui non importava.
Aveva osservato dalla spiaggia i due uomini senza farsi scoprire, nonostante vegetazione coprisse la sia visuale. Si tuffò in acqua, trasformandosi nell'enorme mostro abissale che era. L'ora di decidere da quale parte schierarsi era giunta e Leviatano era consapevole che da lì a poco la sua esistenza sarebbe stata stravolta.

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