17. L'Inferno
Il silenzio dominava nello spiazzo buio in cui Lucifero era caduto. Si era svegliato a causa del dolore intenso che avvertiva in mezzo alle scapole, altrimenti sarebbe rimasto riverso a terra ancora a lungo.
Una parte di lui era incerta sulla scelta appena compiuta poichè, se avesse voluto, non avrebbe più potuto far ritorno in Paradiso. L'entità del Marchio non era del suo stesso parere: essa gioiva della loro vittoria.
L'Arcangelo, invece, sentiva il legame con Michael affievolirsi sempre più. Una fitta lo colpì in pieno petto, non appena realizzò cosa aveva perso. Non si era mai preoccupato fino ad allora della sua posizione in Paradiso, dei suoi fratelli o degli angeli che aveva abbandonato. Il Marchio lo aveva spinto a concentrarsi solo sulla rabbia che covava nel profondo del suo animo per poter distruggere quella che era stata da sempre la sua casa. Si chiese se avesse fatto la scelta giusta, ma capì che una scelta non l'aveva avuta poichè era stato costretto.
Urlò dalla frustrazione, tirando un pugno nell'aria. Il dolore alle scapole aumentò con quel gesto, perciò decise di alzarsi per capire il motivo di quello strazio. Con un immane sforzo dispiegò le sue immense ali e si rallegrò quando le percepì, almeno non le aveva perse. Tuttavia, non vedeva il blu cobalto che le caratterizzava a causa del buio. Decise così di accendere una delle sue fiamme, ma si ordinò di mantenere la calma quando non vide alcunché uscire dalla sua mano tesa. Allora provò a intensificare la sua aura, ma nemmeno essa illiminò l'oscurità che lo circondava.
Come ultimo tentativo, estrasse la sua spada dal fodero e si rese conto che non brillava più nemmeno lei.
Qualcosa era cambiato e niente avrebbe riportato le cose come stavano prima. La dura realtà lo colpì come uno schiaffo prepotente, il quale lo fece urlare nuovamente dalla disperazione.
Desiderò fortemente dissolversi nell'aria e cessare di esistere piuttosto che continuare a percorrere quella strada.
Il rumore di alcuni passi lo risvegliò dal turbine di pensieri che avevano iniziato a tormentarlo da quando era caduto.
Si mise subito in guardia e gridò: «Chi siete? Chi osa avvicinarsi a me?».
Nessuno rispose, perciò Lucifero ripetè la prima domanda a voce ancora più alta.
«Buer, ho trovato un altro angelo! Vieni a vedere, questo sembra molto forte. Mi chiedo cosa sia successo lassù per far arrivare qua un mucchio di pennuti tutti insieme» disse una voce.
Lucifero vide della luce provenire da un corridoio. Solo in quel momento capì di trovarsi veramente all'Inferno e non in uno di quei luoghi sperduti in cui il Marchio e Oscurità lo avevano condotto.
«Per la miseria! Buer, questo è il dannatissimo principe del Paradiso di cui Malphel ci parlava!» esclamò un'entità, la quale varcò la soglia dello spiazzo con una torcia in mano.
La luce accecante prodotta dal fuoco infastidì gli occhi di Lucifero, ma fu comunque felice di quella luminosità che faceva breccia nel buio assoluto.
«Credo che i nobili vogliano vederti», disse il Dannato, facendo una cenno con la testa a Lucifero.
Si guardarono a lungo prima che l'Arcangelo proferisse anche solo una parola. Credeva di averlo già visto da qualche parte, ma non seppe esattamente dove.
«Sì, dovresti proprio portarmi dai tuoi nobili. Dovremmo parlare della mia ascesa al trono di questo lurido luogo» asserì.
«Vorresti divenire re? Lucifero, non ne saresti in grado. Ho già visto hai gestito il Paradiso» lo schernì il Dannato.
«Buer, dannazione! Dove sei finito?» urló, alla ricerca del suo compagno, il quale lo affiancò dopo pochi minuti.
«Sul serio? Non credi in me, Alheniel? Perché è questo il tuo nome, non è vero?» chiese Lucifero. Si ricordava di lui: era uno degli Angeli che aveva fatto cadere per primo perché usava la sua abilità per scopi personali.
In risposta il demone lo guardò, sgranando gli occhi.
«Ti ricordi di me? Nessuno mi chiama più così da quando sono caduto» disse.
L'arcangelo non parlò, si limitò a osservarlo con occhi spietati. Il Marchio iniziò a pulsare e probabilmente si illiminò del suo solito rosso. Richiedeva sangue, quello dell'angelo caduto.
Si avvicinò a lui con passo felpato e gli chiede di rispondere alla domanda che aveva fatto.
Alheniel indugiò prima di rispondere. Temeva la reazione del suo interlocutore perchè non sapeva cosa aspettarsi. Dallo sguardo di Lucifero di sarebbe aspettato una voce colma d'ira e invece era così... angelica.
«Rispondi» gli intimò nuovamente, compiendo un altro passo verso di lui.
Il Dannato tremò, ma si costrinse a contenere la paura che provava nei confronti dell'Arcangelo.
«È solo che i nobili non cederanno il loro posto facilmente» gli disse.
«Sai, i capi ci tengono alla loro posizione» si intromise Buer.
«Adesso non mi deridi più? Dov'è finita la tua spavalderia? Comunque, credo che ora non sia più affar tuo» affermò Lucifero.
Annullò la distanza tra i due e in un battito di ciglia gli ruppe la noce del collo, uccidendolo senza alcuna pietà. Il terrore che vide negli occhi del malcapitato gli procurarono un enorme sorriso, ma svanì subito poichè fare del male non aveva assopito il dolore che provava.
Quando posò lo sguardo sul Buer, esso tremò.
«Tu, portami da quegli usurpatori» gli ordinò.
Il Dannato raccolse da terra la torcia e si voltò.
«Seguimi».
Il viaggio fu piuttosto corto. Camminarono poco prima di svoltare a sinistra.
«Perché quaggiù non c'è nemmeno un po' di luce?» domandò perplesso Lucifero.
«Perché i nobili odiano tutte le fonti luminose. Sai, potrebbero ricordargli il Paradiso».
«E perché le pareti sono fatti di questa strana roccia massiccia? Nessuno ha mai sistemato questo posto?»
«I primi Dannati hanno trovato così l'Inferno e non hanno pensato a cambiarlo» rispose il demone.
L'Arcangelo fece una smorfia di disapprovazione. Avevano avuto l'occasione di plasmare a loro piacimento l'Inferno e non l'avevano colta. Lucifero avrebbe fatto splendere quella topaia dimenticata da tutti perché un re non poteva abitare in un luogo simile.
Il loro viaggio giunse a termine quando il Dannato spende la torcia e varcò la soglia di una stanza priva di porta. Sarebbero rimasti nuovamente al buio se non fosse stato per un fil di luce che filtrava da un rosone posto nella parte opposta all'entrata.
C'erano cinque scranni su cui erano sedute delle entità, le quali non si accorsero della presenza di Lucifero fino quando Buer non interruppe il loro borbottio insistente.
«Signori, scusatemi per il disturbo, ma l'Arcangelo Lucifero è qui».
I demoni smisero di parlare tra di loro e si girarono verso l'entità che li aveva disturbati.
«Avevo ragione! Nella lista dei Dannati è apparso il suo nome!» esclamò uno di loro.
«Stai zitto! I tuoi libri non servono mai a niente» lo ammonì un altro.
«Che avanzi pure. Ci servono informazioni, lui saprà fornircele» disse una terza voce.
Lucifero si avvicinò a loro. Era stranito dal loro comportamento, reputava i demoni esseri bizzarri, indisciplinati.
«Vi ringrazio per avermi tenuto caldo il posto, ma è giunto il momento di rinunciare al vostro podio perché ora ci sono io».
Ci fu un momento di silenzio, poi i cinque Dannati scoppiarono a ridere.
«Tu qui non sei nessuno, sei come tutti gli altri. Nessun angelo caduto seguirà colui che ha ordinato a Gabriel di torturarli»
«Nemmeno i miei vi seguiranno e non riuscireste mai a ottenere la loro fiducia perché sono venuti qui per me» disse Lucifero. L'affermazione di Malphel lo aveva infastidito. Sentiva il Marchio bruciare sotto gli abiti logori: lui non accettava una simile insolenza e loro non l'avrebbero dovuto provocare.
«Vuol dire che moriranno».
Questa volta fu l'Arcangelo a ridere di gusto. Sapeva che Malphel voleva vendicarsi, ma non era a lui che doveva indirizzare la sua rabbia.
«Oppure potreste morire voi» rispose beffardo Lucifero.
Il demone si alzò dallo scranno ed entrambi fecero un passo in avanti. Seguì una lunga silenziosa lotta di sguardi prima che qualcuno preferisse parola.
«I demoni di alto rango ti faranno a pezzi» asserì il Dannato in tono di sfida.
La rabbia di Lucifero aumentò così tanto che perfino Malphel vide il Marchio attraverso le sue vesti. Lui lo indicò chiese il significato dello strano simbolo.
«Morte» disse Lucifero, avvicinandosi al demone con l'intenzione di strappargli il cuore dal petto.
Fu però distratto da uno degli angeli caduti. Cadde a terra con un rantolo. L'arcangelo si allarmò quando vide che i suoi occhi erano interamente bianchi. Qualcuno vicino a lui accorse ad aiutarlo, poggiandogli la testa sulle proprie gambe e stringendogli la mano.
«Sta avendo una visione» comunicò l'entità a Malphel.
«L'ho capito dagli occhi, sai» rispose stizzito.
«Cosa gli sta succedendo?» Chiese Lucifero. La luce color porpora si attenuò e un'insolita curiosità prese il sopravvento sulla rabbia.
«Ha iniziato ad avere queste visioni poco prima che voi angeli cadeste. Ogni volta vede piccoli frammenti di eventi. Per ora sappiamo solo di una terra florida è stata distrutta per lasciare il posto a una giardino e della vostra caduta» spiegò Malphel con una nota di preoccupazione. Anche lui sembrava aver sbollito la rabbia, tuttavia non si sarebbe dimenticato dell'accaduto nel caso Lucifero dovesse cambiare idea.
«Speravamo che tu sapessi come mai l'Inferno trama in questo periodo» intervenne un altro demone. Malphel lo incenerì con lo sguardo, probabilmente perché non avrebbe dovuto rivelare altro fino a quando non avessero saputo la posizione dell'Arcangelo.
«Si sta svegliando» disse il demone che teneva tra le braccia il suo compagno.
Lucifero vide l'entità svegliarsi e alzarsi, barcollando un po'. Quando ritornò al suo posto, tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di lui. Si percepiva un'aria pregna di tensione mentre l'angelo caduto prendeva il suo tempo per iniziare a parlare.
«Una donna e un uomo» disse ansimante. «Gea è morta» aggiunse colmo di tristezza.
Lucifero non capiva granchè di quel che aveva detto l'entità, ma doveva essere importante vista la reazione degli altri demoni. Rimasero tutti attoniti dopo aver sentito quelle due frasi, nessuno parlò più e si sedettero nuovamente tutti sugli scranni. Lui avrebbe voluto uscire dalla stanza e lasciarli a riflettere sulla loro perdita, ma fu fermato dal Marchio quando ci provò.
"Devi ucciderli, non puoi lasciateli scappare ora" gli disse. Sentì la sua stessa voce vivida risuonargli nella mente. Mai aveva nutrito odio verso se stesso, ma quell'entità lo stava cambiando.
"Non voglio farlo. Ho bisogno di fare chiarezza su questa situazione" riferì, ma il Marchio non voleva ascoltare:ormai aveva preso la sua decisione. Sapeva di non potersi opporre poichè lui avrebbe torturato in seguito Lucifero. Si ricordava ancora la prima volta in cui l'entità aveva fatto a pezzi la sua anima con delle barre di metallo e non era stato affatto piacevole.
"Non è vantaggioso" instette, sperando di farle cambiare idea.
La sentì premere contro il suo petto, ansiosa di assumere il controllo sul suo corpo. Lucifero tentò di resistere, ma lei iniziò a graffiarlo. Avvertiva come se degli artigli si conficcassero nella sua carne, strappandogliela con ferocia.
"Non resistermi, non ne sei capace" lo intimò.
L'Arcangelo non voleva cedere. Aveva il diritto di poter prendere le proprie decisioni senza essere comandato, pensò.
Iniziò a gemere a causa della perseveranza del Marchio, ridestando l'attenzione degli altri demoni.
«Che ti sta succedendo?» chiese qualcuno, ma Lucifero non rispose.
Nonostante i suoi sforzi, non era riuscito a combattere la sua maledizione. Sì ritrovò di nuovo nel suo inconscio, di nuovo solo al buio.
«Allora, chi vuole morire per primo?» chiese l'entità.
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