16. Lilith e Adamo
Tutto ciò che per Lui era importante meritava un'attesa. E più era lunga, più credeva che allo scadere del tempo arrivasse la creazione perfetta.
Aveva ideato quel progetto molto tempo addietro, ma Oscurità ne aveva impedito la realizzazione.
Era eccitato all'idea di poter tramandare ad altre creature la propria conoscenza. Gli procurava uno smisurato piacere vederli interessati alle sue parole ogni volta che li creava. Luce voleva essere idolatrato, voleva sentirsi l'unico dio in quell'universo distrutto dai capricci dei suoi fratelli. Questa volta, però, aveva pensato a un mondo abitato da uomini che avrebbero venerato solo Lui poichè non sarebbero mai venuti a conoscenza degli altri.
La Terra era distrutta, perciò aveva costruito una recinzione d'argento priva di cancelli per impedire che le sue due creature vedessero come l'aveva conciata. Era consapevole che alla natura serviva del tempo per rigenerarsi e poi sarebbe stata pronta a ospitare i nuovi abitanti di quel pianeta.
Aggiunse nuovi alberi e animali per garantire la sopravvivenza degli esseri umani. Aveva cercato più volte di rimuovere l'Albero di Gea posto al centro del Giardino, ma niente era in grado di sradicarlo.
Era tutto pronto, mancavano solo loro.
Luce volle essere più fantasioso, così si chinò e formò due cumuli di terra, uno accanto all'altro. Mise entrambe le mani sul primo e iniziò a far scorrere la sua energia. Luce la sentiva uscire dal suo animo, salire fino alle spalle e scendere lungo le braccia. Erano fili dorati che si univano alla terra, facendola diventare più grande e compatta.
Più energia conferiva e più quel cumulo cresceva e prendeva le sembianze di un essere umano. Fu costretto a levitare per non schiacciare il fango sotto di lui.
Come un pittore colorava quella fanghiglia di un roseo e come uno scultore gli dava forma.
Più energia il corpo incanalava e più la poltiglia lasciava il posto a un uomo con un viso longilineo. Gli zigomi alti come colline erano divisi dal lungo naso e un accenno di barba ornava le sue guance. Non poteva vederne gli occhi, erano ancora chiusi, ma li immaginava color nocciola.
Luce capì di aver finito quando le sue mani toccarono una pelle morbida e delicata come i petali di un fiore.
Da quel piccolo cumulo si formò un uomo dalle spalle larghe e il bacino stretto, magro e alto. Luce andava fiero di ciò che aveva creato, era sempre più convinto che ne fosse valsa la pena aspettare così a lungo.
Riponeva già tutta la sua fiducia in quelle creature e se non fossero state perfette, non se lo sarebbe mai perdonato.
Luce smise di donare energia a quel corpo ancora privo di vita poichè non ne aveva più bisogno. Appoggiò, invece, le mani sul'altro mucchio di fango posto accanto al primo corpo: anche a questo donò la stessa quantità di energia che aveva donato a quello precedente. I freddi fili di luce uscirono nuovamente dalle sue dita, procurandogli una piacevole sensazione.
Era l'unico in tutto l'universo a poter generare nuove vite perché il suo potere proveniva direttamente dalla fonte del creato... e dai Creatori a cui aveva rubato la loro essenza. Li aveva ingannati per riuscire a rinchiuderli o a ucciderli tutti, eccetto uno.
Scosse la testa: non doveva pensare ad altro se non alla donna che stava prendendo forma sotto di lui.
Un viso femminile e dai tratti delicati assunse le sembianze del fango. La pelle diafana era in contrasto con le labbra rosse e carnose. Gli occhi a mandorla erano separati da un naso piccolo e sottile. I capelli neri e lunghi le coprivano gran parte del volto, dando l'impressione di mistero. Le spalle e i fianchi stretti costituivano un fisico minuto.
Luce era soddisfatto della sua creazione, la riteneva la migliore in assoluto.
Proprio in quel momento, alle sue orecchie giunsero le preghiere disperate di Michael. Lo sentiva ripetere in continuazione e con insistenza le stesse parole, non si concedeva nemmeno il tempo di riprendere fiato. Lasciò incustoditi i corpi privi di vita dei due umani e cercò un posto adatto per incontrare suo figlio. Con quella decisione, commise il suo secondo errore: non proteggere Lilith e Adamo.
I corpi dei primi umani erano distesi sulla morbida terra ricoperta d'erba ai piedi dell'Albero. La luce del sole filtrava attraverso le foglie, dandogli mille sfumature verdi. La linfa vitale e l'energia della dea che si era sacrificata scorrevano armoniosi lungo il tronco e giungevano alle parti più fragili della pianta. L'essenza di Gea giaceva tra le radici in attesa di un corpo in grado di contenerla e fu attratta proprio da Lilith, alla quale non batteva ancora il cuore; percorse le radici intricate, raggiunse il corpo della donna si insinuò sotto la sua pelle. Le cellule del corpo attiravano a sé quell'energia estranea senza opporre resistenza e l'assorbivano, aumentano il loro volume.
Luce al suo ritorno, non notò alcunché, nessuna anomalia. Era addolorato per la perdita del suo primo figlio e arrabbiato con se stesso per il suo errore. Non poteva, però, farsi distrarre da quella sconfitta poichè i due corpi davanti a lui erano solo un ammasso di muscoli tenuti insieme da tendini e legamenti. Nella sua mente c'era un vortice di pensieri che disturbavano la sua quiete, ma decise comunque di portare a termine il lavoro.
Si avvicinò ai due corpi e sussurrò: «Sum hora». Temeva che niente sarebbe successo dato che i due umani non diedero alcun segno di vita per i primi minuti. Poi accadde: I polmoni di Adamo e Lilith si riempiono d'aria, il loro petto si alzava e si abbassava all'unisono ed entrambi aprirono gli occhi.
Luce li vide alzarsi a sedere mentre si guardavano attorno confusi. Si sentivano sperati, lui li capiva perché non era facile ambientarsi in un nuovo mondo, non era facile nascere e saper già come vivere.
«Lilith, Adamo, sentitevi onorati a essere i primi uomini su questo pianeta. Sarete voi a popolare questo mondo, generando e crescendo nuove vite. Vi porgo in dono questo giardino affinché possiate trascorrere la vostra esistenza senza che vi manchi alcunché», disse con enfasi.
Lilith guardò suo padre con un'espressione neutra. Non era entusiasta all'idea di doversi ricongiungere con l'uomo seduto di fianco a lei.
«Adamo, figlio mio, porrai una nuova creatura nel grembo di tua moglie e tu, Lilith, ospiterà nel tuo ventre il figlio di tuo marito», continuò.
La donna rimase impassibile davanti a tali parole, o così voleva far credere agli altri presenti. In realtà, si stava chiedendo il motivo per il quale avrebbe dovuto ascoltate l'uomo che si riteneva suo padre e si chiese anche come avrebbe fatto un uomo o una donna come loro a crescere dentro di sé.
In cuor suo, però, sentiva che niente di quello che Lui aveva detto si sarebbe avverato.
«Se non avete nulla da chiedere, alzatevi e andate a visitare vostra nuova casa», li esortò infine Luce prima di dissolversi in una nebbia luminosa.
Lilith fece come le venne ordinato perché era curiosa di sapere dove avrebbe vissuto da quel momento. Non attese Adamo per alzarsi, lo fece e iniziò a camminare, dando le spalle all'albero generato da Gea.
Attorno a lei erano presenti solo alberi da frutto e cespugli di bacche. Ovunque girasse la testa, vedeva tronchi marroni palesarsi di fronte. La mettevano in ansia, quelle piante la facevano sentire rinchiusa in gabbia. Colta dalla disperazione, si mise a correre in mezzo alla selva alla ricerca di un luogo in cui non ci fossero solo alberi. Si arrestò quando sentì un grugnito, il quale la fece indietreggiare e sbattere contro qualcosa di duro per lo spavento. Un respiro soffiò sul suo collo mentre delle mani si appoggiavano sui suoi fianchi. Soprassalì, colta alla sprovvista da quel contatto inaspettato.
«Di cos'hai paura? Il battito del tuo cuore si sente in tutto il giardino», disse Adamo con premura, scostandole una ciocca di capelli dal viso. Un gesto che fece rabbrividire Lilith; non le piaceva il contatto fisico, ma eliminò ogni centimetro che li separava quando vide un cespuglio muoversi.
«Che - che cos'è?», chiese a suo marito.
«Non devi spaventarti, sarà solo un animale, il nostro pasto», le rispose Adamo.
Un cinghiale bruno e tozzo uscì allo scoperto, grugnendo nuovamente. Lilith spinse suo marito e riprese a correre fino a quando non raggiunse l'Albero. Si appoggiò a esso e cercò di calmarsi, ma non ne ebbe il tempo poichè la visione della morte di Gea comparve nella sua mente. Vide il suolo arso, le creature di suo padre accasciate al suolo, Lui che dialogava con qualcuno e un uomo che urlava in un luogo buio. Durò tutto pochi istanti, ma Lilith riuscì comunque a capire con chiarezza gli avvenimenti. Altre domande si aggiunsero a quelle che già aveva, domande alle quali solo Luce poteva rispondere.
Dei rumori destarono Lilith dalla sua breve trance. Poteva udire del passi in lontananza farsi sempre più vicini. Fortunatamente vide Adamo spuntare da dietro un albero con un... cinghiale!
«Moglie, ho portato il pranzo!» urlo suo marito.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro