15. Il Giardino dell'Eden
Creature con un aspetto fisico simile al suo, ma pur sempre inferiori. Avrebbero avuto il loro pianeta, ma non ne sarebbero stati i padroni. Privi di conoscenza e di potere sul loro destino, affinché si affidino al più divino. Era così che Luce immaginava gli umani, i quali avrebbero dovuto venerarlo in eterno. Il suo piano stava per compiersi e avrebbe ripagato ogni perdita, colmando ogni vuoto.
Si concesse di ammirare un'ultima volta la sua creazione migliore, ma pur sempre imperfetta. Le bestie che lo circondavano non sapevano parlare e, quindi, adularlo e non riconoscevano nemmeno la sua figura.
A loro mancava l'intelligenza, altrimenti sarebbero stati perfetti. O forse no, erano animali.
Camminava in mezzo a una foresta di sempreverdi e cercava di percepire la vita intorno a lui. Lo rilassava sentire la ninfa vitale percorrere il fusto degli alberi e ascoltare i boati causati dalle sue bestie. Si sentiva rappresentato in modo eccellente: era la sua coscienza che veniva turbata dalle urla dell'oscurità che l'aveva rapito. Errore dopo errore, si era abbassato al livello di sua sorella. D'altronde, se non avesse rinchiuso Akuno, ucciso Alba e cancellato la memoria a Zephyr, non avrebbe mai avuto l'universo per sé.
Nonostante tutto, i suoi sforzi erano stati ripagati. Quel luogo aveva il potere di far aprire i cassetti della sua mente in cui aveva rinchiuso quegli spiacevoli ricordi.
Fermò il passo quando sentì la terra tremare e vide alcuni alberi cadere, lasciando passare una creatura enorme. Incuteva terrore, poteva essere considerato il re di quel luogo. Correva indisturbato alla ricerca di prede per sfamarsi e niente lo avrebbe fermato. Luce si riconobbe anche in quell'animale: erano entrambi pronti a schiacciare gli altri per garantire la propria sopravvivenza. Lo infastidiva sapere che aveva una qualche somiglianza con un essere così inferiore.
L'animale era alto e possente. Con la sola coda era in grando di distruggere qualsiasi cosa. I suo denti strappavano la carne con ferocia e frantumavano le ossa senza alcuna difficoltà. Sarebbe stato un peccato non vederlo più.
Sopra la testa di Luce passò una creatura alata, la quale stringeva tra il becco un pesce a cui mancava l'acqua.
Accanto a lui sfrecciò un animale dotato di una grande velocità. Non era riuscito nemmeno a distinguere la sua corporatura, ma ricordava bene com'era: un piccolo e agile essere dai lunghi arti. Aveva una testa allungata e un muso appiattito, con denti taglienti e ricurvi. Andava fiero di quella bestiolina, apparentemente innocua, ma letale.
Tuttavia, si sentiva trasparente in mezzo ai suoi figli, non lo consideravano nemmeno un possibile pasto. Luce era sempre alla ricerca di attenzioni e di qualcuno che lo idolatrasse, per questo odiava quella situazione.
Per quanto fossero belle le sue creature, era giunta l'ora di porre fine alla loro vita. Era necessario distruggere per creare, si ripeteva.
Vedeva il suo pianeta imperfetto, sembrava stesse cadendo nell'oblio e lui era lì, proprio per tirarlo su, per dargli l'opportunità di farlo rinascere.
Si sollevò da terra e raggiunse un punto in cui poteva avere una visuale più ampia. Chiuse gli occhi e si concentrò sull'energia di ogni animale presente nel pianeta. Riuscì a localizzarli tutti in poco tempo. Allungò le braccia e rivolse i palmi verso il basso. Fili dorati fuoriuscivano dalle carcasse delle bestie, lasciandole senza forze. L'energia, poi, si riuniva nelle mani di Luce, fino a tornare alla sua origine.
I corpi caddero a terra, provocando tonfi e alberi sradicati. Potevano anche essere morti, ma sarebbero sopravissuti nei ricordi di Dio.
Dopo fu il turno delle piante: le fece bruciare, riscaldando l'energia che le componevano. Vide maestosi alberi spezzarsi e cadere a terra e meravigliose foglie tramutarsi in cenere, ma non gli importava perché avrebbe creato altra vegetazione.
Sentì un urlo disperato provenire da una grotta. Aveva capito subito che si trattava di Gea, la protettrice della terra. Percepiva tutto il suo dolore per l'enorme perdita, ma sperava di avere un po' di comprensione. La sentì correre nella sua direzione e ben presto se la ritrovò davanti al suo volto.
«Come hai potuto fare questo? Perché? Mi avevi parlato di nuove creature, ma non credevo che avresti distrutto ciò che proteggevo» lo aggredì. Aveva il viso rigato dalle lacrime e un'espressione dolorante.
«Dovevo proteggerli, dovevo prendermi cura di loro! Me l'hai ordinato tu, padre! E ora non riuscirò più a tenere fede alla mia promessa».
Lui rimase impassibile davanti a quella scena pietosa, gli sembrava un'esagerazione. Avrebbe creato altre piante e altri animali quindi non c'era motivo di disperarsi tanto.
<<Tutto prima o poi è destinato a finire, non fartene una colpa>> disse, pacato, Luce.
Gea non volle ascoltare alcunché, il messaggio gli giunse chiaro, ma non si sarebbe mai aspettato un sacrificio da parte della protettrice.
Sotto i suoi occhi, ella cadde in picchiata verso la terra. Il suolo si sgretolò all'impatto e le sue ossa si frantumarono appena il corpo della dea toccò il suolo. Anche se in condizioni pietose, Gea era ancora viva. Ebbe la forza di tramutarsi in energia e di farsi assorbire dalla natura che la circondava. La terra riprese il suo solito colore e l'erba smise di bruciare; le piante rifiorirono e si salvarono, anche se molte foglie erano bruciate.
Nel punto in cui era caduta, un albero aveva preso vita. Luce lo vide crescere sotto i suoi occhi velocemente, in modo innaturale. Era molto grande e sembrava diverso, ma per confermarlo doveva avvicinarsi. Vide poi dei frutti verdi e grossi il Creatore si spaventò perché aveva avuto lui l'idea delle mele, e non l'aveva detta a nessuno. Era confuso perché era successo tutto troppo in fretta per impedire a Gea di morire o per parlare dell'accaduto.
Luce percepì delle presenze attorno a lui: i protettori degli elementi si erano radunati lì per le energia che avevano sentito.
«Figli miei, non provate rancore nei miei confronti. Ciò che ho fatto era necessario, solo che Gea la pensava diversamente. Lei si è sacrificata per salvare la natura, lei ha svolto il suo lavoro fino alla fine. Non renderò il suo sacrificio vano, ciò che ha salvato sarà la culla della civiltà».
Brigit non era affatto dispiaciuta, sembrava quasi felice. Non le importava del sacrificio di sua sorella, Luce lo aveva capito dalla sua domanda: «Chi la sostituirà?».
««Vedrete. E ora tornate nelle vostre dimore, vi chiamerò più tardi».
Le tre entità iniziarono a bisbigliare tra di loro, lanciando occhiate a Luce, e poi se ne andarono.
Lo so che sono passati 2 mesi e che non mi sono fatta sentire. So anche che un capitolo di 1000 o più parole non è ammissibile, ma non volevo rischiare di arrivare a 3000 parole, perciò ho suddiviso il capitolo in più parti.
Alla prossima!
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