1. Fratelli
Come al solito Lucifero passeggiava per il Paradiso, ma qualcosa era cambiato: quella dolce fragranza, che poteva essere paragonata a un incenso alla rosa e al gelsomino, in quel momento lo infastidiva incredibilmente e gli angeli che elogiavano la sua figura lo innervosivano, anziché procurargli piacere.
I suoi occhi gelidi si posarono su Harael, colui che stava dirigendo il coro degli Arcangeli.
L'Angelo, pur essendo posto di spalle rispetto a Lucifero, sentì come se due aculei lo stessero trafiggendo.
Era questo l'effetto che lui faceva agli altri, soprattutto in quel periodo: in sua presenza tutte le creature percepivano di avere un macigno a gravare sulle loro spalle e che con una lenta agonia li avrebbe schiacciati; sentivano il peso del suo sguardo come se avesse veramente potuto fare del male. Lui ne era consapevole e sembrava quasi piacergli. D'altronde amava osservare gli altri e vedere in che modo reagivano alle sue provocazioni.
L'Angelo si voltò, interrompendo il suo dolce canto che alle orecchie di Lucifero giungeva più come uno stridio inudibile. Fece una smorfia quando Harael riaprì bocca.
«Oh mio principe, sta facendo il suo solito giro di controllo? Come può vedere, i miei fratelli cantano discretamente per lei e gli altri Arcangeli». Un sorriso forzato accompagnò la sua espressione preoccupata. Non era in grado di occultare la verità, per questo Lucifero poteva prendersi gioco di lui.
«È affascinante vederti cantare per me, soprattutto dato l'infimo entusiasmo con cui lo fai» gli rispose, schernendolo.
«Il mio entusiasmo si accende nel vederla». Il nervosismo di Harael aveva raggiunto l'apice e all'Arcangelo non sfuggì questo dettaglio. Lo vide sbiancare di colpo e qualche gocciolina di sudore comparirgli sulla fronte.
«Non si direbbe». Si girò meccanicamente e continuò la sua passeggiata mentre sempre le stesse frasi gli giungevano alle orecchie: «Fedelissimi Arcangeli, Capitano della milizia celeste, Principe del Sacro Luogo, donatemi la luce dello Spirito Santo, istruitemi nei divini Misteri e fortificatemi contro il comune nemico. Gloria».
Non poteva essere definito disgusto il suo e non ripudiava nemmeno tali parole, avevano semplicemente perso il loro valore. Lucifero le aveva messe in dubbio perché non era sicuro di riuscire a donare ancora la luce ai suoi subordinati. Percepiva qualcosa di oscuro dentro di sé, qualcosa di nuovo a cui lui stesso non sapeva come reagire.
Già dal principio non era mai stato predisposto alla gentilezza - caratteristica di Michael e Raphael - ma ultimamente era diventato freddo, scontroso e indifferente.
Gli era anche venuta l'idea di confidarsi con il secondo Arcangelo, con il quale aveva instaurato un rapporto confidenziale e sentimentale molto forte, ma non voleva essere giudicato come Dannato. Credeva che nessuno potesse capire il suo stato d'animo perché, probabilmente, quelli che erano in grado di farlo non erano più in Paradiso. Non sapeva se quella situazione potesse piacergli o meno, ma di una cosa era certo: doveva nascondere la verità fino a quando non avrebbe capito in cosa si era imbattuto.
Si passò una mano tra i capelli con frustrazione, serrò la mascella pronunciata e chiuse gli occhi per qualche secondo. Inspirò rumorosamente, i muscoli del petto si alzarono con quel gesto, nascosti a fatica da un soffice e sottile tessuto di cotone.
Voleva del tempo per pensare - e per riposare - perciò decise che sarebbe andato nell'unico posto del Paradiso in cui non c'era luce. Avrebbe dovuto stare lontano da quel luogo, ma non aveva resistito alla novità. Quando aveva visto per la prima volta il buio, ne era rimasto affascinato e intimorito.
Michael stava cercando dappertutto il fratello maggiore, ma non lo trovava. Dovevano andare alla riunione settimanale, alla quale avrebbe partecipato anche Harael nonostante non fosse un Arcangelo. Sbuffò sonoramente e iniziò la sua ricerca. Percorse in volo tutte le sottili vie che separavano una stanza dall'altra, ma di Lucifero nessuna traccia.
Decise, infine, di presiedere lui stesso l'assemblea, dato che il primo figlio mancava.
Era la prima volta che non adempiva a uno dei suoi doveri. Michael trovò la cosa molto strana, soprattutto perché un Angelo del coro gli aveva chiesto di parlargli del fratello per riferire un "accaduto sconcertante".
Atterrò esattamente davanti alla sala del Ritrovo, dato che lo spiazzo era dedicato alle assemblee con tutte le creature celesti presenti in Paradiso.
Le sue candide e grandi ali dorate si chiusero dietro le spalle perché altrimenti non avrebbe potuto oltrepassare la porta per via del loro diametro. I muscoli degli arti inferiori si contrassero quando appoggiò i piedi sul bianco pavimento del luogo. Si sistemò i capelli spettinati in precedenza durante il volo ed entrò nella stanza adibita per l'occasione. Un tavolo ovale, in mogano, occupava il centro della stanza incolore e intorno a esso stavano delle sedie con delle ali intagliate.
Quattro quadri, che raffiguravano gli Arcangeli, decoravano le pareti spoglie. Sembravano in grado di parlare, talmente erano ben stesi i colori sulla tela. Le ali facevano da sfondo, mentre i volti degli Arcangeli erano al centro del dipinto. Michael era incuriosito dal suo viso, che riusciva a vedere solo sfigurato nel riflesso delle armi, la cui immagine, invece, era chiara e precisa.
Ogni volta gli suscitava nuove emozioni; quel quadro era l'unica cosa che attestasse la sua presenza, il suo cambiamento dalla creazione.
Vedeva un angelo con un viso a forma di cuore, molto fine. In perfetta sintonia c'erano degli occhi cristallini e delle sopracciglia sottili. Infine, una zazzera bionda gli copriva il capo. Sullo sfondo sfoggiava orgoglioso le sue ali immense che, lucenti com'erano, trasmettevano calma e facevano sentire chiunque al sicuro. Smise di osservare quella stanza come se fosse la prima volta e si concentrò sui suoi fratelli.
«La seduta può avere inizio» affermò Michael con sicurezza mentre si sedeva al suo posto. Accanto a lui notò Harael. Teneva lo sguardo basso ed era in evidente imbarazzo. L'Arcangelo comprendeva bene il suo stato d'animo, perciò lo lasciò parlare per primo, per permettergli di fare ritorno al suo coro.
«Ebbene, se hai qualcosa da dire, ora puoi parlare» gli disse con un sorriso cortese; voleva metterlo a suo agio.
Michael era la perfetta antitesi di Lucifero: era cordiale ed empatico verso chiunque.
Per questo Harael si tranquillizzò e prese parola: «Io non vorrei accusare nessuno, ma Lucifero sta assumendo lo stesso comportamento del Dannato che è caduto proprio qualche giorno fa».
«Cosa ti fa insinuare una cosa simile? Lo sai che la tua accusa è piuttosto grave?» domandò Gabriel, abbozzando un sorriso. Il Secondo figlio poteva ben immaginare a cosa fosse dovuto quel gesto: probabilmente aveva già capito che l'Angelo sarebbe finito nelle sue prigioni.
«La sua aura, quando mi si è avvicinato...» abbassò gli occhi impaurito. Cominciò a balbettare: «Mi-mi soffoca, il-il suo sguardo mi fa male e le sue parole so-sono taglienti co-come le lame delle armi che abbiamo» il labbro iniziò a tremargli quando il Capo della Milizia Celeste smise di sorridere.
Serrò la mascella in evidente tensione e poi parlò: «Ha esagerato, l'aura di Lucifero non è così. Certo è cambiata, ma neanche la tua, Gabriel, è messa meglio. Lo dichiaro impuro».
Il Terzo figlio sorrise soddisfatto, ma Michael non era affatto contento. Aveva condannato un Angelo per proteggere suo fratello. Era comprensibile, chi non l'avrebbe fatto? Il loro legame era molto forte, l'aveva persino portato a mentire.
Lui che mai aveva detto altro che la verità, si era ritrovato ad andare contro i suoi principi. Come poteva un legame simile, nuocere in questo modo?
Rimase in silenzio a lungo per riflettere sull'accaduto.
Si accorse solo successivamente che aveva gli occhi degli altri due fratelli puntati su di sé, che aspettavano solo di sentire il bilancio settimanale.
«Per quanto mi riguarda, questa settimana ho allenato i due angeli Iax e Sashariel. Il primo non sembra portato per il combattimento, provvederò a mandarlo dal guaritore migliore del Paradiso. L'altro invece è promettente, con lui potrò lavorare a lungo, ha delle potenzialità».
Michael si occupava di addestrare le nuove reclute e di indirizzare ogni angelo al suo Coro: dopo circa un mese di allenamento fisico e spirituale un angelo veniva valutato dai suoi superiori ed entrava così a far parte di una delle tre divisioni disponibili.
A Lucifero invece spettava l'onore di spiegare le regole e far visitare il Paradiso ai novelli. Non che ci fosse molto da guardare: il paradiso era interamente bianco con delle camere quadrate sparse su tutto il territorio. L'unica bellezza era il coro degli angeli, che emanavano un'energia rinfrescante in grado di tranquillizzare gli animi celesti.
Era sempre presente nei suoi pensieri, era più forte di lui. Ogni volta che pensava a se stesso, non poteva far altro che pensare anche a suo fratello.
«Nelle celle ci sono ancora gli angeli ribelli che hai condannato due settimane fa e credo che Harael li abbia già raggiunti. Non c'è molto da dire» disse riluttante Gabriel.
Raphael invece fece un lungo discorso sui cori, su come fossero bravi a cantare e su come lui avesse migliorato i canti. Per tutti fu noioso ascoltarlo oltre che irritante, dato che la sua voce era acuta e aveva un sorriso storto che provocava ribrezzo negli altri due. Avrebbero voluto tapparsi le orecchie o zittirlo, ma lo tollerarono, come ogni settimana. Era l'unico Arcangelo con le ali bianche, l'unico che fosse minuto e basso, oltre che poco muscoloso. Mentre Gabriel portava sulle spalle delle ali color argento e Michael dorate, lui le aveva uguali agli altri, si aggiungevano solo alla monotonia del luogo. Non era niente di speciale, portava solo il nome del Coro più potente, nient'altro. Nemmeno lui si sentiva in grado di gestire il paradiso, per questo gli fossero stati affidati gli angeli che cantavano.
«La riunione è sciolta» sentenziò altezzoso il secondo figlio, ricordando le miriadi di volte in cui lo aveva detto. Gabriel fu il primo a lasciare la stanza e Michael sapeva già dove era diretto: verso la camera di Harael.
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