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cap.8 Il prezzo che hanno le cose

Per qualche giorno Furius e Diaspra neppure si incrociarono.

In casa, tutti avevano guardato imbambolati la bellissima ospite e le avevano tributato spontaneamente un'obbedienza composta. Leona intuiva che ognuno di loro aveva pensato, subito, che quella era esattamente la donna che si sarebbero aspettata come compagna per Furius, e notò in tutti una commiserazione, nei suoi riguardi, poco lusinghiera.

Le si erano affezionati, in qualche modo, dopo i mesi terribili passati sulla frana, ma ora la sua inadeguatezza risaltava maggiormente e ne erano dispiaciuti per lei. Leona strinse i denti. Quella era Inurasi, né si poteva cambiare le menti e i cuori di quella gente così facilmente, con un po' di abnegazione.

Poi, una mattina, Furius rientrò inaspettatamente in casa. Leona era al villaggio, con altri di casa, e lui trovò Diaspra, che non usciva mai, sola nella sala grande  immersa nella lettura. La donna si inchinò  e fece per uscire.

"Resta!", le intimò Furius; poi, per evitare di intimorirla, indicò il libro che aveva in mano:"Ti interessa la storia?", ed evitò di dirlo con ironia, benché un simile interesse sarebbe stato considerato inconcepibile, di norma.

Quella lo fissò guardinga:"Non conoscevo questo libro", rispose cauta.

"Una splendida celebrazione delle più nobili famiglie Inuri. Considerando quello che hanno scritto sui Chiura, mi domando se vi siano dieci pagine veritiere in tutta l'opera", commentò Furius.

"Mi sembra si parli molto bene, della tua famiglia", disse Diaspra perplessa.

"Appunto!", sogghignò Furius:"I Chiura, tanto incensati in quel libercolo, sono stati i più feroci padroni che questa valle potesse sopportare. Una potenza fondata sul terrore; la gente ci ha maledetto per secoli e a giusto motivo. Soprattutto la ferocia con cui assoggettavano le donne non era una fama usurpata".

Diaspra rimase in silenzio.

"Sei una levatrice... "

Furius, che stava fissando i monti, cambiò improvvisamente discorso:"Ho una curiosità da sciogliere: una donna che abortisce, può avere altri figli, vero?"

La donna lo riguardò con un'aria indecifrabile. "Ovviamente di norma sì...", rispose:"... ma poi bisogna sapere di che precisamente vuoi parlare; cambia molto se sia stato il primo aborto, o se ne abbia avuti altri... da quanto tempo era avviata la gravidanza, da cosa è stata causata la perdita... l'età e le condizioni della donna... la tua domanda è troppo generica".

Furius rifletteva dandole quasi le spalle, con la finestra aperta sulla bella giornata di fine estate.

"Diciamo una donna sana e giovane, al primo figlio, con una gravidanza avanzata del tutto normale, che abbia un emorragia improvvisa per essersi sottoposta per lungo tempo a un lavoro molto pesante. Può riprovare senza rischi? E dopo quanto tempo? Ovviamente badando bene a tenere una vita più tranquilla".

Diaspra rimase a lungo in silenzio, tanto che Furius si girò a vedere perché tacesse.

"Era questo... ", mormorò la donna. Poi, alzando gli occhi:"è questo il dolore che custodisce con tanto pudore?", e la sua tristezza era così profonda che tolse a Furius la forza di negare.

"Di quanti mesi era?", chiese.

"Sei, quasi sette", rispose Furius:"Si trovò bloccata in quota nelle rovine del palazzo crollato per il terremoto e mezzo sepolto dalla frana; impossibile scendere a valle, impossibile con il gelo invernale far altro che lottare per sopravvivere in un inferno di ghiaccio.

Aiutò i pochi sopravvissuti a resistere, dando ordini, esempio e coraggio. Ma la fatica, il dolore e il gelo furono eccessivi, e perse il bambino".

Diaspra annuì, e sedette. Ripensò a quella rinuncia a lottare che le aveva rimproverato e si sentì quasi male.

"Cosa vuoi sapere, Furius", chiese a fatica.

L'uomo si sedette anch'egli:"Sono passati diversi mesi. Se restasse incinta ancora, sarebbe un rischio?"

Diaspra lo guardò amara:"Ogni donna rischia la vita quando concepisce un figlio, perché il parto è sempre un'incognita. Ma nessuna donna rifiuta di correrlo, questo rischio, perché sarebbe rifiutare la parte migliore di noi stesse, quella capace di portare avanti la vita, soprattutto se giudichiamo l'uomo che ci sta a  fianco un uomo degno di avere un figlio. Capace di prendersene cura e di insegnare con le parole e con l'esempio a vivere una vita degna".

Furius corrugò la fronte:"Non ti ho chiesto se è pronta... ti ho chiesto se è rischioso".

"E cosa te ne importa! Se vuoi un figlio cosa ti importa,  che lei rischi?", e lo sfidava a dire, che gli importava.

Furius tacque.

"Sei forse il suo uomo?", chiese allora ancora più scandalosamente Diaspra, affondando ancor più  la sua  provocazione.

Il sangue dei Chiura ribollì, a quell'oltraggio: il suo uomo! Come se lei avesse potere su di lui, come se non potesse immaginare un'altra al suo posto... come se volesse che non avesse altri nel cuore, come se... Gli occhi di Furius che avevano brillato pericolosi si spensero. Non aveva risposto e Diaspra vide che aveva combattuto una battaglia.

"Non posso permettermi di lasciarla rischiare, se perdesse un altro figlio morirebbe", fu quello che disse, infine, e la donna ebbe davvero un colpo. Leona aveva detto che aveva attaccamento per lei, ma era di più...

L'Inuri si chiese quanto, di più.

"Nessuno potrà garantirti che tutto andrà bene, Furius. Posso dirti che, per quello che mi racconti, non dovrebbe succedere ancora, a meno che non vogliamo temere un altro terremoto", gli  disse allora:"Ma ogni cosa preziosa ha un prezzo commisurato. E nulla è più prezioso di un bambino. Posso dirti  però  anche  che rinunciare per evitare un rischio porterebbe a correrne altri, non meno gravi e anzi forse peggiori"

Furius la fissò inquieto e interrogativo.

"Se cerchi di evitarle una gravidanza senza dirglielo", gli spiegò, "rischi creda altro. Che tu non veda in lei una donna, fondamentalmente. Rischi che si senta vuota, inutile, arida come un deserto, secca come un ramo spezzato dal vento. Se tieni a lei, allora parlale e ascoltala".

Furius crollò la testa:"Si sentirebbe vincolata a farlo. Per me rischierebbe tutto".

"Tu credi?", Diaspra lo guardò bene in viso.

Furius ricambiò lo sguardo, senza incertezze:"Sì, io credo. Si prende cura di me, e mi vuole felice. È fatta così. Ha un cuore tanto generoso, quanto pazzo. Non è capace di desiderare vendetta, né di ritirarsi per ripararsi un po'. Non ha prudenza, non sa essere egoista, non sa proteggersi".

Diaspra diede un respiro breve:"Parli di lei come se fosse veramente importante, per te".

Furius guardò il verde intenso:"Sono il suo uomo, come dovrei parlarne?"

E lei sorrise di gioia perché c'era molto, molto di bello, in quell'uomo. "Non dirle nulla", e Furius si girò con un'altra espressione. Cupo, già aveva rinchiuso quello spiraglio della sua anima che era rimasto socchiuso.

Diaspra annuì  e fece un cenno di saluto, uscendo rapida dalla sala perché Furius aveva evidentemente saputo quello che voleva. 

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