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Cap. 69 Una decisione improcrastinabile

Il dottor Brender tornò sul  far della notte apparentemente senza che gli ammalati avessero sospettato nulla.

Aveva trovato due uomini e tre donne, che secondo le istruzioni trovate avevano segnato sul registro preparato per gli ingressi  età e provenienza. Una visita silenziosa e rapida e il federale era andato via, lasciando loro dei farmaci con indicazioni scritte che si era fatto preparare da Leona.

Archés tirò un sospiro di sollievo, ma quando si ritirò nella sua stanza, dormire fu impossibile. Una decisione ormai si imponeva. Decidere se rivelare a qualcuno la sua scelta. Se tentare di convincere qualcuno dei suoi che da soli erano persi.

Decidere se svelare la presenza di quegli disprezzati stranieri che si erano fatti avanti. Parlare con il Maggiore e con Corantin, sperare che confidassero in lui, che non lo ripudiassero...

E poi? Chiedere ulteriore soccorso... la nave ospedale, scorte di cibo... Archés camminava inquieto intorno a un tavolo... il distretto, Tauro e Kurt... cosa doveva fare?

Un cauto bussare lo sorprese. Aprì irritato:"Non mi serve nulla, Leona", cominciò, ma l'espressione della donna lo interruppe:"Cosa è successo?", chiese.

Leona scosse il capo:"Nulla Archés, tutto tranquillo, scusami", e tentò di ritrarsi.

Ma Archés la riafferrò per un braccio, la fece entrare e richiuse la porta.

"Cosa c'è?"

Leona respirò piano:"Non lo so neanche io, Archés. Non saprei perché, ma questa notte si è scatenata all'improvviso un'angoscia che non riesco a controllare", e torcendosi le mani, alzò su di lui occhi grandi, liquidi di paura.

"È per Furius? Ancora un poco, e potremo tirare un respiro di sollievo".

Leona continuò a guardarlo smarrita:"Io sono un'esperta, Archés, nel seppellire dcerti pensieri dove non possano farsi sentire. Lo sono fin da quando ho firmato la supplica per prendere la cittadinanza Inuri; paure, ricordi... cose da chiudere dove non possano vedersi, e renderti la vita impossibile".

Archés sapeva bene, di cosa parlava.

"Ma stanotte il pensiero di Fidelio mi sta torturando senza che possa far nulla. Continua a premere, prepotente, a bruciare senza controllo e mi sembra di impazzire".

Il re abbassò gli occhi; le tue paure non sono cose che mi riguardino, donna, pensò con rabbia improvvisa: va dal tuo uomo a raccontarle, voltandole le spalle.

-Non può, Archés-. Strana voce, aveva la sua coscienza: voce pacata, di donna; voce senza rimproveri, senza astio:- Se sapessi quanto si può amare un figlio, capiresti-.

Non è mia la colpa, se non posso saperlo, gli ruggì il cuore, ma tornò a voltarsi.

La prese per mano e la guidò in silenzio vicino al camino. Si sedette in poltrona, se la tirò seduta sulle gambe e l'abbracciò stretta.

Dovette tenerla, perché Leona ebbe un attimo di puro terrore. Attese che smettesse di tremare, e di tentare di svincolarsi.

Era un abbraccio intimo, ma fraterno, avvolgente come una coperta, saldo come un rifugio. Leona sentì il cuore rallentare e si lasciò andare, un po' alla volta.

"Puoi anche piangere se ne hai bisogno", le disse dopo un po', mentre le passava piano una mano sul braccio:"E comunque forse posso dirti qualcosa che ti dia coraggio.

Conosco bene i tutori del collegio dove studia tuo figlio. Sono di quegli uomini che vivono il loro lavoro come una vera missione. Nelle loro mani, quei ragazzi saranno difesi come da una famiglia. L'uomo che lo dirige, poi, è di un intelligenza e di una capacità rare. E mi è devoto.

Non solo proteggerà i suoi allievi come un padre, ma tra tutti egli sa che ha con sé due giovani che mi sono... molto cari. Fidelio e Ardito sono al sicuro, Leona".

La donna guardò il fuoco:"Nessuno è al sicuro, Archés", disse roca:"sento che manca poco e sento anche di non avere più nulla da fare. Non servo più, non sono più uno strumento. La mia strada è finita, davanti ho solo il mare: un mare notturno, nero, gelido; un mare di morte".

L'uomo si irrigidì:"Sei cambiata, Leona, e mi deludi. Un tempo ti saresti vergognata di piagnucolare profetizzando sciagure. Ho comprensione per un cuore di madre preoccupato, ma così è troppo. D'altro canto, se fossi stata veramente quella che avevo creduto... ", e non finì di parlare.

La donna sentì però il resto del suo pensiero. Non avrei smesso di amarti... questo pensi, vero? Non sai, Archés. Non sai e avrei voglia di gridartelo. Ma ti ferirei, e in quest'ultima ora serve tutta la tua forza, invece.

Si tirò su stancamente:"Ho parlato senza pensare. Per pensare occorre forza e io ne sono completamente priva, questa notte. Ti ringrazio del tuo abbraccio. Non riesco neppure a vergognarmi per tanta debolezza.

Mi sono arresa, sono arrivata. Tu invece questa notte non mi deludi: sei quello che si prende cura dei feriti, che protegge, che agisce. Sei veramente il re, quello che dovevi diventare.

Quando dico che non ho più nulla da fare, intendo che sono smarrita, non ho più direzione. Ma se tu mi comandi, ancora cercherò di obbedire. Quanto alla sensazione di pericolo, certo anche tu l'avverti. Solo, sei lucido abbastanza da affrontarlo, in cerca di una difesa.

Io invece ho ceduto, e sarei già sconfitta. Non badare più di tanto, a quello che ho detto. D'altronde, sono solo una donna, ormai. Non è più nella mia natura fare il guerriero".

Archés la guardò incerto. Suonava stonato, quel suo parlare. Come un fingersi debole, per nascondere una ferita di cui non voleva sapesse.

Leona si inchinò:"Grazie del tuo abbraccio, Archés. Che il re dei venti lo segni a tuo onore e merito, la capacità di perdonare".

E si ritirò a testa bassa.

Domani parlerò col Maggiore, pensò Archés mentre la porta si chiudeva. Improvvisamente vedeva con chiarezza la sua strada, come se Leona, che da sempre gli faceva d'avanguardia, fermandosi gliela avesse spalancata davanti.

Come gli avesse detto: più in là non posso portarti, ora è il tuo momento, di decidere.

Il re fissò il fuoco. Continuando così l'epidemia in breve ci distruggerà, occorre che i medici federali abbiano tutto ciò che è necessario, e occorre che la mia gente scelga. Dobbiamo pagare la nostra presunzione di essere una razza migliore.

Sarà necessario piegarsi e chiedere aiuto, ed essere disposti a lasciarsi salvare. E forse una parte di noi scamperà. E io, io devo dare l'esempio. Devo essere il primo ad espormi.

Affronterò il giudizio dei miei, e lotterò per convincerli. Mi disprezzino, mi sputino addosso, mi voltino pure le spalle, mi condannino come traditore. Io farò quello che posso, e se una speranza c'è, io tenterò di afferrarla. E succeda pure quello che il destino decide.

E poi, dal momento che dormire era veramente impossibile, uscì. A Leona che si era alzata a seguirlo, ordinò di lasciarlo andare solo. Con un tono che non ammetteva repliche, le intimò di restare lì dov'era.

"Torno subito, lasciami in pace donna, sono perfettamente al sicuro". E si recò nella stanza dove le aquile riposavano. Si affacciò per vedere se il capitano fosse di guardia. Era in branda e ad Archés spiacque scuoterlo, ma doveva parlargli subito.

Il giovane fu completamente sveglio in pochi istanti.

"Devo parlarti", disse Archés a bassa voce, e quello fu in piedi in un battito di ciglia.

"Cosa è successo?", gli chiese quando furono fuori dalla stanza.

"Domani parlerò col Maggiore, e non posso prevedere la sua reazione, nè quella degli altri militari della Guardia".

Il capitano si addossò alla parete sospirando.

"Ti ho svegliato", continuava il re,"perché voglio che informi la Federazione immediatamente della mia decisione, e che voi altri siate pronti a quello che potrà accadere. Come è stabilito, che lascìate Glittica?"

Quello si strinse appena nelle spalle.

"Ragazzo", si accigliò Archés:"Ventisei uomini vengono inviati in missione... Sarete pure tutti i volontari, ma non anche aspiranti suicidi, spero. Avrete pure pianificato un rientro".

"Un breve viaggio fino alla costa e un ritorno via mare sembrava la soluzione più facile, visto che un aereo avrebbe avuto bisogno di un'idonea pista di atterraggio", rispose il capitano.

Archés rifletté preoccupato:"Le nostre coste sono protette da barriere minate. Le nostre navi stanno concludendo la missione che ho loro affidato e sono presumibilmente proprio all'altezza delle coste più a Sud.

Se la reazione dei miei militari sarà la peggiore possibile, sarete in pericolo immediato e io vorrei che poteste lasciare Glittica molto velocemente. So che potete spargere molto sangue, per difendervi, ma questo sarebbe assai triste.

Io voglio che lasciate questa terra a testa alta, con la coscienza serena d'aver fatto tutto il bene che vi sia stato concesso. Non voglio che ricordi penosi vi sporchino l'anima, non lo meritate. Sulla Horizon, che mi hai detto incrocia non lontanissima, non disponete di elicotteri?"

Il capitano prese l'aria concentrata sua caratteristica, quando considerava un'idea nuova.

"Ricordo che il grande ospedale di Polaris disponeva di un'eliambulanza, per trasportare feriti gravi da grandi distanze... ", continuò Archés:"Se la nave è un immenso ospedale e ha un ponte su cui può atterrare un aereo militare, a maggior ragione dovrebbe disporre di elicotteri".

Il giovane annuì:"Non lo so... Ma certo è possibile. Ed anzi forse probabile".

"Voglio", disse allora il re:"che ti informi su questo immediatamente perché sarebbe importante, per me, sapere che se tutto va male almeno voi potrete rientrare velocemente incolumi. Se Inurasi deciderà di soccombere, piuttosto che accettare un'offerta generosa, vuol dire che avrà ciò che merita.

Si occupi di questo, capitano, e lo faccia subito. Io torno in camera a raccogliere le idee e a prepararmi argomenti più convincenti possibile. E che le vele della ragione non si strappino ai venti dell'ignoranza".

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