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cap.64 Granelli di sabbia

Quando si avvicinarono al vetro della stanza di controllo, Furius, nella stanza in cui era confinato, alimentava il camino. Era una stanza grande  e il camino era utile, in quella stagione. Archés bussò sul vetro e Furius si voltò.

Li vide vicini, si alzò lentamente. Si avvicinò al vetro e si fissarono a lungo. Al di qua e al di là del vetro c'era un tavolino con dei fogli e una penna. Furius ne prese uno e scrisse rapido poche parole: Spero ti sia calmata. La scena fuori non è stata degna di una guardia reale, lesse Leona quando Furius appoggiò il foglio al vetro.

Abbassò gli occhi, poi prese anche lei un foglio: lo so, perdonami. Ma la colpa è tua. Non sarei stata così sconvolta, se tu non fossi stato il compagno che hai saputo essere.

Furius lesse le parole e strinse le labbra. Se tra venti giorni sarò fuori di qui, riprenderò il mio posto. Ma da buoni militari, dobbiamo preparare un piano di riserva, vergò in fretta.

Io ho un solo piano, qualsiasi cosa accada, scrisse in risposta Leona, semplicemente ti seguirò.

Furius la guardò serio, poi scosse la testa e scrisse una sola parola: Fidelio.

Leona fissò il foglio e socchiuse gli occhi.

L'uomo tolse il foglio e scrisse ancora. Ti ricordo che mi chiedesti di averne cura, e io ti avrei obbedito. Ora è la mia volta. Devi restare per proteggerlo, se io sarò costretto ad andare.

Leona lesse e rilesse, e le lacrime confondevano le parole. Prese un foglio. Poi lo lasciò e appoggiò la mano aperta al vetro.

Furius esitò. Ma quanto dolore, quanto male faceva guardarsi negli occhi e parlare con quelli. Appoggiò la sua mano al vetro, e quella della donna sembrava piccola.

Leona gli sorrise, ricacciando le lacrime. Per lei, Furius faceva anche cose come quella.

L'uomo scrisse veloce: non sono ancora morto.

Leona sorrise di più: non puoi, infatti; ho promesso che ti riporterò a Chiura, e non parlo di ceneri.

Furius girò il foglio di prima: In questi giorni in cui resto bloccato qui, l'ultima Guardia Reale presso Archés sei tu. Fa onore alla tua divisa, le scrisse serio.

Leona annuì piano.

Voglio salutare Archés. Da solo. Allontanati.

Leona ebbe il gesto di obbedienza militare. Si allontanò di qualche passo, volse le spalle: da quel momento era la scorta del re.

Archés fissò l'amico oltre il vetro. Furius scrisse in fretta: Il tutore di mio figlio, e nuovo proprietario di Leona, se mi fosse successo qualcosa doveva essere Ilruik. Lo indicai nelle carte. Ma di lui non so più nulla e tu, ora, non la odi più.

E mise il foglio contro il vetro. Archés lesse.

Tu esci tra venti giorni, scrisse in risposta.

Lo so, fu il messaggio di Furius: a meno che un fiume che deviai avventatamente con una diga, non abbia bisogno di tornare sul suo percorso.

Archés fissò a lungo le parole sul foglio. L'acqua scorre, Furius e non torna mai più indietro, scrisse in risposta: Sei stato un abile ingegnere, l'acqua della diga è stata una benedizione e ciò che ne è nato è cosa ottima. Va bene così, amico mio, prendi qualche giorno di riposo e torna al tuo posto, perché nessuno potrebbe sostituirti.

Lo sguardo di Furius tornò a Leona, e poi rivolse ad Archés una preghiera silenziosa.

Il re sorrise:"Va bene", articolò senza voce, certo che Furius leggesse sulle labbra.

"Grazie", articolò Furius allo stesso modo. 

 E cominciò   l'attesa. Archés fece avere a Furius una quantità di libri, e quando non leggeva Furius faceva esercizio; chiuso nella stanza tentava di far lavorare i muscoli.

Archés e Leona passavano spesso dalla sala e Leona scriveva messaggi di fuoco.

Donna, mi stai provocando, rispondeva Furius: quando esco la sconti!

Leona rideva: invece tu, a mettere in mostra quelle spalle da lottatore... Lo fai apposta appena entro qua dentro!

Furius scrisse un giorno: Hai con chi darti da fare, se ne hai voglia...

E Leona smise di ridere.

Ho visto che siete cambiati. Era tempo, che vi ritrovaste, aggiunse quello. I fogli, dopo, li bruciava.

Il dolore e la paura per te, ci hanno riavvicinati, gli rispose: Ma senza equivoci: sono la tua donna e Archés è il mio re e il mio amico. Vogliamo tu esca di qui più di ogni altra cosa e ci manchi da morire.

Furius chinò la testa. Poi tornò a guardarla. Se va male, ricorda che io avrei voluto dirgli la verità da tempo, per restituirti a lui. Non avere paura di andare dove ti spinge il vento. Hai riempito la mia vita, ma il tuo compito potrebbe non essere ancora terminato.

Infatti non lo è, vergò in fretta la donna: devo riportarti a Chiura, e il suo sguardo era quello di Adamanta. Un solo ordine, aveva nella mente allora. Un solo chiaro obiettivo. Come ora.

Furius la considerò assorto. Leona aveva forze segrete che la proteggevano e la aiutavano.

Se puoi ascoltarmi, disse Furius rivolgendosi silenziosamente a quella presenza che un tempo gli aveva parlato dal ciondolo: parlale! Parla al suo cuore, preparala. Ha lottato con tanta disperata forza, che prego non le manchi ora il conforto di una coscienza tranquilla. Aiutala ad accettare qualsiasi cosa succeda, che non possa cambiare. Non farla soffrire per cose di cui non ha colpa.

- Che balbetti, uomo-, gli rispose la voce:- cosa sai, di ciò che va considerata colpa...? Sei tu, il Dio che pesa i cuori?-.

Furius scrisse alla donna: Va, sono stanco, poi raccolse i fogli scritti e andò a buttarli nel cammino.

No, certo, rispose alla voce: né il mio né nessun altro, pretendo di poter pesare. Solo ti ricordavo, voce, la forza con cui la donna ha lottato per questa mia gente, per questo popolo, per me, per Archés...

Se tutto precipita, abbi almeno la pietà di impedire che lo sappia. Se noi Inuri non meritiamo scampo... e potrei anche pensare che sia giusto, benché alcuni siano innocenti e almeno a loro una possibilità andrebbe offerta... Se non meritiamo scampo, rammenta almeno che Leona non si è mai rifiutata di camminare sulla strada che le hai indicato.

Non posso pesare il suo cuore, ma se non merita aiuto lei, nessuno può sperare nulla, al mondo.

- Non si può pretendere che cambi il corso del destino, perché un granello di sabbia si è infilato negli ingranaggi della storia-, gli parve gli dicesse la voce.

Furius scosse il capo, fissando il fuoco: Un granello di sabbia è ciò che fa nascere una perla. È ciò intorno a cui nasce un chicco di grandine, forse è persino la prima cosa a muoversi che provochi una valanga.

Un granello di sabbia può essere molto prezioso, se si infila volontariamente tra ingranaggi delicati, accettando di farsi schiacciare, pur di rallentarli, rovinarli, sfasare il loro movimento, far saltare il meccanismo. Quel granello di sabbia, te lo raccomando.

- E con che autorità?- rise di lui la voce.

Con quella che viene da una vita cambiata, replicò Furius: Con quella di pensieri stravolti, di desideri nuovi. Con la forza con cui odio quello che sono stato, e con cui vorrei somigliarle.

Con la forza dell'amore che mi ha ispirato, per la vita, per la gente, persino per le pietre. Per la bellezza che ora vedo in ogni cosa, per la gratitudine che provo.

Per tutto questo, grido al cielo.

Il silenzio della stanza gli rispose. Si guardò intorno. La voce era spenta. Furius andò a letto.

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